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Omelia di Mons. Viganò nella festa della Conversione di San Paolo Apostolo

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Renovatio 21 pubblica quest’omelia di monsignor Carlo Maria Viganò.

 

 

 

VAS ELECTIONIS EST MIHI ISTE

Omelia dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò nella festa della Conversione di San Paolo Apostolo

 

 

Egregie Doctor Paule, mores instrue,

Et nostra tecum pectora in cœlum trahe;

Velata dum meridiem cernat fides,

Et solis instar sola regnet caritas.

O egregio dottore Paolo, insegna le leggi

e attira i nostri spiriti con te verso il cielo,

fin quando l’oscurata Fede scorga il mezzodì

e la sola Carità regni a somiglianza del sole.

 

 

 

 

 

La Conversione di San Paolo è una conquista di Santo Stefano, e non a caso la divina Liturgia pone questa festa a pochi giorni da quella del Protomartire, che il giudeo Saulo, ligio all’Antica Legge e fedele esecutore della volontà dei Sommi Sacerdoti, vide martirizzato sotto i suoi occhi e forse egli stesso martirizzò, credendo di compiere un’azione conforme ai precetti osservati da ogni Ebreo ortodosso.

 

Commenta l’abate Guéranger: Per completare la corte del nostro grande Re, era giusto che si elevassero ai lati della mangiatoia le due potenti colonne della Chiesa, l’Apostolo dei Giudei e l’Apostolo dei Gentili: Pietro con le chiavi e Paolo con la spada. Così Saulo, da ebreo osservante e persecutore dei Cristiani, diventa Paolo, conquistatore dei pagani al Vangelo. 

 

Oggi la potenza di Cristo abbatte il Suo nemico, e la Sua misericordia lo risolleva facendo di lui un campione della Fede e il compagno del Principe degli Apostoli, assieme al quale egli verserà il proprio sangue nell’Urbe: O Roma felix, quæ duorum Principum es consecrata glorioso sanguine, cantiamo nell’inno Decora lux. Felice Roma, consacrata dal glorioso sangue dei due Principi! Un sangue che è glorioso perché da esso, versato per amore di Cristo, non deriva la morte ma la vita, non la sconfitta ma la vittoria, non l’ignominia del supplizio ma la gloria della palma del Martirio. 

 

Quando i Pastori obbedivano a Dio e non inseguivano gli inganni di questo mondo, dalla festa della Cattedra di San Pietro in Roma a quella della Conversione di San Paolo si teneva l’Ottavario di preghiera per la conversione dei non Cattolici, scismatici, eretici e pagani. La nuova chiesa, sulla falsariga del Vaticano II, ha rinnegato la propria missione e cerca di nascondere ciò che ci separa dalle sette e dagli idolatri, enfatizzando ciò che secondo loro ci unisce.

 

E quel momento di preghiera è diventato la «Settimana per l’unità dei Cristiani», anteponendo gli scopi di un insano ecumenismo alla missione soprannaturale della predicazione della vera Fede.

 

Vi invito dunque a pregare per i chierici e i Prelati persecutori dei buoni Cattolici, e per quanti come Saulo credono di osservare i precetti della legge mentre sono nell’errore.

 

Chiediamo al Signore di mostrarSi loro e di convertirli, come fu convertito l’Apostolo dei gentili.

 

Non vi stupisca questo parallelo: il velo del tempio che si strappò per il lungo nel momento della morte del Salvatore sulla Croce pose fine all’antica Alleanza, facendo della Chiesa di Cristo il nuovo Israele, e dei battezzati il nuovo popolo eletto.

 

Questa nuova ed eterna Alleanza, suggellata nel Sangue dell’Agnello di cui erano figura i sacrifici del Tempio, accolse molti figli della Sinagoga, illuminati dalle profezie messianiche e confermati dai miracoli del Signore: tra costoro vi furono tanti che, come Saulo, obbedirono alla Legge finché non furono toccati dalla Grazia che mostrò loro il compimento delle Scritture in Gesù Cristo.

 

E mentre l’accecamento della perfidia non lasciava scorgere la Luce venuta nel mondo e la respingeva; mentre il Sinedrio cospirava con Pilato nel timore di veder compromesso il proprio potere e nascondeva ai semplici le verità custodite nei rotoli di Isaia e dei santi Profeti; mentre Saulo cercava in tutte le sinagoghe di costringere i cristiani con minacce a bestemmiare (At 26, 11), ossia a rinnegare la divinità di Cristo e la Sua venuta come Messia promesso, si preparava il grande miracolo della conversione: istantanea, immediata, fulminea come tutte le cose che riguardano Dio. 

 

Il cammino di conversione è talvolta arduo e lungo, irto di difficoltà e di cadute; ma la conversione in sé avviene con la forza e la potenza di cui il Signore è capace, quando ci tocca con la luce della Verità e con il fuoco della Carità.

 

Chi sei tu, Signore?, chiede Saulo, disarcionato da cavallo; Io sono Gesù, che tu perseguiti (At 9, 5). Nella luce sfolgorante in cui risuona la voce di Cristo, uno dei più temuti inquisitori del Tempio riconosce il miracolo, ne comprende il divino Artefice, Gli si rivolge chiamandolo «Signore», obbedisce all’ordine di recarsi a Damasco. Egli rimane abbagliato e cieco per tre giorni, e per tre giorni digiuna, in mistica preparazione all’epifania di Cristo. 

 

Con un altro miracolo, Anania viene istruito di recarsi a guarire Saulo di Tarso, e quegli rimane stupito perché il giudeo ha l’autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome (At 9, 14). E il Signore gli risponde: Và, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome (ibid., 15-16). Recatosi dunque da Saulo, Anania gli impone le mani e lo guarisce, facendo cadere dai suoi occhi il velo della cecità, figura dell’oscuramento della vista dell’anima. Ricolmo di Spirito Santo, Saulo fu subito battezzato (ibid., 18) con il nome di Paolo.

 

Anche oggi un Sinedrio di seguaci del Vaticano II manda nelle sinagoghe i suoi ministri a perseguitare i Cattolici tradizionali, perché siano puniti e condotti all’osservanza dei riti riformati. Anche oggi vi sono dei Sauli zelanti e terribili che cercano i fedeli per «costringerli a bestemmiare», a rinnegare l’insegnamento di Cristo e ad obbedire ai Sommi Sacerdoti e agli scribi del popolo. Molti di loro credono di essere giusti e di rispettare la Legge. Ma la potenza di Dio, che rovescia e atterra i superbi, vuole toccare l’anima di costoro come fece con Saulo.

 

È per questi, cari fedeli, che vi invito a pregare: perché il Signore mostri la Sua potenza nel disarcionarli dalle loro granitiche certezze, per accecarli nel loro orgoglio; e usi nei loro riguardi la Sua misericordia per risollevarli, restituire loro la vista spirituale, colmarli dello Spirito Santo e farne dei Suoi apostoli.

 

Preghiamo perché i Prelati e i sacerdoti che oggi obbediscono al Sinedrio romano, che non vuole riconoscere Cristo Re mentre rende omaggio a Cesare, siano illuminati dalla Grazia del Signore. Perché essi tornino nelle sinagoghe come Paolo a proclamare Gesù Figlio di Dio (ibid., 20), a dimostrare che Gesù è il Cristo (ibid., 22), a predicare che il Sacrificio della nuova ed eterna Alleanza si rinnova sull’altare di coloro che fino ad oggi hanno perseguitato.

 

Preghiamo perché anche di quel Monsignore, di quel Vescovo, di quel Cardinale si possa dire: Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua precisamente per condurli in catene dai sommi sacerdoti? (ibid., 21).

 

Se sapremo rendere testimonianza della nostra Fede nel Signore e della nostra fedeltà al Santo Sacrificio della Messa, che è il cuore e l’anima palpitante della nostra santissima Religione, potremo fare con queste anime toccate dalla Grazia ciò che fecero i discepoli a Damasco: parlare loro di Cristo, farli stare con noi per crescere e camminare nel timore del Signore (ibid., 31).

 

Forse quel Prelato venuto per costringerci ad accettare i riti riformati vorrà celebrare la Santa Messa tradizionale, scoprendo quanto il proprio Sacerdozio sia confermato e nutrito dalla divina Liturgia, quanto la sua anima di Levita trovi perfetto compimento nel ripetere le parole del Salvatore che Si immola sull’altare, come una volta per tutte Si immolò sulla Croce.

 

Forse quel Vescovo giunto con intenti battaglieri si accorgerà di perseguitare Cristo, e vorrà diventare Suo apostolo e discepolo, dopo esserne stato persecutore per ordine del Sinedrio. 

 

E comprenderà – come abbiamo compreso noi, per grazia di Dio e nonostante la nostra indegnità – quanto dovrà soffrire per il mio nome

 

Questo è il nostro più sincero auspicio, questa la nostra preghiera, questa la ragione della nostra testimonianza.

 

E così sia.

 

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

 

 

25 Gennaio 2023

In Conversione Sancti Pauli Apostoli

 

 

 

 

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Il Vaticano riforma il suo sistema giudiziario

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Attraverso un nuovo motu proprio reso pubblico il 19 aprile 2024, il Sommo Pontefice ha modificato molte leggi che regolano l’ordinamento giudiziario della Santa Sede, armonizzandolo con il vicino ordinamento italiano. È questo un modo per trarre insegnamento da numerose questioni nate all’indomani del «processo del secolo», la cui onda d’urto continua a scuotere le mura del recinto leonino.

 

69 è il numero delle Lettere apostoliche in forma di motu proprio promulgate sotto l’attuale pontificato.

 

Questo atto giuridico è un motu proprio che, in sei articoli, modifica le norme giudiziarie dello Stato Pontificio. Il documento riguarda in parte l’attività dei magistrati ordinari fino ai 75 anni, e fino agli 80 anni per i giudici cardinali. Resta inoltre aperta la possibilità da parte del Sommo Pontefice di prolungare caso per caso il mandato dei magistrati, fissando modalità di remunerazione, di fine rapporto e di pensioni.

 

Altri provvedimenti hanno suscitato una reazione più forte da parte dei giuristi italiani, come quelli riguardanti la responsabilità civile dei magistrati o il potere conferito al Papa di intervenire nel corso di un processo nominando un vicepresidente o cessando dal servizio di un magistrato il quale, «per comprovata incapacità», non sarebbe più in grado di esercitare le sue funzioni.

 

D’ora in poi chi ritiene di aver subito un danno potrà avviare un procedimento giudiziario contro lo Stato della Città del Vaticano, che potrà a sua volta rivolgersi a un magistrato se sarà dimostrato che ha causato un danno.

 

Questo è un modo per allineare il sistema del microStato a quanto avviene in Italia, dove la responsabilità del magistrato è indiretta, per far sì che un cittadino non possa agire direttamente contro un giudice che gli ha fatto torto nel corso di un processo. Si tratta di una misura intesa a garantire la libertà, l’indipendenza e la tutela dei magistrati contro eventuali pressioni esterne.

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Per motivare questa evoluzione, Francesco evoca «gli anni di esperienza che hanno fatto sentire la necessità di una serie di cambiamenti». È difficile non vedere in ciò una scossa di terremoto provocata dal processo del secolo conclusosi provvisoriamente nel dicembre 2023. Provvisoriamente, perché, oltre alla Segreteria di Stato e all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), tutti gli altri attori, imputati e parti civili, hanno impugnato la decisione dei giudici.

 

Molti giuristi italiani sottolineano che l’attuale pontificato ha riscritto le regole quattro volte durante la fase istruttoria del recente grande processo, sia come modo per colmare un vuoto normativo per alcuni, sia come modo per il Romano Pontefice di mantenere il controllo sullo svolgimento del processo.

 

Inoltre, il Tribunale vaticano – che è stato teatro di diverse riforme negli ultimi anni – resta composto prevalentemente da avvocati e pubblici ministeri che hanno ricoperto o ricoprono incarichi in Italia e che, di conseguenza, non sempre hanno una perfetta conoscenza della normativa usi e consuetudini della Santa Sede, né del diritto della Chiesa.

 

In un contributo scritto dopo la sentenza, uno dei legali degli imputati nel processo del secolo, Cataldo Intrieri, ha denunciato le «contraddizioni» del sistema giudiziario vaticano e gli «esorbitanti poteri» concessi ai pubblici ministeri che, a suo dire, aveva portato ad una procedura giudiziaria «molto lontana dai criteri adottati in uno Stato di diritto».

 

È una critica che il nuovo motu proprio tenta forse di disarmare, anche se non è realistico pretendere dal papato – che resta nella sua essenza monarchico – una separazione assoluta dei poteri.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Capitano della squadra campione di pallavolo entra in un ordine cattolico tradizionale

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Un noto giocatore di pallavolo francese ha annunciato che intende unirsi a una piccola e tradizionale comunità di canonici. Si tratta di Ludovic Duée, 32 anni, capitano della sua squadra vincitrice del campionato nazionale francese di pallavolo. Lo riporta LifeSiteNews.   Il Duée ha annunciato a Ouest France la sua intenzione di entrare a far parte dei Canonici Regolari della Madre di Dio, un istituto religioso maschile di diritto pontificio dedito alla liturgia latina. Il campione ha dichiarato che sta scegliendo tra la «vocazione e la professione».   Nei giorni scorsi, il pallavolista professionista capitano della sua squadra del Saint-Nazaire Volley-Ball Atlantique, ha vinto il titolo nazionale di pallavolo francese. Tuttavia la partita del campionato nazionale sarà anche l’ultima, secondo le sue stesse dichiarazioni ai media.

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Duée entrerà quest’anno tra i Canonici Regolari, dove trascorrerà i primi mesi come postulante. Con sede nel sud della Francia, la comunità relativamente giovane segue la Regola di Sant’Agostino e ha una spiritualità mariana basata su San Luigi Maria di Montfort e San Massimiliano Kolbe.   Cresciuto cattolico ma senza prestare molta attenzione alla sua fede da adolescente, Duée ha detto che vedeva Dio come qualcuno «con una pistola, pronto a colpirmi se mi fossi allontanato».   La sua scoperta dei Canonici è avvenuta durante gli anni di restrizioni legate al COVID-19, durante i quali è stato costretto a un periodo di riflessione più intensa. Dopo aver incontrato i Canonici, che erano vicini a dove viveva, la stella della pallavolo ha dichiarato che la sua percezione di Dio è cambiata. Ha abbandonato la sua idea di «un padre minaccioso che era lì per colpire», a favore di «un Dio amorevole».   «Ho scoperto che Dio mi amava e che aspettava solo una cosa, che anch’io lo amassi». Questa, ha detto, «è stata la base di questo viaggio».   Fondata nel 1971, la comunità conta circa 39 religiosi maschi, con un ramo femminile dell’ordine stabilito a circa 30 chilometri di distanza. I suoi membri sono dediti alla celebrazione della Messa tradizionale.   Dopo aver completato il postulato, presumendo che sia lui che la comunità esprimano un discernimento di continuazione, Duée vestirà l’abito ed entrerà nel noviziato che dura almeno un anno. I voti temporanei vengono emessi al termine del noviziato, ed è circa cinque anni dopo l’ingresso nella comunità e l’assunzione dell’abito che un membro prende i voti permanenti.   Gli stessi Canonici affermano che la loro vita spirituale «è quella della vita cristiana: appartenere a Cristo e vivere nella Chiesa. Ciò richiede naturalmente la devozione alla Beata Vergine, modello e Madre della Chiesa». Notano che nella loro comunità la devozione mariana si avvale in modo particolare della consacrazione a Maria.   In quanto canonici, i membri della comunità hanno il carisma speciale di vivere in comunità e di basarsi sulla loro chiesa particolare. La loro vita canonica è costruita sulla liturgia, vivendo una vita comune sia nel lavoro che nella preghiera, e nel loro apostolato.   «L’obiettivo è diventare prete. Rispondo a quella che considero una chiamata interiore», ha detto Duée. Ha descritto i Canonici come «molto dinamici e molto aperti al mondo, con un lato apostolico molto pronunciato».   In effetti, la giovane comunità ha attirato attorno a sé numerose famiglie e giovani, offrendo ritiri per uomini e donne, preparazione al matrimonio e un luogo in cui gli studenti possano trascorrere del tempo nello studio tranquillo e nella preghiera.

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Ai visitatori dell’abbazia viene anche offerta l’opportunità di prendere direzione spirituale con uno dei canonici, e i canonici vengono regolarmente visti guidare e prendere parte a vari pellegrinaggi agli antichi santuari in tutta la Francia.   I canonici vendono parte dei loro prodotti per sostenere la loro vita quotidiana, fanno affidamento sul sostegno dei donatori per i loro bisogni e per l’attuale restauro dell’abbazia stessa.   La cosiddetta Opus Mariæ fu fondata nella diocesi di Gap nel 1969 da Roger Péquigney. Nel 1988, i suoi membri abbracciarono lo stile di vita dei canonici regolari, che coniugava contemplazione e attività pastorali. L’8 maggio 1997, la comunità fu ufficialmente eretta come abbazia, seguendo la regola di sant’Agostino, e adottò il nome di «canonici regolari della Madre di Dio».   La comunità ha mantenuto la liturgia latina come definita nella riforma promulgata da papa Giovanni XXIII nel 1962.   Nel 2004, la comunità si trasferì a Lagrasse, nella diocesi di Carcassonne.   L’ordine ricevette l’approvazione della Santa Sede l’18 ottobre 2002 ed è sotto la giurisdizione della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei».   All’ordine è associato il ramo femminile delle canonichesse regolari della Madre di Dio, residenti nel monastero Mater Dei ad Azille.

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Caso di devozione da parte dei giovani francesi non compaiono nelle cronache, ma esistono eccome. Ne è prova una storia annessa al dramma di Annecy dello scorso anno.   Come riportato da Renovatio 21, quando un immigrato siriano si era messo ad accoltellare i passanti, tra cui dei bambini, in riva al lago, era intervenuto per fermarlo Henri d’Anselme, un giovane pellegrino che stava facendo un tour delle cattedrali francesi. Intervistato dalla tv di «informazione continua» BFM TV, un canale molto popolare in Francia, il ragazzo in 14 minuti di conversazione era riuscito ad inserire nel suo racconto dell’accaduto parole come «cattedrale», «cristianità», «Santa Vergine», «Cristo», «preghiera», «spirito cavalleresco».     Qualcosa sta accadendo all’ultima generazione, anche nella laicissima – cioè dominata da massoni – Francia.   Se a Parigi vi sono personaggi che parlano con nonchalance di guerra anche atomica, se al vertice potrebbero aver instaurato programmaticamente un abominio oscuro e indicibile, nelle valli e nelle campagne, nelle cittadine e perfino nelle isole lontane, un ritorno della purezza potrebbe manifestarsi – e trascinare rispedire l’élite malvagia all’Inferno.   E allora: vive la France. Dieu le Roi!

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Immagine di Mathieu MD via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported  
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Spagna, crollo delle vocazioni dopo il Concilio Vaticano II

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Il sito Religión Confidencial ha pubblicato un’analisi approfondita sullo stato dei seminari in Spagna. Il calo delle vocazioni al sacerdozio sembra inevitabile. Di fronte a questa situazione molto preoccupante, la Conferenza episcopale spagnola ha deciso di non fornire tutti i dati degli ultimi cinque anni.

 

Una mancanza di trasparenza

Dall’analisi di Religion Confidencial emerge la crescente preoccupazione per la mancanza di trasparenza in seguito alla decisione della Commissione episcopale per il clero e i seminari di non pubblicare i dati annuali suddivisi per diocesi sui seminaristi in Spagna.

 

Questa pratica si è interrotta dopo l’anno accademico 2018/2019, che ha suscitato preoccupazioni in diversi ambienti ecclesiali che vedono in essa un passo indietro in termini di trasparenza e un possibile occultamento delle crisi vocazionali in alcune diocesi.

 

Nonostante la sua riluttanza a pubblicare dati dettagliati, la Conferenza Episcopale continua ad aggiornare sul suo sito alcuni dati sulle diocesi, anche se con alcune incongruenze e senza precedenti dettagli per diocesi.

 

Una forte tendenza al ribasso a partire dagli anni ’60

Il numero dei seminaristi in Spagna ha visto un notevole calo a partire dagli anni ’60. A quel tempo la Spagna contava più di 7.000 seminaristi. Dieci anni dopo, quel numero era sceso a 1.500. Un calo di quasi l’80%. Dopo aver superato quota 2.000 tra il 1985 e il 1990, lo scorso anno la tendenza è tornata a scendere sotto quota 1.000.

 

Se consideriamo la distribuzione dei seminaristi per diocesi, anche qui la situazione è allarmante: nel 2023, 6 diocesi non avevano seminaristi. Inoltre, 8 diocesi hanno avuto un solo seminarista per l’anno accademico 2022/2023. Così, l’anno scorso, 14 delle 69 diocesi spagnole avevano da 0 a 1 seminarista.

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All’estremo opposto, 14 diocesi hanno più di 20 seminaristi, il seminario più attrezzato è quello di Madrid con 119 seminaristi. Nella capitale il calo del numero dei seminaristi appare catastrofico.

 

Il calo del numero delle ordinazioni segue ovviamente il calo del numero dei seminaristi, e negli ultimi due anni sono stati ordinati meno di 100 seminaristi diocesani nella penisola iberica – esclusi i sacerdoti ordinati in una società religiosa. Quindi sono stati ordinati solo 97 sacerdoti nel 2022 e 79 nel 2023.

 

Questa preoccupante dinamica ha portato alla chiusura di un certo numero di seminari: il numero è difficile da specificare, perché recentemente i nomi hanno cambiato, da seminario a casa di formazione. In ogni caso, l’indagine di Religion Confidential ha contato 21 seminari attualmente chiusi in Spagna.

 

Roma impone l’unificazione dei seminari

Con una simile realtà davanti agli occhi si può comprendere il recente intervento romano per il quale i vescovi sono stati convocati in Vaticano. Papa Francesco ha imposto un processo di unificazione dei seminari. Non sembra necessario imporlo, perché la realtà impone di ripensare la mappa dei seminari e delle case di formazione.

 

In questo Paese dal passato gloriosamente cattolico, il progressismo ha provocato un profondo caos che ora lascia la Chiesa quasi senza sangue.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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