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Economia

Il Pentagono si muove per integrare il Venture Capital nella sicurezza nazionale

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Secondo un comunicato stampa emesso ieri dal Pentagono, il sottosegretario del Dipartimento della Difesa (DoD) per l’acquisizione e il sostegno, William LaPlante, si è recato a New York City il 5 marzo per una serie di incontri con investitori di Venture Capital e investitori azionari, «per discutere la partecipazione alla difesa mercato e opportunità di collaborazione».

 

Il Venture Capital – in italiano talvolta tradotto con «capitale di rischio» – è una forma di finanziamento che viene fornita a imprese emergenti e a startup con un elevato potenziale di crescita. Gli investitori di venture capital, noti come venture capitalist (VC), forniscono fondi alle imprese in cambio di una partecipazione azionaria. Questo tipo di finanziamento è spesso utilizzato in settori ad alta tecnologia e innovazione, dove le imprese possono richiedere ingenti investimenti iniziali per sviluppare e commercializzare nuovi prodotti o servizi.

 

Il Venture Capital è ritenuto essere il vero ingrediente che ha fatto lievitare l’economia e la tecnologia della Silicon Valley, dove sono concentrati i maggiori VC del pianeta.

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Nel primo incontro con i venture capitalist, LaPlante «ha sottolineato l’enfasi del DiD sulle architetture di sistemi aperti e sui punti di ingresso che consentono l’integrazione di nuove tecnologie e nuovi concorrenti», si legge nel comunicato.

 

«La conversazione ha esplorato ulteriormente l’importanza della dottrina, dell’organizzazione, della formazione, del materiale, della leadership e dell’istruzione, del personale e delle strutture (DOTMLPF) nello sviluppo di potenziali capacità per l’uso del DOD, nonché i modi in cui il Dipartimento potrebbe aumentare la visibilità dei requisiti convalidati per informare meglio investimenti commerciali».

 

LaPlante ha avuto una discussione simile con gli investitori di private equity nel corso della giornata. «La discussione si è concentrata in gran parte sulla resilienza della base industriale e sull’urgente necessità di aumentare la capacità produttiva per le capacità critiche. I partecipanti hanno ideato nuovi approcci che potrebbero consentire una più rapida scalabilità e modularità della produzione e delle aree in cui il capitale aggiuntivo potrebbe avere il maggiore impatto».

 

LaPlante ha anche incontrato il miliardario Michael Bloomberg «per discutere le priorità e argomenti di acquisizione e sostegno, tra cui la sicurezza informatica, la base industriale della difesa e l’aviazione commerciale». A parte Bloomberg, nel comunicato del Pentagono non viene nominato nessun partecipante agli incontri.

 

Come riportato da Renovatio 21, il miliardario ed ex sindaco di Nuova York – nonché candidato presidente in funzione anti-Trump – Michael Bloomberg due anni fa è stato nominato nel comitato per l’Innovazione del Pentagono.

 

Il portavoce del Pentagono Pat Ryder ha anche annunciato ieri in una conferenza stampa che l’Ufficio del capitale strategico del dipartimento ha annunciato il rilascio della sua prima strategia di investimento.

 

«Il segretario Austin ha lanciato l’Ufficio del capitale strategico nel dicembre 2022, per attrarre e ampliare il capitale privato a sostegno della sicurezza nazionale», ha affermato. «La strategia di investimento identifica i settori tecnologici dei componenti prioritari e descrive il modo in cui l’OSC catalizzerà gli investimenti privati ​​in questi settori. Presenta un quadro guida per i programmi OSC per integrare i programmi esistenti del Dipartimento della Difesa e del governo degli Stati Uniti».

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Bloomberg non è il solo magnate finito a discettare di tecnologia al Pentagono. Egli è in compagnia dell’ex CEO Google Eric Schmidt, 55ª persona più ricca del pianeta (secondo il Bloomberg Index), che da diversi anni ha lasciato la Silicon Valley per i piani altissimi dell’Esercito USA.

 

Dal 2019 al 2021, Schmidt ha presieduto la Commissione per la sicurezza nazionale sull’Intelligenza Artificiale. Nel 2021 uscì un libro scritto da Schmidt a quattro mani con il 99enne Henry Kissinger, il deus ex machina della geopolitica americana da poco scomparso.

 

Come capo di Google nel suo periodo di crescita e maturità, lo Schmidt è da considerarsi uno dei padri del cosiddetto «capitalismo di sorveglianza».

 

In realtà, da molto tempo è noto che gli apparti di sicurezza americana lavorano a stretto contatto con la Silicon Valley e con il capitale di rischio, come dimostra il caso della In-Q-Tel, un fondo di Centure Capital che investe in aziende per mantenere la CIA e altre agenzie di Intelligence equipaggiate con le ultime tecnologie informatiche a supporto delle capacità di Intelligence degli Stati Uniti (il nome sarebbe un riferimento intenzionale a Q, il personaggio dell’inventore che fornisce tecnologia a James Bond): in pratica, si tratta del braccio finanziario del principale servizio segreto americano per quanto concerne gli investimenti tecnologici.

 

In-Q-Tel in passato ha fatto investimenti in Google, alla quale poi sarebbe stata venduta Keyhole, produttrice del software di mappatura satellitare finanziato dalla CIA ora noto come Google Earth. Un altro recipiente degli investimenti del front VC della CIA è il software di data mining Palantir, fondato dall’investitore Peter Thiel, socio di Elon Musk in PayPal e primo finanziatore di Facebook, di cui si mormora una contiguità con gli ambienti della sicurezza al punto che si è parlato di possibili «origini militari di Facebook».

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Economia

Il premier polacco Tusk: l’UE «distante anni luce» dal sequestro dei beni russi

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L’UE è «ad anni luce di distanza» dall’utilizzare i beni russi congelati per sostenere militarmente l’Ucraina o «ricostruire» il paese, ha ammesso il primo ministro polacco Donald Tusk.   Privati dell’illimitato sostegno militare degli Stati Uniti, i leader dell’UE hanno cercato di trovare un meccanismo legale per utilizzare i fondi sovrani russi per continuare ad armare l’Ucraina. L’idea di attingere a questi fondi, molto probabilmente utilizzandoli come garanzia per i prestiti all’Ucraina, è stata fortemente osteggiata all’interno dell’Unione e dagli studiosi di diritto.   È probabile che l’UE utilizzi «vari meccanismi indiretti» per accedere ai beni anziché confiscarli direttamente, ha affermato Tusk lunedì. Il premier di Varsavia ha rilasciato queste dichiarazioni commentando la recente mossa dell’UE di rafforzare la presa sui beni russi congelati e impedirne il rilascio prematuro.   «Da quel momento al potenziale utilizzo di questi fondi per la ricostruzione dell’Ucraina – per non parlare del supporto militare all’Ucraina – siamo ancora lontani anni luce», ha detto Tusk ai giornalisti. «Tuttavia, esistono vari meccanismi indiretti, ad esempio la possibilità di utilizzare questi fondi come leva finanziaria, ovvero come garanzie sui prestiti», ha aggiunto.   La differenza tra la posizione dell’UE e quella degli Stati Uniti sulla potenziale confisca di beni russi è «assolutamente ovvia», ha affermato Tusk. Washington ha ripetutamente esortato l’Unione a esercitare cautela sulla questione, sostenendo che ciò non farebbe altro che complicare o addirittura vanificare gli sforzi negoziali dell’amministrazione Trump, ha aggiunto il Tusko.   «Gli americani dicono: lasciate stare questi asset russi, perché è difficile sedersi al tavolo delle trattative con Putin e dire: “Facciamo un compromesso, ma prenderemo i vostri soldi”. Questa è la tesi americana», ha detto.   La scorsa settimana, l’UE ha invocato i suoi poteri di emergenza, raramente utilizzati, per aggirare i potenziali veti dei singoli Paesi membri e impedire lo svincolo dei beni. La misura «temporanea» vieta «qualsiasi trasferimento alla Russia di beni della Banca Centrale Russa immobilizzati nell’UE».  

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Economia

Orban: l’UE ha bisogno dei soldi russi per evitare il collasso

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I leader dei Paesi dell’UE, che hanno speso più di 100 miliardi di euro per l’Ucraina, ora sperano di confiscare i beni russi congelati per impedire il crollo dei loro governi, ha affermato il primo ministro ungherese Viktor Orban.

 

La scorsa settimana, l’UE ha temporaneamente immobilizzato circa 230 miliardi di dollari in asset della banca centrale russa invocando l’articolo 122, una clausola di emergenza del trattato che consente l’approvazione a maggioranza qualificata anziché all’unanimità. Mosca ha condannato il congelamento come illegale e ha definito «furto» qualsiasi utilizzo dei fondi, dopo che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha proposto di utilizzare il denaro per sostenere un prestito all’Ucraina.

 

Parlando martedì sul canale YouTube Patriota, Orban ha affermato che i leader dell’UE stanno «inseguendo i loro soldi» dopo aver speso molto per il conflitto e aver precedentemente assicurato agli elettori che «non costerà loro un solo centesimo» perché il sostegno all’Ucraina sarà finanziato con risorse russe e non con i contribuenti.

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Orban ha affermato che se, dopo tutte queste promesse, i contribuenti finissero per pagare il conto, ciò potrebbe innescare una «realizzazione esplosiva nell’Europa occidentale» e la «caduta immediata di diversi governi».

 

Il premier magiaro sostenuto che i leader dell’UE stanno ora cercando di ottenere finanziamenti «al di fuori delle tasche dei contribuenti», indicando come obiettivo i beni russi congelati e mettendo in guardia contro problemi politici se Bruxelles non riuscirà a ottenerli.

 

Orban ha già accusato i funzionari dell’UE di «violare il diritto europeo alla luce del sole», invocando l’articolo 122 per aggirare il potenziale veto del suo Paese, e ha affermato che Budapest avrebbe portato la questione alla Corte Suprema dell’Unione. Ha anche osservato che Washington si oppone alla confisca e vuole che la questione venga gestita nell’ambito di un accordo più ampio con Mosca.

 

Come riportato da Renovatio 21, il premier di Budapest ha inoltre detto che il piano UE sui beni sequestrati ai russi costituisce una «dichiarazione di guerra».

 

La banca centrale russa ha intentato una causa contro Euroclear, la banca depositaria belga che detiene la maggior parte dei suoi asset. L’UE insiste sul fatto che il congelamento dei fondi sia conforme al diritto internazionale; tuttavia, il premier belga Bart De Wever ha avvertito che l’utilizzo del denaro per garantire un prestito a Kiev comporta rischi legali per il Paese.

 

Anche le istituzioni finanziarie internazionali, tra cui la Banca Centrale Europea e il FMI, hanno messo in guardia dal fatto che l’utilizzo di asset sovrani immobilizzati potrebbe minare la fiducia nell’euro.

 

Come scritto da Renovatio 21 ancora quattro anni fa, il sequestro dei beni russi deciso dalla Von der Leyen con l’ausilio dell’allora premier italiano (nonché ex capo BCE) Mario Draghi con l’ausilio dell’allora segretario del Tesoro USA Janet Yellen costituisce non solo la più grande confisca, ma il primo vero atto di guerra economica nella storia umana.

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«Si tratta di uno smantellamento aggressivo del sistema finanziario e commerciale russo come è possibile immaginarlo» aveva detto Juan Zarate, ex alto funzionario della Casa Bianca che ha contribuito a ideare le sanzioni finanziarie che l’America ha sviluppato negli ultimi 20 anni. «Queste sanzioni economiche sono un nuovo tipo di arte economica di governo con il potere di infliggere danni che rivaleggia con la potenza militare», aveva detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden nel suo sfrontato discorso a Varsavia a fine marzo.

 

«La militarizzazione della finanza ha profonde implicazioni per il futuro della politica e dell’economia internazionali. Molti dei presupposti di base sull’era del dopoguerra fredda vengono capovolti» aveva scritto Financial Times che alla vicenda aveva dedicato un articolo fondamentale.

 

L’allora primo ministro italiano Draghi, la cui politica antirussa era dichiarata sempre apertis verbis, sul tema aveva fatto un discorso in Senato.

 

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Immagine © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni

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Economia

Angolano fermato a Francoforte con 11.000 diamanti nel bagaglio a mano

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Secondo quanto comunicato venerdì dal servizio doganale tedesco, gli agenti dell’aeroporto di Francoforte sul Meno hanno sequestrato 11.276 diamanti non dichiarati a un passeggero in arrivo dall’Angola.   L’uomo, 53 anni, di cui non è stata resa nota l’identità, è stato arrestato e posto in custodia per non aver dichiarato il carico di diamanti grezzi e per essere privo della certificazione obbligatoria per il trasporto di tali pietre preziose.   Stando alla dogana tedesca, i diamanti sono stati rinvenuti durante un normale controllo di sicurezza aeroportuale. «L’uomo proveniente dall’Angola aveva nascosto i diamanti in un doppio fondo del suo bagaglio a mano, all’interno di due borse», hanno precisato le autorità.     Il valore delle pietre non è ancora stato stimato e verrà determinato tramite una valutazione esperta, ha spiegato il servizio doganale. «Ora dovrà rispondere delle violazioni alla normativa sul commercio estero», ha aggiunto l’agenzia. «Inoltre, è accusato di evasione dei dazi doganali per l’importazione di diamanti grezzi di contrabbando».   Le indagini sul caso sono ancora in corso.

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L’Angola figura tra i principali produttori di diamanti in Africa e rappresenta una delle fonti più importanti al mondo di diamanti grezzi, avendo registrato una produzione record di circa 14 milioni di carati nel 2024, secondo i dati del settore. Nel 2025, a settembre la produzione aveva raggiunto circa 10,7 milioni di carati, con l’obiettivo delle autorità di arrivare a quasi 14,8 milioni di carati entro fine anno.   Tutti i diamanti grezzi esportati dall’Angola devono essere accompagnati dal certificato del Kimberley Process, il programma internazionale creato per impedire la commercializzazione dei cosiddetti diamanti di sangue. Le spedizioni prive della documentazione richiesta sono considerate illegali sia secondo la legislazione angolana che dalle norme del commercio internazionale.   Le autorità angolane hanno già effettuato diversi sequestri legati al traffico illecito di diamanti. Nel 2024, la polizia della provincia diamantifera di Lunda Norte ha confiscato 2.468 diamanti grezzi nel comune di Lucapa nell’ambito di un’operazione contro il possesso e il commercio illegale.  

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