Nucleare
Il «male minore» atomico. La storia del futuro papa dietro a Hiroshima e Nagasaki

In occasione del 79° anniversario del bombardamento atomico della città di Hiroshima, Renovatio 21, ripubblica il suo articolo sul ruolo che monsignor Montini, futuro Paolo VI, in quei mesi fatali del 1945 potrebbe aver avuto nel far saltare un canale di comunicazione tra Tokyo e Washington tale da poter evitare la strage nucleare inflitta al popolo delle due città nipponiche, una delle quali, ricordiamo, era, unica nel Paese, abitata prevalentemente da cattolici. Ragguagli su questa versione della storia sono dati anche dall’articolo «Hiroshima e i papi del sacrificio umano». Ulteriori riflessioni, in relazione al papato e alla diffusione del siero genico sperimentale sono contenute nell’articolo «Montini ha aiutato la bomba atomica. Bergoglio la bomba a mRNA».
Il 17 gennaio 1945 il rappresentante diplomatico del Sol Levante presso la Santa Sede Masahide Kanayama, si vide con il Segretario di Stato vaticano Giovanni Montini, che 18 anni dopo sarebbe divenuto Papa Paolo VI. L’incontro avviene sotto gli occhi di Pio Rossignani, segretario personale di Pio XII.
Kanayama lavorava sotto l’ambasciatore Ken Harada. Il suo compito, in sostanza, era di fare da canale nascosto per un appello diretto al Papa.
I Giapponesi volevano che il Pontefice fosse il mediatore tra loro gli Alleati.
«I pacifisti in Giappone hanno grande fede nella Santa Sede. Un tentativo della Santa sede di iniziare la mediazione incoraggerebbe di molto i nostri pacifisti, anche se non vi fossero risultati concreti nell’immediato» disse Kanayama.
Montini rispose: «è a noi chiaro che la distanza tra i punti di vista fra i due belligeranti è troppo ampia per permettere la mediazione Papale»
Montini, cioè, chiuse la porta.
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A pochi mesi di distanza, ci furono Hiroshima e Nagasaki. Quest’ultima, lo ricordiamo, era la città pià cattolica del Giappone, quella dove i cattolici erano la maggioranza, l’unica regione in cui la Vera Religione si salvò dalle tremende persecuzioni dello Shogunato nel XVII secolo.
Non è più discutibile il fatto che il Montini fosse un asset (cioè una fonte, un confidente, financo un «agente» dell’OSS, l’organizzazione che poi si trasformò nella CIA.
Il futuro Paolo VI parlava direttamente con colui che è considerato «padre» della CIA, William Donovan.
Donavan era peraltro cattolico. Nel denso film dedicato all’OSS e alla CIA, The Good Shepherd, la figura di Donavan è interpretata da Robert De Niro, qui anche eccellente regista. Egli si lamenta, in una scena, del fatto di essere l’unico cattolico nell’ente che lui stesso stava creando traendo dai figli della crema WASP per lo più affiliati alla lugubre confraternità universitaria Skull and Bones. Donovan era già stato ospite del Vaticano nel 1944 per essere insignito da Pio XII della Gran Croce dell’ordine di San Silvestro
Montini aveva tuttavia ancora maggiori rapporti con con la «madre» della CIA James Jesus Angleton. Personaggio interessante, l’Angleton crebbe in Italia, dove il padre vendeva macchine da scrivere, e si laureò in poesia: nel dopoguerra corrispondeva con Ezra Pound che egli ammirava enormemente, mentre però lo teneva dietro le sbarre. Ad Angleton viene fatto risalire tanto della storia Repubblicana, tanto che meriterebbe un posto tra i padri fondatori dell’Italia democratica – certamente più di De Gasperi e dei Costituenti: c’è il sospetto che Angleton trattò con Lucky Luciano lo sbarco degli alleati in Sicilia (e quindi il ritorno della mafia), truccò il referendum che seppellì la Monarchia, fu fulcro delle manovre che crearono la DC. Infine, Angleton impazzì mentre per la CIA dirigeva il controspionaggio antisovietico, inghiottito da quello che egli stesso, memore della sua formazione poetica, chiamava «Il deserto degli specchi».
Ma è del deserto atomico di Hiroshima e Nagasaki che stiamo parlando.
Sembrerebbe proprio che anche in quel colloquio in cui il Giappone gli chiedeva aiuto Montini facesse il gioco angloamericano.
È difficile non pensare che una risposta differente avrebbe potuto salvare decine di migliaia di esseri umani a Hiroshima e centinaia di migliaia di cattolici a Nagasaki.
La cosa va inquadrata secondo la mentalità del Montini e della Democrazia Cristiana che egli benedì facendola prosperare al punto che per colpirla dovettero colpire un amico personale del papa bresciano, Aldo Moro.
Montini, il papa del post-concilio, il papa della messa nuova plasmata dal massone Bugnini, il papa che incoraggiò quella Democrazia Cristiana che ha siglato quegli enormi compromessi con la Morte – compromessi che hanno costato al Paese circa 53 volte i morti di Hiroshima Nagasaki, preferì il male minore della continuazione della guerra, vedendone chissà quale vantaggio futuro: forse quello americano, che con la detonazione delle bombe spaventò la Russia impedendole di invadere l’Hokkaido. La Russia aveva dichiarato guerra al Giappone poche settimane prima, e un’invasione sovietica da Nord avrebbe reso il Giappone un Paese diviso dai blocchi come la Germania, o, più tardi, la Corea.
Ecco, insomma, il male minore atomico.
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Davanti al diniego di Montini, i Giapponesi in Vaticano non si persero d’animo.
Nel febbraio 1945, l’ambasciatore Ken Harada volle vedere l’inviato personale di Roosevelt presso Pio XII Myron Taylor, e gli passo un messaggio chiarissimo: «gli elementi giapponesi che desiderano la pace non sono responsabili della guerra nel pacifico, e potrebbero essere in grado di far sentire la propria volontà se gli angloamericani offrissero termini accettabili».
Il Giappone, in Vaticano, offriva il ramoscello d’olivo.
Taylor promise di passare il messaggio, ma volle ricordare Pearl Harbor: come dire, abbiamo qualche ragione per invadervi.
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A leggere la storia dai documenti non pare proprio che il Giappone fosse graniticamente opposto all’idea di un armistizio; il mito dell’ultimo giapponese che continua a combattere nell’isola per anni è probabilmente un’operazione psicologica che giustificare le bombe atomiche.
È eclatante il caso del telegramma al Papa mandato il 6 aprile 1945 dal delegato: «Il presente è il momento più favorevole per conquistare l’intransigenza dei militaristi estremisti nell’interesse di una pacifica soluzione della guerra» scrisse Toda, il quale era peraltro imparentato con nientemeno che l’imperatore Hirohito.
Nel messaggio, si prometteva che al più presto possibile si sarebbero mandate alla Santa Sede delle condizioni da far vagliare agli angloamericani. Gli americani sapevano: messaggio fu intercettato dall’OSS e girato a Roosevelt l’11 aprile, un giorno dinanzi della sua improvvisa morte.
Il successore, il massone Truman, poche settimane dopo sganciò le bombe.
Si trattò dell’unico utilizzo su esseri umani dell’ordigno a fissione dell’atomo.
Ho pellegrinato per ambo le città martiri dell’atomo americano. Voglio confessare che Nagasaki, soprattutto, è una delle città che amo di più al mondo.
La storia del bombardamento atomico di Nagasaki è una storia cattolica sin dal suo epicentro: il bombardiere «Bockscar» pilotato dal maggiore Charles Sweeney, all’anagrafe un irish-catholic, prese come bersaglio la cattedrale della Immacolata Concezione, chiamata anche cattedrale di Urakami, il quartiere a Nord della città.
Quando l’atomo colpì, era l’ora delle confessioni. Tanti erano là sotto in fila per liberarsi dei proprio peccati; una di essi era la moglie di un medico cattolico riconosciuto poi eroe internazionale, Paolo Takeshi Nagai.
Nagai – che diverrà noto per la sua testimonianza straziante del libro Le campane di Nagasaki – studiò la malattia da radiazione anche menomato e incapace di stare anche solo seduto, sdraiato perennemente, tra microscopi e carte, su della paglia stesa sul pavimento.
I fedeli di Urakami quel giorno trovarono d’improvviso una morte mai vista prima. Disintegrati, disciolti, fusi nell’intimo della materia con ciò che era nelle circostanze.
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Nel museo a fianco della Cattedrale di Urakami, ho guardato e rimirato per ore un cimelio in particolare. Un rosario «sciolto» dalla bomba.
Vi ho visto questo segno pazzesco, struggente: era la Fede violata nella sua intimità, e al contempo era la Fede che resiste anche alla potenza nucleare.
Quel rosario diceva, soprattutto, che qualcuno era morto stringendolo fra le mani.
Ricordo come accanto a me, davanti al rosario atomico, vi erano dei ragazzi americani, venuti come tanti connazionali a fare quello che il loro governo non riesce a fare da 73 anni: affacciarsi all’orrore e chiedere scusa. La prima a scoppiare a piangere fu la ragazza; il ragazzo seguì. Lacrime americane, lacrime umane.
Avevano compreso ciò che i vertici del loro Paese, e probabilmente anche Montini, non avevano compreso.
Vite sacrificate, a milioni, per il «male minore» di qualche uomo di potere.
Il «male minore» è il Male. E il Male vuole lo sterminio infinito, e lo scioglimento dell’Unica Vera Fede.
Roberto Dal Bosco
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Articolo previamente apparso su Ricognizioni e su Renovatio 21
Nucleare
La Corea del Nord effettua esercitazioni di «contrattacco nucleare»



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Animali
Topi interrompono la costruzione di una centrale atomica

I lavoratori del cantiere della centrale nucleare di Hinkley Point C in Gran Bretagna hanno segnalato una significativa infestazione di ratti, sollevando preoccupazioni per la salute e la sicurezza del cantiere dell’impianto atomico.
La minaccia murina è arrivata a tal punto che i sindacati si sono mossi per chiedere un intervento immediato.
All’inizio di aprile, i sindacati Unite e GMB dei lavoratori di Hinkley Point C nel Somerset, nel sud dell’Inghilterra, hanno informato il costruttore, il colosso energetico francese EDF, che l’impianto era invaso dai topi. I sindacati hanno affermato che era necessario un intervento immediato poiché i roditori erano «ovunque» e la rapida espansione della popolazione di topi sollevava preoccupazioni per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
«Sono ovunque. Li vedi lì seduti, a guardarti. La situazione è peggiore vicino alle mense, dove credo sia iniziato tutto. Ma ora sono ovunque» ha detto una fonte ad un giornale locale del Somerset. «Più uomini lavorano sul cantiere, più rifiuti ci sono, e anche le mense non sono pulite. La situazione è solo peggiorata nel tempo» ha aggiunto un altro.
Si prevede che lo sviluppo di Hinkley Point C favorirà la creazione di 15.000 posti di lavoro. Una volta completato, l’impianto dovrebbe alimentare circa 6 milioni di case nel Regno Unito e contribuire al 7% del fabbisogno elettrico del Paese.
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L’avvio è previsto per l’inizio per gli anni 2030, dopo diversi anni di ritardi e costi crescenti. Tuttavia, molti ritengono che questo sia un obiettivo irrealistico. Negli ultimi mesi, i lavoratori hanno lamentato le pessime condizioni di lavoro e i bassi salari, probabilmente a causa delle pressioni finanziarie di EDF.
Centinaia di dipendenti del progetto hanno inoltre scioperato a novembre per l’inadeguatezza delle misure di sicurezza per l’accesso al sito.
La serie animata televisiva I Simpson aveva più volte mostrato scene di topi nella centrale nucleare dove lavorava il protagonista, Homer Simpson, al punto che si il governo USA si era mosso per smentire: «Le centrali nucleari sono ben mantenute» aveva scritto nel 2018 il Dipartimento dell’Energia USA. «L’impianto di Springfield è noto nella serie per le sue violazioni in materia di sicurezza. Si va dalle infestazioni di topi alle torri di raffreddamento incrinate (tenute insieme con gomme da masticare), fino alle perdite dalle tubature che fuoriescono rifiuti radioattivi. Questo semplicemente non accade. L’industria nucleare è una delle più sicure in cui lavorare e vivere».
La realtà è che problemi di questo tipo si erano visti in passato, come durante l’interruzione di corrente di Fukushima del 2013. Nel marzo 2013, la Tokyo Electric Power Co (Tepco) sospettò che i topi potessero aver causato un cortocircuito in un quadro elettrico, innescando l’interruzione di corrente. La Tepco annunciò di aver trovato segni di bruciatura su un quadro elettrico improvvisato e un roditore morto di 15 cm nelle vicinanze.
L’interruzione di corrente ha bloccato i sistemi di raffreddamento di quattro vasche di combustibile esaurito presso i reattori 1, 3 e 4, tuttavia il raffreddamento dei reattori non è stato compromesso. In seguito all’incidente, gli ingegneri hanno impiegato circa 30 ore per riparare i danni. Ciò è avvenuto solo due anni dopo che un gigantesco tsunami innescato da un terremoto aveva causato la fusione dell’impianto, che era in fase di smantellamento durante l’incidente con i topi.
La centrale di Hinkley Point C sta venendo costruita dal gigante francese EDF, rinazionalizzata da Parigi dopo lo shock energetico della guerra ucraina.
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Trump chiede lo «smantellamento totale» del programma nucleare iraniano

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