Erdoğan viene accusato a torto di voler ripristinare l’Impero ottomano. Per il presidente della Turchia le conquiste territoriali non sono un fine, bensì un mezzo per allacciare alleanze. Dopo aver esitato a lungo, ora Erdoğan rinuncia a farsi proclamare sultano: vuole diventare califfo, mettendosi a capo dei sunniti del mondo intero.
Geopolitica
Erdoğan non aspira più a essere imperatore ottomano, ma califfo

Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire.
Un mese dopo l’attacco dell’Azerbaigian agli armeni del Karabakh, gli eserciti azero e turco avanzano militarmente; al tempo stesso però Baku e Ankara collezionano insuccessi diplomatici
Un mese dopo l’attacco dell’Azerbaigian agli armeni del Karabakh, gli eserciti azero e turco avanzano militarmente; al tempo stesso però Baku e Ankara collezionano insuccessi diplomatici.
Nel complesso sta accadendo quanto avevamo previsto: è in preparazione un’operazione alleata contro il capo della Confraternita dei Fratelli Mussulmani, nonché presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan. Ankara potrebbe essere trascinata sin da ora nel nuovo genocidio armeno.
Tuttavia, l’intervento nel conflitto di protagonisti inaspettati e l’esito incerto delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti potrebbero sconvolgere il piano di Washington.
La Turchia accumula conflitti irrisolti
È in preparazione un’operazione alleata contro il capo della Confraternita dei Fratelli Mussulmani, nonché presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan
- Sin dalla sua nascita la Turchia moderna nega il genocidio dei non-mussulmani (1894-95 e 1915-23) e si adopera per distruggerne le prove. Nel 2018 sono però stati rinvenuti documenti che confermano gli ordini impartiti dall’Impero ottomano e dai Giovani Turchi (1).
- La Turchia occupa dal 1974 la parte nordorientale di Cipro e continua a rimanervi, nonostante nel 2004 l’isola abbia aderito all’Unione Europea. Quindi l’esercito turco occupa da 16 anni una porzione di territorio della UE.
- Nel 2012 la Turchia condusse per conto della NATO un’operazione di spopolamento della Siria: propose agli abitanti del nord di questo Paese di rifugiarsi temporaneamente in territorio turco, in attesa che la situazione militare si chiarisse. Ankara costruì nuovi agglomerati per alloggiare i siriani, ma non permise loro di entrare nelle abitazioni.
Sin dalla sua nascita la Turchia moderna nega il genocidio dei non-mussulmani (1894-95 e 1915-23) e si adopera per distruggerne le prove
- Nel 2012 la Turchia invase il nord della Siria, dove ancora oggi occupa il governatorato di Idlib. Indi saccheggiò l’industria di Aleppo, portando via dalle fabbriche tutte le macchine utensili.
- Nel 2013, a Istanbul, il «banchiere di Al Qaeda», il saudita Yasin Al-Qadi, e il capo della sicurezza del presidente Erdoğan furono vittime di un incidente stradale. Un figlio di Erdoğan fece immediatamente visita ad Al-Qadi in ospedale.
- Nel 2014 l’esercito turco inquadrò gli jihadisti in Siria e con loro attaccò molte località, fra cui la città armena di Kassab, costringendo la popolazione a fuggirne.
Nel 2013, a Istanbul, il «banchiere di Al Qaeda», il saudita Yasin Al-Qadi, e il capo della sicurezza del presidente Erdoğan furono vittime di un incidente stradale
- Nel 2015 i servizi segreti turchi assistettero in tutti i modi Daesh; nel frattempo, una società del presidente Erdoğan, Powertans, organizzava il trasporto del petrolio rubato dagli jihadisti fino al porto turco di Ceyhan. Da qui una società rilevata da un figlio del presidente Erdoğan, la BMZ Group Denizcilik ve İnşaat A.Ş., convogliava il petrolio verso Israele e l’Occidente. Intanto una figlia del presidente Erdoğan dirigeva un ospedale segreto a Şanlıurfa, dove gli jihadisti venivano curati e poi rispediti in battaglia.
- Nel 2015 la mafia turca, capeggiata dal primo ministro Binali Yıldırım, installava nei territori controllati da Daesh laboratori di prodotti contraffatti destinati all’Europa.
- Nel 2015 la Turchia minacciò di fare arrivare in Europa milioni di rifugiati afghani, iracheni e siriani, ottenendo dalla UE grosse sovvenzioni, che usò per continuare le proprie guerre.
Nel 2015 la mafia turca, capeggiata dal primo ministro Binali Yıldırım, installava nei territori controllati da Daesh laboratori di prodotti contraffatti destinati all’Europa.
- Nel 2015-16 la Turchia rifiutò di mettere fine agli accordi segreti con Francia e Belgio per un Kurdistan in Siria. Organizzò una serie di attentati che causarono 318 morti in Francia e 35 in Belgio.
- Nel 2016 le forze armate turche si rifiutarono di lasciare l’Iraq, nonostante le sollecitazioni del governo iracheno. In Iraq la Turchia aveva basi provvisorie, risalenti al periodo d’occupazione statunitense, che usava in realtà per sostenere Daesh contro l’Iraq. I militari turchi sono tutt’ora presenti in Iraq.
- Nel 2017 il presidente Erdoğan organizzò una campagna propagandistica per le comunità turche all’estero. Gli fu vietato di tenere meeting in Olanda e Germania. Nell’occasione Erdoğan definì la cancelliera Angela Merkel «nazista».
Nel 2016 le forze armate turche si rifiutarono di lasciare l’Iraq, nonostante le sollecitazioni del governo iracheno. In Iraq la Turchia aveva basi provvisorie, risalenti al periodo d’occupazione statunitense, che usava in realtà per sostenere Daesh contro l’Iraq. I militari turchi sono tutt’ora presenti in Iraq.
- Nel 2019 la Turchia firmò un accordo con il governo libico di Tripoli e un altro con la Tunisia. Cominciò a sguinzagliare gli jihadisti di stanza nella Siria occupata: al momento stanno combattendo contro le forze degli Emirati, che appoggiano il governo di Bengasi.
- Nel 2020 la Turchia ha rivendicato la sovranità sui giacimenti di gas nel Mediterraneo. Quando la Turchia fu istituita, le frontiere marittime con la Grecia non furono definite con precisione. Sicuramente molte zone le appartengono, ma non tutte. In questa contesa la marina turca è arrivata a minacciare la marina francese.
L’elenco ovviamente non è esaustivo.
Nel 2019 la Turchia firmò un accordo con il governo libico di Tripoli e un altro con la Tunisia. Cominciò a sguinzagliare gli jihadisti di stanza nella Siria occupata: al momento stanno combattendo contro le forze degli Emirati, che appoggiano il governo di Bengasi
Il conflitto tra Stati Uniti e Turchia
Gli attriti con gli Stati Uniti iniziarono quando Erdoğan cominciò a comperare armi dalla Russia e a costruire con quest’ultima un gasdotto.
Da allora Washington ha tentato di far cadere democraticamente il presidente turco foraggiando il Partito Democratico dei Popoli (HDP). Ma dopo le elezioni legislative di giugno e novembre 2015, truccate dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), la CIA ha tentato più volte di assassinare il «Grand’uomo», come Erdoğan viene soprannominato. Il quarto tentativo, quello del 15 luglio 2016, degenerò e gli ufficiali che lo guidavano improvvisarono un colpo di Stato, che fallì.
Da allora il presidente Erdoğan, pur continuando a sottolineare l’adesione della Turchia alla NATO, ha moltiplicato le provocazioni. Per esempio, durante un viaggio ufficiale ha fatto reprimere dal servizio di sicurezza personale una manifestazione di adepti di Fethullah Gülen davanti all’ambasciata turca a Washington; ha fatto inoltre incarcerare un cittadino statunitense.
Nel 2020 la Turchia ha rivendicato la sovranità sui giacimenti di gas nel Mediterraneo
L’attuale piano USA consiste nell’indurre Erdoğan all’errore, così da ottenere un consenso internazionale contro di lui: una modalità già sperimentata con successo per mettere in riga Saddam Hussein (operazione «Tempesta del deserto»). Ovviamente simile scenario può essere cinicamente costruito solo se gli armeni saranno massacrati in massa e se le elezioni assicureranno la continuità alla Casa Bianca.
Il presidente Erdoğan si butta a capofitto nella trappola
Nell’ultimo mese il clan Erdoğan non ha fatto che ripetere che la NATO ha più bisogno della Turchia di quanto la Turchia ne abbia della NATO; ossia che l’Alleanza Atlantica mai estrometterà la Turchia, quindi mai potrà attaccarla.
Gli attriti con gli Stati Uniti iniziarono quando Erdoğan cominciò a comperare armi dalla Russia e a costruire con quest’ultima un gasdotto.
Il «Grand’uomo» continua l’offensiva su tutti i fronti: ha mandato propri consiglieri militari al posto di quelli italiani a formare i guardacoste del governo libico di Tripoli; minaccia di aprire le porte dell’Europa alle migrazioni, questa volta in arrivo dall’Africa. Ha lanciato attacchi jihadisti contro le forze russe in Siria.
Solo Mosca ha reagito. Il Cremlino ha ordinato di riprendere i bombardamenti a Idlib. Li ha concentrati su un gruppo filo-turco, legato in precedenza ad Al Qaeda, ma che ora afferma di aver rotto con l’organizzazione; è un attacco che viola la lettera degli accordi russo-turchi di riduzione della conflittualità e al tempo stesso rivela la sottomissione del movimento jihadista all’autorità personale di Erdoğan.
L’attuale piano USA consiste nell’indurre Erdoğan all’errore, così da ottenere un consenso internazionale contro di lui: una modalità già sperimentata con successo per mettere in riga Saddam Hussein (operazione «Tempesta del deserto»)
Ma soprattutto il presidente Erdoğan ha aperto un fronte con il presidente francese, Emmanuel Macron, che insulta ancora più pesantemente di quanto fece tre anni fa con la cancelliera Merkel.
Una querelle molto più importante di quanto appaia: riguarda la sostanza del problema.
Lo scontro di civiltà non oppone l’islam al cristianesimo, ma due principi: la religione di Stato e la libertà di coscienza
Dopo molti tentennamenti, Erdoğan tenta ora di risolvere il problema esistenziale della Turchia definendola come la patria dei Fratelli Mussulmani.
Il «Grand’uomo» continua l’offensiva su tutti i fronti: ha mandato propri consiglieri militari al posto di quelli italiani a formare i guardacoste del governo libico di Tripoli; minaccia di aprire le porte dell’Europa alle migrazioni, questa volta in arrivo dall’Africa. Ha lanciato attacchi jihadisti contro le forze russe in Siria
Diversamente da quanto comunemente si crede, il presidente turco ha abbandonato i sogni neo-ottomani dell’ex primo ministro Ahmet Davutoğlu (ora all’opposizione); ha altresì rinunciato ai riferimenti naturali della Turchia, ossia il mondo turcofono e l’Occidente (Unione Europea/NATO); Erdoğan spera di estendere il proprio potere sull’insieme del mondo mussulmano facendo leva sul principio di una religione di Stato di cui vuole diventare il califfo.
Ricordiamoci che Maometto non era un modesto falegname come Cristo. Fu uomo politico e generale vittorioso, nonché leader spirituale. Quando morì i suoi discepoli si divisero e si combatterono.
Il «califfo» (ossia il “successore”) ereditò il potere temporale di Maometto, ma non il potere spirituale. D’altro canto, molti califfi furono manifestamente non-credenti. Alla fine della prima guerra mondiale il «califfo» era il sovrano ottomano che risiedeva a Costantinopoli (ora Istanbul). L’ideale per cui si batte la Confraternita dei Fratelli Mussulmani è ristabilire il califfato (il potere temporale del Profeta) grazie al diritto delle origini, la sharia.
Erdoğan spera di estendere il proprio potere sull’insieme del mondo mussulmano facendo leva sul principio di una religione di Stato di cui vuole diventare il califfo
Come gli europei del XVI secolo, i Fratelli Mussulmani credono che un popolo debba obbligatoriamente aderire alla religione del sovrano; una visione del mondo radicalmente opposta al principio di libertà di coscienza, fissato in Francia con l’abiura di Enrico IV (1593 (2)), e alla risoluzione sulla laicità (1905 (3)). Erdoğan e la Confraternita tentano un ritorno al passato cancellando l’eredità di Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della Turchia.
La scelta del presidente Erdoğan dell’omologo francese come emblema dei propri avversari è perciò logica. L’esito dello scontro dipenderà dagli Stati Uniti: o difenderanno l’eredità britannica dei Padri Pellegrini del Mayflower (Joe Biden, Justin Trudeau), o quella degl’immigrati del Vecchio Continente (Donald Trump). Nel primo caso manterranno innanzitutto la Turchia in seno alla NATO, nel secondo difenderanno il principio di coesistenza religiosa sino a far fallire il progetto di califfato.
Thierry Meyssan
NOTE
(1) Killing Orders : Talat Pasha’s Telegrams and the Armenian Genocide, Taner Akçam, Palgrave Macmillan, 2018 ; Ordres de tuer : Arménie 1915, Taner Akçam, CNRS éditions, 2020.
(2) Per diventare re di Francia, nella basilica di Saint-Denis il principe Enrico di Navarra abiurò il calvinismo e si convertì al cattolicesimo. In compenso proclamò per tutti i sudditi il diritto a quella libertà religiosa di cui si era privato.
(3) Dopo molti voltafaccia, i Repubblicani proclamarono la libertà di coscienza. Partendo da questo principio legiferarono sulla separazione fra Stato e Chiesa (1905). Non si tratta però di una distinzione totale: permane il controllo dello Stato sul sacramento del matrimonio in alcune religioni. L’opzione scelta per garantire l’uguaglianza nel diritto delle coppie omosessuali, ossia l’istituzione di un “matrimonio gay”, è da questo punto di vista un errore storico. La continuità con il movimento di laicizzazione della società avrebbe invece richiesto il collocamento del matrimonio eterosessuale nella sfera privata; un’opzione accettata dalla Chiesa francese e oggi difesa da papa Francesco.
Questo articolo è il seguito di
- «L’Artsakh (Karabakh) potrebbe essere la tomba di Erdoğan», di Thierry Meyssan, traduzione di Rachele Marmetti, Rete Voltaire 6 ottobre 2020.
- «Karabakh: la NATO sostiene la Turchia cercando al tempo stesso di eliminare il presidente Erdoğan», di Thierry Meyssan, traduzione di Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 13 ottobre 2020.
Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND
Fonte: «Erdoğan non aspira più a essere imperatore ottomano, ma califfo», Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 3 novembre 2020.
Immagine di thierry ehrmann via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq — War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha. An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources. Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5 — Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region” pic.twitter.com/dKHnqEHNqN — Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America». «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me». Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE». Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio». La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».( @realDonaldTrump – Truth Social Post ) ( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )
This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW — Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF — ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».
«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.
Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.
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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.
«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.
Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.
Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.
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