Spirito
I funerali di monsignor Williamson a Canterbury
Si sono tenuti ieri mercoledi 26 febbraio a Canterbury, nella contea inglese del Kent, i funerali di Sua Eccellenza monsignor Richard Nelson Williamson, il quale ha reso l’anima a Dio lo scorso 29 gennaio.
La lunga attesa delle esequie è dovuta ai tempi burocratici particolarmente lunghi in Inghilterra, ma anche alla difficoltà nel trovare un luogo adatto per l’evento storico e solenne: uno dei quattro vescovi consacrati da monsignor Marcel Lefebvre è venuto a mancare, facendo seguito alla scomparsa di monsignor Bernard Tissier de Mallerais, mancato nell’autunno scorso.
Le chiese, oggi più che mai, sono usurpate da chi non professa più la fede cattolica. Non si poteva dunque sperare nella possibilità di una celebrazione per i funerali di un vescovo quantomai importante per la galassia della tradizione, in una terra inglese sempre più protestantizzata anche nelle cattedrali cattoliche, mentre dell’anglicanesimo non resta praticamente più nulla.
La stessa splendida e maestosa cattedrale di Canterbury, un tempo cattolica, dove le reliquie di San Tommaso Becket, arcivescovo, furono distrutte dai protestanti, oggi è praticamente un museo (se non una location per i rave party: sì), il cui ingresso costa 20 sterline.
È stato quindi impossibile avere accesso ai luoghi di culto storici per un vescovo rimasto cattolico come Williamson. Ciononostante nulla ha potuto di celebrare un funerale solenne impeccabile.
In una grande sala nel centro della contea di Canterbury, sono avvenuti ieri mattina, alle ore 11:00 inglese (le 12:00 in Italia) i funerali di Sua Eccellenza.



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Ad officiare è stato Mons. Paul Morgan, l’ultimo vescovo consacrato da Williamson, e che a seguito della scomparsa di monsignore, risiederà a Broadstairs — storica residenza, a partire dal 2012 circa, di Mons. Williamson — per continuare ad occuparsi dell’apostolato inglese, ma anche in parte di quello francese.
Ad assistere e ad organizzare la liturgia erano presenti anche monsignor Giacomo Ballini, dall’Irlanda, monsignor Michal Stobnicki dalla Polonia, monsignor Tomas de Aquino, dal Brasile e monsignor Gerardo Zendejas, dall’America.
Numerosi sacerdoti da tutto il mondo, fra cui tre anche dall’Italia. Presenti due domenicani di Avrillé, insieme ad alcune suore, e altri religiosi e religiosi da più parti.
Oltre al clero e ai religiosi, più di duecentocinquanta fedeli presenti ad assistere alla Santa Messa pontificale da Requiem. Le esequie sono durate più di due ore: al termine del pontificale si è tenuta l’omelia pronunciata da monsignor Morgan, alla quale ha fatto seguito l’antico rito dell’assoluzione quintupla al feretro, con particolare preghiera di assoluzione recitate da tre vescovi e due sacerdoti, che aspergono e incensano la salma.
Un coro di fedeli ha accompagnato con i canti sacri tutto il rito.
Alla termine dell’assoluzione quintupla, ha tenuto un ricordo commemorativo Henri Williamson, fratello maggiore del vescovo inglese, presente insieme ad alcuni nipoti di monsignor Williamson.

Cristiano Lugli, il fratello maggiore di monsignor Williamson Henry, don Andrea Maccabiani
Al termine, il feretro di Sua Eccellenza è stato portato a Broadstairs per la sepoltura in un antico cimitero di origine benedettina, come era volontà del vescovo, accompagnato da un piccolo gruppo di sacerdoti e dai vescovi, in una circostanza più privata.
Come da tradizioni inglesi, per i presenti ai solenni funerali è stato offerto un rinfresco nelle sale circostanti.
In conclusione, si è trattato di un momento di grande commozione e raccoglimento, intorno al corpo di uno dei forse più importanti vescovi a cavallo dei millenni abbiano conosciuto, accompagnato già dal giorno precedente, alla sera, dall’Ufficio dei Defunti e della recita del santo rosario, a cui monsignore era tanto devoto.
Che la sua memoria e la sua opera possano restare vive nei nostri cuori, nella nostra Fede e nella speranza del veder presto rifiorire il Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo e della Sua Santa Chiesa Cattolica, come monsignor Williamson ha sempre insegnato con fermezza.
Renovatio 21 informa che è stato ripreso tutto il funerale da alcuni incaricati, e sarà disponibile a Dio piacendo fra circa dieci giorni. Non appena disponibile, faremo avere il link per poter rivedere le esequie di Sua Eccellenza.
Cristiano Lugli
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Spirito
«Siamo stati creati per la gloria»: omelia nella festa di Ognissanti di mons. Viganò
Vos, purpurati martyres, Vos candidati præmio Confessionis, exsules Vocate nos in patriam.
Rabano Mauro Inno Placare, Christe
Dopo la solenne celebrazione della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’ultima Domenica di Ottobre, il primo Novembre è dedicato a coloro che con Cristo hanno combattuto il bonum certamen, meritando di trionfare con Lui nella vittoria sfolgorante sul demonio. Il giorno seguente, 2 Novembre, viene ricordato un altro sterminato esercito di anime sante: quelle di coloro che il fuoco del Purgatorio purifica, come l’oro nel crogiuolo, per renderle degne di essere ammesse alla gloria della contemplazione della Maestà divina.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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Spirito
Lo stile di Leone XIV: conservare il vero senza rigettare il falso?
In una Nota sullo stile di Papa Leone XIV del 1° giugno 2025, pubblicata sul suo blog e riproposta da Sandro Magister su Settimo Cielo il 2 giugno, Leonardo Lugaresi, esperto di Padri della Chiesa, si sforza di «cogliere un aspetto dello stile di pensiero e di governo di Papa Leone XIV, che mi sembra emergere chiaramente nei suoi primi discorsi; un tratto che merita la massima attenzione per il suo valore paradigmatico, non solo nei contenuti ma anche, e direi soprattutto, nel metodo».
Questo stile, secondo lo studioso italiano, equivale a fare «giusto uso» della tradizione: «raccogliere ciò che c’è di buono in ogni persona, in ogni discorso, in ogni evento, e filtrare ciò che è cattivo».
Spiega: «Ma oggi sarebbe altrettanto sbagliato pretendere che spetti al papa compiere una sorta di “controriforma”. Se posso azzardare una previsione, credo che questo comunque non accadrà. Penso invece che da Leone XIV possiamo attenderci non tanto delle correzioni esplicite o delle formali ritrattazioni di certi aspetti ambigui, confusi e in qualche caso problematici del precedente pontificato, quanto un loro “giusto uso” che, se così posso esprimermi, li “rimetta al loro posto”».
E illustra il suo punto con un esempio: «ad alcuni è dispiaciuto che nel discorso del 19 maggio ai rappresentanti delle altre chiese e di altre religioni papa Leone abbia citato la controversa Dichiarazione di Abu Dhabi».
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«È vero che quel documento contiene il passaggio forse più “problematico” del pontificato di Francesco, perché vi si trova un’affermazione circa la volontà divina che gli uomini aderiscano a religioni diverse dalla fede cristiana che è pressoché impossibile interpretare in modo compatibile con la dottrina cattolica».
«Tuttavia, da parte di chi è ben saldo nella certezza (scritturistica e tradizionale!) che tutti gli uomini sono chiamati a convertirsi a Cristo, perché ‘in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati’ (At 4, 12), si può benissimo citare un altro passo, del tutto innocuo, di quello stesso documento, proprio nella logica che ho cercato di descrivere;»
«È anche in questo modo, io spero, che si realizzerà una sorta di ‘riassorbimento dell’eccezione bergogliana’ nel corpo vivo della tradizione»
«Ah! Con quanta galanteria vengono espresse queste cose!» [Molière, Il Misantropo, Atto I, Scena 2] Le affermazioni eretiche diventano “eccezioni” che devono essere «riassorbite”, diluite in affermazioni “innocenti” per renderle accettabili al «corpo vivo della tradizione»! Con un simile regime, c’è da temere che questo corpo non rimanga vivo a lungo! Ci si può accontentare di «filtrare» l’errore senza rifiutarlo esplicitamente?
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Leone XIV può accontentarsi di aggirare gli errori senza condannarli?
Nelle Res Novæ del 4 agosto, padre Claude Barthe scrive: «Leone XIV, è un fatto, è responsabile dell’eredità di Francesco. Questa eredità, fondamentalmente conciliare, se si escludono la sinodalità, che resiste a qualsiasi tentativo di definizione precisa, e l’impegno ecologico, può essere riassunta in tre testi: Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans, sulla morale del matrimonio, e Traditionis Custodes sulla liturgia tradizionale».
Sulla moralità del matrimonio, prosegue, «tutta la difficoltà di Amoris Laetitia si concentra nel paragrafo 301, da cui si potrebbe ricavare la seguente proposizione: “Alcuni di coloro che vivono in adulterio, anche se conoscono la norma che stanno trasgredendo, potrebbero non essere in stato di peccato mortale”».
«Leone XIV dovrebbe abbracciare questo insegnamento bergogliano, che mina gravemente la santità del matrimonio. Aggirarlo abilmente, indirettamente, non sarà sufficiente per invalidarlo. Dovrà necessariamente approvarlo o annullarlo. La Chiesa, infatti, è custode del contenuto della Rivelazione e della dottrina di fede e morale a cui bisogna aderire per essere salvati. […]»
«Non ci si può accontentare, a difesa della fede, di dichiarazioni che mitighino tale eterodossia o la controbilancino con insegnamenti contrari che tuttavia lascino intatta la dottrina difettosa. È necessario, per la salvezza delle anime, sradicare la falsa dottrina».
Riguardo alla Messa tradizionale, padre Barthe osserva che «a causa di papa Bergoglio, la questione è diventata molto semplice: tutto l’approccio repressivo di Traditionis Custodes si basa, infatti, sul suo articolo 1: ‘I libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità con i decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (…)»
«Secondo Traditionis Custodes, a seguito della riforma conciliare, la liturgia romana precedente a questa riforma ha quindi perso il suo status di lex orandi. […] (Certamente) è estremamente auspicabile che il nuovo papa conceda a questa liturgia, direttamente o indirettamente, maggiore libertà. Ma, nonostante ciò, resta da insegnare nella Chiesa la seguente proposizione: “I libri liturgici in vigore prima della riforma di Paolo VI non esprimono la lex orandi del Rito Romano”»
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«La questione che il Magistero della Chiesa è ora chiamato a risolvere è questa: questa proposizione è vera o falsa? Se è falsa, deve essere condannata, con tutte le conseguenze che ne conseguono».
Pertanto, un uso sapiente della «tradizione vivente» per assorbire le «eccezioni bergogliane» sembra non solo insufficiente, ma soprattutto pericoloso. Anche in questo caso, solo il futuro potrà dirlo. E il futuro appartiene a Dio.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Lula Oficial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
Spirito
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