Spirito
Il peso dei cardinali del sacro Collegio
Il peso dei cardinali provenienti da un istituto religioso continua a farsi sentire sotto l’attuale pontificato: in occasione del prossimo concistoro pubblico ordinario previsto per il 30 settembre 2023, un cardinale su quattro in grado di eleggere il prossimo papa in caso di conclave apparterrà a un ordine religioso.
Alla morte di papa Gregorio XVI – religioso camaldolese – i cardinali componenti il Sacro Collegio, avendo ben poco apprezzato il vento di austerità che aveva soffiato nei corridoi dei palazzi apostolici durante l’ultima parte del pontificato, si erano giurati a vicenda di non far sedere un religioso sul soglio di Pietro.
Ma da allora, ne è passata di acqua del Tevere sotto i ponti: la dura disciplina dei voti ha visto una notevole mitigazione all’indomani del Concilio Vaticano II, e i cardinali non temono più di eleggere come loro capo nel 2013 un gesuita, che in pochi anni trasformerà radicalmente il Sacro Collegio.
Da quel momento – lo abbiamo analizzato diffusamente nelle colonne di FSSPX.Attualità – l’assemblea dei cardinali è stata largamente globalizzata in modo da non essere più centrata sulla Curia o sull’Europa, ma è segnata anche dal peso significativo dato ai prelati di un istituto religioso.
In totale, sui 243 principi della Chiesa che comporranno il Sacro Collegio il 30 settembre, saranno 56 i religiosi, di cui 33 elettori che non hanno ancora raggiunto il fatidico traguardo degli 80 anni, cioè circa uno su quattro.
I salesiani sono i più numerosi con 11 cardinali di cui 5 elettori, questi ultimi tutti «creati» da papa Francesco: Charles Maung Bo, Virgilio Do Carmo da Silva, Cristobal Lopez Romero, Daniell Sturla e Angel Fernandez Artime.
Dalle fila della grande famiglia francescana provengono dieci porporati: tra questi, si segnalano il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa e mons. François Xavier Bustillo, vescovo di Ajaccio, uno dei due francesi che riceveranno la berretta rossa il prossimo settembre.
Nove cardinali provengono dallo stesso ordine del pontefice argentino, tra cui monsignor Jean-Claude Hollerich, membro del Consiglio di cardinali e relatore per il sinodo dei vescovi. Due cardinali appartengono all’ordine domenicano, due a quello agostiniano, due spiritani e due lazzaristi.
Altri nove Istituti hanno un cardinale elettore – tra questi il carmelitano Anders Arborelius, primo cardinale scandinavo – e altre congregazioni hanno un cardinale non elettore: dell’Opera don Calabria, dei Padri Bianchi, degli Eudisti, degli Oblati di Maria Immacolata, degli Scalabriani e dei Mariamiti con il Patriarca dei Maroniti, Mons. Bechara Raï.
Resta improbabile che i cardinali di un istituto religioso formino un gruppo organizzato per un imminente conclave: ma a seconda che appartengano a un ordine più o meno secolarizzato, il loro voto potrebbe andare a un candidato progressista o conservatore.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagine di Giovanni Zennaro via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Spirito
Sacerdote USA: il cardinale Fernandez «dovrebbe essere licenziato” da Leone per i testi «pornografici»
Un famoso sacerdote americano, padre Gerald Murray ha chiesto a papa Leone di rimuovere il cardinale Victor Fernandez dal suo incarico in seguito alla rivelazione di altri libri pornografici scritti dal prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede (DDF). Lo riporta LifeSite.
Nell’ultimo episodio di una trasmissione del presentatore della TV cattolica EWTN Raymond Arroyo Prayerful Posse, padre Murray ha attaccato duramente Fernandez, affermando che «questa è una vergogna totale».
«Fernandez ha dimostrato di essere completamente inadatto a essere un pastore di anime perché fa cose che fanno i pornografi», ha affermato l’avvocato canonico.
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«Si tratta di una produzione orrenda realizzata da un prete», ha aggiunto.
Quando papa Francesco nominò il Fernandez a capo della DDF nel 2023, alcuni testi del vescovo argentino furono criticati perché contenevano immagini pornografiche, in particolare un libro intitolato Guariscimi con la bocca: l’arte del bacio e Passione mistica: spiritualità e sensualità , pubblicato nel 1995.
La scorsa settimana, il blogger cattolico El Wanderer, originario dell’Argentina, ha rivelato altri libri scritti dal capo della DDF che contengono contenuti considerati «pornografici», tra cui, ad esempio, descrizioni di piacere sessuale. I libri si intitolano Perché non riesco a finire di guarire? (2002), Teologia spirituale: profondità spirituale in azione (2005) e Liberarsi dall’ansia e dall’impazienza (2009).
«Quando uscirono questi primi libri, Papa Francesco in un certo senso li giustificò [dicendo] che erano scritti da un giovane sacerdote, etc.», ha detto Murray. Tuttavia, ha fatto notare che i libri appena rivelati dal capo della DDF sono stati scritti anni dopo Guariscimi con la tua bocca, lo scandaloso libro sul bacio che il teologo diede alle stampe nel 1995.
«Sta facendo cose che nessun prete dovrebbe fare. Sono totalmente disgustato (…) Dovrebbe essere licenziato», ha accusato il Murray. «Questo sarà un punto di riferimento per Papa Leone. Quest’uomo dovrebbe essere licenziato. Non è adatto».
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Come riportato da Renovatio 21, quando emersero i testi scabrosi del cardinale l’arcivescovo Carlo Maria Viganò aveva detto che le Guardie Svizzere avrebbero dovuto arrestare Tucho.
«I blasfemi rigurgiti di cloaca del ributtante libello di Tucho mostrano un tale livello di perversione e di alienità alla Fede da imporre la cacciata manu militari dell’Argentino e dei suoi complici» ha scritto monsignor Viganò su Twitter.
«Le Guardie Svizzere hanno giurato di difendere la Sede di Pietro, non colui che la sta demolendo sistematicamente. Siano dunque fedeli al giuramento e arrestino questi eretici pervertiti!» esclamava l’arcivescovo.
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Immagine screenshot da YouTube
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Leone nominerà un alleato del cardinale Cupich per sostituire Dolan come arcivescovo di Nuova York
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I tribunali possono obbligare una suora ad essere reintegrata?
La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è stata investita di un caso insolito, gestito in modo particolarmente singolare. Suor Elisabetta ha fatto parte di una comunità religiosa della Chiesa greco-cattolica ucraina tra il 2011 e il maggio 2017. In quel periodo, ha lasciato il monastero di sua spontanea volontà. Agli occhi del diritto canonico, non è più una suora ed è tornata al suo nome civile, Zhanna K.
Una corte d’appello ucraina ha stabilito che l’ex suora risiede ancora nella sua ex cella monastica
Dal febbraio 2018, Zhanna K. desidera tornare al monastero e vivere nella sua ex cella. Ha tentato di entrare diverse volte, ma le serrature sono state cambiate. A quanto pare, non ha altro alloggio. Zhanna K. ha invocato, davanti ai tribunali ucraini, il suo diritto a tornare nella cella monastica che ha occupato per otto anni come Suor Elisabetta.
Ha vinto la causa davanti a una corte d’appello ucraina il 18 dicembre 2023. La corte ha stabilito che la sua cella costituiva una casa ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e che il monastero doveva consentirle il ritorno. La corte ha ordinato al monastero di fornire a Zhanna K. le chiavi del cancello del monastero e della porta d’ingresso che conduce alle celle.
Di fronte a questa decisione, il monastero ha presentato ricorso alla Corte Suprema ucraina. Il monastero sostiene che la controversia rientra nel diritto canonico, non nel diritto civile. Si basa in particolare sul principio di autonomia delle organizzazioni religiose, tutelato dalla libertà di religione ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione europea.
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La Grande Camera della CEDU emetterà un parere consultivo.
Prima di pronunciarsi sulla controversia, la Corte Suprema ucraina ha sottoposto il caso alla CEDU, richiedendo un parere consultivo. La Corte Suprema ucraina chiede alla CEDU se la cella monastica di un’ex suora sia protetta in quanto residenza privata e se i tribunali civili avessero giurisdizione per pronunciarsi su una simile controversia religiosa.
Il parere consultivo richiesto sarà emesso dalla Grande Camera, la corte suprema della CEDU. Avrà quindi un impatto sul riconoscimento dei diritti delle comunità religiose in tutta Europa. Il Centro Europeo per il Diritto e la Giustizia (ECLJ) ha ottenuto l’autorizzazione a intervenire come terza parte nel procedimento e ha presentato le sue osservazioni scritte il 31 ottobre 2025.
Queste osservazioni dimostrano che una cella monastica non è la dimora di una suora, tanto meno dopo che questa ha lasciato la comunità, e che tale questione rientra nell’organizzazione interna della comunità.
La Corte d’Appello ucraina si sbaglia sulla natura di una cella monastica.
Il diritto al rispetto della propria casa, tutelato dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, è applicabile a un monastero? In tal caso, tale diritto deve essere riconosciuto al monastero stesso e non a ogni singola suora. In effetti, la CEDU ha già riconosciuto che le persone giuridiche possono avere diritto al rispetto del proprio domicilio.
Inoltre, una cella monastica non può essere separata dal monastero nel suo complesso. Infatti, la sua organizzazione è comunitaria e le monache pronunciano voti che mettono in comune tutti i loro beni e rinunciano alla propria casa (voto di povertà), si impegnano a non costituire una famiglia (voto di castità) e promettono di obbedire al superiore della congregazione (voto di obbedienza).
Le celle monastiche sono considerate spazi di riposo e preghiera, non case. Sono identiche. Una monaca non può modificare la decorazione o l’arredamento della sua cella. Non può invitare persone esterne alla comunità. Generalmente consuma i pasti in comune con le altre monache, non nella sua cella.
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Il principio europeo di «autonomia delle organizzazioni religiose» applicato al monastero
Questa realtà monastica non ha equivalenti secolari. Per questo motivo, deve essere regolata da un regime specifico: quello della libertà di religione, riconosciuto dall’articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce alle organizzazioni religiose il diritto al rispetto della propria autonomia. L’autonomia mira a garantire che le organizzazioni religiose «possano funzionare pacificamente, senza interferenze arbitrarie da parte dello Stato».
Pertanto, le comunità religiose sono libere di operare come ritengono opportuno e di definire «le condizioni di adesione» e quindi di «escludere i membri esistenti». Lo Stato deve accettare «il diritto di queste comunità di rispondere, secondo le proprie regole e i propri interessi, a qualsiasi movimento di dissenso che possa sorgere al loro interno».
La CEDU ritiene inoltre che «in caso di disaccordo dottrinale o organizzativo tra una comunità religiosa e uno dei suoi membri, la libertà religiosa dell’individuo, si esercita attraverso il suo diritto di lasciare liberamente la comunità».
Pertanto, se la cella monastica occupata da Zhanna K. non è mai stata la sua casa, questa cella non può, a maggior ragione, essere considerata la sua casa dopo che ha lasciato il monastero e non è più una monaca.
Costringere il monastero a ospitare Zhanna K. implicherebbe o la sua reintegrazione nella vita monastica come Suor Elisabetta o la revisione dell’intero funzionamento della comunità per garantirle un posto speciale come laica. Tale obbligo violerebbe il diritto del monastero al rispetto della propria autonomia.
La Corte d’Appello ucraina ha oltrepassato i limiti della sua giurisdizione
Il principio dell’autonomia delle organizzazioni religiose ha conseguenze sulla giurisdizione dei tribunali civili in un caso del genere. Questi tribunali possono applicare le decisioni delle organizzazioni religiose, ma non possono giudicarne il merito.
In sostanza, il controllo da parte dei tribunali civili deve limitarsi a verificare l’assenza di abusi da parte delle autorità religiose. Concedendo a un’ex suora il diritto di tornare nella sua cella, nonostante la decisione del monastero, la Corte d’Appello ucraina ha ecceduto la propria giurisdizione.
Questa sentenza della Corte d’Appello è stata ancora più inaspettata se si considera che la legge ucraina offre ai monasteri garanzie in merito alla loro libertà di organizzare e utilizzare i propri edifici. Inoltre, anche adottando un’interpretazione estensiva del diritto all’alloggio, fornire una cella a una suora non crea alcun diritto civile ai sensi della legge ucraina.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Jeanette via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0
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