Si moltiplicano i casi di ortodontisti non-vaccinati che vengono privati del proprio studio dalle autorità.
Non basta quindi che i professionisti che non si sottopongono al siero genico incorrano la sospensione dall’Ordine (inflitta, ci dicono, anche a medici in pensione!) e il blocco del salario e delle entrate: è necessario anche sequestrare lo studio, onde impedire la possibilità di esercitare quella professione che è permessa solo dopo essere passati per la siringa mRNA.
A Forlì la Cassazione ha confermato un sequestro preventivo impeditivo di un dentista che sotto indagine per il reato dell’art. 348 del Codice Penale: «Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni con la multa da euro 10.000 a euro 50.000».
I non vaccinati sono quindi da considerarsi lavoratori abusivi.
«La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata» continua l’articolo 348 C.P.
Secondo quanto riportato, l’odontoiatra era stato oggetto di un controllo nel suo studio, dove sarebbe stato «trovato a lavorare in studio nonostante la sospensione e denunciato per esercizio abusivo della professione», scrive il sito Odontoiatria 33.
Il dentista ha quindi fatto ricorso contro il sequestro delle attrezzature, ma pochi giorni fa è stato ritenuto inammissibile dalla Cassazione. Il tribunale ha quindi condannato l’uomo a pagare le spese processuali nonché 3 mila euro alla Cassa delle Ammende.
Si possono contare almeno altri due casi simili, entrambi in provincia di Vicenza.
A maggio un odontoiatra aveva ricevuto una visita della Guardia di Finanza: sospesa dall’Ordine in quanto non vaccinata. Il medico «esercitava abusivamente la professione», scriveva Il Giornale di Vicenza, per cui i finanzieri «hanno anche sequestrato un ambulatorio di Breganze».
Il quotidiano locale getta luce anche sul metodo usato per i controlli.
«Avvalendosi delle informazioni presenti nelle banche dati, le Fiamme Gialle di Thiene hanno avviato alcuni approfondimenti nei confronti di quelle figure “esercenti le professioni sanitarie” e “operatori di interesse sanitario” che eseguono prestazioni, seppur già destinatari di provvedimenti di sospensione dall’ordine professionale di riferimento su segnalazione dell’autorità sanitaria, continuando a svolgere la libera professione negli studi medici di proprietà o ambulatori di terzi».
«Successivamente, sono state effettuate accurate indagini, anche attraverso controlli, pedinamenti e sopralluoghi, rilevando diversi clienti che si recavano nello studio odontoiatrico».
«È quindi scattato il blitz dei militari, che hanno eseguito una perquisizione del locale adibito ad ambulatorio, nel corso della quale la professionista è stata sorpresa mentre esercitava abusivamente la professione su un paziente, mentre un altro paziente presente nello studio ha confermato di essere stato visitato nel corso del 2022».
La professionista è stata denunciata e lo studio ha subito un sequestro poi convalidato dal giudice per le indagine preliminari con un decreto di sequestro preventivo.
La professionista nel titolo del giornale è chiamata «dentista no vax».
Situazione analoga a Schio a inizio anno, dove sempre la Guardia di Finanza aveva «eseguito il sequestro preventivo d’urgenza di uno studio odontoiatrico, riconducibile ad un professionista sospeso dall’Ordine provinciale per inosservanza dell’obbligo vaccinale», scrive Vicenza Today.
«Dopo mirati sopralluoghi, che permettevano di appurare un andirivieni di pazienti nei dintorni dello studio, ubicato a Schio, i finanzieri hanno eseguito una perquisizione che ha portato loro all’individuazione ed acquisizione delle prenotazioni per le visite odontoiatriche avvenute nei mesi di sospensione, confermate dai quattro pazienti che si erano sottoposti a visite e interventi dentari» continua il sito di cronache vicentine.
Sarebbe stata segnalata alla Procura della Repubblica di Vicenza anche l’assistente alla poltrona.
Nel frattempo, tuttavia, emersa l’inefficacia del vaccino nel non trasmettere il contagio, sono emerse sentenze come quella di Firenze dove il giudice civile ha reintegrato una psicologa sospesa dall’Ordine perché non in regola con la vaccinazione obbligatoria disposta su tutti gli operatori sanitari.
Il giudice ha così detto che la psicologa toscana «non possa essere costretta, per poter sostentare se stessa e la sua famiglia, a questi trattamenti iniettivi sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel suo Dna alterandolo in un modo che potrebbe risultare irreversibile, con effetti ad oggi non prevedibili per la sua vita e salute», riporta Quotidiano Sanità.
Il giudice toscano rilevava che lo scopo di «impedire la malattia e assicurare condizioni di sicurezza in ambito sanitario» è «irraggiungibile perché sono gli stessi report di AIFA ad affermarlo». Il magistrato quindi menzionava un «fenomeno opposto a quello che si voleva raggiungere con la vaccinazione, ovvero un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico delle infezioni e decessi proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi».
Il giudice quindi si rivolgeva anche alle autorità sanitarie della Regione Toscana e al Consiglio dell’Ordine degli Psicologi regionale dicendo che «non possono non essere al corrente del dilagare dei contagi nonostante l’80/90% della popolazione sia vaccinata e sono anche al corrente o dovrebbero esserlo del dilagare del contagio tra vaccinati con tre dosi, degli eventi avversi anche gravi e mortali di soggetti vaccinati; si tratta, infatti, di dati pubblicati dallo stesso Ministero della Salute».
Come visibile, un’armonia tra le opinioni giuridiche riguardo i provvedimenti pandemici è di là da venire.
Il noto chitarrista Eric Clapton ha tenuto un concerto di beneficenza privato a sostegno di Robert F. Kennedy, Jr. che ha fruttato l’enorme cifra di 2,2 milioni di dollari per il candidato presidenziale democratico.
I biglietti per l’evento intitolato «verità, unità, pace e posterità» tenutosi lunedì in una tenuta privata a Beverly Hills, in California, avevano un prezzo compreso tra 3.300 e 6.600 dollari.
«Il biglietto da 3.300 dollari include la performance di Clapton e le osservazioni del candidato», ha riferito Spectrum News. «Il biglietto da 6.600 include un ricevimento privato con RFK, Jr. e ospiti speciali, secondo la campagna Kennedy».
L’icona del rock ha fatto un cenno al concerto in un video il mese scorso dicendo che aspettava con ansia l’evento con il team Kennedy.
I media mainstream hanno colto la notizia del concerto privato come un mezzo per attaccare entrambe Clapton e Kennedy per la loro sfiducia condivisa nei confronti del vaccino, proprio mentre le autorità sanitarie USA stanno lanciando il vaccino anti-COVID «aggiornato».
Il sito TMZ riporta che il concerto ha fruttato oltre 2 milioni di dollari.
«Ci è stato detto che del denaro raccolto: 1 milione di dollari è andato direttamente alla campagna di Kennedy, e gli altri 1,2 milioni di dollari sono andati al PAC che lo sostiene”, ha affermato martedì il tabloid delle celebrità».
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Come riporta Infowars, RFK ha espresso gratitudine per il sostegno di Clapton, affermando, secondo quanto riferito, «Sono profondamente grato a Eric Clapton per aver portato la sua abilità musicale e il suo spirito ribelle al mio incontro».
«A volte penso che nella nostra società divisa, sia la musica, piuttosto che qualsiasi tipo di accordo intellettuale, ad avere il maggior potenziale per riunirci di nuovo. Eric canta dal profondo della condizione umana. Se vede in me la possibilità di portare unità nel nostro Paese, è possibile solo perché artisti come lui invocano una fede sepolta nel potere illimitato degli esseri umani di superare qualsiasi ostacolo».
Il sostegno dell’ex marito di Lori del Santo deriva probabilmente non solo dalla posizione di Kennedy anche dal suo scetticismo riguardo i vaccini.
«Ho preso la prima dose di AZ [AstraZeneca] e subito ho avuto reazioni gravi che sono durate dieci giorni. Le mie mani e i miei piedi erano congelati, insensibili o in fiamme, e praticamente inutili per due settimane, temevo che non avrei mai più suonato».
Il virtuoso della chitarra in seguito ha detto che avrebbe annullato qualsiasi spettacolo se la sede avesse richiesto ai partecipanti di dimostrare di essersi sottoposti al siero genico sperimentale.
«Basta, non lo posso più sopportare / Sono in giro da molto, molto tempo /Vedo tutto questo e sono abituato a essere libero» dice il testo della canzone.
In Italia, invece, ci tocca anche in questi giorni la continua celebrazione di Vasco Rossi, la cui «vita spericolata» comprende anche accorati appello alla vaccinazione di massa.
E come il siero genico, anche la canzone andrebbe forse aggiornata:
«E poi ci troveremo come le star/ a fare il vaccino mRNA».
Uno studio pubblicato nell’edizione di ottobre 2023 di Lancet conferma che l’mRNA che codifica la proteina spike del COVID-19 si trova nel latte materno delle donne a cui sono state iniettate le iniezioni di COVID.
Lo studio su 13 donne con 20 esposizioni totali al vaccino COVID (ad alcune donne è stata iniettata due volte) ha trovato nel latte materno «mRNA del vaccino» da entrambi i vaccini mRNA sul mercato dopo 10 esposizioni totali al vaccino COVID, da tre a 45 ore dopo l’iniezione. Dopo nove delle 20 esposizioni al vaccino non è stato prodotto abbastanza latte materno per il test dell’mRNA.
I risultati confermano quelli di uno studio pubblicato lo scorso anno sul Journal of American Medical Association(JAMA) Pediatrics, che rilevava «tracce di mRNA del vaccino COVID-19» nel latte materno di quasi la metà delle donne studiate.
Gli studi smentiscono l’assicurazione dell’Academy of Breastfeeding Medicine del dicembre 2020 secondo la quale «è improbabile che i lipidi del vaccino entrino nel flusso sanguigno e raggiungano il tessuto mammario» e che «se ciò accade, è ancora meno probabile che la nanoparticella intatta o l’mRNA si trasferisca nel latte».
Il piccolo studio non ha rilevato proteine spike in nessuno dei campioni di latte materno, ma i ricercatori hanno ammesso che «anche i campioni di controllo positivi… non sono riusciti a indurre l’espressione delle proteine» spike.
«L’unico campione di controllo positivo che ha indotto la proteina spike erano le cellule HT-29 trattate con una concentrazione più elevata di vaccino mRNA stock», hanno scritto i ricercatori.
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«All’inizio ci è stato detto da tutte le persone autorevoli… che [l’mRNA] sarebbe rimasto locale», ha detto il dottor John Campbell, educatore infermiere australiano in pensione e popolare personalità medica di YouTube riguardo al nuovo studio. «Ciò significa che tutte queste enormi fabbriche che vengono costruite… per costruire enormi quantità di mRNA per il futuro si basano ora su un problema scientifico fondamentale, completamente imperfetto, a mio avviso».
Campbell si riferisce con probabilità al grande impianto per la produzione dell’mRNA che Moderna sta costruendo a Melbourne, mentre un’altra «fabbrica» simile sarebbe approntata dall’OMS a Città del Capo.
L’autrice e giornalista Naomi Wolf ha notato l’anno scorso che i documenti Pfizer divulgati dall’ente regolatorio USA per il farmaco – la Food and Drug Administration (FDA) – dopo un’ordinanza del tribunale mostrano che «alcune madri vaccinate avevano interrotto l’allattamento, o non riuscivano a produrre affatto latte», quando tentavano di allattare i loro figli neonati. Tuttavia, è sconosciuta la causa del «latte materno scarso» segnalato dopo circa una dozzina di esposizioni al vaccino COVID nello studio Lancet.
I documenti Pfizer hanno anche indicato che altre donne hanno riscontrato uno scolorimento del latte dopo il vaccino anti-COVID, con una madre che ha affermato che il suo latte materno era di un colore blu-verde.
Uno studio pre-stampa citato da Wolf ha rilevato «quantità trascurabili» di prodotti petroliferi (PEG) dai vaccini nel latte materno delle donne vaccinate, ma ha riconosciuto che sarebbero necessari studi più ampi per comprendere appieno il rischio posto per i bambini allattati al seno.
«Poiché nessun bambino è morto nel breve lasso di tempo del piccolo studio, lo studio ha concluso che i bambini allattati non hanno subito effetti negativi reali dalle madri vaccinate», ha detto la Wolf. «Ma lo studio non ha seguito questi poveri bambini, con la loro riconosciuta insonnia e i loro confermati disturbi gastrointestinali, per vedere se effettivamente “prosperavano”, guadagnavano peso e si sviluppavano normalmente».
Come riportato da Renovatio 21, nel 2021, in piena covidiozia globale, emerse il fenomeno dell’allattamento post-vaccinale: il New York Times riferì di donne che una volta tornate a casa dalla prima dose di vaccino COVID avevano tirato fuori il tiralatte spremendosi per la rilattazione, il processo con cui il latte torna a scorrere nelle ghiandole mammarie.
Queste donne, spiegava l’articolo che un po’ le celebrava, si sono convinte di questa necessità perché si sono imbattute «in ricerche che suggerivano che gli anticorpi di una madre vaccinata potevano essere trasmessi al suo bambino attraverso il latte».
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«Non c’è motivo concreto per le neo mamme di non farsi vaccinare o di buttare via il latte materno» dicevano valenti scienziati sentiti dal grande quotidiano neoeboraceno.
A dicembre 2020, le linee guida britanniche escludevano l’uso del Pfizer su generiche «donne in età fertile», perché nessuno studio sul caso è stato fatto: non sappiamo con certezza né se il vaccino sia teratogeno (ciò, crei feti deformi) né con certezza sappiamo se sia tossico il latte materno vaccinato: anzi, il testo scriveva esplicitamente che il vaccino «non deve essere utilizzato durante l’allattamento». «Un rischio per i neonati / bambini non può essere escluso» avevano scritto le autorità mediche britanniche. In generale, era sensibile la preoccupazione per quelli che si definivano apertis verbis come «impatti sulla fertilità sconosciuti».
Nel 2020 era invece emersa una strana storia, riportata da Renovatio 21, di traffico di latte umano allo scopo di curare il COVID.
Il magico mondo del «latte più» dell’era COVID, per citare Anthony Burgess e Stanley Kubrick di Arancia Meccanica, non si ferma al solo latte materno.
Come riportato da Renovatio 21, in Cina si è provveduto a inserire l’mRNA direttamente nel latte per il consumo alimentare.
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione diChildren’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
I ricercatori hanno stimato che i vaccini contro il COVID-19 hanno causato circa 17 milioni di decessi in tutto il mondo, di cui la maggior parte si è verificata tra gli anziani.
Un nuovo studio su 17 paesi ha trovato un «nesso causale definito» tra i picchi di mortalità per tutte le cause e la rapida introduzione dei vaccini e dei richiami contro il COVID-19.
I ricercatori del fondo Correlation Research in the Public Interest, con sede in Canada, hanno scoperto che più della metà dei paesi analizzati non ha registrato alcun aumento rilevabile della mortalità per tutte le cause dopo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato una pandemia globale l’11 marzo 2020, fino a dopo l’introduzione del virus COVID -19 vaccini e richiami.
Hanno anche scoperto che tutti i 17 paesi, che costituiscono il 10,3% della popolazione mondiale, hanno registrato un aumento senza precedenti della mortalità per tutte le cause, che corrisponde direttamente alla diffusione dei vaccini e dei richiami.
Attraverso un’analisi statistica dei dati sulla mortalità, gli autori hanno calcolato che il rischio di tossicità fatale per iniezione aumentava significativamente con l’età, ma in media 1 morte ogni 800 iniezioni in tutte le età e paesi.
In base a tale calcolo, con 13,5 miliardi di iniezioni somministrate fino al 2 settembre 2023, i ricercatori hanno stimato che ci siano stati 17 milioni di decessi per vaccinazione COVID-19 (± 500.000) a livello globale in seguito al lancio del vaccino.
«Ciò corrisponderebbe a un evento iatrogeno di massa che ha ucciso lo 0,213 (± 0,006)% della popolazione mondiale e non ha impedito in modo misurabile alcuna morte», hanno scritto gli autori.
Questo numero, hanno osservato, è 1.000 volte superiore a quello precedentemente riportato nei dati provenienti da studi clinici, monitoraggio degli eventi avversi e statistiche sulle cause di morte raccolte dai certificati di morte.
In altre parole, «i vaccini COVID-19 non hanno salvato vite umane e sembrano essere agenti tossici letali», hanno scritto.
Le iniezioni sono risultate le più tossiche per la maggior parte degli anziani in tutti i 17 paesi analizzati.
Gli autori hanno concluso che i governi dovrebbero «porre fine immediatamente alla politica infondata di sanità pubblica che dà priorità ai residenti anziani per l’iniezione di vaccini contro il COVID-19, fino a quando non saranno effettuate valide analisi rischio-beneficio».
L’articolo di 180 pagine, di Denis Rancourt , Ph.D. ex professore di fisica e scienziato capo per 23 anni presso l’Università di Ottawa, Marine Baudin, Ph.D., Joseph Hickey, Ph.D. e Jérémie Mercier, Ph.D. è stato pubblicato il 17 settembre.
Utilizzo della mortalità per tutte le cause per identificare le morti causate dai vaccini
La mortalità per tutte le cause (ACM) – una misura del numero totale di decessi per tutte le cause in un dato intervallo di tempo per una determinata popolazione – è il dato più affidabile utilizzato dagli epidemiologi per individuare e caratterizzare eventi che causano la morte e per valutare la popolazione. livello di impatto delle morti per qualsiasi causa, hanno scritto gli autori.
A differenza di altre misure, i dati ACM non sono suscettibili di distorsioni di segnalazione o di distorsioni che possono esistere nelle valutazioni soggettive della causa di morte. Qualsiasi evento, da un disastro naturale come un terremoto a un’ondata di malattie stagionali o pandemiche, appare nei dati ACM.
Utilizzando metodologie sviluppate nelle loro precedenti ricerche su COVID-19 e vaccinazione in India, Australia, Israele,Stati Uniti. e Canada, gli autori hanno utilizzato i cambiamenti nei tassi di mortalità per tutte le cause per identificare i decessi associati alla vaccinazione di massa.
Rancourt ha dichiarato a The Defender che dopo aver identificato la «sorprendente» correlazione tra vaccini, richiami e aumento dell’ACM in questi cinque Paesi, gli autori hanno cercato altri paesi che disponevano di dati simili in modo da poter ripetere l’analisi per determinare se si fosse verificata la stessa sincronicità.
Hanno monitorato e analizzato statisticamente la relazione temporale tra i picchi dei tassi di mortalità nazionale per tutte le cause, stratificati per età in cui i dati erano disponibili, e il periodo pandemico di COVID-19 e il lancio di vaccini e richiami.
In altre parole, hanno analizzato se la «mortalità in eccesso» si è verificata in seguito all’annuncio della pandemia di COVID-19 e in seguito all’introduzione dei vaccini iniziali o dei richiami rispetto ai precedenti tassi di mortalità per tutte le cause.
Mortalità in eccesso è un termine utilizzato in epidemiologia e sanità pubblica che si riferisce al numero di decessi per tutte le cause durante una crisi superiore e superiore a quello che ci saremmo aspettati di vedere in condizioni «normali», secondo Our World in Data.
Controllando fattori confondenti come la stagionalità, gli autori hanno calcolato il tasso di mortalità per dose di vaccino (vDFR), ovvero il rapporto tra decessi attribuibili al vaccino e numero di vaccini somministrati. Hanno scoperto che variava dallo 0,02 al 5%, a seconda del paese, dell’età e del numero di vaccinazioni effettuate e che il vDFR complessivo per tutte le età per tutti i 17 paesi era in media di 0,126 ± 0,004%.
«Questi risultati sembrano confermare le argomentazioni avanzate da biologi tra cui Mike Yeadon e Sucharit Bhakdi secondo cui si prevede che i pericoli di reazioni autoimmuni avverse aumenterebbero con ogni successiva esposizione alla trasfezione», ha affermato J. Jay Couey, scienziato dello staff di Children’s Health Defense.
Fattori come le malattie stagionali possono complicare l’analisi dei tassi di mortalità per tutte le cause, perché le morti per cose come le malattie respiratorie tendono a raggiungere il picco in inverno.
Per eliminare la stagionalità come possibile fattore di confondimento, i ricercatori di Correlation hanno esaminato tutti i dati disponibili per i paesi che hanno lanciato i vaccini ma dove non c’erano fluttuazioni stagionali (paesi equatoriali) o i vaccini/richiami sono stati lanciati durante l’estate e quindi gli effetti dei lanci potevano essere visti più chiaramente.
I Paesi, tutti situati nella regione equatoriale o nell’emisfero australe in cui si sono verificati i lanci durante l’estate, includevano Argentina, Australia, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Malesia, Nuova Zelanda, Paraguay, Perù, Filippine, Singapore, Sud Africa, Suriname, Tailandia e Uruguay.
Gli autori stanno lavorando per estendere questa analisi a tutti i paesi del mondo in cui i dati sono disponibili, ha detto Rancourt a The Defender.
Vaccinazione associata ad un elevato regime di mortalità per tutte le cause in tutti i Paesi
In nove dei 17 paesi analizzati, non vi è stato «nessun eccesso di mortalità rilevabile nell’anno trascorso tra l’annuncio di una pandemia l’11 marzo 2020 e l’inizio del primo lancio del vaccino in ciascun Paese», riporta il documento.
In Australia, Malesia, Nuova Zelanda, Paraguay, Filippine, Singapore, Suriname, Tailandia e Uruguay, l’eccesso di mortalità è apparso solo dopo il lancio del vaccino.
Negli altri otto paesi – Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Perù e Sud Africa – si può osservare un eccesso di mortalità prima del lancio del vaccino.
Tuttavia, hanno affermato i ricercatori, «In tutti i 17 paesi, la vaccinazione è associata a un regime di elevata mortalità e non esiste alcuna associazione nel tempo tra la vaccinazione contro il COVID-19 e la riduzione proporzionale dell’ACM».
Inoltre, tutti e 17 i paesi hanno mostrato una forte correlazione con tassi più elevati di ACM all’inizio del 2021, dopo il lancio iniziale del vaccino e all’inizio del 2022, quando sono stati lanciati i richiami.
Gli autori sottolineano la scoperta che laddove erano disponibili dati stratificati per età, c’erano «notevoli associazioni temporali» tra il rapido lancio della prima dose e dei richiami e i picchi immediati di mortalità per tutte le cause, e la transizione a quello che Rancourt chiamava «un nuovo regime di mortalità», dove la mortalità è rimasta «elevata per molto tempo».
Il documento include report, grafici e analisi dei dati con una serie di metodi diversi che mostrano le relazioni temporali tra l’annuncio della pandemia, i vaccini e i picchi di mortalità per tutte le cause per ogni singolo Paese.
Transizioni tra i regimi di mortalità: ACM in base al tempo (blu), somministrazione del vaccino in base al tempo (arancione) e ACM medio in base al tempo (rosso). La data di dichiarazione della pandemia dell’11 marzo 2020 è mostrata da una linea grigia verticale in ciascun pannello. Le fonti dei dati sono specificate nell’Appendice A dello studio. Crediti: Rancourt, Baudin, Hickey e Mercier,
Causa, non solo correlazione
Gli autori sostengono che le prove raccolte supportano un nesso causale tra vaccini e alti tassi di mortalità.
Quindi indicano diversi studi a livello di popolazione, comprese le loro ricerche precedenti, che hanno dimostrato un probabile nesso causale.
E citano principi di immunologia che spiegano i meccanismi dei gravi danni derivanti dai vaccini COVID-19.
Gli autori hanno anche affrontato e scartato diverse spiegazioni alternative proposte per i picchi di ACM, incluso il fatto che tali cambiamenti sono dovuti a variazioni stagionali, ondate di caldo, terremoti, conflitti, contromisure COVID-19, condizioni di salute sottostanti o comparsa di varianti COVID-19.
Hanno sostenuto che le «ondate» della variante COVID-19 non possono spiegare i picchi, hanno scritto.
Perché ciò accada, le nuove varianti dovrebbero causare picchi e aumenti simultanei di mortalità in 17 Paesi, «il che è un evento statisticamente impossibile se accettiamo le teorie delle mutazioni virali spontanee e della diffusione per contatto delle malattie respiratorie virali; e tutti i conseguenti picchi di mortalità avrebbero la straordinaria coincidenza di verificarsi proprio nel momento in cui sono stati lanciati i richiami del vaccino».
Gli autori hanno concluso che la forte correlazione tra la distribuzione dei vaccini e i nuovi regimi più elevati di ACM mostra causalità, secondo i criteri di «esperimento, temporalità e coerenza» stabiliti dal Dr. John Ioannidis in un articolo del 2016.
Lo stesso fenomeno, scrivono, è osservato in diverse età e contesti geografici (esperimento), gli aumenti della mortalità per tutte le cause sono sincroni con la distribuzione dei vaccini (temporalità) e il fenomeno è qualitativamente lo stesso ogni volta che si verifica (coerenza).
Dare la priorità agli anziani per la vaccinazione è stato «sconsiderato»
Questi risultati «conclusivi» contraddicono le affermazioni comuni secondo cui i vaccini, nonostante i loro effetti avversi, avrebbero effettivamente salvato vite umane.
Invece gli autori scrivono:
«Nella nostra vasta ricerca sull’ACM non abbiamo trovato prove che i vaccini COVID-19 abbiano avuto alcun effetto benefico. Se i vaccini prevenissero la trasmissione, l’infezione o malattie gravi, allora ci dovrebbero essere diminuzioni della mortalità a seguito del lancio del vaccino, non aumenti, come in ogni gruppo di età anziana osservato sottoposto a un rapido lancio di richiami».
Al contrario, lo studio ha confermato i risultati precedenti degli autori secondo cui il vDFR cresce esponenzialmente con l’età. Hanno scoperto che il rischio di morire a causa dell’iniezione di COVID-19 raddoppiava ogni 4-5 anni di età, che corrisponde a circa la metà dell’età raddoppiata di morte per tutte le cause di mortalità, inclusi cancro, polmonite e malattie cardiache.
Hanno trovato valori di vDFR ampi e dipendenti dall’età negli anziani che includevano, ad esempio, un tasso dello 0,55% (un decesso ogni 180 iniezioni) per le persone di età pari o superiore a 80 anni in Israele fino al 5% (un decesso ogni 20 iniezioni) per le persone 90 e oltre in Cile e Perù.
Ciò significa, hanno affermato gli autori, che non esiste e non è mai esistito alcun dato sul rischio di mortalità stratificato per età a sostegno delle politiche di sanità pubblica che hanno dato priorità agli anziani per la vaccinazione.
«Dare la priorità agli anziani per la vaccinazione contro il COVID-19, in assenza di dati rilevanti, è stato sconsiderato».
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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