Animali
Tigri massacrano esseri umani: il Nepal cerca una soluzione diplomatica

Il Nepal è alle prese con un problema che è al contempo domestico e diplomatico: le tigri.
Il Paese himalayano è infatti lanciato in quella che chiamano «diplomazia della tigre», ossia l’uso della fauna locale come strumento di relazione internazionale. L’esempio più lampante di tale politica è la cosiddetta «diplomazia del Panda» mandata avanti nei decenni da Pechino, dove il tozzo orso bicolore viene utilizzato come grimaldello per istituire rapporti con le nazioni estere, per qualche ragione desiderose di avere a noleggio dai cinesi il pigro plantigrado bianconero.
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«Se qualche paese desidera ottenere una tigre da noi, possiamo fornirne una come parte della diplomazia della tigre. La diplomazia della fauna selvatica è praticata in tutto il mondo e credo che aiuterà gli sforzi di conservazione della tigre in Nepal» ha dichiarato al corrispondente nepalese di Russia Today il direttore generale del Dipartimento dei parchi nazionali e della conservazione della fauna selvatica (DNPWC) Sindhu Dhungana.
Tuttavia, con la proliferazione di un numero sempre crescente di tigri sul territorio, il suo dipartimento deve affrontare la pressione dell’opinione pubblica. «Le tigri spesso invadono gli insediamenti umani e rappresentano una minaccia per gli esseri umani», ha detto. «Spesso le persone ci esortano a tenere le “nostre” tigri confinate nella giungla».
Secondo un censimento delle tigri del 2022, il Nepal ospita 355 esemplari, un aumento rispetto alle 121 del 2009. L’obiettivo fissato al Summit delle tigri di San Pietroburgo del 2010 – al quale parteciparono Putin e Leonardo di Caprio – era quello di raddoppiare la popolazione delle tigri, un obiettivo che il Paese aveva superato nel 2018, con 235.
«Il Nepal ha scoperto che alcuni Paesi hanno preferenze specifiche per quanto riguarda la fauna selvatica. L’Indonesia vuole i cervi, la Cina vuole i rinoceronti con un corno e il Qatar vuole il panda rosso» scrive RT. «Il DNPWC nepalese ha istituito una task force per risolvere questo problema».
Il censimento del 2021 dei rinoceronti con un corno in Nepal è arrivato a 752. Il Nepal ha donato due coppie di rinoceronti con un corno alla Cina nel 2018 e il Paese ha una storia di fornitura di questi rinoceronti a Germania, Austria, Regno Unito e Stati Uniti.
Negli ultimi cinque anni in Nepal, circa 75 persone sono state uccise dalle tigri, di cui 22 nel Parco Nazionale di Bardiya, che ospita 125 tigri adulte. Il Nepal ha quattro parchi nazionali: Parsa, Chitwan, Bardiya e Suklafata. Bardiya ospita la seconda popolazione di tigri più grande del Nepal.
Con l’aumento delle vittime umane e dei danni alle case, alle fattorie, all’allevamento e ai raccolti, il DNPWC si è trovato incapace di fornire aiuti.
«Non abbiamo il budget per assistere le persone», ha detto il Dhungana a RT. «Il numero delle vittime è raddoppiato rispetto a cinque anni fa».
La politica del governo in materia di aiuti prevede un pagamento una tantum di 9.500 dollari per ogni decesso. Secondo i dati del DNPWC, il governo ha distribuito aiuti per un totale di circa 1,2 milioni di dollari. Tuttavia, molti non hanno ricevuto sostegno, così come vengono lasciati soli coloro il cui bestiame viene sbranato dall’orrido felino.
Anche i crescenti episodi di conflitto tra uomo e fauna selvatica rappresentano un problema per le tigri. Nonostante la crescente richiesta di controllarle, i Parchi Nazionali non possono limitarsi a mettere in gabbia le tigri problematiche. Il DNPWC attualmente tiene in gabbia 16 tigri problematiche. Il portavoce della DNPWC ha detto che non hanno più spazio sufficiente, e che tigri messe in gabbia lontano dal loro habitat finiscono per morire.
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A marzo una tigre è stata uccisa in una gabbia nel Parco nazionale di Parsa. Questa tigre era stata catturata intorno al Parco Nazionale di Chitwan dieci mesi prima, in seguito ad un attacco al bestiame. Nel giro di un anno, tre tigri sono state uccise nel Parco Nazionale di Parsa e una nel Parco Nazionale di Bardiya, tutte confinate perché ritenute problematiche.
D’altra parte, sono stati identificati anche casi di tigri uccise intenzionalmente mediante avvelenamento e fucilazione.
A marzo, una tigre è stata trovata morta con ferite da arma da fuoco nella foresta del distretto di Bara, vicino al Parco nazionale di Parsa. Nello stesso mese, un’altra tigre fu trovata avvelenata nella foresta adiacente al Parco Nazionale di Chitwan. Un altro è stato trovato ucciso a Kailali, vicino al Parco Nazionale di Bardiya.
Il Nepal ha annunciato la creazione di zoo in sette province, ma l’iniziativa deve ancora iniziare. Dhakal del DNPWC afferma che, se gli zoo saranno pronti, alcune tigri potranno essere trasferite.
Esperti di fauna selvatica c sono preoccupati per l’aumento del conflitto tra fauna selvatica e esseri umani. Secondo alcuni, se non sarà possibile gestirlo, il conflitto avrà un impatto sugli sforzi di conservazione a lungo termine del Nepal.
La situazione fa pensare ad un antico sketch della trasmissione di comicità nonsense britannica Big Train, che riprendeva uno degli attori (Simon Pegg) che andava in strada con un banchetto di un’organizzazione per eliminare la tigre, sostenendo che si trattava di un animale pericoloso, crudele ed orribili, quindi erano tutte da eliminare.
Ad ogni modo la sorte delle tigri nepalesi sembra essere migliore di quella di certe colleghe occidentali. Ci ritorna in mente il caso della povera tigre residente in un giardino zoologico svedese trovata positiva al COVID e quindi, come da tipica usanza nordica, sottoposta ad immediata eutanasia.
Il mondo, comunque, si sta già preparando alla bistecca di tigre coltivata in laboratorio.
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Il Canada vuole eutanasia di massa anche per gli struzzi

Una controversia legata alla gestione di un focolaio di influenza aviaria ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica canadese. Tutto ha avuto inizio nel 2024, quando i proprietari di un’azienda agricola a conduzione familiare nella Columbia Britannica hanno rilevato sintomi compatibili con l’influenza aviaria in alcuni struzzi del loro allevamento. La malattia si è diffusa rapidamente tra gli uccelli, causando la morte di 69 esemplari nel giro di un mese.
Gli struzzi rimasti, tuttavia, non hanno mostrato segni di malattia nei mesi successivi, suggerendo lo sviluppo di una possibile immunità naturale. Nonostante ciò, l’Agenzia canadese per l’ispezione alimentare (CFIA) ha disposto l’abbattimento dell’intero stormo sopravvissuto, considerandolo un rischio per la salute pubblica e per l’industria avicola nazionale.
La decisione ha suscitato una forte reazione da parte della famiglia proprietaria dell’allevamento, che da mesi si oppone al provvedimento attraverso vie legali e mediatiche. La vicenda ha avuto un nuovo sviluppo lo scorso mercoledì, quando la Corte Suprema del Canada ha concesso una sospensione temporanea dell’abbattimento, bloccando l’operazione in attesa di ulteriori decisioni giudiziarie.
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Nonostante la sospensione, gli agenti della CFIA – coadiuvati da oltre 100 agenti di polizia – continuano a presidiare la proprietà, impedendo ogni accesso non autorizzato agli animali. Secondo i proprietari, l’agenzia ha anche vietato loro di effettuare test diagnostici indipendenti sugli uccelli sopravvissuti, con la minaccia di sanzioni che includono multe fino a 200.000 dollari e pene detentive fino a sei mesi per ogni esemplare testato senza autorizzazione.
La CFIA sostiene che la presenza degli struzzi costituisca ancora una minaccia biologica. Tuttavia, alcuni osservatori hanno sollevato dubbi sulle modalità di gestione della situazione. In particolare, è stato segnalato che, nei giorni iniziali dell’intervento, alcuni operatori dell’agenzia sarebbero entrati nell’area senza adeguati dispositivi di protezione individuale, adottando misure di sicurezza più rigorose solo successivamente. Anche le forze dell’ordine, secondo quanto riferito, non avrebbero utilizzato equipaggiamenti protettivi durante le operazioni di sorveglianza.
La famiglia proprietaria della fattoria, denuncia quella che definisce una violazione dei propri diritti. La figlia dei titolari, ha dichiarato: «Non si tratta solo dei nostri struzzi. È una questione più ampia che riguarda i diritti degli agricoltori e la libertà di gestire le proprie terre».
Il caso ha acceso un dibattito pubblico sull’equilibrio tra misure di biosicurezza e diritti individuali, sollevando interrogativi sulla proporzionalità dell’intervento governativo e sulla trasparenza delle valutazioni scientifiche alla base delle decisioni.
Rimane il fatto che il Canada, anche per i grandi pennuti, è capitale dell’eutanasia di Stato che si dirige verso l’eliminazione dei bambini autistici (anche senza consenso dei genitori), i malati mentali in genere, i disabili, i depressi da lockdown, gli angosciati, i poveri – etc. Con contorno di record per le predazioni di organi.
Due anni fa il Canada registrò che una persona su 25 moriva per MAiD, il nome della pubblica eutanasia canadese.
Come riportato da Renovatio 21, un altro caso di eutanasia animale sconvolse gli USA, forse spostando anche qualche voto delle presidenziali: quello dello scoiattolo Peanut, strappato dalle amorevoli braccia del suo addestratore ed eutanatizzato dalle autorità statunitensi.
Perché per il malvagio squirrello che invece terrorizza la California, al momento, non è richiesta la morte di Stato?
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Immagine di Mostafameraji via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Scoiattolo malvagio terrorizza intero quartiere

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A California neighborhood has been overtaken by an aggressive squirrel that has attacked nearly half a dozen residents. One local woman told @ElisePrestonTV of the moment the squirrel suddenly jumped on her leg and ended up sending her to the ER.
“It was biting and scratching,”… pic.twitter.com/fuwomCV0Xj — CBS Evening News (@CBSEveningNews) September 28, 2025
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