Bioetica
A proposito dei volantini di SìAmo distribuiti al WFC di Verona

A seguito di alcune segnalazioni pervenuteci a proposito del volantino che gli amici di SìAmo hanno distribuito nei pressi dal World Congress of Families (WCF), tenutosi a Verona dal 28 al 30 marzo scorso, e visto che da più parti ci è stato chiesto un parere rispetto alle polemiche proposito, abbiamo deciso di riassumere in poche righe il nostro punto di vista.
Ci sembra doveroso offrire qualche spunto di chiarimento su questa vicenda, poiché potremmo dire, il tema dei vaccini prodotti con linee cellulari di feti abortiti è uno dei principali motivi per cui Renovatio 21 è stata fondata.
Premettiamo che il nostro rapporto con SìAmo è fatto più che altro di conoscenze personali e di amicizie che vanno aldilà del giudizio sul Movimento. È certo che abbiamo incontrato e conosciuto, in particolare fra i vertici e i fondatori, ottime persone, interessate ad agire verso il bene. Abbiamo sempre apprezzato la presenza di sostenitori e dirigenti di SìAmo agli eventi di Renovatio 21.
Ciò detto, ci preme specificare che non possiamo sposare tutta la linea del Movimento, in particolare su alcuni dibattuti e controversi temi etici.
Riteniamo che l’idea dei volantini distribuiti nei pressi della Gran Guardia (che, facciamo una rivelazione, è stata restaurata dal comune di Verona assieme alla Glaxo) non sia da condannare: è chiaro che SìAmo ha voluto semplicemente far notare l’incoerenza del “popolo pro-famiglia” riunito in quel di Verona, dove si è parlato di aborto senza però spendere una parola sul tema dei vaccini moralmente illeciti: quelli prodotti con linee cellulari di feti abortiti come, in Italia, l’MPR o MPR+V – inoculati obbligatoriamente dentro ai corpi dei nostri figli.
Lo hanno fatto bene? Forse poteva esser fatto meglio: anzitutto precisando, proprio sul volantino – per evitare così le petulanti correzioni di quanti si improvvisano professori di teologia morale – che solo alcuni vaccini sono prodotti con linee cellulari di feti abortiti. Precisiamo che anche quelli fatti con cellule animali, come l’esavalente (fatto con linee cellulari Vero, cioè pezzi di rene di scimmia) dovrebbero poter incontrare, come abbiamo ripetuto infinite volte, la legittima obiezione etica da parte di persone con sensibilità animalista.
Nessun compromesso sulla Vita umano. Nessuno. Il Rinnovamento di questo XXI secolo passa per questa semplice regola.
In un post Facebook in cui SìAmo ha dato visibilità a questa azione di volantinaggio informativo, fra i commenti alcune persone hanno fatto anche riferimento allo scandalo della Planned Parenthood, dando per assodato che gli aborti volontari e pianificati avvenuti all’interno della clinica di morte americana siano tutti serviti per produrre vaccini. Questo è effettivamente un errore molto diffuso nell’ambiente cattolico (o anche non necessariamente cattolico) legato alla libertà di scelta vaccinale.
Lo scandalo ha dato la sola certezza che quei feti sacrificati sull’altare della «autodeterminazione della donna» e poi finiti nei laboratori della scienza medica servano per ogni genere di ricerche. Con estrema probabilità,ricerche che possono includere quelle volte a testare nuove linee cellulari (sappiamo, grazie a Debi Vinnedge intervenuta a Roma al nostro Convegno, che i feti finiti a produrre linee cellulari non sono due, ma centinaia e centinaia solo negli USA), ma ciò non ci permette in ogni caso di essere approssimativi a proposito di un tema così delicato.
Non ci è permesso di essere approssimativi a proposito di un tema così delicato
Passando poi al tema della «libertà di scelta» in ambito vaccinale e che qualcuno vorrebbe paragonare ad altri temi morali, come appunto l’aborto, bisogna dire che le questioni non possono essere affrontate e messe sullo stesso piano. Precisiamo che non è di nostro interesse prendere posizioni a favore del WCF di Verona – sul quale gli animatori di Renovatio 21 hanno scritto, altrove, anche in modo parecchio critico – dove si è parlato pavidamente e in modo compromissorio (cioè, democristianamente) di «buona e totale applicazione della L. 194/78». Proprio per tale motivo vorremmo mettere comunque in guardia dai presunti ambienti “pro-Life” e “pro-Family”, ma anche dalla distorta idea che libertà di scelta vaccinale e libertà di abortire siano sullo stesso piano.
La prima, inevitabilmente, interessa anzitutto un obbligo di legge che vuole decidere sulla vita dei nostri figli, pur essendo i nostri figli sani e non contagiosi o pericolosi per gli altri come si vorrebbe assurdamente far credere. L’uncino dello Stato, dunque, che vuol decidere per un altro individuo scavalcando la sovranità familiare esercitata dai genitori; nel secondo caso, invece, lo Stato vuole che sia la donna a decidere: ma sulla vita di qualcun altro. La L.194/78 che i “pro-Life” di Stato, alla stregua dei “pro-Choice”, si guardano bene di attaccare interamente, vuole consegnare diritti ad un solo soggetto (la donna) quando i soggetti coinvolti in una decisione così grave sono tre: la donna, il bambino, e (noi non lo dimentichiamo!) l’uomo, compagno o marito che di quel bimbo è il padre.
È distorta l’idea per cui la libertà di scelta vaccinale e la libertà di abortire siano sullo stesso piano
Capite bene come in questo caso sia semplicemente assurdo parlare di libertà di scelta soltanto per la donna non tenendo conto, proprio come accade nel testo della legge, degli altri due soggetti interessati, in particolare del soggetto più debole – il feto – che avrebbe eticamente il diritto di essere tutelato, in quanto debole, più di qualsiasi altro soggetto.
Il paragone con la libertà di scelta vaccinale risulta perciò totalmente inopportuno o quantomeno privo delle ragionevoli e dovute riflessioni.
Speriamo che anche gli amici di SìAmo possano comprendere come le due cose non possano andare insieme, pur rimanendo giustissima e validissima la critica per incoerenza mossa agli organizzatori e ai relatori del Congresso di Verona.
Speriamo che chi giustamente pretende «che i bambini vengano considerati sacri» capisca che è la Vita stessa ad essere un bene indisponibile e, quindi, sacra dal suo concepimento fino alla morte naturale.
Questo è ciò in cui crede Renovatio 21: se rimuovi la sacralità della vita dal concepimento, l’uso della vita stessa a favore del più forte (l’adulto, il più ricco) viene automatica.
Se autorizzi l’aborto negando al bambino di nascere (e quindi, ne getti il corpo nella spazzatura ospedaliera) come puoi lamentarti di ritrovarti il suo cadavere nei vaccini obbligatori?
Se autorizzi l’aborto negando al bambino di nascere (e quindi, ne getti il corpo nella spazzatura ospedaliera) come puoi lamentarti di ritrovarti il suo cadavere nei vaccini obbligatori?
Se uccidi un bambino per legge, come può negare la possibilità di espiantargli gli organi «per il bene della collettività»?
Se permetti un genocidio legale (6 milioni di morti dal 1978: in più, non ancora calcolati con precisione, gli embrioni distrutti dalla fecondazione in provetta) come fai a tenere alla larga la stregoneria farmaceutica e il suo probabile appetito per le cellule staminali con le quali magari produrre pozioni miracolose?
Sono domande a cui Renovatio 21 vuol dare risposta.
Anzi, l’ha già data. Non puoi. Non è possibile.
Dobbiamo comprendere questo assioma: con l’aborto qualsiasi forma di sacrificio umano è possibile. Persino quello della guerra.
Perché, già in sé, l’aborto è una forma di guerra, una guerra di proporzioni atomiche: la legge 194/78 ha inflitto al popolo italiano un danno umano pari a quello di 50 bombe sganciate su Nagasaki.
Non dovete credere a noi. Potete però ascoltare Madre Teresa di Calcutta nel discorso che fece quando, oramai 40 anni fa, ritirò il Premio Nobel per la pace:
«Io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una guerra diretta – un’uccisione diretta – un omicidio commesso dalla madre stessa» – Madre Teresa di Calcutta
«Io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una guerra diretta – un’uccisione diretta – un omicidio commesso dalla madre stessa»
La Difesa dei nostri bambini significa difesa di tutti i bambini – tutti, anche quelli non desiderati dalla loro madre.
Nessun compromesso sulla Vita umano. Nessuno.
Il Rinnovamento di questo XXI secolo passa per questa semplice regola.
Bioetica
Medici britannici lasciano morire il bambino prematuro perché pensano che la madre abbia mentito sulla sua età

Un bambino prematuro nato a 22 settimane è morto dopo che i medici in Gran Bretagna si sono rifiutati di somministrargli un trattamento salvavita. Lo riporta LifeSite.
Mojeri Adeleye è nato prematuro alla 22ª settimana, dopo che la madre aveva subito la rottura prematura delle membrane. Durante l’emergenza, la mamma e il bambino sono stati trasferiti in un altro ospedale, dove la data di gestazione è stata scritta in modo errato, etichettando Mojeri come se avesse meno di 22 settimane di gestazione.
Le linee guida raccomandano l’assistenza medica solo per i neonati prematuri nati dopo la 22a settimana di gestazione. Sebbene la madre di Mojeri avesse informato il personale medico dell’errore, questi non le hanno creduto e hanno lasciato che il bambino morisse.
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Secondo il rapporto del medico legale, la madre di Mojeri era stata visitata per gran parte della gravidanza presso l’ospedale locale ma a seguito di complicazioni, la donna è stata trasferita in un altro ospedale.
Tuttavia, è stato commesso un errore nelle note di riferimento e la madre di Mojeri è stata registrata come a meno di 22 settimane di gestazione. Le linee guida nazionali raccomandano che il trattamento salvavita venga fornito solo ai prematuri nati a 22 settimane di gestazione o dopo, e sebbene la madre di Mojeri abbia ripetutamente cercato di comunicare al personale la corretta età gestazionale, non le hanno creduto.
Quando la madre è entrata in travaglio, il personale si è rifiutato di fornire a Mojeri qualsiasi assistenza salvavita. Era, infatti, da poco più di 22 settimane di gestazione, come aveva insistito la madre. Poiché i medici non hanno fatto nulla, Mojeri è morto.
Il medico legale ha scritto nel rapporto: «Nel corso dell’inchiesta, le prove hanno rivelato elementi che destano preoccupazione. A mio parere, sussiste il rischio che si verifichino decessi in futuro, se non si interviene».
«Date le circostanze, è mio dovere legale riferirvi. Le questioni di interesse sono le seguenti: La mancanza di considerazione nei confronti della conoscenza da parte della madre di Mojeri della propria gravidanza e della data prevista del parto per Mojeri; La mancanza di discussione con i genitori di Mojeri sulle possibili misure da adottare in caso di parto prematuro prima della 22ª settimana».
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Le linee guida della British Association of Perinatal Medicine (BAPM) del 2019 raccomandavano che, se i bambini nascevano vivi a 22 settimane, venissero fornite cure «focalizzate sulla sopravvivenza»; in precedenza, le linee guida affermavano che i bambini nati prima delle 23 settimane non dovevano essere rianimati.
Dopo l’attuazione di queste linee guida, il numero di bambini prematuri sopravvissuti alla 22ª settimana è triplicato. Prima di allora, i bambini prematuri considerati «troppo piccoli» venivano semplicemente lasciati morire.
Si stima che il 60-70% dei neonati possa sopravvivere alla nascita prematura a 24 settimane di gestazione. Tuttavia, fino al 71% dei neonati prematuri, anche quelli nati prima delle 24 settimane, può sopravvivere se riceve cure attive anziché solo cure palliative. E sempre più spesso, i bambini sopravvivono anche a 21 settimane, scrive Lifesite, che ricorda: «non tutti i bambini sopravvivranno alla prematurità estrema, ma meritano almeno di avere una possibilità».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; immagine modificata
Bioetica
L’amministrazione Trump condanna la «persecuzione della preghiera silenziosa» fuori dagli abortifici britannici

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Bioetica
L’aborto ha spazzato via il 28% della generazione Z. E molto, molto di più

Statistiche ampiamente condivise in rete questa settimana riportano che circa il 28% della Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012) negli USA è stata abortita nel grembo materno. Lo scrive LifeSite.
Secondo le stime del Guttmacher Institute (il braccio di ricerca e sviluppo del grande abortificio multinazionale Planned Parenthood) sul numero di aborti eseguiti ogni anno negli Stati Uniti dal 1997 al 2011, gli anni di nascita della Generazione Z, circa 19,5 milioni di esseri umani concepiti in quella generazione, sono stati soppressi attraverso l’aborto. Attualmente si stima che negli Stati Uniti ci siano 69,3 milioni di membri della Generazione Z.
I dati più recenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indicano che il tasso di aborti tra i bambini della Generazione Z negli Stati Uniti corrisponde quasi alla percentuale stimata di bambini non ancora nati uccisi dall’aborto in tutto il mondo: il 29%, ovvero tre gravidanze su 10.
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Le statistiche di Inghilterra e Galles mostrano tassi di aborto molto simili. «la percentuale di concepimenti che hanno portato all’aborto è stata del 29,7%; si tratta di un aumento rispetto al 26,5% del 2021 e della percentuale più alta mai registrata», ha rilevato un rapporto dell’Office of National Statistics (ONS) basato sui dati del 2022.
Ricordiamo anche che queste statistiche risultano calcolabili pure per realtà apparentemente distanti come il Giappone, con dati nel periodo post-bellico che indicavano l’aborto di circa un terzo dei concepiti, con casi allucinanti di infanticidi – che oggi la Finestra di Overton vuole che chiamiamo «aborti post-natali» – come quello di Miyuki Ishikawa, detta «Oni-sanba», ostetrica che avrebbe ucciso almeno 86 bambini (qualcuno parla di una cifra doppia) affidatile negli anni dell’immediato dopoguerra.
Non si tratta di numeri sconosciuti anche all’Italia, dove per anni le nascite sono state attorno alla cifra di 500 mila, con le interruzioni di gravidanza sopra i 100.000, con un calo sensibile nell’ultimo decennio, in linea tuttavia con il calo delle nascite, specie dopo la pandemia.
Anche in Italia, dunque, abbiamo avuto una percentuale di generazioni spazzate via sopra il 20%, in pratica una piccola guerra condotta contro il Paese stesso, ma legalizzata e pagata dal contribuente – o una serie di bombe atomiche, i cui effetti si misurano in megadeath («megamorte», un milione di individui sterminati).
Come scritto anni fa da Renovatio 21, negli anni l’Italia dell’aborto ha subito una devastazione umana molto superiore a quella di Hiroshima e Nagasaki, con almeno 6-7 megadeath di danno alla popolazione. E parliamo solo delle cifre ufficiali, che non includono gli embrioni distrutti dalle provette, che sono già in numero maggiore di quelli trucidati dall’interruzione volontaria di gravidanza.
Se non volete pensarlo in percentuale, pensatelo così: 6 milioni di persone uccise, sono perfettamente pensabili come un attacco atomico che cancella tutto il Triveneto, o la Sicilia e la Calabria assieme, o l’Emilia-Romagna con l’Umbria e le Marche, o tutto il Lazio e zone limitrofe, o due terzi della Lombardia.
Come avevamo scritto oramai più di 10 anni fa: «Per quanto possa sembrare allucinante, dobbiamo guardare in faccia la realtà: l’Italia è una rovina post-atomica. E neppure lo sa».
Le cifre divenute virali questa settimana non includono mai – perché è un calcolo che i pro-life, specie italiani, non hanno l’intelligenza di fare – quello che qualcuno chiama il ghost number. Proviamo a pensare le cifre americane: e 6.392.900 femmine abortite tra il 1973 e il 1982 avrebbero oggi 25-40 anni, e quindi con alta probabilità almeno un figlio di media (chi due, chi cinque, chi zero). Otteniamo così la cifra di 54.853.850 persone spazzate via dall’anagrafe, sottratte alla società.
Un danno di quasi 55 megadeath: come se il temuto showdown nucleare con la Russia, fosse avvenuto – e senza che i sovietici sparassero un solo colpo. Basandosi sulle attuali statistiche demografiche americane, è possibile calcolare che tra questi 55 milioni vi potrebbero essere stati 7 giudici della Corte Suprema, 31 premi Nobel, 6000 atleti professionisti, 11.010 suore, 1.102.403 insegnanti, 553.821 camionisti, 224.518 camerieri, 336.939 spazzini, 134.028 contadini, 109.984 poliziotti, 39.447 pompieri, 17.221 barbieri.
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Soprattutto, e questo deve essere meditato profondamente dalle femministe, in questo immane turbine di morte sono state disintegrate 27.426.925 donne. Le quali sono, senza dubbio alcuno, il bene più prezioso che esista sulla Terra: ogni cellula uovo che la donna ovulerà in tutta la sua vita, è già formata dal feto a poche settimane dal concepimento. La prima cellula del nostro corpo – l’ovocita – già esisteva dentro nostra madre quando era un feto, venti, trenta, quaranta anni prima che venissimo alla luce. Un’autentica, insondabile meraviglia: la vita contenuta dentro la vita.
L’aborto interrompe questa catena superiore. Come diceva un detto ebraico: chi uccide un uomo uccide l’umanità; ammazzi qualcuno e rovini per sempre le generazioni che seguiranno. Peggio di un fallout radioattivo, l’aborto reca un danno aberrante, che si accumula distruggendo il futuro – i figli, i figli dei nostri figli – su una scala che non possiamo immaginare.
Chi non crede a queste romanticherie scientifiche e umanistiche, pensi ai soldi: i 55 megadeath causati dall’aborto in USA rappresentano 55 milioni di lavoratori e consumatori americani che non pagano le tasse e non partecipano al mercato nazionale. Dal PIL, è possibile calcolare che l’aborto abbia causato all’economia americana un danno di 37 trilioni e 600 miliardi di dollari.
L’abisso di cui stiamo parlando non vi è stata ancora nessuna rappresentazione adeguata alla sua immensità apocalittica. Né la polemologia (la disciplina che nel Novecento si è dedicata allo studio della guerra), né la psicologia, né la sociologia, né la filosofia paiono comprendere questo Inferno per intero.
No, non è solo un terzo della Generazione Z ad essere stato cancellato dall’aborto. È molto, molto di più.
Roberto Dal Bosco
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