Bioetica
Il Parlamento Europeo declassa l’embrione
Il 12 settembre 2023, mentre la Chiesa celebrava il Santo Nome di Maria, fonte di speranza e di vita, il Parlamento di Strasburgo si è espresso ancora una volta a favore della cultura della morte e della morale dello scarto. Nel mirino è l’embrione, ridotto al rango di semplice «sostanza di origine umana», pari ad un pezzo di pelle o ad un globulo rosso.
Il 12 settembre gli eurodeputati hanno adottato con 483 voti favorevoli, 52 contrari e 89 astensioni la relazione sulle nuove norme che regolano l’uso delle «sostanze di origine umana» (SoHO) nell’Unione Europea (UE).
A prima vista l’intenzione è lodevole, poiché ufficialmente si tratta di facilitare la condivisione delle risorse su scala europea, per garantire l’accesso alle cure mediche a tutti i cittadini dell’UE. Ma come spesso accade, il diavolo è nei dettagli.
E in particolare nella vaghezza della definizione: il progetto votato cita, per metterle sullo stesso piano, le «sostanze umane come il sangue e i suoi componenti – globuli rossi/bianchi, plasma, tessuti e cellule – utilizzati per le trasfusioni, terapie, trapianti o riproduzione medicalmente assistita». Una vaghezza che mette un embrione e un globulo rosso nello stesso calderone…
Un’ambiguità che non ha mancato di rilevare la Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (COMECE) che ha reagito attraverso il suo segretario generale, padre Manuel Barrios-Prieto: «il pericolo sta nella possibilità che una tale definizione sminuisca la dignità e il valore della vita umana, creando un’equivalenza inaccettabile tra embrioni e feti e semplici cellule della pelle o plasma sanguigno».
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Una lacuna preoccupante se si considera che la normativa adottata sulle SoHo è un testo fondativo destinato a svolgere un ruolo di riferimento nello sviluppo del diritto farmaceutico e riproduttivo.
L’articolo 58 del testo approvato dal Parlamento di Strasburgo pone anche seri problemi etici, sottolineati dagli episcopati europei, perché ora «si autorizzano e addirittura si rendono obbligatori test genetici preliminari su embrioni e feti, che aprono potenzialmente la strada alla selezione della vita, sollevando preoccupazioni circa la compatibilità con il diritto all’autodeterminazione sia dei donatori che dei riceventi».
Dal voto del 12 settembre, la legge SoHo funge da posizione ufficiale del Parlamento in vista dei prossimi negoziati con la Commissione Europea e il Consiglio dell’Unione Europea.
In questa prospettiva desolante, i presuli della COMECE insistono affinché sia garantito il diritto dei vari Stati membri dell’Ue di «regolamentare da soli questa questione altamente etica» e di «rifiutarsi di attuare la nuova legge».
Si vede che l’utopia di una «comunità europea sovranazionale» difesa da Robert Schuman – il «padre fondatore dell’Europa» che Papa Francesco ha dichiarato «venerabile» nel 2021 – si sta trasformando ancora una volta in una distopia: quella di una società in cui l’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, ha solo un valore materiale e quantitativo, pari a qualsiasi altra merce, utilizzabile e smaltibile a piacimento.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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La Bioetica torna a parlare delle atrocità di Gaza
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Bioetica
Polonia, l’aborto avanza in Parlamento
Il 12 aprile 2024, i parlamentari polacchi hanno votato a favore di quattro progetti di legge volti a generalizzare l’accesso delle donne all’aborto nel paese. Fatto senza precedenti in quasi trent’anni, ma che non dovrebbe cambiare radicalmente la situazione a breve termine, perché una modifica della legge in questa direzione si scontrerebbe con il veto presidenziale del conservatore Andrzej Duda.
«Lo Stato deve fare tutto affinché l’aborto sia accessibile, legale, praticato in condizioni adeguate, senza pericoli». I commenti espressi l’11 aprile 2024 da Katarzyna Kotula non hanno mancato di offendere più di un cattolico polacco, poiché erano inimmaginabili anche un anno fa.
Tuttavia, è dalla piattaforma della Dieta – la camera bassa del parlamento polacco – che il ministro dell’Uguaglianza presenta il disegno di legge portato avanti dalla Coalizione Civica del primo ministro Donald Tusk, volto a liberalizzare l’accesso all’aborto fino a dodici settimane di gravidanza.
Per essere più precisi, quattro testi sono stati presentati da componenti della coalizione filoeuropea arrivata al potere in seguito alle elezioni del 15 ottobre 2023, dopo otto anni di governo del partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS).
La Sinistra Unita ha presentato i primi due progetti che prevedono, da un lato, la depenalizzazione dell’aborto assistito, e dall’altro la legalizzazione completa dell’aborto, senza ostacoli, fino alla dodicesima settimana di gravidanza.
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Il terzo progetto viene dal partito politico del primo ministro Donald Tusk, e chiede anch’esso la legalizzazione fino alla dodicesima settimana, con diverse riserve rispetto al testo della Sinistra Unita.
Il quarto testo, presentato dalla Terza Via, un’alleanza del partito contadino conservatore PSL e del movimento cristiano-democratico Polonia 2050 del presidente della Dieta, Szymon Holownia, chiede il ritorno allo status quo in vigore tra il 1993 e il 2020. L’IVG era possibile in tre casi: malformazione del feto, pericolo per la vita o la salute della madre, stupro o incesto.
Il partito della Terza Via è anche favorevole all’indizione di un referendum su un’eventuale legalizzazione più ampia dell’aborto, un ricorso al voto popolare sorprendentemente criticato dalle organizzazioni femministe – che però hanno sulle labbra solo le parole di «democrazia» e «libertà» – e per una buona ragione.
Secondo un sondaggio effettuato poco prima del voto in Parlamento da IPSOS, la società polacca appare divisa sulla questione. Il 35% delle intervistate vuole avere accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza; Il 21% è favorevole al ripristino di questo diritto in caso di malformazione fetale; Il 23% vuole un referendum e il 14% si ritiene soddisfatto dell’attuale stato della legislazione nel Paese. Una prova, se fosse necessaria, che la secolarizzazione avanza a passi da gigante sulle rive della Vistola.
Tuttavia, il campo progressista non rivendica la vittoria: «abbiamo motivi di soddisfazione, tuttavia molto moderati e cauti», ha dichiarato Donald Tusk dopo il voto alla Dieta del 12 aprile. Perché la liberalizzazione dell’aborto in Polonia non è per domani: resta da convocare la Commissione parlamentare speciale che dovrà essere incaricata di adottare un disegno di legge da sottoporre in seconda lettura.
Probabilmente il futuro testo dovrà essere corretto in senso meno liberale per conquistare la maggioranza del parlamento polacco e, se così fosse, il capo dello Stato potrebbe porre il veto. Andrzej Duda – affiliato al PiS – dovrebbe normalmente rimanere al potere fino al 2025: abbastanza per dare ai conservatori polacchi qualche mese di tregua per organizzare la difesa del diritto alla vita.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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