Politica
Sondaggio: un americano su quattro teme una guerra civile post-elettorale
Secondo un recente sondaggio di YouGov, circa il 27% degli americani ritiene probabile che scoppi una guerra civile dopo le imminenti elezioni presidenziali statunitensi; sia i sostenitori di Donald Trump che quelli di Kamala Harris esprimono preoccupazioni simili.
Un numero significativo di americani teme che le prossime elezioni possano portare a violenze politiche, con il 6% che afferma che una seconda guerra civile è «molto probabile» e il 21% che afferma che è «abbastanza probabile». Proporzioni più o meno uguali di sostenitori di Trump e Harris pensavano che una guerra civile fosse almeno abbastanza probabile, secondo il sondaggio condotto tra il 18 e il 21 ottobre per il Times e il progetto SAY24.
Dei 1.266 intervistati, il 12% ha affermato di conoscere qualcuno che potrebbe imbracciare le armi se credessero che il candidato repubblicano Trump fosse stato imbrogliato e non avesse vinto, mentre il 5% ha dichiarato di conoscere qualcuno che farebbe lo stesso per la rivale democratica Harris. I sondaggisti hanno anche chiesto informazioni sul possesso di armi, ma non hanno trovato alcuna correlazione con la percezione della probabilità di una guerra civile.
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Il sondaggio ha evidenziato profonde divisioni all’interno della società americana: l’84% degli elettori concorda sul fatto che il Paese è più diviso rispetto a dieci anni fa.
Dopo che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è ritirato dalla corsa e ha sostenuto Harris come candidata del suo partito, i democratici hanno inizialmente goduto di un periodo di luna di miele con gli elettori, riflesso nei numeri crescenti dei sondaggi. Tuttavia, recenti sondaggi indicano che Trump è in testa nella maggior parte degli Stati indecisi, anche se entro il margine di errore.
Dopo le elezioni del 2020, una folla di sostenitori di Trump è scesa al Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021, nel tentativo di impedire ai legislatori di certificare quella che ritenevano fosse la vittoria fraudolenta di Biden. La manifestazione si è rapidamente trasformata in una rivolta, che Biden e i suoi colleghi democratici hanno definito un’«insurrezione».
Le autorità hanno arrestato e incriminato 1.457 partecipanti, la maggior parte dei quali è stata accusata di violazione di domicilio, anche se alcuni hanno dovuto rispondere di reati più gravi.
Trump, sopravvissuto a diversi tentativi di assassinio negli ultimi mesi, sta affrontando accuse federali per aver presumibilmente istigato la rivolta esortando i suoi sostenitori a «combattere come l’inferno» contro la certificazione della vittoria di Biden. Secondo gli accusatori dell’ex presidente, egli avrebbe così istigato il moto del Campidoglio USA del 6 gennaio 2021, ora noto con l’espressione giornalistica «J6».
Gli avvocati di Trump sostengono che era pienamente nel suo diritto di fare una simile dichiarazione, notando che ha anche incoraggiato i suoi sostenitori ad agire «in modo pacifico e patriottico».
Come riportato da Renovatio 21, ad aprile un altro sondaggio aveva rivelato che un elettore su cinque ritiene che la violenza possa essere necessaria per raggiungere i propri obiettivi politici.
Due anni fa, dopo il raid dell’FBI nella magione dell’ex presidente USA a Mar-a-Lago, su Twitter cominciò l’ascesa dell’hastag #civilwar.
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In questi ultimi anni è emerso che per molti osservatori una seconda Guerra Civile Americana pare oramai inevitabile.
Ad accennarne è stato anche lo stesso Biden, non si sa con che grado di lucidità mentale. Anche Trump, tre mesi fa, fece un post sul social Truth scrivendo semplicemente le due parole «Civil War».
L’investitore ultramiliardario Ray Dalio, capo dell’immane hedge fund Bridgewater Associates, ha parlato l’anno passato di un «rischio pericolosamente alto» che gli Stati Uniti possano scivolare nella Guerra Civile entro i prossimi 10 anni a causa della «quantità eccezionale di polarizzazione» attualmente osservata nel Paese.
Un film che ipotizza una seconda Guerra Civile americana è uscito quest’anno, tra accuse di «predictive programming».
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Politica
La nuova presidente irlandese è NATO-scettica e contraria alla militarizzazione dell’UE
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Politica
Il presidente romeno fischiato per il sostegno all’Ucraina
Il presidente rumeno Nicusor Dan è stato contestato per il suo sostegno all’Ucraina durante un evento commemorativo tenutosi venerdì.
Decine di manifestanti hanno espresso il loro dissenso quando Dan è giunto al Teatro Nazionale di Iasi per partecipare a una celebrazione storica, come riportato dall’emittente locale Digi24.
Un video mostra Dan scendere dall’auto e salutare i manifestanti, che gridavano «Vergogna!» e «Vai in Ucraina!».
🇷🇴 ROMANIAN PRESIDENT NICUSOR DAN BOOED!
People shouted “Shame,” “Traitor,” “Go to Ukraine.” pic.twitter.com/b0LuAALd91
— Lord Bebo (@MyLordBebo) October 24, 2025
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Secondo il quanto riportato, le proteste sono continuate anche dopo l’evento, al momento dell’uscita del presidente dal teatro.
Come riportato da Renovatio 21i, Dan, politico favorevole all’UE, è salito al potere quest’anno dopo una controversa ripetizione delle elezioni, in seguito all’annullamento della vittoria iniziale del candidato conservatore Calin Georgescu, critico esplicito della NATO e delle forniture di armi occidentali all’Ucraina. Georgescu è stato successivamente escluso dalla competizione elettorale e affronta accuse di aver pianificato un colpo di Stato, tanto da essere arrestato.
Georgescu, che ha sempre avuto il favore di migliaia e migliaia di manifestanti pronti a scendere in piazza, ha definito la UE «una dittatura». Di contro, Bruxelles ha rifiutato di commentare l’esclusione del candidato dalle elezioni rumene. A inizio anno Georgescu aveva chiesto aiuto al presidente americano Donaldo Trump.
Georgescu aveva definito Zelens’kyj come un «semi-dittatore», accusando quindi la NATO di voler utilizzare la Romania come «porta della guerra».
Il CEO di Telegram Pavel Durov aveva parlato di pressioni su di lui da parte della Francia per influenzare le elezioni presidenziali in Romania.
Il Dan ha ribadito il suo impegno a sostenere l’Ucraina. La Romania ha già destinato 487 milioni di euro a Kiev, principalmente in aiuti militari, dall’intensificarsi del conflitto nel 2022, secondo i dati del Kiel Institute tedesco.
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia riprodotta secondo indicazioni.
Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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