Economia
Crolla il mercato azionario
Il Dow Jones Industrial è sceso del 2,8% ieri, l’indice S&P 500 è sceso del 3,9% e il NASDAQ Composite è calato 4,7%.
Ad ogni modo, tutti hanno fatto meglio delle criptovalute, che hanno subito crolli a due cifre, con il Bitcoin appena tornato ai livelli di dicembre 2020.
Bloomberg si è affrettato a identificare alcune delle motivazioni superficiali del crash: «Aree speculative del mercato gonfiate da anni di generosità del governo si sono deformate, poiché società di software senza profitto, nuove società pubbliche e entità di assegni in bianco sono state scaricate senza tante cerimonie».
L’agenzia Reuters ha spiegato il regime «più duro e più veloce» che ci attende, facendo parlare il capo di Equiti Capital Stuart Cole: «Questo sta accadendo nonostante le azioni che sono state finora intraprese dalle Banche Centrali (…) alimentando i timori che dovranno andare più forte e più veloce se si vuole domare l’inflazione, il cui costo è visto sempre più come una crescita inferiore e potenzialmente una recessione».
«Con le tendenze inflazionistiche che non mostrano segni di cedimento e i nuovi test di massa per il COVID-19 in Cina che suscitano preoccupazioni per un aumento della paralisi blocchi e la compressione delle catene di approvvigionamento globali, gli investitori hanno ridotto l’esposizione agli asset rischiosi su tutta la linea. Gli spread dei credit default swap sono esplosi ai massimi pluriennali, mentre le criptovalute tra cui Bitcoin ed Ethereum hanno registrato perdite a due cifre, poiché la notizia che la società statunitense di prestito di criptovalute Celsius Network aveva congelato i prelievi ha spaventato gli investitori».
Il mondo finanziario resta in attesa di quando, oggi 15 giugno la Federal Reserve (la Banca Centrale USA) si esprimerà in merito al prossimo aumento dei tassi di interesse.
Un aumento dello 0,5%, non molto tempo fa considerato piuttosto enorme, semplicemente non potrebbe calzare l’attuale situazione, quindi la FED dovrebbe puntare allo 0,75%.
Alcune banche di investimento , nelle loro recenti note di ricerca per i clienti parlano addirittura dell’1,0%.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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