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Economia

«Project Cedar»: la FED accelera sulla moneta digitale globale

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Si sta muovendo d’improvviso e con una certa rapidità il progetto di valuta digitale della banca centrale globale (CBDC) della Federal Reserve.

 

Il motivo di questa repentina accelerazione può essere il fatto che l’Unione Economica Eurasiatica (EAEU) starebbe discutendo dello sviluppo di una nuova valuta di riserva comune che potrebbe essere digitale.

 

La notizia è riportata sul blog «New Atlanticist» dell’Atlantic Council, che il 15 dicembre raccontava di come un funzionario della Federal Reserve di New York avesse parlato a Singapore il 4 novembre, annunciando un programma della Federal Reserve Bank di New York, «Project Cedar», per sviluppare una «CBDC all’ingrosso», vale a dire, un sistema di danaro elettronico destinato ad «accelerare» i trasferimenti tra banche in tutto il mondo.

 

Il sistema prevedrebbe una blockchain ovviamente amministrata dalle banche centrali guidate dalla Fed.

 

Secondo il documento sul Project Cedar, il suo obiettivo è «ridurre il rischio di regolamento nelle transazioni transfrontaliere e multivaluta». Tale «rischio di regolamento nelle transazioni transfrontaliere e tra valute diverse» è la situazione in cui un soggetto economico non riesce a pagare in valuta estera, nota anche come «rischio Herstatt» per una piccola banca tedesca chiusa nel 1974.

 

La valuta in cui la banca Herstatt non era riuscita a pagare erano i dollari. È immediato il pensiero per cui nell’attuale sistema monetario il dollaro sarebbe quasi sempre la valuta che non riesce a pagare, a causa della carenza di dollari per le richieste di margini nelle crisi economiche. Ciò si sta ripetendo in tutto il mondo, ripetutamente, da settembre 2019, un problema riacutizzato di recente, come visibile con le banche svizzere.

 

Finora la Fed è intervenuta stampando le masse di nuovi dollari necessari alle banche del mondo transatlantico per effettuare quei pagamenti. Con questa CBDC, la stampa di danaro potrebbe avvenire con velocità ancora maggiore.

 

«Tuttavia, secondo gli stessi studi della Fed (e altre fonti), il rischio di Herstatt è raro senza un tale CBDC, anche durante le crisi; quindi questo “obiettivo” dichiarato dalla Fed potrebbe essere in parte una storia di copertura» scrive EIRN. «Obiettivi più grandi: mantenere le transazioni più veloci di qualsiasi sistema di pagamento BRICS sviluppato; cercare la capacità di sanzionare (bloccare) un sistema di pagamento concorrente; ottenere un controllo preciso dell’allentamento quantitativo inflazionistico (QE) creando direttamente nuovi depositi in dollari, senza dover acquistare titoli dai bilanci delle banche e attendere che le banche trasformino le riserve in eccesso risultanti in depositi in dollari».

 

Tale assetto è stato chiamato «going direct» in un gruppo di documenti di ex banchieri centrali presentati all’incontro dei banchieri di Jackson Hole, nel Wyoming, nell’agosto 2019.

 

Un articolo apparso su American Banker di 10 giorni fa secondo cui una task force di banchieri stava progettando un «anti-Bitcoin», una valuta digitale completamente regolamentata che doveva essere utilizzata dalle banche e dalle banche centrali. Tale piano è stato quasi certamente commissionato dalla Fed e probabilmente parte del «Project Cedar».

 

Su un ordine più geopolitico che strettamente finanziario, è possibile pensare che tale sistema creato in assoluta fretta sia un cerotto sul problema della de-dollarizzazione dell’economia planetaria, divenuta oramai irreversibile con gli accordi sino-sauditi delle scorse settimane. Come riportato da Renovatio 21, in Cina da mesi si parla di una «de-dollarizzazione accelerata» alla quale lo yuan vuol farsi trovare pronto.

 

Quindi, il potere costituito pensa di accelerare, in modo assai pericolo e poco credibile, il processo di virtualizzazione dell’economia.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Fed aveva già annunziato lo scorso mese un programma pubblico di sperimentazione del dollaro digitale.

 

 

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Cina

La ristorazione smentisce il PIL cinese in crescita: 459 mila chiusure nel primo trimestre 2024

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Piccoli ristoranti ma anche nuovi ambiziosi brand costretti a gettare la spugna dal calo dei consumi: le cessazioni delle attività sono aumentate del 232% rispetto a dodici mesi fa. Le riaperture dopo la politica Zero Covid si sono scontrate con l’aumento dei prezzi e la minore disponibilità economica delle famiglie.

 

Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica, in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono state cancellate o soppresse 459mila imprese di ristorazione, con un aumento di circa il 232% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questi ristoranti 180mila hanno chiuso nel solo mese di marzo, quando l’anno scorso furono 140mila nell’intero primo trimestre.

 

Si tratta di un indicatore «dal basso» che mostra un panorama decisamente diverso rispetto all’ottimismo «ufficiale» sull’economia cinese, che appena pochi giorni fa sbandierava per lo stesso arco di tempo una crescita del Prodotto interno lordo del 5,3%, addirittura superiore agli obiettivi fissati per il 2024.

 

Al dato sulla chiusura delle imprese della ristorazione ha dedicato un approfondimento Radio Free Asia, che ha raccolto alcune voci di operatori locali secondo cui il mercato dei consumi in Cina non si è affatto ripreso dopo la fine della politica Zero COVID. «Alti costi di affitto, alti costi di manodopera, aumento dei prezzi e diminuzione dei consumi dei clienti», ha riassunto il quadro della situazione un ristoratore di Wuhan. «Ci sono ancora alcune attività di catering che vanno molto bene, ma gli affari dei ristoranti più grandi no». All’inizio di quest’anno anche brand considerati in ascesa nella pasticceria cinese come ad esempio Hutou sono stati costretti a gettare la spugna.

 

La signora Yao, residente a Jingdezhen, nella provincia di Jiangxi, ha raccontato all’emittente che molti dei suoi amici che gestivano ristoranti hanno chiuso e faticano ad arrivare alla fine del mese: «I residenti non hanno più soldi, è difficile portare avanti qualsiasi attività».

 

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Immagine di Frank Michel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Economia

Amazon abbandona il sistema senza casse nei negozi: si è scoperto che la sua IA era alimentata da 1.000 lavoratori umani

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Il colosso dell’e-commerce Amazon starebbe rinunziando alla sua speciale tecnologia «Just Walk Out» che permetteva ai clienti di mettere la spesa nella borsa e lasciare il negozio senza dover fare la fila alla cassa. Lo riporta The Information, testata californiana che si occupa del business della grande tecnologia.   La tecnologia, disponibile solo nella metà dei negozi Amazon Fresh, utilizzava una serie di telecamere e sensori per tracciare ciò con cui gli acquirenti lasciavano il negozio. Tuttavia, secondo quanto si apprende, invece di chiudere il ciclo tecnologico con la pura automazione e l’intelligenza artificiale, l’azienda ha dovuto fare affidamento anche su un esercito di oltre 1.000 lavoratori in India, che fungevano da cassieri a distanza.   Di questo progetto denominato «Just Walk Out» – uno stratagemma di marketing per convincere più clienti a fare acquisti nei suoi negozi, minando attivamente il mercato del lavoro locale – forse non ne sentiremo la mancanza.   Nel 2018 Amazon ha iniziato a lanciare il suo sistema «Just Walk Out», che avrebbe dovuto rivoluzionare l’esperienza di vendita al dettaglio con l’intelligenza artificiale in tutto il mondo. Diverse altre società, tra cui Walmart, hanno seguito l’esempio annunciando negozi simili senza cassiere.

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Tuttavia più di cinque anni dopo, il sistema sembra essere diventato sempre più un peso. Stando sempre a quanto riportato da The Information, la tecnologia era troppo lenta e costosa da implementare, con i cassieri in outsourcing che avrebbero impiegato ore per inviare i dati in modo che i clienti potessero ricevere le loro ricevute.   Oltre a fare affidamento su manodopera a basso costo e in outsourcing e invece di pagare salari equi a livello locale, le critiche hanno anche messo in dubbio la pratica di Amazon di raccogliere una quantità gigantesca di dati sensibili, compreso il comportamento dei clienti in negozio, trasformando una rapida visita al negozio in un incubo per la privacy, scrive Futurism.   L’anno scorso, il gruppo di difesa dei consumatori Surveillance Technology Oversight Project, aveva intentato un’azione legale collettiva contro Amazon, accusando la società di non aver informato i clienti che stava vendendo segretamente dati a Starbucks a scopo di lucro.   Nonostante la spinta aggressiva nel mercato al dettaglio, l’impatto dei negozi di alimentari di Amazon negli Stati Uniti, è ancora notevolmente inferiore a quella dei suoi concorrenti quali Walmart, Costco e Kroger, come sottolinea Gizmodo.   Invece di «Just Walk Out», Amazon ora scommette su scanner e schermi incorporati nel carrello della spesa chiamato «Dash Carts». Resta da vedere se i «Dash Carts» si riveleranno meno invasivi dal punto di vista della privacy dei dati.

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  Immagine di Sikander Iqbal via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International  
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Economia

FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»

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I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.

 

L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».

 

L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».

 

«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».

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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.

 

Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.

 

Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazionesuperinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.

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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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