Cina
Pechino abbassa la disoccupazione giovanile (cancellando gli studenti lavoratori)
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’Ufficio nazionale di statistica è tornato a diffondere il dato sospeso dall’estate scorsa. Ma la discesa dal 21,3 al 14,9% è legata solo al fatto che dal computo è stato tolto chi «deve pensare a studiare». Intanto la crescita al 5,2% nel 2023 sbandierata dal premier Li Qiang non convince i mercati.
Dopo averne sospeso la diffusione in estate, Pechino è tornata a rendere pubblico il dato sulla disoccupazione giovanile, che in soli sei mesi sarebbe «scesa» dal 21,3 al 14,9%.
L’indicatore economico – tra i più eloquenti rispetto alla crisi reale che sta attraversando l’economia del Paese – è comparso di nuovo tra le cifre diffuse oggi dall’Ufficio nazionale di statistica, insieme al dato generale sul Prodotto interno lordo che – come anticipato ieri al World Economic Forum di Davos dal premier cinese Li Qiang – nel 2023 avrebbe fatto segnare una crescita del 5,2%, in progresso rispetto al 3% dello scorso anno.
Ma la «ripresa» dell’occupazione tra i giovani tra i 16 e i 24 anni è in realtà è artificio contabile molto più che un dato reale: come spiega lo stesso Global Times, il quotidiano semi-ufficiale cinese in lingua inglese, l’unica cosa a essere mutata realmente è il sistema di calcolo. Per renderlo più «attendibile», infatti, Pechino ha tolto dal computo tutti gli studenti in cerca di un’occupazione da portare avanti parallelamente ai propri studi.
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«Il compito principale degli studenti – commenta perentoriamente il Global Times – è quello di studiare nel campus piuttosto che trovare un lavoro part-time. Se venissero inclusi, l’indice potrebbe non riflettere accuratamente la situazione della disoccupazione di quanti hanno realmente bisogno di un lavoro a tempo pieno».
Il vero indicatore sulla disoccupazione giovanile sarà, quindi, l’andamento nei prossimi mesi del dato che l’Ufficio nazionale di statistica è tornato a diffondere. Anche perché – secondo le stime del ministero dell’Istruzione cinese – nel 2024 la Repubblica popolare dovrebbe raggiungere la quota record di 11,79 milioni di laureati, circa 210mila in più rispetto allo scorso anno. E questo numero da tempo cresce molto più velocemente rispetto alla domanda di lavoro qualificato.
Quanto ai dati sul Prodotto intorno lordo al 5,2% nel 2023, in linea con l’obiettivo del 5% fissato dalle autorità di Pechino, è comunque il risultato meno brillante per l’economia della Repubblica popolare cinese dal 1990, se si eccettua il biennio della pandemia.
Questo spiega anche la reazione fredda dei mercati a questi dati: nonostante le rassicurazioni di Li Qiang agli investitori sulla solidità dell’economia cinese, a Hong Kong oggi l’indice Hang Seng è sceso del 3,71%, la borsa di Shanghai ha chiuso in calo del 2,09%, e quella di Shenzhen è scesa del 2,54%.
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Cina
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Cina
Le Filippine vicine all’espulsione dei diplomatici cinesi
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La Cina questa settimana ha diffuso una presunta conversazione telefonica risalente a gennaio durante la quale un ammiraglio filippino accetta di fare delle concessioni ai funzionari cinesi. Il consigliere per la sicurezza nazionale ieri ha sottolineato che in questo modo Pechino sta violando le leggi locali.
Continuano le tensioni nel Mar cinese meridionale tra la Cina e le Filippine. Il consigliere per la sicurezza nazionale Eduardo Ano ha chiesto l’espulsione dei diplomatici cinesi dopo che questi hanno rilasciato la presunta conversazione telefonica di un ufficiale militare filippino: «i ripetuti atti da parte dell’ambasciata cinese di creare e diffondere ora rilasciando trascrizioni o registrazioni fasulle di presunte conversazioni tra funzionari del Paese ospitante – non dovrebbero essere consentiti senza autorizzazione o senza gravi sanzioni», ha affermato ieri il consigliere per la sicurezza nazionale.
La presunta conversazione, che risalirebbe a gennaio, è stata diffusa questa settimana. Nell’audio, un diplomatico cinese e un ammiraglio filippino di nome Alberto Carlos, discutono della disputa nel Mar cinese meridionale, dove Pechino ripetutamente invade le acque territoriali non solo delle Filippine, ma anche di altri Paesi del sud-est asiatico, per ottenere il controllo delle risorse ittiche e marine.
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Il militare filippino avrebbe accettato di «allentare la tensione ad Ayungin», un isolotto sommerso (chiamato Second Thomas Shoal a livello internazionale) parte delle Isole Spratly, dove un piccolo contingente di militari filippine vive a bordo del relitto di una nave da guerra fatta intenzionalmente arenare da Manila nel 1999 per promuovere le proprie rivendicazioni territoriali. Oggi viene utilizzata come appoggio per i rifornimenti. Carlos avrebbe promesso di limitare il numero di navi filippine che si recano alla base e fornire un preavviso alla Cina.
Il ministero degli Esteri cinese ha subito risposto alle dichiarazioni di Ano di ieri, affermando di «chiedere solamente che le Filippine garantiscano ai diplomatici cinesi di poter svolgere normalmente i loro compiti».
Le relazioni tra i due Paesi continueranno a essere tese, secondo gli osservatori, nonostante a gennaio entrambi avessero promesso di voler migliorare le comunicazioni per gestire le tensioni. Dall’inizio dell’anno ci sono stati tre scontri diretti tra la Guardia costiera filippina e la Marina cinese, ha fatto sapere Manila.
Nelle ultime settimane la Cina ha anche più volte fatto riferimento ad un presunto «accordo segreto» stipulato con il precedente presidente Rodrigo Duterte, effettivamente più filo-cinese rispetto all’attuale Ferdinand Marcos Jr. In base al presunto accordo, Manila avrebbe promesso di non riparare o costruire strutture a Second Thomas Shoal, ma il ministro della Difesa filippino ha dichiarato di non essere a conoscenza di nessun trattato di questo tipo.
Don McLain Gill, analista e docente presso l’Università De La Salle di Manila, ha spiegato al Nikkei che nel caso in cui le Filippine decidano di espellere i diplomatici cinesi, Pechino risponderebbe alla stessa maniera. Al momento la questione resta senza una vera risoluzione.
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Cina
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