Riprogenetica
Embrione di scimmia derivato da cellule staminali impiantato in utero

Embrioni di scimmia realizzati in laboratorio hanno innescato le risposte biologiche della gravidanza una volta impiantati in uteri di scimmie femmine. Lo riporta BioNews.
Ricercatori cinesi dell’Accademia cinese delle scienze di Shanghai hanno trasferito per la prima volta questi modelli di embrione in scimmie surrogate e hanno osservato parallelismi con lo sviluppo naturale dell’embrione, inclusa l’attivazione di risposte di gravidanza nelle femmine di macaco.
«Questa ricerca ha creato un sistema simile a un embrione che può essere indotto e coltivato a tempo indeterminato», ha affermato il professor Qiang Sun dell’Istituto di neuroscienze, Accademia cinese delle scienze di Shanghai, autore dello studio pubblicato su Cell Stem Cell. «Fornisce nuovi strumenti e prospettive per la successiva esplorazione degli embrioni di primati e della salute medica riproduttiva».
«Embrioni di primati» è un’espressione che nemmeno nasconde il fatto che l’obiettivo è l’utilizzo di queste tecniche negli esseri umani, di modo da fare un altro passo verso l’artificializzazione completa della riproduzione.
Si tratta di un ulteriore caso di ricerche per una riproduzione non sessuata, in cui l’«entità» prodotta non deriva da cellule sessuali.
I modelli di embrioni impiantati infatti sono stati creati utilizzando cellule staminali embrionali di macaco che, una volta trattate con una miscela di fattori di crescita, hanno formato una struttura auto-organizzante di cellule differenziate cellule somigliante ad una blastocisti, che gli autori chiamano «blastoide».
Dopo otto o nove giorni, i blastoidi dell’esperimento cinese hanno cominciato ad assomigliare ad embrioni dello stesso stadio di sviluppo, raggiungendo la gastrulazione e formando il sacco vitellino. Alcuni hanno continuato a svilupparsi in vitro per un massimo di 17 giorni.
I ricercatori hanno usato il sequenziamento genetico ed etichette fluorescenti per analizzare lo sviluppo blastoide a livello molecolare. Questi test hanno rivelato un’espressione dei geni associata allo stadio di sviluppo parallelo degli embrioni naturali.
Strutture simili sono state generate prima di utilizzare cellule staminali da esseri umani e topi, ma in questo studio è la prima volta che sono state trasferite nell’utero dei primati.
I blastoidi di sette giorni sono stati trasferiti negli uteri di otto scimmie femmine che sono state poi monitorate con ultrasuoni test ormonali. Di conseguenza, tre sono rimaste incinte, producendo ormoni correlati alla gravidanza, incluso il progesterone. L’ecografia ha mostrato la presenza di sacche gestazionali per sette-dieci giorni dopo l’impianto ma, in tutti e tre i casi, le strutture si sono disintegrate entro 20 giorni.
Tali studi, giustificati dalla volontà di comprendere il processo di embriogenesi e della gravidanza, di prevenire «aborti spontanei» e difendere la salute delle donne, sono in realtà puri viatici verso la costruzione di un’umanità artificiale.
A finanziare ricerche in questo senso c’è, ovviamente, la Commissione Europea, che assicura i fondi del contribuente al progetto BLASTOID, il quale «si propone di sviluppare embrioni sintetici da cellule staminali umane che si assemblano in blastocisti pre-impianto» scrive il sito CORDIS che raccoglie i risultati delle ricerca UE.
«Insieme a organoidi uterini, questi blastoidi aiuteranno i ricercatori a studiare il processo di embriogenesi e di impianto. Poiché queste cellule staminali possono essere ingegnerizzate geneticamente, costituiscono un potente strumento in vitro per studiare i farmaci ai fini del perfezionamento dell’impianto».
Come riportato da Renovatio 21, ricercatori belgi avevano ricavato cellule embrionali da cellule staminali già l’anno scorso. Cinque anni fa embrioni sintetici di topo erano stati creati da scienziati olandesi che avevano pubblicato la loro ricerca su Nature.
Si tratta, ribadiamo, di un passi costanti verso una riproduzione totalmente artificializzata e asessualizzata, che non richiede più nemmeno gameti. Si tratta della progressione furiosa della riprogenetica, che vuole sviluppare umanoidi senza madre né padre, senza natura.
La produzione di esseri viventi – ed esseri umani – in maniera indipendente addirittura dalle cellule sessuali ha già una sua letteratura basata su studi ed esperimenti.
Chiamano queste creature SHEEFS, acronimo che sta per Synthetic Human Entities with Embryo-like Features («entità umane sintetiche con caratteristiche simil-embrionali»). Si tratta di cellule staminali assemblate per diventare un organismo.
«Presto, prevedono gli esperti, impareranno come ingegnerizzare queste cellule in nuovi tipi di tessuti e organi. Alla fine, possono assumere le caratteristiche di un essere umano maturo» scriveva il New York Times nel 2017.
Si tratta, insomma della creazione di esseri umani senza più legami con la riproduzione umana, come nell’homunculus dell’Alchimia. È un cambio di paradigma totale per l’intera umanità, attaccata nella sua stessa definizione.
Immagine di Nicolasrivron via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Riprogenetica
Scienziati cinesi stanno sviluppando robot con uteri artificiali

Gli scienziati stanno sviluppando robot surrogati dotati di uteri artificiali, progettati per «dare alla luce» bambini umani.
Questi uteri artificiali sono progettati per imitare una gravidanza dal concepimento al parto, con il neonato che riceve i nutrienti attraverso un tubo.
Lo scienziato cinese Zhang Qifeng, fondatore dell’azienda Kaiwa Technology, ha affermato che la tecnologia è già in una «fase matura» e che un prototipo sarà venduto per 100.000 yuan (circa 11.986 euro) l’anno prossimo.
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«Ora deve essere impiantato nell’addome del robot in modo che una persona reale e il robot possano interagire per ottenere una gravidanza, consentendo al feto di crescere al suo interno», ha affermato Zhang.
Secondo quanto riportato dai media, i dettagli su come esattamente un embrione umano verrebbe creato e successivamente impiantato nella macchina rimangono poco chiari. Tuttavia, è probabile che ciò implichi una qualche forma di fecondazione in vitro.
I bambini in via di sviluppo rimarrebbero all’interno del robot per l’intero periodo di gestazione e sarebbero circondati da liquido amniotico artificiale, progettato per creare un’atmosfera simile a quella di un utero.
Si dice che il robot sia destinato a contrastare l’aumento dei tassi di infertilità in Cina e altrove.
Il Telegraph ha affermato che gli uteri artificiali «potrebbero rivoluzionare la scienza medica e le nostre nozioni di famiglia e fertilità», ammettendo implicitamente che rappresentano un attacco alla famiglia naturale con il bambino «privato» dell’utero naturale della madre. Nell’articolo si dice che esperti medici sollevano dubbi sulla possibilità che l’utero artificiale possa replicare la gestazione umana, sottolineando che i complessi processi biologici, come la secrezione ormonale materna, non possono essere replicati dai robot.
È citato inoltre il fatto che il nascituro e la madre si scambiano cellule durante la gravidanza, in un processo chiamato microchimerismo fetale – con alcune cellule del bambino che si attaccano, per sempre, a parti del corpo della madre, come il cuore. Il trasferimento probabilmente aiuta il sistema immunitario del bambino, esponendolo ai fattori immunitari materni e, quindi, riducendo potenzialmente il rischio di malattie autoimmuni.
I neonati iniziano a riconoscere la voce della madre già nel grembo materno, favorendo il legame, la regolazione emotiva e lo sviluppo del linguaggio.
L’utero artificiale – detto anche ectogenesi – è oramai inevitabile, come peraltro teorizzato da pionieri del pensiero genderista come Shulamith Firestone, con il femminismo radicale a sognare la riproduzione extraumana (cioè, privata della femmina, della madre) come liberazione definitiva dalla tirannia del Patriarcato – quasi a dimostrare che la rivolta è, in ultima analisi, contro la natura stessa.
Lo studio della tecnologia ectogenetica procede anche con fondi dell’Unione Europea. Tre anni fa in Inghilterra è nato un bambino a seguito un innesto di tessuto ovarico, cosa che potrebbe far presagire avanzamenti nella tecnologia di questo tipo. Quattro mesi fa ricercatori israeliani hanno prodotto in un utero artificiale un embrione di topo peraltro derivato da cellule staminali e non da gameti.
A fine 2022 cominciò a circolare in rete un video che mostrava un impianto avveniristico di uteri artificiali. Il video, che assomiglia vagamente a quanto visto più di 20 anni fa in Matrix, mostra centinaia di capsule tecnologiche dove i piccoli esseri umani crescono come in una gestazione nel grembo materno. La madre qui, è la macchina, l’industria, il sistema.
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Come riportato da Renovatio 21, l’industria dell’utero in affitto ucraina è già pronta a saltarci sopra, con il fondatore della prima clinica di riproduzione artificiale e uteri affittati dell’Ucraina che ha dichiarato che l’ectogenesi sarà realtà tra 5-7 anni.
Non sappiamo dire quanti allocchi pro-vita finiranno nella trappola che offrirà l’utero artificiale: niente più aborti, con l’embrione che verrà semplicemente trasferito in una capsula industriale e portato a termine, per divenire cosa non sappiamo, ma lo sanno ancora meno i prolife ebeti che hanno accettato la catastrofe dei bambini in provetta (in Italia, la legge 40/2004) senza nemmeno voler guardare dove il pendìo scivoloso li avrebbe portati.
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Genetica
Scienziati cinesi creano topi fertili con due «padri»

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Riprogenetica
Micro testicoli coltivati dagli scienziati in laboratorio

Alcuni scienziati sono riusciti a coltivare in laboratorio minuscoli organoidi di testicoli. Lo riporta il sito Futurism.
Il fenomeno apre la strada ad una riproduzione artificializzata a partire dalla stessa produzione dei gameti.
A febbraio l’Università israeliana Bar-Ilan ha annunciato in un comunicato stampa che i suoi ricercatori sono riusciti a far crescere con successo testicoli artificiali da cellule di topo in una capsula di Petri, in uno sviluppo che, dicono come sempre, potrebbe essere utilizzato in futuro per contribuire a curare l’infertilità maschile umana.
Come mostrano le riprese ravvicinate al microscopio degli organoidi, è evidente che hanno formato le strutture di base dei testicoli, compresi i tubuli attraverso cui passa lo sperma e anche il contorno oblungo generale dell’organo vero e proprio.
Sebbene questa non sia la prima volta che gli scienziati riescono a far crescere testicoli in laboratorio (è già successo almeno una volta, quando nel 2015 alcuni scienziati americani ne crearono una coppia in grado di produrre testosterone utilizzando cellule staminali umane per aiutare i soldati le cui gonadi erano rimaste ferite in combattimento), questo, secondo la vulgata transumanista degli scienziati, ultimo successo potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento dell’infertilità maschile.
La «scienza» quindi prevede di produrre spermatozoi da testicoli in vitro, aggiungendo un livello ulteriore all’artificio della riproduzione artificiale, usando come scusante il crollo della fertilità maschile registrato in questi anni.
Come riportato da Renovatio 21, ricerche oramai comprovate segnalano una tendenza allarmante: il numero di spermatozoi degli uomini è diminuito, i livelli di testosterone sono precipitati e la disfunzione erettile è in aumento.
Anche il cosiddetto «periodo COVID» ha influito negativamente su questa problematica già abbondantemente conclamata. Come se non bastasse, un nuovo studio ha concluso che la fertilità maschile è ridotta per diversi mesi dopo l’iniezione del vaccino COVID-19 a base mRNA.
Nonostante non se ne parli con la stessa frequenza dell’infertilità femminile, è comunque un problema molto serio: come spiega uno studio del 2015 pubblicato sul Journal of Human Reproductive Sciences, fino al 2% degli uomini in tutto il mondo presenta problemi di «spermatozoi non ottimali».
In un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz, la dottoressa Nitzan Gonen del Bar-Ilan, specialista nella determinazione del sesso del feto e direttrice dell’Istituto di nanotecnologia e materiali avanzati dell’istituto, ha espresso il desiderio di demitizzare le discussioni comprensibilmente imbarazzanti che circondano testicoli, sperma e infertilità maschile mentre lei e i suoi colleghi lavorano alla loro ricerca, pubblicata di recente sull‘International Journal of Biological Sciences.
«La scienza oggi riconosce più di 100 geni in cui le mutazioni possono causare l’inversione sessuale, ma pensiamo che questa sia solo la punta dell’iceberg», ha detto la Gonen. «E ora arriviamo al motivo per cui sono entrato in questo ramo di ricerca; stavamo cercando un sistema cellulare, un sistema in vitro, per studiarlo. Fino a quel momento non esisteva un sistema biologico per modellare il testicolo».
I ricercatori non sono ancora riusciti a far crescere i testicoli in vitro, né sono riusciti a fargli produrre sperma. Tuttavia, questo progresso segna la prima volta dalla 2015 che un’obiettivo simile viene raggiunto.
Il fine ultimo sembra quello di voler artificializzare non solo l’unione dei gameti, ma la produzione dei gameti stessi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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