Geopolitica
Assassinata figura prominente dell’opposizione del Congo
Un ex ministro del governo nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) è stato trovato morto giovedì.
Il corpo di Cherubin Okende, ultimamente portavoce dell’opposizione politica del Paese, è stato ritrovato crivellato di proiettili nella sua auto nella capitale, Kinshasa, il giorno dopo la denuncia della sua scomparsa.
Il ministro delle comunicazioni della RDC Patrick Muyaya ha affermato che il governo ha ricevuto la notizia dell’«assassinio» di Okende con «orrore».
«Pur condannando questo atto atroce, [il presidente Felix Antoine Tshisekedi Tshilombo] ha incaricato tutti i servizi di sicurezza di svolgere diligentemente un’indagine approfondita per far luce su questo atto inaccettabile», ha affermato.
Okende, 61 anni, è stato ministro dei trasporti del governo fino a dicembre dello scorso anno, quando si è dimesso per unirsi al partito di opposizione Ensemble pour la Republique e ne è diventato il portavoce.
Secondo i media locali, avrebbe dovuto comparire davanti alla Corte Costituzionale della RDC in merito alla sua dichiarazione dei beni al momento della sua partenza dalle funzioni ministeriali.
La sua famiglia ha detto ai media che mercoledì era andato in tribunale per chiedere un rinvio dell’incontro, ma non è mai tornato a casa.
Moise Katumbi, il leader del partito di Okende, che si candiderà alla presidenza a dicembre, crede che il suo collega sia stato rapito all’interno del recinto del tribunale.
Katumbi ha detto all’emittente radiofonica francese RFI che si è trattato di «un assassinio politico», sostenendo che il paese era «tornato a un regime di terrore».
Le tensioni politiche nella RDC sarebbero in aumento in vista delle elezioni del 20 dicembre, in cui l’attuale presidente, Felix Tshilombo, al potere dal 2019, si candida per un secondo mandato quinquennale.
Le proteste sono state organizzate da gruppi di candidati alla presidenza, chiedendo un nuovo controllo indipendente e trasparente del registro elettorale del Paese, scrive RT.
Salomon Kalonda, consigliere di Katumbi, è stato arrestato e accusato di aver minato la sicurezza dello Stato alla fine di maggio a seguito di una violenta marcia dell’opposizione.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso in una zona della provincia congolese di Ituri un gruppo terrorista chiamato CODECO ha compiuto una strage di circa una cinquantina di persone.
Il CODECO è stato talvolta descritto come una «setta» che miscela di animismo e rituali cristianeggianti, più una forma di culto della personalità del defunto leader Justin Ngudjolo. La fazione più religiosa del CODECO è guidato da tale Ngadjole Ngabu, noto come «il Sacrificatore», che si è presentato come leader spirituale a un ramo dominante del gruppo.
«Il Sacrificatore» avrebbe usato la sua posizione per ordinare o vietare l’esecuzione di attacchi da parte dei combattenti sotto il suo comando. Assieme ad altri combattenti del CODECO, Ngabu ha incontrato una delegazione di pace del governo guidata da ex signori della guerra locali dei primi anni del conflitto. con una riduzione, secondo fonti AFP, del tasso di massacri.
Ora la violenza della milizia esoterica sembra ripartita. Come quella che coinvolge direttamente la politica del Congo.
Immagine screenshot da YouTube
Geopolitica
Zelens’kyj, la NATO e il presidente degli Stati Uniti: «alcuni vivono, altri muoiono»
Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj sembra aver affermato che Washington potrebbe riconsiderare la sua opposizione all’adesione dell’Ucraina alla NATO qualora il presidente degli Stati Uniti Donald Trump morisse.
Durante un discorso tenuto giovedì al vertice di Bruxelles, lo Zelens’kyj ha lasciato intendere che l’opposizione di Washington potrebbe cambiare in futuro.
«La politica degli Stati Uniti è coerente riguardo all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Non ci vedono lì… Forse la posizione cambierà in futuro», ha affermato. «È una questione di politica. Il mondo cambia, alcuni vivono, altri muoiono. Questa è la vita», ha detto.
🚨 JUST IN: Volodymyr Zelensky has shockingly hinted that he may be waiting for Donald Trump’s dèath.
“The United States currently does not see us in NATO. Everything in our life is ‘for now.’ The position may change in the future. […] Politicians change, some live, some die.” pic.twitter.com/0512O4rhQf
— FAN TRUMP ARMY (@TRUMP_ARMY_) December 18, 2025
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All’inizio di quest’anno, gli Stati Uniti hanno condannato l’attivista filo-ucraino Ryan Wesley Routh per aver tentato di assassinare Trump durante la sua campagna di rielezione. Il presunto assassino aveva allestito una postazione di cecchinaggio presso la recinzione esterna del campo da golf del presidente in Florida, ma è stato scoperto da un agente dei servizi segreti ed è fuggito, solo per essere braccato e arrestato.
Pochi mesi prima, Trump era sopravvissuto a un tentativo di assassinio durante un comizio vicino a Butler, in Pennsylvania, quando un uomo armato aveva aperto il fuoco da un tetto, sfiorando l’orecchio dell’allora candidato e uccidendo un membro della folla.
Finora lo Zelens’kyj ha resistito alla spinta di pace del presidente degli Stati Uniti, incontrando i suoi sponsor dell’Europa occidentale per redigere una proposta contraria che, a quanto pare, contiene una serie di clausole che sarebbero totalmente inapplicabili per Mosca, il che di fatto ucciderebbe i colloqui.
L’Europa occidentale sta sfruttando il conflitto per procura in Ucraina «per tramare contro gli Stati Uniti e tutti coloro che cercano una soluzione giusta», ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un’intervista rilasciata alle notizie iraniane all’inizio di questa settimana, sottolineando che Kiev fa affidamento su «denaro, istruttori» e dati di intelligence europei.
I funzionari russi hanno sostenuto che i sostenitori europei di Kiev stanno ostacolando gli sforzi di pace sostenuti dagli Stati Uniti aggiungendo clausole che sono «inaccettabili» per Mosca. Il Cremlino ha criticato la «diplomazia del megafono» nei colloqui e non ha rivelato i dettagli. Secondo quanto riportato dai media, tuttavia, la delegazione diplomatica russa è attesa in Florida questa settimana per un altro round di negoziati.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Putin: «il capo della NATO è un uomo intelligente che dice sciocchezze»
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Geopolitica
Trump chiede petrolio al Venezuela
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che Washington intende recuperare petrolio, terreni e altri asset dal Venezuela, sostenendo che le amministrazioni precedenti abbiano consentito a Caracas di appropriarsi di interessi economici americani nel Paese.
Intervenendo con i giornalisti mercoledì, Trump ha affermato che il Venezuela ha sottratto «diritti petroliferi» e altri beni che, secondo lui, spettavano agli Stati Uniti, motivando così la sua scelta di imporre un blocco navale a Caracas.
«Ci hanno preso i diritti petroliferi. Avevamo un sacco di petrolio lì», ha dichiarato Trump. «Hanno buttato fuori le nostre aziende e noi lo vogliamo indietro».
Trump ha criticato le precedenti amministrazioni per la loro debolezza, che avrebbe permesso al Venezuela di assumere il controllo di asset un tempo in mano a società statunitensi. «Ce l’hanno tolto perché avevamo un presidente che forse non stava guardando», ha aggiunto. «Ma non lo faranno. Lo vogliamo indietro».
Nel 1976 il Venezuela nazionalizzò l’industria petrolifera, dando vita alla compagnia statale PDVSA e ponendo fine alla proprietà diretta straniera sulle riserve di greggio, pur permettendo alle imprese internazionali di operare attraverso contratti di servizio.
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Nel 2007, durante la presidenza di Hugo Chavez, il governo acquisì la maggioranza di importanti progetti petroliferi. Diverse compagnie energetiche occidentali, tra cui ExxonMobil e ConocoPhillips, lasciarono il Paese dopo aver rifiutato le nuove condizioni e in seguito avviarono procedimenti arbitrali.
Lo stallo si inserisce in un quadro di potenziamento della presenza militare statunitense nei Caraibi. Da settembre, le forze americane hanno effettuato operazioni contro presunti narcotrafficanti in mare, causando la morte di oltre 90 persone in azioni dirette contro imbarcazioni che Washington considera collegate ai cartelli. Trump ha inoltre minacciato di estendere gli attacchi al territorio venezuelano, accusando Caracas di ospitare «narcoterroristi», accuse che il governo venezuelano ha sempre respinto.
Martedì, Trump ha proclamato «un blocco totale e completo di tutte le petroliere sanzionate in entrata e in uscita dal Venezuela… finché non restituiranno agli Stati Uniti d’America tutto il petrolio, la terra e gli altri beni che ci hanno precedentemente rubato».
Caracas ha condannato il blocco definendolo illegale e contrario al diritto internazionale, al libero commercio e alla libertà di navigazione. Il governo venezuelano ha rigettato le affermazioni di Trump, ribadendo che le sue risorse petrolifere e minerarie costituiscono proprietà sovrana. «Il Venezuela non sarà mai più una colonia di un impero o di una potenza straniera», ha affermato la vicepresidente Delcy Rodriguez.
Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo corrono voci di una dichiarazione di guerra al Venezuela da parte della Casa Bianca, che tuttavia non si è ancora materializzata.
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