Nucleare
I diplomatici occidentali snobbano la cerimonia per la bomba di Nagasaki: non hanno invitato gli israeliani

Alti diplomatici che rappresentano Washington e Londra in Giappone non parteciperanno venerdì alla cerimonia di commemorazione delle vittime del bombardamento atomico statunitense del 1945 a Nagasaki, perché gli organizzatori hanno rifiutato di invitare l’ambasciatore israeliano. Lo hanno riportato diverse testate internazionali.
L’ambasciatrice britannica Julia Longbottom ha annunciato la sua decisione di saltare l’imminente evento in una conferenza stampa martedì. Si è scagliata contro la mossa delle autorità cittadine di escludere Israele dalla cerimonia. I funzionari giapponesi hanno affermato a giugno di voler fare pressione sullo Stato Ebraico affinché cercasse un cessate il fuoco nelle sue operazioni militari a Gaza.
Il diplomatico britannico ha affermato che Israele ha il diritto di difendersi, quindi lo sgarbo era sbagliato, a differenza dell’omissione di Russia e Bielorussia. La città di Nagasaki non ha invitato quei due paesi alla commemorazione annuale dallo scoppio del conflitto in Ucraina nel 2022, e gli attivisti locali per la pace avrebbero accusato l’ufficio del sindaco di doppi standard in relazione a Israele.
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Anche l’ambasciatore statunitense in Giappone Rahm Emanuel salterà l’evento di questa settimana, con la missione diplomatica che ha detto ai media che non voleva «politicizzarlo». Parteciperà invece a una cerimonia su scala ridotta a Tokyo, ha aggiunto la dichiarazione. Un funzionario di livello inferiore del consolato di Fukuoka parteciperà al posto dell’ambasciatore.
Come riportato da Renovatio 21, Emanuel – esperto di balletto divenuto capo di Gabinetto di Obama, che conosceva dai tempi di Chicago, città di cui poi divenne sindaco – già ha interferito nel contesto giapponese accusando la principale organizzazione scintoista del Paese per la sua avversione all’omosessualismo istituzionalizzato.
Non deve sorprendere che Emanuel sia scocciato: il padre Benjamin fu un membro dell’Irgun Tzvai Leumi («Organizzazione Militare Nazionale»), chiamato semplicemente Irgun, gruppo paramilitare sionista definito terrorista per gli attacchi ai britannici negli ultimi anni del Mandato della Palestina. I fratelli Emanuel hanno tuttora molto effetto nelle alte sfere degli USA: se Rahm è ambasciatore in Giappone, Ezekiel è bioeticista di Stato dell’amministrazione Biden (con posizioni su vaccini obbligatori ed eutanasia libera, più rinuncia generale a curare gli ultra 75enni), mentre l’altro fratello, Ari, è un pezzo grosso di Hollywood, a capo dell’organizzazione che controlla tutti i talenti (cioè, gli attori) e pure la lega di arti marziali miste UFC. Ari è stato oggetto degli strali del cantante Kanye West.
Si dice che i rappresentanti di Australia, Canada e Unione Europea seguiranno l’esempio. È riportato che nel gruppo vi sarebbe anche l’Italia.
Il sindaco della cittadina nuclearizzata Shiro Suzuki ha ribadito la sua determinazione a non ospitare l’ambasciatore israeliano Gilad Cohen al Memoriale della Pace di Nagasaki durante una conferenza stampa la scorsa settimana. «Non è una decisione politica. È una decisione basata sulla nostra speranza di tenere la cerimonia in modo pacifico, solenne e senza intoppi» ha affermato.
L’inviato israeliano ha definito la situazione «deplorevole».
Va ricordata tuttavia la sensibilità delle cittadine hibakusha, cioè sopravvissute all’olocausto nucleare: certo i discorsi di ministri israeliani sulla nuclearizzazione di Gaza non devono essere molto piaciuti in chi ancora ricorda da vicino gli effetti del fuoco atomico.
Nagasaki è stata la seconda delle due città giapponesi sottoposte a bombardamenti nucleari da parte dell’esercito statunitense nelle ultime fasi della seconda guerra mondiale. I funzionari di Hiroshima hanno esortato Israele ad accettare un cessate il fuoco, ma hanno comunque invitato l’ambasciatore Cohen alla cerimonia commemorativa annuale del 6 agosto.
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Il primo ministro giapponese Fumio Kishida si è astenuto dal menzionare il ruolo degli Stati Uniti negli attacchi nucleari durante il discorso pronunciato martedì al Parco del Memoriale della Pace di Hiroshima.
Nagasaki era risaputamente la città più cattolica del Giappone, l’unica dove i cristiani erano in grande maggioranza. La bomba fu fatta cadere sopra la cattedrale di Urakami, che era piena di gente che voleva confessarsi.
Se andate a visitarla, potete vedere, ancora oggi, un reperto sconvolgente: un rosario fuso dal fuoco dell’atomo, dove la materia colata ancora contiene, forse atomi della persona che stava pregando.
Ciò detto, la cittadina colpisce perché, a differenza di Hiroshima, sembra essersi messa alle spalle la storia di dolore, anche perché, essendo cattolica, già poteva ricordare stragi immani ed ingiustizia, come quella dei 26 martiri trucidati dalla incipiente mega-persecuzione dello Shogun il 5 febbraio 1598. Nel gruppo, oltre a San Paolo Miki, vi erano tre bambini. La chiesa cattolica li considera santi e li ricorda ogni anno il 6 gebbraio.
A Nagasaki è facile perdersi in passeggiate tra le stradine e le colline, e trovare cose incredibili: chi scrive è finito, per caso, in un microscopico cimitero dove stavano le lapidi di una famiglia comasca che aveva lì vissuto (immaginiamo, trattando il commercio della seta) lungo tutto l’Ottocento.
Il fondatore di Renovatio 21 ritiene Nagasaki una delle città più belle del mondo.
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Immagine di Tomio344456 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Nucleare
«Non c’è vittoria nella guerra nucleare»: parla l’esperto in armamenti del MIT

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Nucleare
Trump reagisce all’offerta di trattato nucleare di Putin

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha accolto favorevolmente la proposta del presidente russo Vladimir Putin di estendere di un ulteriore anno l’ultimo trattato di controllo degli armamenti tra i due Paesi.
Domenica, mentre conversava con i giornalisti fuori dalla Casa Bianca, a Trump è stato chiesto cosa pensasse dell’offerta di Putin riguardo al New START. «Mi sembra una buona idea», ha risposto.
Le parole di Trump sono state apprezzate da Kirill Dmitriev, consigliere economico di Putin e figura centrale negli sforzi per migliorare le relazioni con Washington.
Dmitriev ha scritto su Telegram che la posizione del presidente statunitense indica che Washington e Mosca sono «abbastanza propense» a prorogare l’accordo.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Putin aveva espresso la disponibilità di Mosca a estendere di un anno il Trattato sulla riduzione delle armi strategiche del 2010 (New START), a patto che gli Stati Uniti rispondano positivamente e si astengano da azioni che potrebbero alterare l’equilibrio nucleare.
All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che Washington non ha ancora fornito una risposta ufficiale alla proposta.
L’ultimo trattato di riduzione degli armamenti tra Stati Uniti e Russia, che limita ciascuna parte a un massimo di 1.550 testate nucleari strategiche e 700 sistemi di lancio schierati, scadrà a febbraio, salvo un’eventuale proroga.
Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa, all’apice delle tensioni per la guerra ucraina, il ministero degli Esteri russo aveva accusato la «flagrante» violazione del trattato Start da parte di Washingtone. Nell’agosto 2022 la Russia aveva quindi annunciato la sospensione delle ispezioni nucleari con il nuovo trattato START.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Nucleare
La Russia resta il principale fornitore di combustibile all’uranio per gli Stati Uniti

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