Alimentazione
Gli agricoltori assediano i burocrati dell’UE a Bruxelles

La protesta degli agricoltori europei è arrivata fino a Bruxelles, sede dell’Ue. Almeno 100 agricoltori francesi, olandesi e italiani si sono riuniti davanti al Parlamento europeo per protestare contro le politiche del Green Deal e gli accordi di libero scambio dell’UE il 24 gennaio.
Il COPA-COGECA, la principale organizzazione agricola europea, non ha preso parte alla manifestazione, poiché gli organizzatori non sono i suoi membri.
«In Francia, come in altri paesi europei, la decisione non sarà presa dai burocrati, che non hanno idea di quale sia la difficoltà di coltivare buoni prodotti in Francia. E come diciamo nei nostri cartelli, “Fermate le importazioni selvagge”», ha detto a Euronews Patrick Legras, del collettivo Coordination Rurale. La protesta ha avuto luogo alla vigilia dei colloqui tra la Commissione europea e gruppi di agricoltori, rappresentanti del settore agroalimentare e ONG.
Gli agricoltori francesi, con i loro trattori, bloccano l’autostrada a #Strasbourg.
Prossima tappa: #Bruxelles pic.twitter.com/AoCivmIhES
— Il Politico Web (@ilpolitico_web) January 25, 2024
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L’agenda anticipata di quello che viene chiamato «dialogo strategico» contiene la solita solfa su «competitività», innovazioni tecnologiche, e via dicendo.
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen strilla da mesi sull’interesse comune dell’agricoltura e dell’ambientalismo, dicendo che dovrebbero esserci delle riunioni. Il 13 settembre 2023 ha affermato che tutte le «parti interessate» dovrebbero riunirsi presto. Lo schema ora è quello di tenere questi incontri nei prossimi mesi ed entro settembre di avere una nuova «visione», aveva detto.
A presiedere le discussioni sarebbe il professor Peter Strohschneider, ex presidente della Commissione per il futuro dell’agricoltura del governo tedesco e sostenitore della cosiddetta transizione verde. I risultati dell’agricoltura tedesca, va notato, sono oggi sotto gli occhi di tutti.
Gli agricoltori europei stanno chiarendo con sempre maggiore chiarezza che non sono disposti ad accettare niente di meno che l’abrogazione totale delle politiche del «Green Deal» di Bruxelles.
I ministri dell’Agricoltura dell’UE si sono incontrati il 23 gennaio prima della riunione della Commissione UE. Molte lamentele da parte dei ministri sul fatto che le discussioni della Commissione europea siano ormai troppo tardi.
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La testata Euractiv cita il ministro spagnuolo dell’Agricoltura Luis Planas, il quale ha dichiarato ai giornalisti che «la Commissione ha imposto al settore requisiti ambientali… senza la dovuta spiegazione, dialogo o sostegno finanziario».
Come riportato da Renovatio 21, gli agricoltori tedeschi hanno indetto manifestazioni oceaniche per protestare contro l’attuale situazione del settore primario, falcidiato dalla follia delle politiche verde nazionali e transnazionali. La protesta tedesca covava da almeno un anno, da quando cioè era partita quella degli agricoltori del principale Paese esportatore di prodotti agricoli d’Europa, cioè dell’Olanda.
A dicembre invece era stata la volta degli agricoltori polacchi che si erano uniti al blocco dei camionisti per protestare contro la concorrenza ucraina a cui viene permesso di distruggere il mercato.
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Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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Alimentazione
Carestia dichiarata a Gaza da un gruppo per la sicurezza alimentare legato alle Nazioni Unite

Famine declared by IPC in #Gaza Governorate is a direct result of actions by #Israel‘s Government that has unlawfully restricted entry & distribution of humanitarian aid.
It is a war crime to use starvation as a method of warfare, and the resulting deaths may also amount to a… pic.twitter.com/knqnRpe2yH — UN Human Rights (@UNHumanRights) August 22, 2025
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