Geopolitica
Erdogan: gli USA complici dei crimini di guerra israeliani
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e la sua amministrazione sono complici dei crimini di guerra israeliani a Gaza, ha sostenuto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, chiedendo sanzioni contro lo Stato Ebraico.
In un’intervista con Newsweek giovedì durante il vertice annuale della NATO a Washington, il leader turco ha affermato che gli attacchi «deliberati» di Israele alle infrastrutture civili a Gaza costituiscono crimini di guerra, cosa che Israele ha ferocemente negato.
«Il brutale omicidio di persone innocenti negli ospedali dove vanno per le cure, nelle ambulanze, nei mercati, nei centri dove vengono distribuiti gli aiuti umanitari e nelle aree definite sicure è la più grave violazione dei diritti umani», ha affermato Erdogan.
Tuttavia, secondo il presidente turco, l’amministrazione Biden «ignora queste violazioni e fornisce a Israele il massimo supporto».
«Lo fanno a scapito della complicità in queste violazioni», ha aggiunto Erdogan.
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La Turchia, che è membro della NATO, ha ripetutamente condannato l’assalto di Israele a Gaza e criticato i governi occidentali per il loro continuo sostegno a Israele. Ankara ha interrotto il commercio con Israele subito dopo l’inizio del conflitto lo scorso ottobre. Parlando a Newsweek, Erdogan ha anche ribadito il suo appello a sanzionare Israele.
«A questo punto, chi imporrà che tipo di sanzione contro Israele per aver violato il diritto internazionale? Questa è la vera domanda e nessuno sta rispondendo», ha detto.
Secondo il Ministero della Salute dell’enclave, il bilancio delle vittime dell’offensiva israeliana di otto mesi a Gaza ha superato le 38.000 persone.
Erdogan ha inoltre ribadito la sua posizione sul conflitto tra Russia e Ucraina, affermando che i leader occidentali stanno adottando approcci potenzialmente pericolosi per entrambi i conflitti, che potrebbero degenerare in scontri più ampi.
«L’atteggiamento di alcuni dei nostri alleati occidentali nei confronti della Russia ha solo alimentato il fuoco», ha sostenuto. «Questo ha causato più danni che benefici all’Ucraina».
Secondo il leader turco la soluzione al conflitto ucraino dovrebbe essere una «pace duratura raggiunta attraverso il dialogo».
Come riportato da Renovatio 21, un mese fa Erdogan aveva fatto un appello ai musulmani per unirsi contro lo Stato di Israele.
Come riportato da Renovatio 21 il leader turco ha effettuato in questi mesi molteplici attacchi con «reductio ad Hitlerum» dei vertici israeliani, paragonando più volte il primo ministro Beniamino Netanyahu ad Adolfo Hitler e ha condannato l’operazione militare a Gaza, arrivando a dichiarare che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, apostrofando il Netanyahu come «il macellaio di Gaza».
Il presidente lo scorso novembre aveva accusato lo Stato Ebraico di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UE) a Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».
Un ulteriore nodo arrivato al pettine di Erdogan è quello relativo alle bombe atomiche dello Stato Ebraico. Parlando ai giornalisti durante il suo volo di ritorno dalla Germania, il vertice dello Stato turco ha osservato che Israele è tra i pochi Paesi che non hanno aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968.
L’Erdogano ha quindi accusato lo Stato Ebraico di aver superato il leader nazista uccidendo 14.000 bambini a Gaza. Israele, nel frattempo, ha continuato ad affermare che il presidente turco è tra i peggiori antisemiti della storia, a causa della sua posizione sul conflitto e del suo sostegno a Hamas.
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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Geopolitica
Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»
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Geopolitica
Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.
La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.
Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.
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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.
L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.
Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.
Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.
Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.
Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.
Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.
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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.
Come riportato da Renovatio 21, le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.
Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.
Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Arte
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