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Geopolitica

La fondazione di George Clooney vuole arrestare i giornalisti russi

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L’organizzazione co-fondata dal divo di Hollywood George Clooney ha dichiarato aperta la caccia ai giornalisti russi, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova. Lo riporta la testata governativa russa RT.

 

La dichiarazione arriva dopo che è stato rivelato che la Clooney Foundation for Justice (CFJ) ha spinto per mandati di arresto segreti per personaggi dei media russi.

 

Il celeberrimo attore e cineasta insieme alla moglie, l’avvocato per i diritti umani Amal Clooney, hanno fondato il CFJ nel 2016 con l’obiettivo di «combattere l’ingiustizia sistemica contro le comunità vulnerabili» in tutto il mondo, secondo la dichiarazione di intenti dell’ente.

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Dal 2022, un progetto della fondazione chiamato The Docket spinge per il perseguimento dei cosiddetti «propagandisti russi», sostenendo che i media di Mosca sono complici di un supposto «incitamento al genocidio» in Ucraina. La direttrice legale del Docket, Anna Neistat, ha affermato che la sua squadra sta «documentando i crimini russi» e presentando casi ai pubblici ministeri in vari paesi, scrive RT.

 

La Neistat, che è di origine sovietica e in precedenza ha lavorato presso Amnesty International e Human Rights Watch, ha dichiarato la settimana scorsa a Voice of America, realtà mediatica finanziata dallo Stato americano, di non voler identificare i «propagandisti» per nome perché la sua squadra vuole che i pubblici ministeri emettano mandati di arresto a sorpresa.

 

«Non vogliamo che queste persone sappiano dei mandati. Al contrario, vogliamo che si rechino in altri paesi e lì vengano arrestati», avrebbe dichiarato, secondo quanto riportato dalla testata russa.

 

Nel corso della sua carriera la Neistat ha condotto indagini in Siria, Afghanistan e Cecenia russa. Ha anche coperto la questione del colpo di Stato sostenuto dall’Occidente a Kiev – il cosiddetto golpe di Maidan del 2014 – e, a seguire, le ostilità nel Donbass. Dopo l’inizio del conflitto su vasta scala in Ucraina nel 2022, avrebbe affermato che questo tipo di lavoro è diventato una «priorità» e una questione «personale», scrive RT.

 

Le osservazioni della dirigente della Fondazione Clooney sono state accolte con favore dagli alti funzionari ucraini. Andrey Yermak, capo dello staff di Vladimir Zelens’kyj, ha definito i commenti «molto importanti» e ha affermato che erano in linea con gli obiettivi di Kiev di sanzionare «i propagandisti russi».

 

In un post su Telegram venerdì, la Zakharova ha osservato, con la consueta caustica sagacia, che uno degli obiettivi dichiarati della fondazione è la protezione dei giornalisti. «A quanto pare, la protezione dei giornalisti – nel modo in cui la intendono i Clooney – li perseguita attraverso procedimenti penali motivati ​​politicamente ed etnicamente», ha scritto la portavoce degli Esteri del Cremlino.

 

«Non è un segreto che la russofobia paga bene in Occidente. A quanto pare, questi due specialisti di pubbliche relazioni sono pronti a tutto per soldi. Ecco perché hanno deciso di intraprendere un safari giudiziario prendendo di mira i giornalisti russi», ha tuonato la Zakharova.

 

«Abbiamo capito molto bene sia Clooney che la sua organizzazione», ha continuato Zakharova. «Pertanto, vorremmo invitarli a impegnarsi in un aiuto reale ai giornalisti e ottenere un elenco dei cittadini che sono morti a Bucha».

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Bucha, un sobborgo settentrionale di Kiev, è stato sotto il controllo delle truppe russe fino alla fine di marzo 2022, quando si sono ritirate come «gesto di buona volontà» verso l’Ucraina mentre i colloqui di pace continuavano a Istanbul. Il governo ucraino ha affermato di aver trovato lì centinaia di civili morti il ​​1° aprile, dopo che le forze di Kiev erano entrate nella città, e ha citato il «massacro» per interrompere i negoziati.

 

«Immagina, George, che fino ad oggi nessuno sappia esattamente chi i media occidentali – comprese la CNN e la BBC – hanno mostrato mentre giaceva per le strade di Bucha. Pubblicate la lista [dei loro nomi] e salvate i giornalisti occidentali dal disonore storico», ha dichiarato la portavoce della diplomazia russa. «Sarebbe impagabile. Fino ad allora, hai un prezzo da pagare».

 

Mosca ha accusato le truppe ucraine di prendere di mira deliberatamente i giornalisti russi che si occupavano del conflitto tra i due Paesi. Ad aprile, Semyon Yeryomin, che lavorava per il quotidiano Izvestia, è stato ucciso da un drone kamikaze ucraino. Altre vittime includono i corrispondenti di guerra Rostislav Zhuravlev e Boris Maksudov, entrambi uccisi nel 2023.

 

Clooney ha in seguito minimizzato le affermazioni secondo cui la fondazione fondata con la moglie Amal sta pianificando di cercare l’arresto di «propagandisti russi».

 

«Qualcuno nella nostra fondazione ha parlato male», si legge in un breve messaggio diffuso lunedì sui social della fondazione e attribuito a Clooney.

 

«Noi della Fondazione Clooney non perseguiremmo mai i giornalisti, anche se non fossimo d’accordo con loro», ha aggiunto l’attore, dopo aver notato che suo padre, Nick, lavora nei media. «Abbiamo una lunga esperienza nella protezione dei giornalisti».

 

Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha liquidato il team legale di The Docket definendolo «pazzo» per aver preso di mira i giornalisti. La crociata lanciata dalla Clooney Foundation for Justice per arrestare i reporter russi è scandalosa e oltrepassa ogni confine, ha detto il Peskov.

 

«Suggerisco che i giornalisti russi chiedano a questi pazzi come giustificano tutto ciò», ha dichiarato lo scorso venerdì in un’intervista all’agenzia di stampa russa TASS.

 

Vasilij Piskarev, capo della commissione della Duma di Stato per l’ingerenza straniera negli affari interni, ha dichiarato che la Russia non lascerà senza risposta le azioni dell’ente del Clooney, aggiungendo che i parlamentari russi prenderanno in considerazione la possibilità di etichettare la ONG come «indesiderabile», una mossa che essenzialmente vieterebbe le operazioni nel Paese.

 

Mosca ha negato le accuse legate alla commissione di crimini di guerra in Ucraina. Come gli Stati Uniti, la Russia non riconosce l’autorità legale della Corte Penale Internazionale.

 

La fondazione ha rivelato il mese scorso che la moglie di Clooney, Amal, un’avvocatessa libanese-britannica per i diritti umani, faceva parte di un comitato legale internazionale che aveva raccomandato alla Corte Penale Internazionale di imporre accuse di crimini di guerra contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ministro della difesa Yoav Gallant, così come tre leader del gruppo militante palestinese Hamas, in relazione al conflitto a Gaza.

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Come riportato da Renovatio 21, Biden avrebbe recentemente snobbato l’impegno con Zelens’kyj in Svizzera per il ridicolo «vertice di pace» (senza la Russia!) per essere presente ad un evento di raccolta fondi dei Clooney, temendo di perdere il loro appoggio in vista delle elezioni di novembre a causa del suo sostegno allo Stato Ebraico nella catastrofe di Gaza.

 

Significative, sorprendenti frizioni tra Clooney e Mosca si sono avute anche in altri occasioni.

 

Come riportato da Renovatio 21, nell’estate 2023 Clooney chiese di sanzionare e perseguire il gruppo Wagner in un’editoriale apparso sul settimanale The Economist.

 

Assieme allo scrittore John Pendergast, che in passato ha fatto parte del Consiglio Nazionale della Sicurezza USA sotto Clinton, Clooney ha detto che ci sarebbe «una opportunità senza precedenti» per contrastare l’influenza russa in Africa, che, come noto, passa per la Wagner.

 

Nel suo articolo per il giornale dei Rothschild – house organ del neoliberismo e della globalizzazione secondo Washington consensus – il Clooney scrive come il gruppo di Prigozhin sia per Mosca una delle «iniziative di politica estera di maggior successo nell’ultimo decennio» nonché un’«atrocità».

 

Quello che i media descrivevano come l’ex compagno della velina Elisabetta Canalis descrive la Wagner come «un virus» e sostiene che la sua presenza africana continuerà. Tuttavia, il periodo di transizione può essere utilizzato dalle Nazioni occidentali per «agire sia contro l’operazione che contro il suo ideatore».

 

«Dovrebbero creare una coalizione ad hoc mirata a smantellare l’impero commerciale del gruppo, basandosi sulle lezioni tratte da sforzi simili incentrati sullo Stato Islamico e su al-Qaeda», suggerì sull’Economist il testimonial del caffè in capsule.

 

George Clooney, attore e cineasta di cui è difficile ricordare un ruolo in un film di preciso che non sia quello del dottore brizzolato e sciupafemmine nella serie nosocomiale E.R., più che per le profonde capacità geopolitiche, è noto per il suo inscalfibile status di divo.

 

Uomo dalla vita privata chiacchierata (negli anni 2000 Brad Pitt disse che avrebbe sposato l’allora compagna Angelina Jolie «quando George Clooney sposerà il suo boyfriend»; probabilmente scherzava), in Italia è noto per avere, come tanti ricchi russi, una casa sul Lago di Como, che ora ha messo in affitto per matrimoni e quant’altro alla modica cifra di 30 mila euro ad evento.

 

Il padre di Clooney, Nick, nel 2004 ha tentato di correre per un seggio da deputato democratico del Kentucky al Congresso USA, fallendo. Padre e figli nei primi anni 2000 sono stati coinvolti in operazioni umanitarie riguardanti il Darfur, le cui tensioni portarono alla secessione dal Sudan della nuova entità statale detta Sud Sudan.

 

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Immagine di Glyn Lowe via Wikimedia pubblicata su licenza  Creative Commons Attribution 2.0 Generic;immagine tagliata

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Geopolitica

Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»

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Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.   Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.   Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».   Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».  

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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.   I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.   La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.   Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.   Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.   Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.   La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.   Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.   Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.  

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Immagine screenshot da Twitter; modificata  
 
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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.

 

Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.

 

Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.

 

Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.

 

 

Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.

 

Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».

 

Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.

 

Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.

 

Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.

 

La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.

 

Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.

 

Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.   Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.   Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.  

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.   Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.   Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.   Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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