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Gorilla vaccinato muore improvvisamente per attacco cardiaco

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Un gorilla di pianura occidentale è morto di infarto durante il fine settimana allo zoo di Saint Louis, Stato americano del Missouri. Lo zoo aveva recentemente somministrato vaccini COVID-19 a molti dei suoi animali.

 

Secondo quanto riferito, il primate di nome «Little Joe» (cioè «Giuseppino») che aveva 26 anni, era in cura per una malattia cardiaca quando ha avuto un infarto ed è morto nel sonno domenica.

 

L’annuncio è stato dato dalla stessa struttura zoologica nel suo profilo Instagram.

 

 

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«È con incredibile tristezza che condividiamo la notizia che il gorilla di pianura occidentale Little Joe, che era in cura per una malattia cardiaca, è morto di infarto durante la notte del 4 maggio», ha scritto, offrendo un ritratto della bestia, il giardino zoologico missouriano sul popolare social media basato sulle fotografie.

 

«Sulla base del monitoraggio video, sembra che sia morto nel sonno». Un malore, non diverso da quello di tante persone secondo le cronache recenti, ha colpito lo scimmione nottetempo, cagionandone il triste decesso.

 

La morte del gorilla Little Joe arriva quando lo zoo di St. Louis nel settembre 2021 ha lanciato un ambizioso sforzo di «cura preventiva» somministrando vaccini COVID-19 alla sua popolazione di grandi scimmie e ad altre specie di primati.

 

La campagna anti-COVID per le bestie in gabbia era stata spiegata dallo stesso direttore della struttura in un video ancora visibile su YouTubo.

 

 

«Il 29 settembre 2021, lo scimpanzé maschio adulto “Jimiyu” è stato il primo animale del nostro zoo ad essere vaccinato contro il COVID-19», spiegava all’epoca lo zoo sul proprio sito web. «Nei prossimi mesi, prevediamo di somministrare il vaccino COVID-19 a due dosi in un lancio graduale a quasi 100 primati, grandi felini, lontre di fiume, cani dipinti e volpi dalle orecchie di pipistrello, che portano tutti un potenziale rischio di essere infettati da SARS-CoV-2, il virus che causa la malattia COVID-19» assicurava il direttore del giardino zoologico.

 

Lo zoo di San Luigi aveva inoltre spiegato che il produttore del vaccino veterinario Zoetis aveva «donato 11.000 dosi di vaccino COVID-19 a dozzine di zoo, incluso lo zoo di Saint Louis, e organizzazioni animaliste in tutta la nazione».

 

«L’uso sperimentale di questo vaccino COVID-19 di Zoetis è autorizzato dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e dal veterinario dello stato del Missouri», aveva aggiunto lo zoo.

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Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 diversi gorilla dello zoo safari di San Diego erano risultati positivi al coronavirus, manifestando – riferivano le cronache – perfino alcuni sintomi della malattia.

 

Non si tratta solo dei gorillazzi: il tampone COVID non lasciava scampo nemmeno ai grandi felini. Ad aprile 2020 una tigre malese di quattro anni di nome Nadia era risultata positiva allo zoo del Bronx a New York e, poco dopo, anche altre tre tigri e tre leoni allo zoo erano risultate positive. Bashir, una tigre malese di 11 anni allo zoo di Knoxville nel Tennessee, era risultata positiva al coronavirus in ottobre ed era entrata in quarantena con le tigri malesi Arya, 6 anni, e Tanvir, 11 anni, che mostravano anche tosse lieve, letargia e una diminuzione dell’appetito. Il mese prima, NeeCee, un leopardo delle nevi di cinque anni allo zoo di Louisville nel Kentucky, era risultato positivo.

 

Il dramma si fece totale quando, sempre a cavallo tra fine 2020 e inizio 2021, una tigre e due leoni avrebbero preso il COVID in giardino zoologico in Svezia. La sfortunata tigre scandinava positiva al tampone, una femmina di età avanzata (a 17 anni un felino giovane non è) fu quindi vittima di una specialità di certi Paesi del Nord, cioè l’eutanasia. Gli svedesi ci tennero a far sapere che la povera bestia aveva gravi sintomi respiratori e pure neurologici, senza spiegare quali – soprattutto i resoconti dicono che la tigre era di «età avanzata» e aveva «scarse possibilità di guarigione».

 

Il paradosso è che ci siamo a lungo lamentati dell’eutanasia che rende gli uomini degli animali da abbattere a piacimento, purtuttavia assistemmo allora al fatto che era ben avviato anche il contrario: l’umanizzazione dell’animale, «anziano» e «malato incurabile» pur di procedere con la puntura della morte, sotto l’imperativo terrorista COVID.

 

SCB. Sono cose belle.

 

Ad ogni modo, qualche lettore ci ricordi di aggiungere il gorilla Peppino nella lista dei malori della 19ª settimana 2024. Grazie.

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Immagine di Rachel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

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Scoiattolo malvagio terrorizza intero quartiere

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I residenti di un quartiere in California stanno mettendo in guardia la comunità locale su «uno scoiattolo molto aggressivo» che ha causato il ricovero al pronto soccorso di almeno due persone.   Joan H., abitante del quartiere Lucas Valley a San Rafael, ha riferito di essere stata attaccata di recente a una gamba da uno scoiattolo mentre faceva la sua passeggiata mattutina.   «Mi si è aggrappato alla gamba. La coda volava fin qui. Ho pensato: “Toglietemelo di dosso, toglietelo di dosso!” Non volevo toccarlo», ha raccontato la donna, ancora scossa, a KGO-TV.  

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Un’altra residente, Isabel C., ha riferito di essere stata aggredita proditoriamente insieme a sua figlia dal violento roditore mentre passeggiavano. La donna è finita al pronto soccorso con una ferita al braccio.   Marie A. ha raccontato che anche suo marito Joe ha avuto un incontro ravvicinato con il malvagio squirrello quando ha cercato di impedirgli di rosicchiare la loro recinzione di legno.   «Ci ha distrutto un bel pezzo di legno e abbiamo pensato: “Mio Dio, ha fame o qualcosa del genere”. Mio marito Joe si è tolto il cappello e lo ha colpito per scacciarlo, ma [lo scoiattolo] si è voltato e gli è saltato in testa», ha raccontato a KRON-TV, sconvolta dalla nequizia di cui è capace l’infernale creatura arborea.  

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Nel quartiere sono stati affissi volantini per mettere in guardia i residenti sullo «scoiattolo in agguato». «Non è uno scherzo», si legge sui volantini. «Più di cinque persone sono state attaccate da uno scoiattolo molto cattivo negli ultimi giorni a Diablo Circle e sul Monte Lassen».   Un rappresentante di WildCare, un ospedale locale per la fauna selvatica, ha spiegato che gli scoiattoli non trasmettono la rabbia. Tuttavia, ha notato che questi animali possono diventare aggressivi quando vengono nutriti dagli esseri umani.   «WildCare ha ricevuto numerose segnalazioni di uno scoiattolo che ha attaccato residenti nel quartiere di Lucas Valley a San Rafael», ha dichiarato il rappresentante. «Purtroppo, è molto probabile che lo scoiattolo si avvicini alle persone e le morda perché è stato allevato o nutrito a mano dagli esseri umani, ma ora si trova solo, insicuro su come procurarsi cibo e disperato. Gli scoiattoli sono animali naturalmente timidi».   La California, Paese largamente in mano al Partito Democratico USA, è purtroppo un Paese che limita molto il Secondo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che sancisce il diritto del cittadini di armarsi. Forse è per questo che una reazione decisa contro la pelosa prepotenza del brutale parente di Cip e Ciop tarda ad arrivare.   In ambienti in cui il Secondo Emendamento, teorizzato e fortemente voluto dal fondatore degli USA Tommaso Jeffersone (1743-1826), è trattato con rispetto, tali fatti non andrebbero nemmeno in cronaca. Lo stesso può dirsi dei luoghi in cui l’antica arte venatoria è ancora celebrata: quanti altri esseri umani la psicopatica e violenta creatura deve ancora ferire prima di essere fermata?

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Orso da 540 chili vince il concorso della «Fat Bear Week» in Alaska

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Chunk, un maestoso orso bruno con la mascella rotta, ha trionfato martedì nella popolare competizione Fat Bear Week, conquistando la sua prima vittoria dopo essersi classificato a un soffio dal primo posto tre anni fa. Lo riporta l’agenzia Associated Press.

 

L’evento online annuale permette agli spettatori di seguire 12 orsi del Parco Nazionale e Riserva di Katmai, in Alaska, attraverso webcam in diretta e di votare in un torneo a eliminazione diretta che si svolge nell’arco di una settimana. Chunk, ufficialmente noto come Orso 32, ha sconfitto Orso 856, privo di soprannome, nella finale, secondo i risultati pubblicati sul sito degli organizzatori.

 

Il peso di Chunk è stato stimato in circa 550 kg dagli organizzatori. Anche se gli orsi non vengono pesati durante la gara per motivi di sicurezza, in passato Chunk e altri sono stati sottoposti a scansioni di densità con tecnologia laser LIDAR per validare le stime del peso.

 

La competizione gode di grande popolarità. Quest’anno ha raccolto oltre 1,5 milioni di voti da parte dei fan, che hanno osservato gli orsi rimpinzarsi di salmoni autunnali in una stagione record nel fiume Brooks, a circa 483 chilometri da Anchorage.

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Secondo Naomi Boak, portavoce della Katmai Conservancy, si è trattato della più grande abbondanza di salmone mai registrata, sia dagli orsi che dagli organizzatori della Fat Bear Week, attiva dal 2014.

 

Negli anni con meno risorse, gli orsi più dominanti competono per i migliori punti di pesca a Brooks Falls, dove i salmoni si concentrano in un passaggio stretto e saltano fuori dall’acqua per risalire la corrente e deporre le uova.

 

Quest’anno, i punti di pesca a Brooks Falls erano spesso deserti, con gli orsi che cacciavano a monte e a valle. C’era spazio anche per gli umani: lunedì, una telecamera di Explore.org ha mostrato due persone pescare tranquillamente lungo il fiume, mentre gli orsi bruni si muovevano lentamente nelle vicinanze.

I votanti online hanno potuto confrontare le foto degli orsi, magri all’inizio dell’estate e ingrassati alla fine. Poiché pesarli sarebbe troppo rischioso, alcuni fan scelgono i loro favoriti in base all’aspetto o alla loro storia.

 

Le telecamere a Brooks Falls hanno catturato un episodio drammatico del 2024, quando il cucciolo dell’orsa 128 Grazer è scivolato oltre la cascata, finendo nella zona di pesca di Chunk, che lo ha attaccato e ferito mortalmente. Grazer ha affrontato il Chunk, ma il cucciolo non è sopravvissuto. Dopo il confronto, i fan hanno votato per Grazer, che ha prevalso sul Chunko.

 

La Fat Bear Week, istituita nel 2014, è un’iniziativa interattiva per sensibilizzare il pubblico sugli orsi bruni, cugini costieri dei grizzly. Questi trascorrono l’estate a catturare e mangiare il maggior numero possibile di salmoni per accumulare grasso in vista del letargo nei rigidi inverni dell’Alaska.

 

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Immagine screenshot da YouTubo.

 

 

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Il racconto di un uomo attaccato dalle orche di Gibilterra

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Un esperto velista e imprenditore britannico ha raccontato un violento attacco da parte di un gruppo di orche che ha causato danni per 15.000 sterline alla sua imbarcazione. Lo riporta il giornale britannico Daily Mail, che ha pubblicato negli scorsi giorni un’intervista esclusiva al 71enne, che ha descritto i «45 minuti di terrore» vissuti durante l’attacco nello Stretto di Gibilterra nel giugno 2024.   Lo Hegan ha raccontato che la sua barca a vela Swan 391 è stata colpita da un gruppo di quattro orche mentre navigava verso est nello Stretto. L’attacco «surreale», che ha provocato danni ingenti, ha fatto temere a lui e al suo equipaggio che la loro barca di 40 piedi potesse affondare.   Come sa il lettore di Renovatio 21, gli attacchi di orche alle imbarcazioni sono frequenti al largo delle coste di Spagna e Portogallo, soprattutto vicino allo Stretto di Gibilterra e al Golfo di Biscaglia. Tuttavia, lo Hegan ritiene che il numero di questi incidenti sia sottostimato per non allarmare i turisti. «È stato un attacco coordinato durato circa 45 minuti da parte di quattro orche», ha dichiarato al Daily Mail. «È evidente che il problema è più grave di quanto le autorità vogliano far credere per non danneggiare il turismo».      

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Il 20 giugno 2024, lo Hegan e la sua famiglia erano salpati da Cascais, vicino a Lisbona, diretti a Gibilterra. Quel giorno avevano appreso di un attacco di un’orca a circa 30 miglia a sud di Lisbona, dove un catamarano aveva perso un timone. «Ci sentivamo tranquilli, pensando che il branco fosse più a nord», ha detto Hegan, aggiungendo che solo l’1% delle imbarcazioni sembrava essere coinvolto in questi episodi.   Due giorni dopo, il 22 giugno, mentre l’equipaggio di quattro persone si avvicinava allo Stretto di Gibilterra, alle 5:45 del mattino, un primo segnale di allarme: una chiamata di soccorso da uno yacht attaccato da un’orca a circa cinque miglia a sud-ovest della loro posizione. «Chi chiamava era in preda al panico, chiaramente terrorizzato», ha ricordato Hegan.   Poche ore dopo, il figlio dello Hegan, al timone, avvistò delle orche nelle vicinanze, seguito da un «forte colpo» contro lo scafo. Il velista ha subito trasmesso un segnale di emergenza sul canale 16 VHF, la frequenza radio marittima per le emergenze. «La guardia costiera mi ha passato al canale 71, mantenendo un contatto continuo durante l’attacco. Mi hanno detto di controllare i supporti del timone per verificare eventuali infiltrazioni d’acqua», ha spiegato. La guardia costiera ha registrato la loro posizione e si è detta pronta a inviare soccorsi se necessario, consigliando di dirigersi verso acque meno profonde, un’impresa «più facile a dirsi che a farsi».   Il primo impatto è stato seguito da colpi ripetuti al timone e allo scafo, in un «attacco coordinato» di quattro orche. «Una si è avvicinata alla poppa capovolta, probabilmente mordendo il timone, mentre un’altra colpiva a gran velocità il timone da entrambi i lati», ha detto Hegan. «Cinque tonnellate di orca contro la barca fanno un impatto devastante!»   Dopo «45 minuti di terrore», le orche si sono allontanate, e l’equipaggio ha puntato verso la costa in acque meno profonde, fermandosi solo quando il timone risultò danneggiato. Fortunatamente, non ci sono state infiltrazioni d’acqua, e i danni, pari a 15.000 sterline, sono stati in gran parte coperti dall’assicurazione.   La barca di Hegan è ancora ferma a La Linea, vicino all’aeroporto di Gibilterra, e lui spera di riportarla a casa l’estate prossima.   «Spero che le autorità trovino una soluzione entro allora», ha detto. La vittima del proditorio attacco orcino ha sottolineato che, sebbene le orche siano protette, ciò mette a rischio le imbarcazioni e potenzialmente la sicurezza degli equipaggi.   «Le autorità hanno proposto di tracciarle per evitarle», ha aggiunto, notando che il problema sembra spesso minimizzato, pur senza desiderare danni alle orche.

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Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni si è avuto il drammatico caso di una barca a vela affondata dalla violenta masnada cetacea. Sono oramai anni che il fenomeno va avanti, facendo registrare almeno un attacco al giorno: parliamo, quindi, di centinaia di aggressioni da parte della teppa bianconera contro gli esseri umani.   Il fenomeno è oramai fuori controllo ma non si trova nessuno, nelle istituzioni, che voglia affrontarlo, forse per il pudore di infrangere il tacito «eccezionalismo cetaceo» per cui ai mammiferi pisciformi sono assegnati grande considerazione e pure «diritti» superiori a quelli dell’essere umano.   Come ripetuto da Renovatio 21, urge trovare una soluzione al più presto, sempre ricordando che, da quello che abbiamo appreso, la grande civiltà giapponese possiede ristoranti dove la malvagia creatura acquatica può essere servita come pietanza.

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