Geopolitica
La NATO si prepara al «conflitto ad alta intensità» con la Russia: parla il presidente ceco Pavel
La NATO considera la Russia come la più grande minaccia in Europa e si sta preparando per un grande conflitto, ha detto mercoledì il presidente ceco Petr Pavel, ribadendo che le nazioni dell’Europa centrale continueranno a sostenere Kiev nella sua lotta con Mosca.
Intervenendo al vertice del Gruppo di Visegrad, il club politico informale di cui fanno parte la Repubblica Ceca, la Polonia, l’Ungheria e la Slovacchia, Pavel ha sottolineato di non avere l’impressione che i suoi colleghi abbiano opinioni opposte sul conflitto in Ucraina.
«Siamo tutti d’accordo che è nel nostro immediato interesse che l’Ucraina abbia successo», ha detto, descrivendo l’assistenza a Kiev come un «passo naturalmente umano».
Alla domanda su una potenziale minaccia da parte della Russia per il blocco militare guidato dagli Stati Uniti, Pavel ha suggerito che ci vorranno anni prima che Mosca ripristini le sue capacità di combattimento, ma ha invitato alla cautela. «D’altronde ci sono molte variabili nel calcolo che potrebbero cambiare la situazione. Dipenderà davvero dall’esito del conflitto in Ucraina», ha detto Pavel.
«Tutti gli eserciti si stanno preparando alla possibilità di un conflitto ad alta intensità», ha aggiunto.
Mentre la Repubblica Ceca e la Polonia sono state convinte sostenitrici dell’Ucraina, l’Ungheria ha costantemente rifiutato di inviare armi a Kiev criticando la politica dell’UE, sostenendo che danneggia solo il blocco.
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La presidente ungherese Katalin Novakova ha affermato che, mentre Budapest è pronta a fornire a Kiev il «massimo aiuto» affinché possa proteggere il suo popolo, ha insistito sul fatto che la questione dell’adesione dell’Ucraina all’UE sia direttamente collegata alla sua capacità di garantire i diritti della minoranza ungherese nel Paese.
Nel frattempo, anche il governo slovacco ha rifiutato di fornire aiuti militari all’Ucraina dopo che il neoeletto primo ministro Robert Fico ha mantenuto la promessa elettorale di «non un solo proiettile» all’Ucraina. Tuttavia, la Slovacchia non ha ridotto l’assistenza umanitaria.
La Russia ha affermato in numerose occasioni di non avere intenzione di attaccare la NATO. Mosca, tuttavia, ha tradizionalmente considerato la strisciante espansione del blocco verso i suoi confini come una minaccia geopolitica critica. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha descritto l’alleanza come uno «strumento di confronto» creato per contenere prima l’Unione Sovietica e poi la Russia, riporta RT.
Il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato l’allarme sulla potenziale adesione dell’Ucraina alla NATO, citandola forse come una delle ragioni principali dell’inizio del conflitto nel febbraio 2022.
Un anno fa, a pochi mesi dall’inizio della guerra ucraina, Praga fece sapere che per sostenere Kiev aveva già esaurito le scorte di armi.
Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni dalla morte della giornalista russa Darja Dugina, assassinata con un’autobomba a Mosca, il ministro della Difesa della Cechia Jana Chernochova disse via Twitter di non sentirsi dispiaciuta per la questione.
Secondo quanto riportato da testate locali, la polizia ceca starebbe perseguendo i cittadini che sostengono la Russia. La Procura ceca ha avvertito nel febbraio 2022 che appoggiare l’operazione militare russa in Ucraina durante manifestazioni o online, così come elogiare o sostenere alti funzionari russi, può essere trattato come «approvazione di un crimine», o «negare, mettere in discussione, approvare o giustificazione di un genocidio» ai sensi del codice penale. Le autorità di Praga avevano annunciato l’anno scorso che l’esprimersi a favore di Mosca avrebbe potuto comportare una pena di fino a tre anni di carcere.
La guerra nella vicina Ucraina ha prodotto in Repubblica Ceca episodi grotteschi come quello del rifugiato 36enne di Odessa arrestato per aver messo un petardo nella vagina della moglie.
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Immagine di Navy Petty Officer 1st Class Dominique A. Pineiro – Chairman of the Joint Chiefs of Staff via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Economia
I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump
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«Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».Gracias Presidente @realDonaldTrump por confiar en el pueblo argentino. Usted es un gran amigo de la República Argentina. Nuestras Naciones nunca debieron dejar de ser aliadas. Nuestros pueblos quieren vivir en libertad. Cuente conmigo para dar la batalla por la civilización… pic.twitter.com/G4APcYIA2i
— Javier Milei (@JMilei) October 27, 2025
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Geopolitica
Sudan, le Forze di Supporto Rapido rivendicano la cattura del quartier generale dell’esercito
Le Forze di Supporto Rapido (RSF), milizia paramilitare sudanese, hanno annunciato di aver assunto il controllo del quartier generale dell’esercito nella città di Al-Fashir, devastata dal conflitto.
La capitale del Darfur settentrionale è sotto assedio da parte delle milizie da oltre un anno, con le Nazioni Unite che denunciano attacchi sistematici contro i civili, inclusi l’uccisione e la mutilazione di oltre 1.000 bambini.
Domenica, un portavoce delle RSF ha dichiarato in un comunicato che il gruppo ha conquistato completamente il comando della Sesta Divisione di Fanteria delle Forze Armate Sudanesi (SAF) dopo «battaglie eroiche caratterizzate da operazioni mirate e assedi strategici».
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«La liberazione… segna una svolta cruciale nelle battaglie condotte dalle nostre valorose forze. Traccia le basi per un nuovo Stato a cui tutti i sudanesi contribuiranno», ha affermato il rappresentante delle RSF.
Si ritiene che il quartier generale della Sesta Divisione di fanteria fosse l’ultima roccaforte dell’esercito nel Darfur, dove i combattimenti tra SAF e RSF infuriano da oltre due anni.
Da quando ha assediato Al-Fashir nell’aprile 2024, le RSF sono state accusate di attacchi indiscriminati contro i civili, con droni e artiglieria. Secondo le Nazioni Unite, circa 260.000 civili, di cui 130.000 bambini, sono intrappolati in condizioni disperate, isolati dagli aiuti umanitari nella città.
Secondo organizzazioni per i diritti umani, all’inizio di questo mese almeno 20 persone sono state uccise in attacchi contro una moschea e l’ospedale saudita, l’ultima struttura medica operativa di Al-Fashir, dopo l’uccisione di circa 100 civili a settembre.
Domenica, Tom Fletcher, coordinatore degli aiuti d’emergenza delle Nazioni Unite, si è detto «profondamente allarmato» dalla situazione ad Al-Fashir, chiedendo un cessate il fuoco immediato in tutto il Sudan. Il Fletcher sottolineato che i combattenti continuano ad avanzare in città, bloccando le vie di fuga e lasciando i civili intrappolati, affamati e terrorizzati.
Il conflitto tra l’esercito e le RSF, scoppiato a Khartoum nell’aprile 2023, ha generato quella che l’ONU considera una delle peggiori crisi umanitarie al mondo.
L’esercito non ha ancora commentato la presunta perdita del quartier generale di Al-Fashir, ma il suo comandante, Abdel Fattah Al-Burhan, ha discusso con l’ambasciatore turco Fatih Yildiz di questioni come gli sforzi per revocare l’assedio alla capitale della regione, secondo una nota ufficiale.
Come riportato da Renovatio 21, il comandante delle Forze di supporto rapido (RSF) paramilitari sudanesi, Mohamed Hamdan Dagalo, ha prestato giuramento come capo di un governo rivale del Sudan.
Come riportato da Renovatio 21, la RSF aveva annunciato un «governo di pace e unità» parallelo ancora lo scorso febbraio.
Le stragi nel Paese non si contano. Due mesi fa si era consumato un orribile massacro a seguito di un attacco aereo ad un mercato. Settimane fa c’era stato un attacco ad un ospedale.
Come riportato da Renovatio 21, a fine 2024 le fazioni rivali sudanesi avevano interrotto i negoziati.
Il conflitto ha casato già 15 mila morti e 33 mila feriti. Le Nazioni Unite hanno descritto la situazione umanitaria in Sudan come una delle crisi più gravi al mondo. Mesi fa la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Cindy McCain, aveva avvertito che la guerra di 11 mesi «rischia di innescare la più grande crisi alimentare del mondo».
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Gli USA sono stati accusati l’estate scorsa di aver sabotato gli sforzi dell’Egitto per portare la pace in Sudan.
Le tensioni in Sudan hanno portato perfino all’attacco all’ambasciata saudita a Karthoum, mentre l’OMS ha parlato di «enorme rischio biologico» riguardo ad un attacco ad un biolaboratorio sudanese.
Come riportato da Renovatio 21, il generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto e capo dell’esercito della nazione africana dilaniata dalla guerra, due mesi fa è stato oggetto di un tentato assassinio via drone.
Il Paese è stato svuotato dei suoi seminaristi.
La Russia nel frattempo fa ha annunziato l’apertura di una base navale in Sudan.
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Immagine di Coordenação-Geral de Observação da Terra/INPE via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Lavrov: falchi europei minano i negoziati tra Russia e Stati Uniti
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