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Geopolitica

Distrutti dai russi carri Leopard e altri mezzi forniti dall’Occidente all’Ucraina

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Video non verificati circolanti su internet mostrerebbero la distruzione di un carro armato Leopard 2A6 e di diversi veicoli da combattimento della fanteria Bradley di fabbricazione statunitense durante una fallita offensiva ucraina nella regione russa di Zaporiggia. Lo riporta RT.

 

Un altro video apparentemente girato da soldati ucraini mostrava un Leopard 2A4 che era stato fatto saltare in aria da una mina durante un tentativo fallito di sfondare la linea del fronte vicino alla città di Orekhov sempre nell’oblast’ di Zaporiggia.

 

Giovedì, il colonnello generale Aleksandr Romanchuk, comandante di un’unità russa operante nella regione di Zaporozhye, ha riferito che le forze di Kiev avevano perso oltre 30 carri armati durante un’offensiva notturna.

 

 

 

Secondo quanto riferito, le perdite ucraine includevano anche fino a 350 persone, oltre a tre carri armati Leopard e più di 10 veicoli da combattimento di fanteria.

 

Secondo Romanchuk, le prime perdite subite dall’esercito ucraino sono avvenute durante un tentativo di attraversare un campo minato. Il funzionario ha affermato che quattro carri armati erano stati distrutti, oltre a una macchina di sminamento.

 

Romanchuk affermato che le forze russe avevano poi aperto il fuoco sulle truppe ucraine, che hanno scelto di abbandonare il loro piano per attraversare il campo minato.

 

 

Ieri, il ministero della Difesa russo ha pubblicato il suo ultimo rapporto sul campo di battaglia in cui affermava che l’Ucraina aveva perso fino a 1.240 soldati e 39 carri armati in sole 24 ore.

 

Le perdite avvengono nel momento in cui si ritiene che Kiev abbia finalmente lanciato la sua tanto attesa controffensiva.

 

Il ministero russo ha affermato che le forze armate ucraine hanno perso anche 30 veicoli da combattimento di fanteria, 38 veicoli corazzati, dozzine di pezzi di artiglieria e altro materiale militare, oltre a due jet militari, due missili da crociera Storm Shadow forniti dal Regno Unito e 13 droni.

 

 

 

All’inizio di questa settimana, il ministero della Difesa russo ha anche pubblicato un video in bianco e nero che presumibilmente mostrava un carro armato Leopard ucraino colpito da un missile anticarro russo. Ciò è avvenuto dopo che il ministero ha affermato che otto carri armati simili e tre carri armati AMX-10 di fabbricazione francese erano stati distrutti dalle forze russe lunedì.

 

Kiev non ha commentato le perdite riportate, avendo ripetutamente affermato che non confermerà né smentirà alcuna informazione sulle sue vittime.

 

 

 

Nel frattempo, la Casa Bianca ha per la prima volta toccato la questione delle perdite ucraine.

 

Parlando in un’intervista alla CNN giovedì sera, il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha dichiarato di essere riluttante a discutere i dettagli delle vittime in mezzo a combattimenti sempre più feroci vicino a Bakhmut in Ucraina. Interrogato dal conduttore Wolf Blitzer sulle segnalazioni di gravi perdite ucraine di uomini e attrezzature, ha rinviato ai funzionari ucraini il commento su tali dettagli.

 

«Questa è guerra, però, e c’è. . . alcuni pesanti combattimenti intorno a Bakhmut, e ci sono combattimenti altrove lungo quel fronte che si inarca dal Donbass fino a Zaporiggia», ha detto Kirby. «E certamente, c’è da aspettarsi che ci possano essere vittime in questo aumento dei combattimenti».

 

 

 

«Kirby ha affermato che l’amministrazione Biden mira a consentire al regime di Kiev di lanciare attacchi contro le forze russe ogni volta che lo desidera. “Ciò su cui ci concentreremo è assicurarci che se e quando e come il presidente [Vladimir] Zelensky voglia combattere lungo quella linea o qualsiasi altra linea, che abbia il sostegno di cui ha bisogno non solo dagli Stati Uniti, ma da altri 50 partner».

 

Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato ieri che le forze ucraine hanno subito perdite molto più pesanti rispetto al tipico rapporto di perdite di tre a uno normalmente previsto durante un’offensiva.

 

Biden ha promesso giovedì di continuare ad armare l’Ucraina «per tutto il tempo necessario». La Camera USA ha già approvato un finanziamento di 113 miliardi di dollari per aiuti militari ed economici a Kiev.

 

 

 

Immagine screenshot da Telegram

 

 

 

 

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Geopolitica

Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»

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Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.

 

Secondola stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.

 

Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».

 

Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».

 

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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.

 

I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.

 

La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.

 

Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.

 

Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.

 

La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.

 

Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.

 

Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.

 

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Immagine screenshot da Twitter; modificata

 

 

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.   Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.   Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.   Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.     Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.   Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».   Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.   Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.   Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.

 

Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.

 

Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.

 

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.

 

Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.

 

Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.

 

Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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