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Bezos ha licenziato la storica produttrice di James Bond perché aveva chiamato «idioti» i suoi manager

Il patron di Amazon Jeff Bezos ha assunto il pieno controllo creativo del franchise di James Bond dopo che la produttrice di lunga data della serie Barbara Broccoli avrebbe definito i suoi dirigenti «fottuti idioti». Lo riporta Hollywood Reporter.
Secondo fonti interne, il Bezos ha reagito immediatamente, ordinando la sua rimozione a qualsiasi costo, il che ha portato alla fine a un accordo da 1 miliardo di dollari. Di conseguenza, Amazon ora detiene il pieno controllo sul futuro di James Bond.
Amazon aveva acquisito MGM nel 2022, ottenendo i diritti di distribuzione dei film, ma il controllo creativo era rimasto a Eon Productions sotto la Broccoli (figlia del primo produttore dei Bond, Albert Broccoli) e Michael G. Wilson. Il duo aveva resistito agli spin-off proposti da Amazon, tra cui una serie Moneypenny e un progetto 007 guidato da donne, preferendo mantenere la narrazione tradizionale di James Bond.
Le tensioni tra la Broccoli, Wilson e i dirigenti di Amazon sono aumentate verso la fine del 2024. A dicembre, il Wall Street Journal ha riferito che la Broccoli ha detto privatamente agli amici che non si fidava di «Amazon incentrata sugli algoritmi con un personaggio che ha contribuito a mitizzare attraverso la narrazione del grande schermo e l’istinto».
La produttrice aveva anche descritto lo stato del prossimo film di Bond come terribile, senza sceneggiatura, senza storia e senza attori scelti per il ruolo. Nella stessa conversazione, riferendosi all’azienda mentre era tra dirigenti, ha detto: «queste persone sono fottuti idioti».
Il commento fece infuriare Bezos, spingendolo a prendere misure drastiche, ha affermato l’Hollywood Reporter. «Ha letto la sua citazione sul Journal, ha preso il telefono e ha detto, “Non mi interessa quanto costa, liberatevi di lei», ha detto una fonte alla rivista. Poco dopo, Amazon ha stretto un accordo del valore di quasi 1 miliardo di dollari per rimuovere Broccoli e Wilson dal controllo creativo e portare il franchise sotto Amazon MGM Studios.
Dopo che l’accordo fu finalizzato nel febbraio 2025, il Bezos aveva condiviso un titolo su X che recitava: «i produttori di lunga data di James Bond cedono il controllo ad Amazon», aggiungendo la didascalia: «Chi sceglieresti come prossimo Bond?».
Molti fan della serie di Bond erano già in rivolta contro i film di Daniel Craig, dove Bond – lungi dall’essere l’archetipo dell’uomo ironico ed invincibile che gli ha dato la fama – appare invece debole, stanco, traumatizzato, interessato superficialmente all’attualità: un uno degli ultimi capitoli della serie fa un riferimento al «bunga-bunga» di berlusconiana memoria.
Nello stesso film l’oltraggio continua, prima con la morte dell’eroe che si pensava immortale (inaudito) poi con l’introduzione di una «bondessa», ovviamente negra.
Alcuni apparivano già contrariati dalla scelta di un attore biondo, contrario alla tradizione dei mori che da Sean Connery arriva a Pierce Brosnan passando per Roger Moore.
Il Bezos era prima del suo divorzio dalla moglie Mackenzie Scott l’uomo più ricco della Terra. L’uomo è spesso scherzato per le mises poco immaginose della curvacea nuova fiamma e per i suoi esperimenti spaziali, come un razzo fallomorfico con cui ha fatto volare fuori dall’atmosfera proprio la prosperosa signora e pure l’attore che faceva il capitano Kirko su Star Trekko.
Sulle origini esoteriche di 007 Renovatio 21 prima o poi dovrà scrivere qualcosa: la cifra deriva dalla prima spia della storia britannica, John Dee, vero artefice dell’Impero britannico, configurato dopo il tradimento di Enrico VII e del Cattolicesimo. Il Dee era astrologo di corte, mago e negromante, esperto nell’evocazione di esseri non naturali. Si fermava con la cifra «007».
Come la firma John Dee sia finita per essere popolarizzata in tutto il mondo dalle storie di James Bond è qualcosa che svela più di qualcosa riguardo al suo autore, Ian Fleming, lui pure spia britannica, e con interessi occultistici non ancora del tutto venuti alla luce.
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Piero Pelù dal rock ribelle agli appelli sociali per pioggia e vaccini

Piero Pelù a Sesto Fiorentino: “Attenzione ai tombini saltati ma invisibili” #ANSA pic.twitter.com/p2m4azreod
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E Bill Murray disse: hanno incastrato Nixon

L’iconico attore cinetelevisivo Bill Murray ha rilasciato una pesante dichiarazione durante il podcast di Joe Rogan di cui era ospite: il presidente americano Richard Nixon, che si è dimesso l’8 agosto 1974, è stato «incastrato».
L’affermazione ha una sua grande portata nel contesto americano, specie per la generazione dei boomer che indicava in Nixon un concentrato di malvagità, quasi fosse l’incarnazione di tutto ciò che non andava nella precedente generazione e nella società USA tout court.
L’attore comico – amatissimo da plurime generazioni, che lo hanno visto in Ghostbuster (1984) e in Lost in Translation (2004) – ha detto di aver realizzato con orrore la manovra occulta contro il presidente Nixon dopo aver letto circa cinque pagine del libro di Bob Woodward – cioè il giornalista principale accusatore di Nixon, autore dello scoop che avrebbe portato allo scandalo Watergate – Wired (in italiano John Belushi: Chi tocca muore), basato sulla vita dell’attore comico John Belushi, suo compagno di set e grande amico.
«Ho letto circa cinque pagine di Wired e ho pensato, “Oh mio Dio. Hanno incastrato Nixon”», ha detto Murray.
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«Se questo è ciò che scrive del mio amico che conosco, sai, da metà della mia vita adulta, il che è completamente inaccurato, parlando con le persone della cerchia esterna, ottenendo la storia – cosa diavolo hanno potuto fare a Nixon? Ho solo pensato che se avesse fatto questo al mio amico in questo modo, e riconosco di aver letto solo cinque pagine, ma le cinque pagine che ho letto mi hanno fatto venire voglia di dare fuoco a tutta la faccenda».
Il Murray lamenta che le fonti utilizzate da Woodward per il suo libro – la cui tesi riguarda la vita di eccessi di Belushi – sono inattendibili, lontanissime dalla vita di John, dipinto quindi in maniera non veritiera.
«Ho pensato, “se ha fatto questo a Belushi, quello che anche ha fatto in Nixon è probabilmente sporco per me”. Non posso, non posso sopportarlo», ha detto Murray. «E so che dici, beh, “Potresti avere due fonti e tutto il resto”, ma le due fonti che aveva, se le aveva per il libro di Wired, erano così lontane dalla cerchia ristretta che era, era criminale».
Murray dice quindi che le storie di droghe su Belushi sono riportate in modo errato, in quanto non era in grado di reggere più di qualche bicchiere di birra e la morte è avvenuta la prima volta che ha assunto lo «speedball», una mistura di eroina o morfica con cocaina o crack.
Il libro del 1974 di Woodward, All the President’s Men, scritto in collaborazione con il collega propagandista del WaPo Carl Bernstein, descriveva in dettaglio il resoconto dello scandalo Watergate, che ebbe un ruolo chiave negli eventi che portarono alle dimissioni del presidente Nixon. Nel 2020 Woodward ha pubblicato Fear, un libro di retroscena sulla Casa Bianca di Trump, ostile al presidente.
Negli ultimi anni una sorta di grande revisionismo sta crescendo intorno al caso di Nixon e, di riflesso, al lavoro di Woodward, fino a ieri venerato come un dio del giornalismo verso il quale tutti devono avere devozione e riverenza. Tucker Carlson ha più volte ricordato di essere stato sconvolto dall’aver appreso che Woodward aveva lavorato nell’Intelligence della Marina prima di arrivare come cronista novellino al Washington Post, il giornale più importante del Paese con il New York Times, dove epperò gli viene affidato subito il caso del secolo, quello spiattellato dalla fonte «gola profonda» con i dettagli sugli illeciti commessi dal presidente.
L’idea è quella che Nixon, che aveva una visione precisa del Paese e che si dice volesse addirittura desecretare qualcosa sull’assassinio del suo vecchio rivale JFK, sia stato fatto fuori politicamente dal Deep State, lo stesso che ora tenta di fermare Donaldo Trump.
Potrebbe esserci, dice l’iconico-comico, un motivo personale dietro l’odio del Woodward per il Belushi: il giornalista potrebbe essere risentito di essere solo «la terza persona più famosa di Wheaton, Illinois», il paesino che ha dato i natali anche al giocatore di football professionista Red Grange e, guarda caso, John Belushi.
Durante il podcast Murray ha spaziato su vari temi, dalle gioie e i dolori della vita da attore, al ricordo di colleghi scomparsi, alla sua amicizia con lo scrittore di culto Hunter S. Thompson, quello di Paura e delirio a Las Vegas, di cui era intimo.
Bill Murray in passato ha speso parole di peso anche per quanto riguarda la Santa Messa e i suoi cambiamenti dopo il Concilio Vaticano II. «Non sono sicuro che tutti quei cambiamenti siano stati giusti. Tendo a discordare con quella che viene definita la nuova Messa» aveva dichiarato nel 2019. «Penso che abbandonando il latino abbiamo perso qualcosa. Ora se si va a una Messa cattolica ad Harlem può essere in spagnolo, in etiope, in tutta una serie di lingue. La forma, le immagini, sono le stesse, ma le parole no».
Murray rimarrà noto alla posterità anche per il film Groundhog’s Day (1993), in italiano tradotto per qualche ragione con il titolo Ricomincio da capo, incentrato sul bizzarro rituale americano di previsioni metereologiche di fine inverno basato sul comportamento della marmotta Punxsutawney Phil.
Come riportato da Renovatio 21, l’oracolare roditore statunitense a inizio febbraio ha predetto per quest’anno altre sei settimane di inverno.
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