Spirito
Bergoglio Francesco chiede a mons. Gänswein di tornare in Germania

La Sala Stampa della Santa Sede ha confermato ieri che Papa Francesco ha chiesto a mons. Georg Gänswein di tornare nella sua diocesi di origine in Germania, a partire dal 1° luglio. Il quotidiano Die Welt ha riferito che il Papa ha comunicato la sua decisione al presule in udienza privata il 19 maggio.
Al segretario particolare del defunto Benedetto XVI è stato ordinato di tornare nella sua diocesi di Friburgo, nella Germania sud-occidentale, «per il momento», secondo un breve comunicato.
Il Vaticano ha anche riferito che il ruolo di mons. Gänswein come Prefetto della Casa Pontificia è terminato il 28 febbraio. Da allora, nessuna nuova funzione gli è stata affidata.
Negli ultimi mesi sono circolate diverse indiscrezioni sulle possibili destinazioni dell’ex assistente di Benedetto XVI dopo la sua lunga permanenza a Roma. L’ultima riferisce di un rifiuto a diventare vescovo di una diocesi, ma si tratta solo di speculazioni.
Mons. Gänswein è stato ascoltato come testimone nel caso del coro della Cappella Sistina
Mons. Georg Gänswein, è stato ascoltato come teste dal Tribunale vaticano, nell’ambito del processo sulla gestione finanziaria del Pontificio Coro della Cappella Sistina, il 12 giugno 2023, in qualità di ex Prefetto della Casa Pontificia.
Il 12 settembre 2018, Papa Francesco ha chiesto un’indagine sulla gestione del coro responsabile del servizio musicale durante le celebrazioni liturgiche in Vaticano. Monsignor Massimo Palombella, salesiano, ex direttore del coro, Michelangelo Nardella, ex direttore finanziario, e sua moglie Simona Rossi, sono accusati di appropriazione indebita, riciclaggio e truffa.
Reclami dei genitori
Mons. Gänswein, è stato ascoltato dal tribunale come testimone. Come Prefetto della Casa Pontificia, aveva la diretta responsabilità del coro al momento dei fatti, prima che la sua gestione fosse trasferita alla competenza del Maestro delle Celebrazioni Pontificie.
Il tribunale ha voluto ascoltare il presule tedesco, prima del suo trasferimento all’estero. La sua testimonianza del 2 ottobre 2018, nell’ambito delle indagini preliminari, gli è stata letta davanti al Promotore di giustizia. Il Prefetto della Casa Pontificia gli ha confidato di aver ricevuto, nel 2014, denunce «eccessivamente dure» da parte dei genitori dei piccoli cantori del coro contro il maestro Palombella.
Il Prefetto aveva assicurato di avergli parlato per chiedergli di cambiare comportamento. Ma nel 2016 e nel 2017, moltiplicatesi le denunce degli adulti presso la Segreteria di Stato, all’interno della struttura è stata effettuata una visita apostolica.
Nel 2018 mons. Gänswein ha cominciato a «nutrire sospetti», seppure «senza prove», sull’onestà di Michelangelo Nardella, e ha fatto intervenire l’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) vaticana. Il Prefetto si è infine liberato dal controllo finanziario del coro sul sostituto della Segreteria di Stato, affermando che esso funzionava «in autonomia».
Interrogato dalla difesa, mons. Gänswein ha ammesso di aver firmato diversi documenti attestanti l’avvenuta ricezione di somme di denaro da parte del coro, e di aver autorizzato progetti, avendo mons. Palombella assicurato che si sarebbe occupato lui stesso del reperimento dei fondi.
«Ho dato il mio via libera, […] e poi non era più una mia responsabilità», ha assicurato.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagine di Dede454 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine tagliata
Spirito
Mons. Viganò: «chi aderisce al Concilio si rende responsabile della demolizione della Chiesa»

In occasione dell’anniversario dell’inizio dell’infausto evento, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato su X una breve riflessione sul Concilio Vaticano II e sulla catastrofe che da esso è discesa.
«Sessantatre anni fa, in questo giorno, venne solennemente aperto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il primo “concilio” della chiesa che da esso prende il nome – la “chiesa conciliare” appunto».
«Esso fu “concilio” perché volle “conciliare” Dio e mondo, Cristo e Belial, vero e falso, bene e male» scrive il prelato lombardo.
«Fu “ecumenico” perché volle legittimare il dialogo interreligioso che la Chiesa Cattolica Apostolica Romana aveva solennemente condannato».
Sessantatre anni fa, in questo giorno, venne solennemente aperto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il primo “concilio” della chiesa che da esso prende il nome – la “chiesa conciliare” appunto.
– Esso fu “concilio” perché volle “conciliare” Dio e mondo, Cristo e Belial, vero e… pic.twitter.com/c87pPRz84a
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 11, 2025
«Si definì “secondo” per far credere che si ponesse in continuità con il perenne Magistero Cattolico, così da poterlo adulterare usurpando l’Autorità della Chiesa e del Romano Pontefice» continua monsignore.
«Pose le basi pseudo-dottrinali della odierna “chiesa sinodale” che intende sovvertire la costituzione gerarchica della Chiesa e il Papato».
«Chi aderisce consapevolmente a questo “concilio” si rende responsabile della demolizione della Chiesa Cattolica e ratifica con la propria complicità il golpe conciliare e sinodale».
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Come sa il lettore, in molteplici altre occasioni monsignor Viganò si era scagliato contro il Concilio.
Ancora quattro anni fa l’arcivescovo disse che «tutto ciò che il Concilio ha portato di nuovo si è rivelato dannoso, ha svuotato chiese, seminari e conventi, ha distrutto le vocazioni ecclesiastiche e religiose, ha prosciugato ogni slancio spirituale, culturale e civile dei Cattolici, ha umiliato la Chiesa di Cristo e l’ha confinata ai margini della società, rendendola patetica nel suo tentativo maldestro di piacere al mondo».
Come riportato da Renovatio 21, in un’omelia dello scorso novembre Viganò dichiarò che i papi e i vescovi del Concilio Vaticano II «usarono il loro «concilio» non per combattere i nuovi errori, ma per introdurli nel sacro recinto; non per restaurare la sacra Liturgia, ma per demolirla; non per raccogliere il gregge cattolico intorno ai Pastori, ma per disperderlo e abbandonarlo ai lupi».
In un testo di due settimane fa Sua Eccellenza ha scritto dell’«unico dogma irrinunciabile: riconoscere il Concilio Vaticano II, la sua ecclesiologia, la sua morale, la sua liturgia, i suoi santi e martiri e soprattutto i suoi scomunicati e i suoi eretici, ossia i «tradizionalisti radicali» non addomesticabili alle nuove istanze sinodali».
La catastrofe non solo religiosa causata dal Concilio è stata spiegata in un’intervista ad una testata francese dello scorso anno: «La chiesa del Vaticano II, che ci tiene tanto a definirsi così in antitesi alla “chiesa preconciliare”, ha posto le basi teologiche alla dissoluzione della società. Tutti gli errori dottrinali del Concilio si sono tradotti in errori filosofici, politici e sociali dagli esiti disastrosi per le Nazioni cattoliche».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Scontri tra Pakistan e Afghanistan

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Scuola
Mostri nei loro barattoli e nella loro formaldeide

Lo splendore della fede professata nel pellegrinaggio giubilare nella Città Eterna, la bellezza luminosa dei dipinti di Georges de La Tour, i sontuosi ricami delle Orsoline di Amiens, l’importanza di una cultura che non trasgredisce la natura ma la trascende, sono questi i temi di Nouvelles de Chrétienté per il nuovo anno scolastico.
Sotto un’apparente diversità, questi temi sono profondamente uniti in un’intenzione comune espressa con «vigore e chiarezza» da Padre Calmel, quando chiede agli insegnanti cristiani di aprire «i loro studenti ai valori dell’arte nelle sue diverse forme», rendendoli al contempo «capaci di una fiera indipendenza e di un bel disprezzo per tutte le anomalie, infezioni, purulenze e mostruosità, che hanno l’audacia di esigere da loro un’ammirazione complice adornandosi della realtà dell’arte e più spesso della sua apparenza».
Il frate domenicano esprime un desiderio preciso: «I mostri torneranno ai loro barattoli e alla loro formaldeide, gli scorpioni artistici reintegrano i loro buchi artistici, il giorno in cui un certo numero di esseri giovani e determinati, non certo per barbarie ma per sovrano rispetto della cultura, tratteranno con disprezzo i prodotti immondi della cultura. La cultura non ha alcun diritto contro i diritti della decenza e dell’onore».
Aggiunge: «non deve essere lontano il tempo in cui l’insidioso sofisma “onestà significa stupidità” sarà privo di ogni credibilità, perché sarà diventata chiara la prova che ciò che è normale è bello e che, in una civiltà degna di questo nome, l’intelligenza, la sottigliezza, la leggerezza, la finezza e l’arte marciano di concerto con l’onestà, la santità, il rifiuto inflessibile dei veleni e delle ignominie. La scuola cristiana deve affrettare l’arrivo di questi tempi di libertà». (Ecole chrétienne renouvelée, cap. XXIX, tre sensible en chrétien aux valeurs d’art, pp. 188-189, ed. Téqui)
Padre Calmel scrisse queste potenti righe alla fine degli anni ’50, lontano dal wokismo, dalla cultura della cancellazione, dello sradicamento e dell’incoscienza… E si aspettava che le suore, autentiche insegnanti, avessero «idee non solo corrette, ma idee che cantano dentro [di loro] e che incantano [i loro] piccoli alunni», per «comunicare loro una verità canterina e germinante». (Ibid., pp. 129 e 131).
È una bella frase da scrivere in cima a un quaderno, in questi giorni di ritorno a scuola!
Abate Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine da FSSPX.News
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