Bioetica
Se ami i tuoi figli naturali sei immorale, dice la bioetica
C’è un dibattito che avanza strisciando sulla prestigiosa rivista di bioetica Journal of Medical Ethics.
Per quanto possa sembrarvi allucinante, i bioeticisti stanno discutendo riguardo al fatto che sia morale o immorale desiderare di essere biologicamente imparentati con i propri figli.
Molti potrebbero trovare questo assurdo, per questo fanno saltare subito al naso la questione dell razzismo, che in fondo – dicono – altro non è se non l’idea per cui dovremmo avere più affetto per le persone che assomigliano a noi.
I bioeticisti stanno discutendo riguardo al fatto che sia morale o immorale desiderare di essere biologicamente imparentati con i propri figli.
Perché dunque l’affetto dei genitori dovrebbe essere trattato diversamente?
La pazzotica domanda ha un’origine ben definita: il caos sullo status giuridico e morale delle tecnologie riproduttive.
La fecondazione in vitro, ad esempio, consente di allevare figli il cui legame con almeno uno dei loro genitori biologici è inesistente.
La fecondazione in vitro consente di allevare figli il cui legame con almeno uno dei loro genitori biologici è inesistente.
In alcuni casi, il figlio ottenuto con riproduzione artificiale non ha i geni di nessuno dei due genitori, e nemmeno è stato nel ventre di quella che poi assumerà lo status sociale di «madre» o «genitore 1/2» del pargolo.
Il caso del mercato degli ovuli e degli uteri in affitto per gli omosessuali è ancora più chiaro: non solo al momento il bambino avrà al massimo parentela genetica con uno dei due (uno dei riti zootecnici prevede una sorte di roulette dello spermatozoo: i due «padri» mischiano il seme di modo da poter poi scegliere randomaticamente lo spermatozoo che feconderà in provetta l’ovulo acquistato) ma in più quello che accade è che l’ovulo prescelto, anche qualora sia della stessa donna che affitta loro l’utero, provenga da una signora di razza diversa.
Come noto, in India e nel Sudest asiatico ovuli e affitti di utero costano meno, quindi se si va al risparmio – al contrario di quanto ha fatto un Vendola, che ha svolto l’operazione in Nordamerica – si avrà probabilmente un bambino dai tratti orientali.
La fecondazione in vitro ha minato nel profondo lo stesso senso di identità umana: era inevitabile che durante il percorso essa distruggesse anche il senso della famiglia.
La fecondazione in vitro e la sua tranquilla accettazione sociale, accettazione riguardo la quale la chiesa cattolica non ha fatto un plissé anzi ha architettato una legge che la permettesse (legge 40/2004), hanno insomma minato nel profondo lo stesso senso di identità umana; era inevitabile che durante il percorso essa distruggesse anche il senso della famiglia.
Una civiltà che giudica immorale l’amore naturale verso i propri figli non si capisce a quali leggi possa obbedire, né come possa non collassare.
La bioetica, questo ufficio permessi dedito a far digerire lentamente ogni perversione della civiltà, ne sta discutendo sul serio.
Una civiltà che giudica immorale l’amore naturale verso i propri figli non si capisce a quali leggi possa obbedire, né come possa non collassare.
Rebecca Roache, docente di Filosofia al Royal Holloway, Università di Londra, ha sostenuto un paio di anni fa che «il desiderio di essere biologicamente imparentati con i propri figli – come il desiderio di associarsi solo all’interno del proprio gruppo razziale – può avere effetti dannosi. Il desiderio di associarsi solo ai membri della propria razza può portare a situazioni in cui a certe persone vengono negate importanti opportunità a causa della loro razza. E il desiderio di essere biologicamente imparentati con i propri figli significa che la stragrande maggioranza degli aspiranti genitori crea nuovi bambini, nonostante ci siano milioni di bambini esistenti senza famiglie che necessitano di adozione o affidamento; di conseguenza, la preferenza dei genitori aspiranti per la relazione biologica con i loro figli porta a negare ai figli esistenti senza genitori l’opportunità di una famiglia».
La bioetica, questo ufficio permessi dedito a far digerire lentamente ogni perversione della civiltà, ne sta discutendo sul serio.
Farsi una famiglia per via naturale è insomma un atto immorale,vcontrario alla tolleranza e alla giustizia sociale, lesivo dei diritti degli immigrati e degli orfanelli.
A tale delirio qualcuno ha pure cercato di rispondere. J. David Velleman, ha ribattuto nella rivista Philosophical Papers che «è immorale creare bambini con l’intenzione di alienarli dai loro genitori biologici – ad esempio, dal concepimento dei donatori».
La Roache ha liquidato l’obiezione come «inutile filosofia da poltrona».
Farsi una famiglia per via naturale è insomma un atto immorale, contrario alla tolleranza e alla giustizia sociale, lesivo dei diritti degli immigrati e degli orfanelli.
Attaccando il problema da una prospettiva diversa, Ezio Di Nucci, dell’Università di Copenaghen, sostiene sempre sulla rivista JME che la cifra razzista della questione non regge, ma il desiderio di bambini biologicamente correlati è ancora «moralmente illegittimo»,
Esso, sostiene il Dinucci, è solo un «vizio morale» che non esige regolamenti governativi.
In pratica, un po’ come l’adulterio o il consumo di pornografia, pare di capire.
Sempre il Dinucci un paio di anni fa discusse di come tale desiderio sia odiosamente patriarcale. «La liberazione [dal patriarcato] richiede l’istituzione di progetti paritari equi e paritari in cui i legami biologici non svolgano alcun ruolo nella distribuzione dei ruoli, della responsabilità e, in definitiva, del potere».
«La riproduzione della specie verrà rimpiazzata dalla riproduzione artificiale, (…) la tirannia della famiglia biologica sarà finalmente spezzata» (Shulamith Firestone)
Risuonano anche qui le parole dell’astro del femminismo Shulamith Firestone, la prima ad ammettere che il fine del movimento era una nuova società retta sulla distruzione dei sessi biologici per mezzo della tecnologia della riproduzione artificiale: ecco un mondo fondato sl «il ritorno ad una incontrastata pansessualità, il ‘polimorfo perverso’ di Freud, [che] probabilmente sostituirà l’etero/omo/bisessualità», una trasformazione per la quale è necessaria una «conquista del controllo della riproduzione (…) una conquista del controllo sulla fertilità umana (…)».
«La riproduzione della specie verrà rimpiazzata dalla riproduzione artificiale, (…) la tirannia della famiglia biologica sarà finalmente spezzata» (The Dialectic of Sex: The Case for Feminist Revolution, 1970)
Bioetica
Polonia, l’aborto avanza in Parlamento
Il 12 aprile 2024, i parlamentari polacchi hanno votato a favore di quattro progetti di legge volti a generalizzare l’accesso delle donne all’aborto nel paese. Fatto senza precedenti in quasi trent’anni, ma che non dovrebbe cambiare radicalmente la situazione a breve termine, perché una modifica della legge in questa direzione si scontrerebbe con il veto presidenziale del conservatore Andrzej Duda.
«Lo Stato deve fare tutto affinché l’aborto sia accessibile, legale, praticato in condizioni adeguate, senza pericoli». I commenti espressi l’11 aprile 2024 da Katarzyna Kotula non hanno mancato di offendere più di un cattolico polacco, poiché erano inimmaginabili anche un anno fa.
Tuttavia, è dalla piattaforma della Dieta – la camera bassa del parlamento polacco – che il ministro dell’Uguaglianza presenta il disegno di legge portato avanti dalla Coalizione Civica del primo ministro Donald Tusk, volto a liberalizzare l’accesso all’aborto fino a dodici settimane di gravidanza.
Per essere più precisi, quattro testi sono stati presentati da componenti della coalizione filoeuropea arrivata al potere in seguito alle elezioni del 15 ottobre 2023, dopo otto anni di governo del partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS).
La Sinistra Unita ha presentato i primi due progetti che prevedono, da un lato, la depenalizzazione dell’aborto assistito, e dall’altro la legalizzazione completa dell’aborto, senza ostacoli, fino alla dodicesima settimana di gravidanza.
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Il terzo progetto viene dal partito politico del primo ministro Donald Tusk, e chiede anch’esso la legalizzazione fino alla dodicesima settimana, con diverse riserve rispetto al testo della Sinistra Unita.
Il quarto testo, presentato dalla Terza Via, un’alleanza del partito contadino conservatore PSL e del movimento cristiano-democratico Polonia 2050 del presidente della Dieta, Szymon Holownia, chiede il ritorno allo status quo in vigore tra il 1993 e il 2020. L’IVG era possibile in tre casi: malformazione del feto, pericolo per la vita o la salute della madre, stupro o incesto.
Il partito della Terza Via è anche favorevole all’indizione di un referendum su un’eventuale legalizzazione più ampia dell’aborto, un ricorso al voto popolare sorprendentemente criticato dalle organizzazioni femministe – che però hanno sulle labbra solo le parole di «democrazia» e «libertà» – e per una buona ragione.
Secondo un sondaggio effettuato poco prima del voto in Parlamento da IPSOS, la società polacca appare divisa sulla questione. Il 35% delle intervistate vuole avere accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza; Il 21% è favorevole al ripristino di questo diritto in caso di malformazione fetale; Il 23% vuole un referendum e il 14% si ritiene soddisfatto dell’attuale stato della legislazione nel Paese. Una prova, se fosse necessaria, che la secolarizzazione avanza a passi da gigante sulle rive della Vistola.
Tuttavia, il campo progressista non rivendica la vittoria: «abbiamo motivi di soddisfazione, tuttavia molto moderati e cauti», ha dichiarato Donald Tusk dopo il voto alla Dieta del 12 aprile. Perché la liberalizzazione dell’aborto in Polonia non è per domani: resta da convocare la Commissione parlamentare speciale che dovrà essere incaricata di adottare un disegno di legge da sottoporre in seconda lettura.
Probabilmente il futuro testo dovrà essere corretto in senso meno liberale per conquistare la maggioranza del parlamento polacco e, se così fosse, il capo dello Stato potrebbe porre il veto. Andrzej Duda – affiliato al PiS – dovrebbe normalmente rimanere al potere fino al 2025: abbastanza per dare ai conservatori polacchi qualche mese di tregua per organizzare la difesa del diritto alla vita.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Bioetica
Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»
Bioetica
Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea
Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.
La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».
I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».
La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».
Minaccia ai gruppi pro-vita
I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.
Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.
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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»
La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».
Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».
Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.
Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata
Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:
«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».
Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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