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L’arcivescovo Aguer: Bergoglio cerca la «pace del mondo» più che la «pace di Cristo»
Renovatio 21 ripubblica questo testo di monsignor Hector Aguer, arcivescovo emerito di La Plata, argentina apparso su LifeSiteNews.
Il valore del concetto di mistero differisce in letteratura e teologia. Nel mondo della letteratura significa qualcosa di nascosto («misterioso») che deve essere rivelato a un certo punto, almeno alla fine della trama.
In teologia, invece, Mystérion designa Dio e le cose divine: il Mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo; la Sua Incarnazione e i Suoi Misteri: la Sua Vita, Passione, Morte e Resurrezione. Queste sono realtà soprannaturali che trascendono la luce della ragione; possono essere conosciute solo se Dio le rivela. La Chiesa come Corpo Mistico di Cristo è un Mistero.
Lo scopo principale dell’esistenza della Chiesa si realizza quando e perché essa parla di Dio e conduce gli uomini verso il cielo. In questa prospettiva, essa si riferisce a tutto ciò che la conoscenza umana può abbracciare, così come agli eventi della storia. Al centro del Mistero della Chiesa c’è il Sacramentum della Santissima Eucaristia, Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, secondo il comando del Signore stesso: «Fate questo in memoria di me».
La Chiesa si occupa di questioni secolari, ma l’attenzione del mondo spesso ignora il Mistero. Essa migliora la propria posizione nel mondo nella misura in cui diventa più mondana e di fatto acconsente all’abolizione del Mistero. Può arrivare a svolgere una sorta di «leadership globale» – non lei, in realtà, ma il Vaticano o il pontefice di turno.
È forse d’aiuto al Mistero che il Pontefice appaia nella Basilica di San Pietro senza la tonaca bianca, in camicia e coperto da un poncho? Ha preso lui la decisione di farlo? È stata presa per lui?
La Chiesa è costituita da comunità sparse in tutto il mondo, nelle quali i fedeli adorano e contemplano i misteri divini. Nella sua storia è stata spesso perseguitata, e il sangue dei martiri è stato ed è tuttora «seme di nuovi cristiani». Ma vi sono persecuzioni non propriamente sanguinose, ma che tuttavia mettono alla prova la fede e la pazienza dei cristiani.
In una cultura non cristianizzata la Chiesa è un faro di luce, e la vita dei fedeli tende a diffondersi, creando così una nuova cultura cristiana. In questa prospettiva di futuro risplende il valore della speranza, che non è un’attesa di un miglioramento, ma una fiducia nella forza di Dio che cresce nella misura in cui si intensifica la preghiera.
La pace è un’aspirazione per la Chiesa fin da quando il Signore disse: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). È anche vero che la Chiesa, nel corso della sua lunga storia, a volte non è stata del tutto fedele a questa parola. Ma in una cultura cristiana il dono della pace risplende splendidamente.
Il grande Papa Pio XI aveva come motto dei suoi propositi «la pace di Cristo nel Regno di Cristo». Papa Ratti fu l’autore dell’enciclica Quas primas che proclamò la regalità di Gesù – e compirà 100 anni a dicembre.
Ma sotto la «leadership globale» di Francesco, sembra che si cerchi piuttosto «la pace del mondo nel regno del mondo». Si parla molto dell’uomo e dei suoi diritti, che sarebbero giustamente tutelati se fossero posti nel primato di Dio, Creatore e Redentore.
Il discorso su Dio è sempre stato preminente nella Tradizione della Chiesa.
Héctor Aguer
Arcivescovo emerito di La Plata
Buenos Aires, sabato 12 aprile 2025
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Poligamia: il Vaticano non intende modificare il diritto canonico
Il Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) ha ribadito che attualmente non esiste alcun piano per modificare il diritto canonico relativo alle unioni poligame, molto comuni nell’Africa subsahariana. Questa dichiarazione del Cardinale Victor Manuel Fernandez, Prefetto del DDF, arriva dopo una nota dottrinale sulla monogamia come fondamento del matrimonio cristiano.
I vescovi africani potrebbero essere delusi, poiché avevano chiesto una modifica del diritto canonico per scoraggiare ulteriormente la piaga della poligamia, profondamente radicata nelle tradizioni africane. Commentando la nota di Una Caro del 25 novembre 2025, il Cardinale Fernandez ha sottolineato che il nuovo testo non intendeva «condannare esplicitamente la poligamia», ma piuttosto «promuovere la monogamia come ideale evangelico», limitandone significativamente la portata.
Ciò è ancora più significativo se si considera che il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede si è affrettato a sottolineare che l’iniziativa rispondeva principalmente alle ripetute richieste dei vescovi africani, espresse durante le visite ad limina e al Sinodo sulla sinodalità. In Africa, questi prelati affrontano importanti sfide pastorali in regioni in cui la poligamia colpisce fino al 24% dei cristiani in Burkina Faso, secondo i dati del Pew Research Center.
In una lunga nota a piè di pagina, Una Caro affronta le tradizioni africane a livello giuridico, dove la prima moglie svolge spesso un ruolo centrale nei riti funebri e nell’educazione dei figli di altre unioni. «Studi sulle culture africane mostrano che diverse tradizioni attribuiscono particolare importanza al primo matrimonio», si legge.
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Tuttavia, il cardinale Fernandez insiste sul fatto che questa menzione non implica, a suo avviso, una revisione del canone 1148, che consente a un uomo poligamo convertito al cattolicesimo di scegliere una delle sue mogli per convalidare un matrimonio cristiano, con preferenza per la prima.
I vescovi africani, riuniti nell’ambito del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM), avevano tuttavia criticato questa flessibilità canonica, in particolare in un documento dell’agosto 2025 intitolato «Le sfide pastorali della poligamia». In esso, denunciavano casi in cui gli uomini «mettono da parte» la loro prima moglie per sceglierne una più giovane, causando sia scandalo che ingiustizia all’interno delle loro comunità.
Il prefetto della DDF ha riconosciuto queste «situazioni violente» nei villaggi isolati, dove le donne abbandonate rischiano la miseria o la morte: «Dobbiamo trovare una soluzione prudente che porti gradualmente a unioni monogame», ha dichiarato al sito di informazione The Pillar, specificando al contempo che i vescovi africani devono impegnarsi in questa riflessione, senza modifiche immediate al diritto canonico. Questa posizione si inserisce in un contesto più ampio.
La poligamia è diffusa nell’Africa occidentale e centrale: in Ciad, il 21% dei cristiani vive in famiglie poligame, e in Mali il 14%. Durante il Sinodo sulla famiglia del 2014, mons. Ignatius Kaigama – ora arcivescovo di Abuja, in Nigeria – ha sottolineato che la poligamia spesso mira ad assicurare la prole, sollevando interrogativi pastorali per i convertiti. «Come possiamo aiutarli? Come possiamo condurli alla conversione?», si è chiesto.
Il documento del SECAM ha anche deplorato le pratiche falsamente pastorali di alcuni sacerdoti, come la tolleranza informale o lo status di «catecumenato permanente» per i poligami, sostenendo invece un annuncio «radicale» del Vangelo.
I vescovi africani non hanno quindi veramente prevalso e il controverso autore del documento Fiducia Supplicans (2023) sulla benedizione delle coppie irregolari si è, nella migliore delle ipotesi, impegnato ad aiutare i vescovi africani a trovare «soluzioni appropriate», senza però «isolare» i sacerdoti che esercitano il loro ministero in contesti in cui la poligamia è la norma.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News.
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Corredentrice e Mediatrice: cosa chiedevano i vescovi alla vigilia del Vaticano II
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