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Geopolitica

Il ministro degli Esteri tedesco definisce Xi «un dittatore»

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Il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock ha definito il presidente cinese Xi Jinping un «dittatore», avvertendo che una vittoria russa nel conflitto ucraino potrebbe incoraggiare leader come lui. Si tratta, per il massimo esponente della diplomazia del principale Paese d’Europa, di una dichiarazione clamorosa quanto sconsiderata.

 

In un’intervista con Fox News rilasciata giovedì, alla Baerbock è stato chiesto il suo punto di vista su come Berlino e l’Occidente pensano che finiranno le ostilità tra Kiev e Mosca. Secondo il ministro degli Esteri l’unico risultato può essere «la libertà e la pace in Ucraina».

 

Perché se Putin «dovesse vincere questa guerra, quale segnale sarebbe per gli altri dittatori nel mondo? Come Xi, il presidente cinese? Quindi, quindi, l’Ucraina deve vincere questa guerra», ha detto, ribadendo l’impegno della Germania a sostenere Kiev “per tutto il tempo necessario”.

 

 

Il Ministero degli Esteri cinese non ha ancora commentato queste osservazioni.

 

La Baerbock non è il primo leader occidentale ad etichettare apertamente Xi come un «dittatore» negli ultimi mesi. A giugno, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha rilasciato una dichiarazione simile in seguito a un incidente che ha coinvolto un pallone aerostatico cinese entrato nello spazio aereo statunitense poi abbattuto da un caccia USA. Mentre Washington affermava che il pallone stava spiando le strutture militari statunitensi, Pechino negava l’accusa, affermando che aveva deviato dalla rotta a causa di «fattori di forza maggiore».

 

«Questo è un grande imbarazzo per i dittatori», aveva detto allora il Biden. A tali osservazioni Pechino ha reagito duramente, definendole «estremamente assurde e irresponsabili».

 

I commenti della Baerbock arrivano anche dopo che il governo tedesco ha pubblicato a luglio la sua prima «Strategia sulla Cina», che chiedeva un cambiamento nel suo approccio nei confronti di Pechino. Il documento insisteva sulla riduzione della dipendenza del Paese dalla Cina – il principale partner commerciale della Germania – in una serie di «settori critici», tra cui la medicina, le batterie al litio e gli elementi utilizzati nella produzione di chip.

 

Pur riconoscendo che la Cina rimane il partner chiave della Germania nella lotta al cambiamento climatico e nella promozione dello sviluppo sostenibile, Berlino ha espresso preoccupazione per quelle che ha definito le politiche sempre più assertive di Pechino e i tentativi di «rimodellare l’ordine internazionale esistente basato su regole».

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Ad aprile, la Baerbock aveva avvertito l’Europa di non chiudere un occhio sulle tensioni tra Pechino e Taiwan sottolineando che ciò potrebbe portare a uno «scenario peggiore» per l’economia globale.

 

L’uscita del ministro ha dell’incredibile, considerando che ad ogni modo nel 2022 Berlino ha visto importazioni dalla Cina per 195,18 miliardi di dollari ed esportazioni verso la Cina per 107,4 miliardi.

 

Come la verde Baerbock, capace di tali sparate sconsiderate, possa essere diventata ministro degli Esteri resta un mistero. Tuttavia, ricordiamo in Italia il caso del ministro Di Maio preso in giro senza pietà dal ministero degli Esteri russo. Come noto, reagì anche lui con un insulto diretto ad Est, dicendo in diretta TV che Putin è «più atroce di un animale», anche se ammettiamo cosa esattamente volesse dire usando quell’aggettivo.

 

Il caso del ministro degli Esteri tedesco è aggravato da dichiarazioni via via sempre più pericolose.

 

La Baerbock, allieva della London School for Economics (un tempio della democrazia, certo), è arrivata a dire che avrebbe sostenuto l’Ucraina anche contro il volere del suo stesso elettorato. Ad inizio anno aveva implicitamente dichiarato guerra alla Federazione Russa: «noi stiamo combattendo una guerra contro la Russia, non fra noi» aveva dichiarato solennemente il ministro germanico per spronare i partner europei a «fare di più» per l’Ucraina in una seduta all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa».

 

Come riportato da Renovatio 21, la Baerbock la settimana scorsa si era fatta insultare pubblicamente dal ministro degli Esteri ucraino Kuleba, che le ha detto in faccia, in conferenza stampa, che i missili Taurus tedeschi sarebbero stati comunque consegnati a Kiev, sarebbe solo questione di tempo, di fatto ridicolizzando l’autonomia decisionale di Berlino.

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Immagine di Michael Brandtner via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

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Geopolitica

Le parole di Putin sul rischio della guerra

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In un viaggio a San Pietroburgo del 12 settembre, il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato un avvertimento all’Occidente riguardo all’uso di missili a lungo raggio per colpire in profondità la Russia. Renovatio 21 riporta qui le sue parole esatte traducendo dal sito del Cremlino, dove la dichiarazione, posta da un giornalista, è stata pubblicata nella sua interezza – a sottolineare che non si tratta di parole al vento, ma di un vero avvertimento alla NATO, una linea rossa tracciata pubblicamente, oltre la quale con probabilità c’è la Terza Guerra Mondiale.   Domanda: negli ultimi giorni abbiamo sentito dichiarazioni ad altissimo livello nel Regno Unito e negli Stati Uniti secondo cui al regime di Kiev sarà consentito colpire obiettivi all’interno della Russia utilizzando armi occidentali a lungo raggio. A quanto pare, questa decisione sta per essere presa o, per quanto possiamo vedere, è già stata presa. Questo è in realtà abbastanza straordinario. Potrebbe commentare cosa sta succedendo?   Risposta del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin: Ciò a cui stiamo assistendo è un tentativo di sostituire le nozioni. Perché la questione non è se al regime di Kiev sia consentito o meno di colpire obiettivi sul territorio russo. Sta già effettuando attacchi utilizzando veicoli aerei senza pilota e altri mezzi. Ma usare armi di precisione a lungo raggio di fabbricazione occidentale è una storia completamente diversa.

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Il fatto è che – ne ho parlato e qualsiasi esperto sia nel nostro Paese che in Occidente lo confermerà – l’esercito ucraino non è in grado di utilizzare i sistemi a lungo raggio all’avanguardia e ad alta precisione forniti dall’Occidente. Non possono farlo. Queste armi sono impossibili da utilizzare senza i dati di intelligence provenienti dai satelliti di cui l’Ucraina non dispone. Ciò può essere fatto solo utilizzando i satelliti dell’Unione Europea o quelli degli Stati Uniti, in generale i satelliti della NATO. Questo è il primo punto.   Il secondo punto, forse il più importante, addirittura il punto chiave, è che solo il personale militare della NATO può assegnare missioni di volo a questi sistemi missilistici. I militari ucraini non possono farlo. Pertanto, non si tratta di consentire al regime ucraino di colpire o meno la Russia con queste armi. Si tratta di decidere se i Paesi della NATO saranno direttamente coinvolti nel conflitto militare oppure no.   Se questa decisione verrà presa, significherà niente meno che un coinvolgimento diretto: significherà che i paesi della NATO, gli Stati Uniti e i Paesi europei saranno parti della guerra in Ucraina.   Ciò significherà il loro coinvolgimento diretto nel conflitto e cambierà chiaramente l’essenza stessa, la natura stessa del conflitto in modo drammatico.   Ciò significherà che i paesi della NATO – gli Stati Uniti e i Paesi europei – sono in guerra con la Russia. E se questo è il caso, allora, tenendo presente il cambiamento nell’essenza del conflitto, prenderemo le decisioni appropriate in risposta alle minacce che ci verranno poste.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
 
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Tremendo avvertimento di Putin alla NATO: guerra imminente?

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La rimozione delle restrizioni all’uso di armi occidentali da parte dell’Ucraina coinvolgerebbe direttamente gli Stati Uniti e i suoi alleati nel conflitto con la Russia e incontrerebbe una risposta adeguata, ha avvertito il presidente russo Vladimir Putin.

 

L’Occidente ha inviato all’Ucraina missili a lungo raggio come Storm Shadows e ATACMS, che Kiev ha finora utilizzato contro la Crimea e il Donbass. Negli ultimi giorni, tuttavia, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno suggerito che potrebbero consentire l’uso di queste armi per colpire obiettivi più in profondità nel territorio russo riconosciuto a livello internazionale.

 

«Non stiamo parlando di permettere o proibire al regime di Kiev di colpire il territorio russo», ha detto Putin giovedì. «Lo sta già facendo, con veicoli aerei senza pilota e altri mezzi».

 

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L’Ucraina non ha la capacità di utilizzare sistemi occidentali a lungo raggio, ha aggiunto Putin, osservando che per indirizzare tali attacchi è necessario disporre di informazioni dai satelliti della NATO, mentre le soluzioni di fuoco possono «essere attivate solo dal personale militare della NATO».

 

«Ciò significherà che i Paesi della NATO, gli Stati Uniti e i Paesi europei combatteranno contro la Russia».

 

«Se questa decisione verrà presa, significherà niente di meno che la partecipazione diretta dei paesi NATO, degli Stati Uniti e dei paesi europei, al conflitto in Ucraina», ha detto il presidente russo. «La loro partecipazione diretta, ovviamente, cambia significativamente l’essenza stessa, la natura stessa del conflitto».

 

Con questo in mente, ha aggiunto Putin, la Russia «prenderà le decisioni appropriate in base alle minacce che ci troviamo ad affrontare».

 

Alcune limitazioni all’uso di armi fornite dall’Occidente erano state originariamente messe in atto per consentire agli Stati Uniti e ai loro alleati di affermare di non essere direttamente coinvolti nel conflitto con la Russia, mentre armavano l’Ucraina con una cifra pari a 200 miliardi di dollari. Kiev chiede a gran voce che le restrizioni vengano revocate da maggio.

 

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken e il Ministro degli Esteri britannico David Lammy hanno lasciato intendere che le restrizioni potrebbero essere revocate questa settimana, citando come pretesto la presunta consegna di missili balistici iraniani alla Russia. L’Iran ha negato di aver inviato missili alla Russia, definendo le accuse «guerra psicologica» da parte di Paesi pesantemente coinvolti nell’armamento dell’Ucraina.

 

Putin ha già avvisato i membri della NATO di stare attenti a «con cosa stanno giocando» quando discutono i piani per consentire a Kiev di colpire in profondità nel territorio russo usando armi fornite dall’Occidente.

 

Parlando con le principali agenzie di stampa a margine del Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF) a giugno, il presidente russo ha affermato che la Russia avrebbe risposto abbattendo le armi in questione e poi vendicandosi dei responsabili, pur non brandendo armi nucleari, disse.

 

Una delle possibili risposte menzionate da Putin all’epoca era quella di armare i nemici occidentali con armi di precisione a lungo raggio.

 

Il portavoce della presidenza russa Dmitrj Peskov ha dichiarato ieri che l’Occidente ha ricevuto e compreso l’ultimo avvertimento di Putin.

 

Il Regno Unito è stato il primo paese ad annunciare la spedizione dei propri missili a lungo raggio all’Ucraina nel maggio 2023, seguito dalla Francia diversi mesi dopo. Washington ha rivelato di aver fornito a Kiev missili ATACMS questa primavera. Tuttavia, i sostenitori di Kiev hanno pubblicamente proibito all’Ucraina di usare le armi contro obiettivi situati in profondità nel territorio russo riconosciuto a livello internazionale.

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Kiev chiede che queste limitazioni vengano revocate almeno da maggio. Diversi organi di informazione hanno suggerito che Washington e Londra lo faranno presto, o lo hanno già fatto in segreto.

 

Parlando ai giornalisti venerdì, Peskov ha descritto l’ultimo avvertimento di Putin come «molto importante».

 

La dichiarazione del presidente russo è stata «chiara, inequivocabile e non si presta a molteplici interpretazioni», ha affermato il portavoce, aggiungendo che «non abbiamo dubbi che questa dichiarazione abbia raggiunto i suoi destinatari».

 

«La loro partecipazione diretta [al conflitto in Ucraina], ovviamente, cambia significativamente l’essenza stessa, la natura stessa» delle ostilità, ha sottolineato il presidente. Putin ha aggiunto che la Russia «prenderà le decisioni appropriate in base alle minacce che ci troviamo ad affrontare».

 

In vista della loro visita a Kiev all’inizio di questa settimana, il Segretario di Stato americano Antony Blinken e il Ministro degli Esteri britannico David Lammy hanno lasciato intendere che i loro Paesi potrebbero dare il via libera all’Ucraina per attacchi a lungo raggio sul territorio russo con missili britannici e americani.

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L’Armenia offre un accordo di pace all’Azerbaigian

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Il governo armeno si è offerto di firmare un accordo di pace di 16 articoli con l’Azerbaigian, ha annunciato mercoledì il primo ministro Nikol Pashinyan durante una sessione parlamentare.   Secondo il leader armeno, Yerevan e Baku non possono attualmente firmare un trattato che risolverebbe tutti i problemi tra i due paesi. Invece, ha proposto di firmare un accordo che coprirebbe aree su cui le due parti hanno già concordato.   L’offerta di Pashinyan arriva dopo mesi di colloqui tra Armenia e Azerbaigian in seguito all’escalation del conflitto nella regione del Nagorno-Karabakh e al ritiro armeno da essa l’anno scorso. Le due parti sono state in disaccordo per decenni sul controllo del territorio conteso e sono state coinvolte in una serie di sanguinosi conflitti per il suo controllo.

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Prevalentemente popolata da armeni etnici, la regione era in precedenza sotto il controllo de facto di Yerevan. Tuttavia, nel 2023, Baku lanciò un’offensiva su larga scala e prese il controllo del territorio, sciogliendo in seguito l’autoproclamata Repubblica del Nagorno Karabakh. La maggior parte degli armeni che vivevano nella regione fuggì in seguito.   Da allora, Yerevan e Baku hanno tentato di raggiungere un accordo di pace conclusivo.   Durante una visita a Baku il mese scorso, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che Mosca è pronta a svolgere un ruolo nel contribuire a risolvere l’annosa faida tra i due Paesi.   «Se potessimo fare qualcosa per facilitare la firma di un accordo di pace tra Azerbaigian e Armenia, per avvicinare la questione alla delimitazione e alla demarcazione del confine, per sbloccare… la logistica e l’economia, saremmo molto felici di farlo», ha detto il leader russo ai giornalisti.   Come riportato da Renovatio 21, in questi mesi tra i due Paesi sono continuate le tensioni.   Come riportato da Renovatio 21, l’esodo degli armeni dell’Artsakh (così chiamano l’area del Nagorno-Karabakh) a seguito dell’invasione nell’énclave delle forze azere arriverebbe a contare 100 mila persone, in una zona dove la popolazione armena ha un numero di poco superiore. Le immagini del corridoio di Lachin intasato da vetture di famiglie che fuggono sono a dir poco impressionanti.   Il primo ministro Pashinyan, cedendo alle lusinghe dell’Ovest, ha irritato giocoforza la Russia, che è l’unico Paese che si era impegnato davvero per la pace nell’area. Mosca non può aver preso bene né le esercitazioni congiunte con i militari americani (specie considerando che Yerevan aderisce al CSTO, il «Patto di Varsavia» dei Paesi ex sovietici) né l’adesione dell’Armenia alla Corte Penale Internazionale, che vuole processare Putin.

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Bisogna aggiungere anche i rapporti dell’Occidente con Baku, considerato un fornitore energetico affidabile e ora piuttosto necessario all’Europa privata del gas russo. L’Azerbaigian è una delle ex repubbliche sovietiche ritenute più strategicamente vicine all’Occidente: si consideri inoltre le frizioni con l’Iran e quindi il ruolo nel contenimento degli Ayatollah.   Il presidente iraniano Ebrahim Raisi è morto in un incidente di elicottero a seguito di un incontro al confine con il presidente azero Aliyev.   Dietro all’Azerbaigian vi è l’appoggio sfacciato della Turchia e, si dice, quello militare-tecnologico di Israele. È stato detto che la Turchia avrebbe impiegato nell’area migliaia di mercenari siriani ISIS per combattere contro i cristiani armeni.   Come riportato da Renovatio 21, il clan Erdogan farebbe affari milionari in Nagorno-Karabakh e la Turchia, come noto, è già stata accusata di genocidio per il massacro degli armeni ad inizio Novecento.   Baku invece accusa la Francia di essere responsabile dei nuovi conflitti con l’Armenia. Il dissidio tra i due Paesi è arrivato al punto che il ministro degli interni di Parigi ha accusato l’Azerbaigian di aver avuto un ruolo nelle recenti rivolte in Nuova Caledonia.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
 
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