Spirito
E il vescovo disse che «Cristo non ha fondato la Chiesa per creare degli stati cattolici»
Mons. Eric de Moulins-Beaufort, appena sostituito alla guida della Conferenza episcopale francese (CEF) dal cardinale Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, ha rilasciato un’intervista al settimanale Le Pèlerin, pubblicata il 25 marzo 2025. Gli è stato chiesto dei sei anni trascorsi come presidente della CEF.
Una domanda verteva sul «pellegrinaggio tradizionalista a Chartres» e sul fatto che, secondo l’intervistatore, i vescovi «non sono riusciti a far comprendere l’importanza di una liturgia comune per l’unità della Chiesa», mentre questo pellegrinaggio «riunisce sempre più giovani attorno alla messa in latino».
La risposta di mons. de Moulins-Beaufort si sviluppa su più livelli. Inizia affermando che «il pellegrinaggio della cristianità gioca su un’ambiguità».
Senza dubbio, inizialmente, i partecipanti erano venuti per cercare ciò che gli organizzatori stavano promuovendo, vale a dire, «consolidarsi nel culto della presunta forma tradizionale del rito romano».
Dobbiamo ammirare la formula «presunta tradizionale», che dimostra una certa ignoranza, cioè una certa ignoranza della storia della liturgia, ma andiamo avanti.
Il prelato prosegue spiegando che «oggi molti cercano un’atmosfera, un momento eccezionale in cui affermarsi come cattolici, francesi, con bandiere, striscioni e la sfida dello sforzo fisico, che si era progressivamente attenuata a partire dal pellegrinaggio degli studenti a Chartres, che ha finito per scomparire».
L’ex presidente della CEF riduce così l’approccio spirituale del pellegrinaggio a una sorta di «GMG» tradizionalista, una celebrazione al tempo stesso cattolica e patriottica, dove l’occhio si compiace dello sventolare degli striscioni e di una sorta di spirito «da commando». Si tratta di un modo di giudicare molto curioso, che sminuisce gravemente la volontà di manifestare la propria fede e di compiere un pellegrinaggio per Cristo.
Mons. de Moulins-Beaufort continua accusando gli organizzatori di irrigidirsi «in una comprensione della Tradizione che finisce per essere falsa». Per questo spiega che la sfida per i vescovi «è quella di esprimere in termini chiari ai più giovani che cosa sia la tradizione della Chiesa», e per lui essa è «soprattutto l’atto di Cristo che trasmette se stesso, che si dona».
Questa descrizione è molto vaga, non è una vera definizione della Tradizione che è la trasmissione della Rivelazione divina per via orale, per distinguerla dalla Sacra Scrittura che è la stessa trasmissione mediante testi ispirati dallo Spirito Santo agli scrittori sacri. La risposta prosegue spiegando che la tradizione «non è la perpetuazione dei costumi, della morale» e che «non è la tradizione degli antenati».
Il Concilio di Trento afferma, tuttavia, che «tutta la verità salutare e tutte le regole morali (…) sono contenute nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte che, ricevute dagli apostoli dalla bocca di Cristo stesso o trasmesse quasi di mano in mano dagli apostoli sotto la dettatura dello Spirito Santo, sono giunte fino a noi». Sono ben menzionate le regole morali e anche i nostri antenati nella fede, gli Apostoli di Gesù Cristo…
Infine, mons. de Moulins-Beaufort «nota anche un’ambiguità politica: Cristo non ha fondato la Chiesa cattolica per creare Stati cattolici, e neppure una società cattolica». Questa frase è notevole: distrugge completamente l’enciclica Quas primas di Papa Pio XI, che espone dettagliatamente il significato, la natura, l’importanza e i frutti della regalità di Cristo.
E anche se Pio XI spiega che la sua regalità è soprattutto spirituale e che Cristo stesso non l’ha esercitata sulle cose temporali, afferma che «sarebbe un errore ignominioso negare a Cristo, in quanto uomo, la sovranità sulle società civili, qualunque esse siano: egli ha dal Padre il diritto più assoluto sulle creature, disponendo ogni cosa a suo giudizio».
Si potrebbero citare anche passi di Leone XIII, oppure la proposizione 55 del Sillabo, condannata da papa Pio IX: «La Chiesa deve essere separata dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa».
Quindi, mons. Marcel Lefebvre aveva decisamente ragione: i modernisti hanno detronizzato Gesù Cristo, e l’arcivescovo di Reims ce lo dimostra ancora una volta in modo pietoso, rifiutando categoricamente la regalità sociale di Cristo sulle nazioni.
Articolo previamente apparso su FSSPX. News.
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Immagine screenshot da YouTube
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«Umiliazione della Chiesa dinanzi a un eretico concubinario globalista»: Mons. Viganò sulla preghiera congiunta del re britannico col papa
Migliaia di Martiri massacrati dalla furia anticattolica di Enrico VIII, Edoardo VI, Elisabetta I, Giacomo I, Carlo I e Carlo II si staranno chiedendo – increduli – come sia possibile che l’odierno successore di Clemente VII comunichi in sacris con il capo della chiesa… pic.twitter.com/cugRJvginQ
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 23, 2025
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Spirito
Quarant’anni fa, l’arcivescovo Lefebvre diceva la verità
Nel 1985, l’arcivescovo Lefebvre pubblicò la sua Lettera aperta ai cattolici perplessi.
Quarant’anni dopo, nel 2025, il sito web americano The Remnant ha pubblicato, sotto la penna di Robert Morrison, un articolo intitolato «La sacra saggezza dell’arcivescovo Marcel Lefebvre sulla crisi della Chiesa cattolica», in cui citava ampi estratti di questa lettera aperta, riconoscendo che «le citazioni dell’arcivescovo Lefebvre suonano più vere oggi di quando le scrisse decenni fa, e illuminano il cammino da seguire per rimanere fedeli cattolici».
Due anni dopo, nel 1987, l’arcivescovo Lefebvre aveva pubblicato Lo hanno detronizzato: dal liberalismo all’apostasia, la tragedia conciliare. Nel 2025, sullo stesso sito, The Remnant , apparve un articolo di Andrew Pollard intitolato «Cristo Re deve essere re-incoronato per salvare il mondo».
Quarant’anni fa, agli occhi dei «moderati» impenitenti, l’arcivescovo Lefebvre poteva sembrare uno di quei «profeti di sventura» che Giovanni XXIII non voleva più sentire quando aprì il Concilio Vaticano II, con un ottimismo la cui ingenuità oggi fa sorridere… o piangere.
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Vediamo lo stato attuale della Chiesa: pratica religiosa al suo punto più basso, seminari deserti, conventi vuoti, chiese distrutte o trasformate in sale espositive. Oggi non siamo più «perplessi», ma convinti che la diagnosi di Monsignor Lefebvre fosse corretta.
I fatti gli danno ragione in modo inconfutabile e i rimedi da lui proposti sono più che mai attuali, proprio perché non sono suoi, ma quelli della Tradizione bimillenaria: «Ho trasmesso ciò che ho ricevuto».
Quarant’anni è il tempo impiegato dagli Ebrei ad attraversare il deserto verso la Terra Promessa. Non osiamo affermare che presto raggiungeremo la terra «dove scorre latte e miele», ma adottiamo l’atteggiamento coraggioso dei veri pellegrini.
Nel deserto spirituale in cui viviamo, non costruiamoci idoli a nostra immagine e somiglianza e non rimpiangiamo le “cipolle d’Egitto”: questa sazietà di beni materiali offerta dal progresso tecnico, in cambio della servitù all’ideologia consumistica promossa dai nuovi faraoni.
Andiamo avanti! Non seguendo idoli moderni, ma dietro l’icona della Santissima Vergine. Andiamo avanti! Non sazi delle cipolle appassite di un edonismo ampiamente biodegradato, ma ben fortificati dalla manna della Santa Eucaristia. Andiamo avanti! Con l’inossidabile certezza che alla fine di questa lunga marcia si trova il trionfo dei Cuori uniti di Gesù e Maria.
Smettiamo di lamentarci dell’aridità del deserto spirituale che ci circonda, con i suoi tanti accessori a buon mercato. Con la grazia di Dio, scaviamo dentro di noi un’avidità spirituale : la fame e la sete dell’Unico necessario.
Abate Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Fotocollectie Elsevier Nationaal Archief via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0); immagine modificata
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