Connettiti con Renovato 21

Immigrazione

Morti e arresti: Ankara chiude il confine con la Siria per arginare le violenze xenofobe

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

La polizia turca ha fermato almeno 474 persone. Ad Afrin quattro morti in uno scontro a fuoco fra manifestanti ed esercito turco. Ad innescare l’ondata la notizia – divenuta virale sui social – di una violenza sessuale commessa da un rifugiato siriano contro un minorenne. La vicenda specchio della crescente insofferenza verso gli stranieri.

 

Le autorità di Ankara hanno chiuso il principale punto di confine con il Nord-Ovest della Siria, in seguito a un attacco sferrato contro soldati dell’esercito da cittadini siriani a sua volta innescato dalle violenze contro i connazionali oltre-confine.

 

Una situazione di profonda tensione (e confusione), originata da un incidente dai contorni poco chiari avvenuto nel distretto di Melikgazi: secondo alcune ricostruzioni, un bambino della zona avrebbe subito molestie da un rifugiato siriano, provocando la reazione della popolazione locale e gli scontri, che hanno provocato anche diversi morti e feriti.

 

In Turchia, la polizia ha arrestato almeno 474 persone coinvolte in attacchi contro la comunità siriana in tutto il Paese, come riferisce il ministro degli Interni Ali Yerlikaya commentando i disordini divampati nella serata del 30 giugno scorso.

 

Gli incidenti nella provincia di Kayseri (Anatolia centrale) sono proseguiti fino alla mattinata del giorno successivo, mentre giungeva la conferma da parte dell’ufficio del governatore dell’arresto della persona sospettata di aver abusato del minore, preso in custodia dalle forze dell’ordine.

 

A Kayseri proprietà e veicoli di siriani sono stati vandalizzati e dati alle fiamme. Nel frattempo le violenze si sono estese alle province di Hatay, Gaziantep, Konya, Bursa e a un distretto di Istanbul, con alcuni feriti tra gli immigrati.

Iscriviti al canale Telegram

In un secondo momento centinaia di siriani sono scesi in strada in diverse città del Nord-Ovest sotto il controllo dei ribelli, in un’area in cui la Turchia mantiene migliaia di truppe impedendo al presidente Bashar al-Assad di riconquistare il controllo di tutto il Paese.

 

Ankara ha risposto ai disordini chiudendo il valico di Bab al Hawa. A registrare gli scontri più violenti è stata la città di Afrin, con almeno quattro vittime nello scambio di colpi a fuoco tra manifestanti armati e truppe turche.

 

Il caso di (presunta) violenza sessuale contro il minore – i cui contorni restano oscuri e sta indagando la polizia – e la violenta reazione della popolazione sono diventati anche materia di scontro fra governo e opposizione.

 

L’esecutivo ha rivendicato una politica di lotta e contrasto alla xenofobia, incolpando la fazione avversa per una retorica anti-rifugiati. Di contro, le forze di opposizione puntano il dito contro la leadership di Ankara ritenuta colpevole di non gestire la questione rifugiati. Gli eventi hanno provocato contro-proteste nel nord della Siria, dove i manifestanti in preda all’ira hanno bruciato bandiere turche.

 

Analisti ed esperti sottolineano come l’incidente sia lo specchio di una crescente insofferenza verso gli immigrati, soprattutto siriani, in Turchia, nazione che ospita il numero più consistente al mondo di rifugiati con 3,6 milioni di siriani registrati e circa 320mila di altre nazionalità. Il dato è fornito dall’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNCHR), sebbene il numero esatto dei migranti «irregolari» risulta al momento sconosciuto.

 

Secondo le statistiche ufficiali del ministero degli Interni di Ankara, nella sola Kayseri vi sono circa 83mila rifugiati siriani registrati a maggio 2024 che rappresentano, a seconda delle convenienze, manodopera a basso costo o bersaglio di una propaganda [governativa] nazionalista e religiosa.

 

Uno studio del centro di ricerca e statistica Tepav risalente al 2021 ha rivelato che quasi tutti i rifugiati siriani occupati lavorano in modo informale. Molte aziende li assumono per evitare gli aumenti dei costi del salario minimo; lo scorso anno, il vice-presidente Cevdet Yılmaz ha riconosciuto la necessità di un «flusso regolare di migranti» per colmare i vuoti a livello di manodopera.

 

Inoltre, uno studio IPSOS 2024 per conto dell’UNCHR su 52 Paesi mostra che la Turchia ha il più alto tasso di sentimento anti-rifugiati tra queste nazioni. Il 77% degli interpellati è favorevole alla chiusura totale delle frontiere ai rifugiati (la media globale è del 40%); infine, il 70% ritiene che i rifugiati che arrivano in Turchia non fuggano dalla guerra, ma cerchino una vita più confortevole, ed è in calo anche il consenso attorno a una politica di sostegno.

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Bertramz via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

Continua a leggere

Immigrazione

Il 72% dei condannati per crimini di gruppo in Danimarca ha origini non occidentali

Pubblicato

il

Da

Un rapporto governativo danese ha evidenziato che circa il 72% delle persone condannate in Danimarca ai sensi della «sezione gang» sono immigrati o discendenti di origine non occidentale.   I dati, resi pubblici dal ministero della Giustizia di Copenhagen in risposta a un’interrogazione della deputata conservatrice Mai Mercado, rivelano che tra il 2018 e il 2025, 213 individui sono stati condannati ai sensi dell’articolo 81a del Codice penale, una norma che permette ai tribunali di raddoppiare le pene per reati che rischiano di alimentare la violenza tra bande.   Basandosi sui dati di Statistics Denmark e del Procuratore Generale, Remix News scrive che 54 condannati erano di origine danese, 36 erano immigrati da paesi non occidentali e 117 erano discendenti di immigrati non occidentali. Questo indica che il 72% delle condanne per reati legati alle gang riguarda persone con radici non occidentali.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Le statistiche, riportate inizialmente da Berlingske, hanno sorpreso Frederik Bloch Münster, portavoce conservatore per l’immigrazione, che ha definito la percentuale «notevolmente alta».   Lars Højsgaard Andersen, ricercatore della Rockwool Foundation, ha osservato che Paesi come Iraq, Turchia, Somalia e Libano emergono con chiarezza nelle statistiche, suggerendo che atteggiamenti culturali verso la legge e l’autorità possano influire.   Significativamente, solo il 15% della popolazione danese è composto da stranieri o persone con background straniero, rendendo ancora più rilevante il fatto che il 72% dei condannati per reati di gang abbia un’origine migratoria.   Secondo Statistics Denmark, il Libano è il Paese di origine più frequente tra i condannati per reati di gang, con 35 casi, seguito da Somalia (29), Iraq (23) e Turchia (17).   Il primo ministro Mette Frederiksen ha più volte indicato l’immigrazione incontrollata come la «minaccia più grande» per la Danimarca. A maggio, ha dichiarato: «Se arrivano troppe persone che commettono crimini, non rispettano i valori democratici e mettono a rischio la nostra società aperta e fiduciosa, questo rappresenta il pericolo maggiore».   I dati emergono mentre il Partito Popolare Danese (DF) promuove uno dei programmi sull’immigrazione più rigidi d’Europa in vista delle elezioni generali del prossimo anno. Nel suo ultimo manifesto, il DF propone rimpatri di massa, revisioni delle cittadinanze e divieti di pratiche islamiche, sostenendo che l’immigrazione di massa dal Medio Oriente e dal Nord Africa abbia portato «criminalità, società parallele e cambiamenti culturali».

Aiuta Renovatio 21

Il partito avverte che l’immigrazione da Paesi come Turchia, Siria, Iraq, Libano, Pakistan, Afghanistan e Somalia ha causato «il più grande cambiamento demografico nella storia danese» e insiste affinché «le condizioni mediorientali siano ridimensionate per permettere a tutti nel paese di sentirsi a casa».   A differenza di paesi come Germania e Francia, la Danimarca raccoglie dati sulla criminalità legati al background migratorio. Questi dati consentono di monitorare meglio gli sforzi di integrazione di chi ha ottenuto la cittadinanza danese ma ha genitori stranieri.   I risultati sono sorprendenti: i migranti di seconda generazione presentano tassi di criminalità più elevati rispetto a quelli di prima generazione, che già superano di gran lunga quelli dei danesi etnici.   Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate era emerso un rapporto del governo tedesco che rivelava tassi di criminalità astronomici tra i giovani stranieri rispetto ai giovani autoctoni.   Nel frattempo, in Francia è stata proposto un emendamento per censurare gli articoli sui crimini degli immigrati. In Italia i discorsi sulla stampa sugli immigrati da diversi anni sono limitati dalla Carta di Roma, il «Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti» oggi parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista», e implementata sugli iscritti all’Ordine dei Giornalisti con corsi deontologici obbligatori.    

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Immigrazione

La Svizzera vieta agli stranieri di fare avanti e indietro dai loro Paesi

Pubblicato

il

Da

La Svizzera ha comunicato un rafforzamento delle restrizioni di viaggio per i richiedenti asilo. Secondo una nuova disposizione governativa, a queste persone sarà generalmente vietato viaggiare verso i loro Paesi d’origine o altri Stati.

 

Le autorità potranno autorizzare i viaggi solo in casi eccezionali, come confermato dal governo mercoledì 22 ottobre.

 

Il governo ha precisato che servono ulteriori chiarimenti prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, tra cui la definizione di quali siano i «motivi personali» sufficienti per approvare un viaggio e le circostanze in cui saranno consentiti viaggi di ritorno per organizzare una partenza definitiva.

 

Il partito austriaco di destra FPÖ ha definito la decisione svizzera «assolutamente corretta», sottolineando che «chi cerca protezione non ha certo bisogno di tornare nel Paese da cui fugge».

Iscriviti al canale Telegram

La misura svizzera si pone in netto contrasto con i recenti sviluppi in Germania, dove all’inizio dell’anno il governo ha permesso ai rifugiati siriani di viaggiare in Siria per le vacanze senza perdere lo status di protezione. Tale misura, considerata «assurda» dal partito di centro-destra Unione Cristiano-Sociale (CSU), ha suscitato polemiche.

 

L’anno scorso, i media tedeschi hanno riportato che migliaia di cittadini afghani richiedenti asilo in Germania erano tornati in patria per le vacanze, per poi rientrare in Germania.

 

Il fenomeno del turismo nei Paesi nativi da cui scappano per chiedere protezione è stato al centro di discussioni anche in Isvezia.

 

In Italia la finzione migratoria, anche sotto il governo sedicente sovranista (che, di fatto, ha visto aumentare gli sbarchi) la questione non sembra essere troppo considerata. La Meloni, negli anni di opposizione, aveva promesso il blocco navale.

 

Nel frattempo continua l’esempio di remigrazione diretta di Trump, che, anche con l’aiuto delle forze armate, ne sequestra i beni e li deporta in Paesi terzi come l’Uganda.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Immigrazione

Dublino ancora in rivolta dopo che un immigrato è stato accusato di aver violentato una bambina di dieci anni

Pubblicato

il

Da

Martedì è scoppiata una rivolta fuori da un centro per immigrati in un sobborgo di Dublino, scatenata dal presunto stupro di una bambina di dieci anni.   Sebbene le autorità non abbiano rivelato l’identità del sospettato, l’Irish Times ha riferito che si tratta di un richiedente asilo respinto, arrivato da un paese africano circa sei anni fa. Diverse migliaia di manifestanti si sono radunati a Saggart, dove alcuni hanno lanciato proiettili contro gli agenti, sparato fuochi d’artificio e dato fuoco ad almeno un furgone della polizia. La polizia ha schierato rinforzi e un cannone ad acqua per contenere i disordini.   Secondo la Child and Family Agency (TUSLA), l’aggressione è avvenuta nel fine settimana nei pressi dell’ex Citywest Hotel, trasformato in un rifugio permanente per migranti. La vittima, che era sotto tutela statale, è stata aggredita dopo essere «fuggita dal personale durante una gita ricreativa programmata con il personale nel centro città», ha dichiarato l’agenzia.          

Iscriviti al canale Telegram

La TUSLA ha aggiunto che la vittima era stata affidata alle sue cure all’inizio di quest’anno a causa di «gravi problemi comportamentali». La polizia ha dichiarato che il sospettato è stato fermato per essere interrogato. Gli agenti hanno 24 ore di tempo per incriminarlo o rilasciarlo.   Il Taoiseach (Primo Ministro) Micheal Martin ha affermato che le autorità hanno deluso la vittima. «È dovere fondamentale dello Stato proteggere i figli dello Stato e, indipendentemente dalla complessità o dalla gravità di ogni caso, tale dovere deve essere adempiuto», ha dichiarato. Il vice primo ministro Simon Harris ha definito il caso «orribile», ma ha esortato l’opinione pubblica alla moderazione.   «È importante che abbiamo l’opportunità di stabilire i fatti e che anche le agenzie abbiano l’opportunità di presentarli», ha affermato. Il ministro della Giustizia Jim O’Callaghan ha condannato gli attacchi alla polizia, affermando: «La protesta pacifica è un pilastro della nostra democrazia. La violenza non lo è».   Le proteste anti-immigrati in Irlanda, Paese dove interi paesini sono stati soppiantati dall’invasione programmatica di stranieri, continuano da mesi, coinvolgendo anche l’Irlanda del Nord. Un attacco con coltello al grido «Allah akbar» si è avuto a Dublino anche tre mesi fa.   Il caso scatenante si registrò nel novembre 2023 quando nella capitale un immigrato aveva accoltellato una donna e dei bambini. Seguirono rivolte massive e violente.   Come riportato da Renovatio 21, l’episodio aveva portato alla possibilità che il lottatore MMA Conor McGregor, critico vocale della situazione, venisse attaccato con un’indagine delle autorità per discorso d’odio. Lui ha risposto ventilando la possibilità di candidarsi a Taoiseach, cioè primo ministro del Paese.     SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da Twitter
Continua a leggere

Più popolari