Gender
Resta in carcere l’insegnante che aveva chiamato il suo studente transessuale con i pronomi sbagliati
Un insegnante irlandese che ha sostenuto che riferirsi a uno studente transgender come «they» («loro») anziché «he» («lui») era contrario alle sue convinzioni cristiane trascorrerà il periodo natalizio in prigione, ha stabilito un tribunale.
Enoch Burke, ex insegnante di storia e tedesco alla Wilson’s Hospital School nella contea di Westmeath, è stato incarcerato per la seconda volta a settembre.
L’insegnante, che proviene da un ambiente cristiano protestante, aveva ripetutamente mancato di obbedire a un’ordinanza del tribunale che gli impediva di entrare nel cortile della scuola, dalla quale era stato licenziato l’anno scorso.
Burke, a cui la corte ha detto che sarà rilasciato dalla custodia se accetterà verbalmente di rispettare l’ordine, ha detto martedì in un’udienza presso l’Alta Corte di Dublino che farlo significherebbe «rinunciare» alle sue convinzioni religiose e ad un’approvazione del «transgenderismo».
Presidente della corte, il giudice Mark Sanfey ha affermato che è diventato chiaro che Burke non aveva intenzione di rispettare l’ordine del tribunale e che non c’era motivo giustificabile per rilasciarlo finché non si fosse piegato. La prossima revisione avverrà il 27 febbraio, ha detto Sanfey, aggiungendo che Burke può ottenere il suo rilascio in qualsiasi momento prima di allora, dicendo che rispetterà l’ordine.
L’anno scorso, il Burke era stato accusato dalla Wilson’s Hospital School di cattiva condotta dopo essersi opposto a un’e-mail inviata dai funzionari scolastici in cui si richiedeva che uno studente in transizione fosse indicato con un pronome neutro rispetto al genere. Le autorità scolastiche hanno affermato che Burke si era confrontato in modo non professionale con il preside in merito alla richiesta.
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Nonostante sia stato sospeso con lo stipendio intero nel maggio 2022 in attesa di un’indagine sulla sua presunta cattiva condotta, Burke aveva continuato ad arrivare a scuola ogni giorno. È stato licenziato l’agosto successivo e, nel maggio 2023, l’Alta Corte irlandese ha stabilito che la scuola aveva agito legalmente nella sospensione iniziale di Burke, che a suo dire aveva «violato» nei suoi terreni.
In un’udienza dell’anno scorso, Burke ha detto alla corte: «sono un insegnante e non voglio andare in prigione. Voglio essere nella mia classe oggi, è lì che ero stamattina quando sono stato arrestato».
«Amo la mia scuola, con il suo motto Res Non Verba, azioni non parole, ma sono qui oggi perché ho detto che non avrei chiamato femmina un ragazzo». Tuttavia, la corte sostiene che Burke non è perseguitato per le sue convinzioni religiose, ma specificamente per essersi rifiutato di smettere di sconfinare nella proprietà della scuola.
Nel frattempo, Burke ha accusato i tribunali di non aver riconosciuto il suo diritto costituzionale alla libertà religiosa, e afferma che questi diritti sono stati violati quando gli è stato chiesto di riferirsi a uno studente con i pronomi.
Tale tipo di scenario potrebbe realizzarsi a breve in Italia, dove anzi esso è previsto. In un documento circolante sulla cosiddetta «carriera alias» , «si prevede che lo studente «disforico», attraverso una semplice domanda rivolta al dirigente scolastico – una sorta di autocertificazione – possa acquisire, “senza esibire alcun tipo di documentazione né medica, né psicologica“, il diritto a essere chiamato da tutti, all’interno della struttura scolastica, con un nome diverso da quello attribuito alla nascita e non corrispondente al sesso di appartenenza, nonché di vedersi riconosciuta da tutti, sempre all’interno della struttura scolastica, l’identità parallela prescelta» scrive Elisabetta Frezza.
È quindi programmato un sistema punitivo: «nel regolamento si legge anche che “in caso di inosservanze, chiunque ne faccia esperienza o ne abbia (direttamente o indirettamente) notizia, anche in ragione di eventuali rapporti fiduciari, informerà tempestivamente la dirigenza scolastica, affinché siano adottati gli opportuni provvedimenti”».
Anche in Italia, con evidenza, i tasselli per tanti casi Burke sono tutti pronti.
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Immagine di un parente di Enoch Burke rimosso dal tribunale dalla polizia irlandese, screenshot da YouTube
Gender
Il Perù classifica i transgender come «malati di mente»
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Arte
Attrici giapponesi che si vestono da uomini bullizzano collega fino a spingerla al suicidio
Dal Giappone arriva l’eco di un episodio di bullismo e violenza sistematica sfociati in un suicidio all’interno di una struttura esclusivamente femminile. Una sorta di suicidio femminicida, ma ad opera di femmine.
Teatro della vicenda è per il corpo teatrale Takarazuka, un’istituzione più che secolare nel mondo dello spettacolo giapponese. Il concetto alla base del corpo teatrale è che sono soltanto attrici a salire in scena, interpretando anche i ruoli maschili. Tale idea, di per sé spiazzante, inverte completamente la tradizione del teatro tradizionale Kabuki, dove sono gli attori maschi a ricoprire tutti i ruoli.
Gli spettacoli del Takarazuka sono tuttavia distanti anni luce dal rigido formalismo del Kabuki: qui si tratta di musical che attingono dalle fonti più disparate, da West Side Story all’Evgenij Onegin, spesso spingendo a tavoletta su elementi che qualche anno fa si definivano camp o kitsch, in italiano lo si potrebbe semplicemente chiamare «pacchianeria», benché estremamente professionale e ben fatta.
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Il seguito che hanno questi spettacoli nel contesto nipponico è impressionante, ancora di più perché per la grandissima maggioranza femminile: lo scrivente ricorda di essersi imbattuto in una lunghissima coda in attesa di entrare nel teatro di Tokyo – in zona centralissima, vicino al palazzo imperiale – dove si esibisce la compagnia. Si poteva constatare che gli uomini tra la folla erano appena una manciata.
Un ambiente quindi quasi completamente femminile, al sicuro da patriarcato e maschilismo tossico.
E allora, come si spiegano allora vessazioni di gruppo, ustioni procurate con le piastre per i capelli, carichi di lavoro insostenibili assegnati al solo scopo di umiliare e di lasciare soltanto tre ore di sonno al giorno? È questa l’ordalia che ha portato la 25enne Aria Kii a gettarsi nel vuoto per porre fine alla sua vita nel settembre del 2023.
La vicenda era stata prontamente insabbiata dall’azienda che gestisce la compagnia teatrale ma è stata riportata a galla dall’ineffabile Shuukan Bunshun, testata con una lunga e gloriosa tradizione di caccia agli scheletri negli armadi. Nella primavera di quest’anno i dirigenti dell’azienda in questione hanno pubblicamente ammesso la loro responsabilità nel non essere stati in grado di vigilare adeguatamente l’ambiente lavorativo delle attrici.
Duole dire che per la società giapponese uno scenario così è tutto fuorché inconsueto: il proverbio «il chiodo che sporge verrà martellato» illustra ancora con una certa fedeltà le dinamiche sociali che si formano all’interno delle istituzioni giapponesi – siano esse scuole, aziende, partiti.
Negli ultimi tempi c’è un evidente cambiamento in atto soprattutto per quanto riguarda il mondo del lavoro, ma il bullismo allo scopo di creare coesione all’interno di un gruppo è una pratica a cui i giapponesi ricorrono abitualmente e che non sembra soffrire di particolare disapprovazione sociale.
Dal Giappone ci chiediamo con sincerità come un giornalista italiano – di area woke, ma anche solo attento a seguire i dettami del politicamente corretto elargiti ai corsi di deontologia dell’Ordine – potrebbe riportare la notizia della triste morte di Aria, con lo stuolo di angherie subite in un contesto esclusivamente femminile.
Taro Negishi
Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo
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Immagine screenshot da YouTube
Gender
Celebrato in chiesa un «quasi matrimonio» omosessuale
I fatti
Un video, disponibile su un account Instagram, mostra una cerimonia che sembra un matrimonio, ma le due persone coinvolte sono donne: K. B. e M. K., quest’ultima per 14 anni pastore delle comunità metodiste unite intorno a Chicago. Contattato da OSV News, il sacerdote ha ammesso di essere il celebrante visibile nel video e che la benedizione, che ha detto di aver impartito su richiesta delle interessate, si è svolta nella parrocchia di San Vincenzo de’ Paoli. La scena è stata girata utilizzando un cellulare. La chiesa sembra vuota, ma il sacerdote indossa camice e stola. Il sacerdote si rivolge alle due donne e chiede loro: «vi impegnate di nuovo liberamente ad amarvi come santi sposi e a vivere insieme in pace e concordia per sempre?» – «Noi lo facciamo, io lo faccio», rispondono. Padre Williams continua: «Dio d’amore, aumenta e consacra l’amore che Kelli e Myah nutrono l’una per l’altra». Anche se non c’è scambio di anelli, il sacerdote dice: «Possano gli anelli che si sono scambiati essere un segno della loro lealtà e del loro impegno. Possano continuare a prosperare nella tua grazia e benedizione. Questo te lo chiediamo per Cristo nostro Signore». Conclude facendo il segno della croce, dicendo: «Scenda su di voi la benedizione di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo».Sostieni Renovatio 21
Spiegazioni confuse e contraddittorie
Nella sua risposta a OSV News, padre Williams ha giustificato l’uso del camice e della stola: «Io lo faccio così. Quando vado a casa di qualcuno per benedire la sua casa, indosso il camice e la stola. (…) Questo è quello che faccio come prete. Fa parte del mio abbigliamento». Quanto a Fiducia Supplicans, ha spiegato che il suo agire derivava dalla sua «comprensione del testo». Aggiunge che «il Santo Padre ha detto che le coppie dello stesso sesso possono essere benedette purché non rifletta una situazione matrimoniale (…) purché sia chiaro che non si tratta di un matrimonio». Si difende in ogni caso. Quando la signora K. aveva chiesto la benedizione, padre Williams le aveva detto: «Per favore, capisca che questo non è in alcun modo un matrimonio, un matrimonio vero e proprio, o qualcosa del genere. È semplicemente una benedizione delle persone». Tuttavia, ha spiegato ulteriormente a OSV News che l’uso del termine «santi sposi» nella benedizione da lui scritta intendeva significare «coppia». – Deve essere uno scherzo… «santi sposi» per persone in situazione di peccato oggettivamente grave! OSV News è stata piuttosto aggressiva nell’inviare un collegamento al video all’arcidiocesi di Chicago per un commento; nonché al cardinale Victor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) che ha prodotto Fiducia supplicans, per un parere su questo atto.Una deriva prevedibile e inevitabile
Non c’era bisogno di essere profeti per dire che questa situazione si sarebbe verificata prima o poi, una volta pubblicata Fiducia supplicans. E questa probabilmente è solo la punta dell’iceberg. La situazione continuerà a peggiorare e le cerimonie diventeranno esplicitamente «matrimoni». Non esistono trentasei modi per fermare questa deriva mostruosa: eliminare la deriva iniziale, cioè la dichiarazione stessa. Intanto il responsabile in primis di questa cerimonia di Chicago è il prefetto del DDF. È lui che dovrà rispondere innanzitutto a Dio. Articolo previamente apparso su FSSPX.news.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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