Economia
Ferite profonde e nuovi poveri: il retaggio della guerra «sospesa» fra Hezbollah e Israele
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il Libano è scosso da una profonda crisi umanitaria e sociale, che l’elezione del presidente non basta a risolvere. Fra i nodi irrisolti la crisi abitativa e occupazionale a livello nazionale. Aumenta l’insicurezza alimentare legata al crollo della moneta, che ha perso il 90% del valore sul dollaro. Il Paese importa oltre l’80% del fabbisogno, in particolare nei settori alimentare e sanitario.
In Libano è iniziato il conto alla rovescia per il ritiro dell’esercito israeliano dalle decine di villaggi (del Sud) occupati alla fine della guerra con Hezbollah, intervenuta al fianco di Hamas all’indomani dell’8 ottobre 2023, e conclusa con un accordo di cessate il fuoco leonino per lo Stato ebraico. In conformità al patto sottoscritto il 27 novembre scorso, è stata accordata una proroga di altri 60 giorni ai militari israeliani per evacuare il Paese dei cedri e al «partito di Dio» filo-iraniano per ritirarsi a nord del fiume Litani.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
La zona dovrà poi essere occupata – e sotto il controllo – dell’esercito libanese e della forza internazionale UNIFIL. Il ritiro è imminente e dovrebbe essere completato entro il 26 gennaio prossimo, ma tutto lascia pensare che nessuna delle parti in conflitto abbia mantenuto o manterrà i suoi impegni.
Qualunque cosa accada, e i giorni avvenire serviranno per fare chiarezza, il motivo per cui questa data è così importante non è solo perché in gioco vi è la sovranità del Libano. Infatti, decine di migliaia di libanesi provenienti da questa zona attendono con impazienza, presso parenti o in centri di accoglienza, la scadenza di domenica per rientrare nelle loro case. Questo è uno dei principali aspetti umanitari della crisi in Libano, laddove 200mila unità abitative sono state distrutte dagli attacchi israeliani e la ricostruzione di ciò che è stato devastato dalla guerra richiederà anni. E ciò a condizione che il Paese si stabilizzi sul piano politico, un fatto ancora tutt’altro che certo.
È chiaro che l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica non possa essa sola risolvere i problemi e, agitando la bacchetta magica, cancellare la drammatica realtà sociale che sta attraversando il Libano: a partire dalla condizione di un numero crescente di bambini, che non hanno cibo a sufficienza da mangiare (uno su tre, secondo il Programma alimentare mondiale); e ancora, quella delle famiglie che hanno perso la casa e/o il lavoro; quella dei «nuovi poveri» i cui risparmi sono bloccati dalle banche; quella degli oltre 1,5 milioni di siriani che aspettano nelle tende che il loro Paese torni alla normalità; delle centinaia di migliaia di palestinesi che languono in campi insalubri, desiderosi di tornare un giorno nella loro patria; delle centinaia di lavoratrici migranti abbandonate al loro destino dai loro datori di lavoro sfollati; della classe politica corrotta che ha rovinato la reputazione di solvibilità del Paese.
Secondo padre Michel Abboud, presidente di Caritas-Libano, più di 200mila libanesi non sono ancora rientrati nelle loro case, a due mesi dalla fine della guerra che ha gettato sulle strade e sulle piazze circa 1,2 milioni di rifugiati libanesi e siriani. Secondo i dati presentati di recente dal ministro degli Affari sociali Hector Hajjar, al termine di una campagna a cui hanno partecipato più di 500 operatori sociali, vi sono 182.189 famiglie che risultano inserite nei programmi di aiuto d’emergenza per i libanesi sfollati a causa della guerra. I bisogni si concentrano maggiormente nei distretti di Saïda, Nabatiyeh, Beirut, Tiro e Aley.
A seguito del crollo del valore dei rimborsi del Fondo nazionale di sicurezza sociale (CNSS), dovuto alla svalutazione della sterlina che ha perso il 90% del suo potere d’acquisto, i programmi di assistenza sociale esistenti, in parte finanziati dalla Banca Mondiale, sono limitati. Ad oggi possono beneficiarne solo le famiglie in condizioni di estrema povertà. Di conseguenza, ampie fasce della popolazione sono esposte alla fame, non possono permettersi medicine, tanto meno cure ospedaliere, e sono soggette ad altre privazioni, tra cui l’abbandono della scuola e il lavoro minorile.
Secondo Layal Abou Rahal, vicedirettore dell’ufficio di Beirut dell’Afp che rilancia stime delle Nazioni Unite, “il 55% dei libanesi vive al di sotto della soglia di povertà, con meno di 4 dollari al giorno”. Inoltre, secondo lo psicoterapeuta Robert Caracache, responsabile della associazione Foyer de Lumière, le famiglie «lottano per sopravvivere, i bambini rovistano nella spazzatura, lavorano nei negozi o svolgono lavori faticosi per fornire alla casa cibo e prodotti di prima necessità».
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Alle difficoltà subite dai libanesi, in particolare dalle famiglie sfollate, si sono aggiunti la perdita dell’impiego e il crollo occupazionale. Secondo la Banca Mondiale (BM), durante la guerra sono andati persi circa 166mila posti di lavoro, senza contare le perdite agricole e i danni di ogni genere, stimati in circa 1,2 miliardi di dollari.
«Per mantenere un tenore di vita accettabile», racconta ad AsiaNews Victor F., proprietario di un vecchio edificio che non gli frutta più nulla a causa del blocco degli affitti, «ho ridotto il più possibile il cibo. Mi sono anche imposto il divieto di andare al ristorante, ho rimandato il più possibile le cure dentistiche e oculistiche e ho ridotto o rimandato tutti i costi di assicurazione e manutenzione dell’auto».
Dietro lo sfarzo di alcuni quartieri ricchi di Beirut o delle province, i ristoranti chic e le stazioni sciistiche, ci sono anche i «nuovi poveri», membri di una classe media i cui risparmi sono bloccati nelle banche, vittime del tracollo degli istituti di credito del 2019. A distanza di sei anni, l’audit dei conti della società Alvarez and Marshall, che deve ripartire le responsabilità tra lo Stato, la Banque du Liban e le banche private per il tracollo di circa 70 miliardi di dollari di risparmi privati e aziendali, non è ancora stato accettato.
Va bene parlare della resilienza dei libanesi, ma lo shock dell’ultima guerra tra Israele e Hezbollah ha sovraccaricato una situazione già precaria, lasciando profonde cicatrici nella popolazione.
È vero che molti libanesi vivono delle rimesse inviate dagli espatriati, stimate tra i 6 e i 7 miliardi all’anno, ma si tratta di espedienti il cui valore e la cui regolarità non possono costituire sostituti permanenti di stipendi e redditi da lavori stabili e non possono essere le basi per costruire il futuro.
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
Economia
Trump grazia l’ex CEO del gigante delle cripto Binance
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Economia
Picco del prezzo del petrolio dopo le sanzioni statunitensi alla Russia
I prezzi del petrolio sono aumentati notevolmente in seguito all’annuncio da parte degli Stati Uniti di sanzioni contro i colossi russi Rosneft e Lukoil.
I future sul greggio Brent, benchmark globale, sono saliti di oltre il 5% a 65,99 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate (WTI) statunitense è salito del 5,6% a 61,79 dollari giovedì.
Nonostante i prezzi siano leggermente scesi nelle prime contrattazioni di venerdì, entrambi i benchmark sono rimasti sulla buona strada per un aumento settimanale del 7%, il più grande dall’inizio di giugno.
La Casa Bianca ha descritto le ultime sanzioni come un passo per «incoraggiare Mosca ad accettare un cessate il fuoco». La Russia afferma di rimanere aperta alla diplomazia, ma insiste sul fatto che qualsiasi accordo di pace debba affrontare le cause profonde del conflitto. Ha accusato Kiev e i suoi sostenitori occidentali di rifiutarsi di negoziare in buona fede e di minare gli sforzi di pace attraverso le sanzioni.
Aiuta Renovatio 21
Secondo quanto riportato dai media, che citano fonti commerciali, le sanzioni hanno spinto le principali compagnie petrolifere statali cinesi a sospendere gli acquisti di greggio russo via mare a breve termine. Fonti del settore hanno inoltre avvertito che le raffinerie in India, il maggiore acquirente di petrolio russo via mare, e in Turchia, il terzo, potrebbero ridurre le importazioni nelle prossime settimane.
«I flussi verso l’India sono a rischio in particolare… le sfide per le raffinerie cinesi sarebbero più contenute, considerando la diversificazione delle fonti di greggio e la disponibilità delle scorte», ha detto a Reuters Janiv Shah, vicepresidente dell’analisi dei mercati petroliferi presso Rystad Energy.
Si prevede che le misure avranno ripercussioni sul mercato, poiché gli acquirenti di greggio russo cercheranno alternative finché non ci sarà chiarezza sull’applicazione delle misure, ha dichiarato al Wall Street Journal Richard Bronze, responsabile geopolitica di Energy Aspects. Bronze prevede che il Brent potrebbe avvicinarsi ai 70 dollari al barile nei prossimi giorni. «Solo la decisione di fare questo annuncio provocherà un’onda d’urto notevole sul mercato», ha affermato.
La Russia ha da tempo avvertito che le sanzioni sono illegali e si ritorcono contro chi le impone. Commentando le nuove restrizioni giovedì, il presidente Vladimir Putin le ha definite una «mossa ostile», ma ha affermato che non avrebbero avuto un impatto significativo sull’economia russa. Ha aggiunto che le sanzioni rappresentano un altro tentativo di Washington di fare pressione su Mosca, sottolineando che «nessun Paese che si rispetti agisce mai sotto pressione».
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Economia
La Volkswagen affronta la crisi dei chip dopo chel’Olanda ha sequestrato la fabbrica cinese
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-



Misteri2 settimane faLa verità sull’incontro tra Amanda Knox e il suo procuratore. Renovatio 21 intervista il giudice Mignini
-



Pensiero6 giorni faCi risiamo: il papa loda Don Milani. Torna l’ombra della pedofilia sulla Chiesa e sul futuro del mondo
-



Spirito2 settimane faMons. Viganò: «non c’è paradiso per i codardi!»
-



Sanità1 settimana faUn nuovo sindacato per le prossime pandemie. Intervista al segretario di Di.Co.Si
-



Necrocultura4 giorni fa«L’ideologia ambientalista e neomalthusiana» di Vaticano e anglicani: Mons. Viganò sulla nomina del re britannico da parte di Leone
-



Salute1 settimana faI malori della 42ª settimana 2025
-



Autismo2 settimane faTutti addosso a Kennedy che collega la circoncisione all’autismo. Quando finirà la barbarie della mutilazione genitale infantile?
-



Politica1 settimana faI vaccini, l’euro, l’OMS e le proteste pro-Palestina. Renovatio 21 intervista il senatore Borghi













