Geopolitica
La Russia racconta la distruzione delle infrastrutture civili della Serbia da parte della NATO nel 1999
L”ambasciata russa a Londra ha pubblicato un tweet il 30 novembre, citando il portavoce della NATO del 1999 Jamie Shea, in cui afferma che «Il 70% della #Jugoslavia è senza elettricità. Mostra che abbiamo il dito sul grilletto e possiamo accendere e spegnere l’elettricità dove ne abbiamo bisogno e dove lo vogliamo».
Si tratta, per chi lo ricorda, della distruzione da parte della NATO delle infrastrutture civili della Serbia. Aerei con bombe alla graffite, che causarono il blackout di Belgrado, partivano, grazie al governo D’Alema, da basi italiane come quella di Aviano.
Viene così esposta esponendo così l’ipocrisia della NATO, che insiste sul fatto che si tratta di «terrorismo» quando la Russia prende di mira l’infrastruttura su cui fa affidamento l’esercito ucraino, non da ultimo per dispiegare le armi della NATO.
????#NATO's Jamie Shea, 1999: 70% of #Yugoslavia is without electricity. It shows we have our finger on the trigger and can turn electricity on & off where we need it & where we want it.
????♂️NATO in 2022: Russia must stop strikes on Ukraine's energy infrastructure as it is inhuman. pic.twitter.com/KltfHQh9uW
— Russian Embassy, UK (@RussianEmbassy) November 30, 2022
Inclusa nel tweet c’è una foto del servizio del New York Times del 4 maggio 1999, «Gli attacchi aerei della NATO alle centrali elettriche superano una soglia», che a sua volta cita il seguente scambio alla conferenza stampa di Shea.
«Domanda (agenzia di stampa norvegese): mi dispiace, Jamie, ma se dici che l’esercito ha molti generatori di riserva, perché stai privando il 70% del paese non solo dell’elettricità, ma anche dell’approvvigionamento idrico, se ha così tanta elettricità di riserva che può usare perché dici che stai prendendo di mira solo obiettivi militari? “Jamie Shea: Sì, temo che l’elettricità guidi anche i sistemi di comando e controllo. Se il presidente Milosevic vuole davvero che tutta la sua popolazione abbia acqua ed elettricità, tutto ciò che deve fare è accettare le cinque condizioni della NATO e fermeremo questa campagna. Ma finché non lo farà continueremo ad attaccare quegli obiettivi che forniscono l’elettricità alle sue forze armate. Se ciò ha conseguenze civili, spetta a lui occuparsene, ma quell’acqua, quell’elettricità viene riattivata per il popolo serbo».
Anche la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha citato la conferenza stampa di Shea sul suo account Telegram, in un messaggio «a Stoltenberg, Borrell e Belodomovsky, per la ricordare…»
La Serbia sta chiedendo di entrare in Europa – anche se il cancelliere tedesco Scholz avrebbe posto al presidente serbo Vucic la condizione di riconoscere il Kosovo – ma ha dichiarato che mai chiederà di entrare nella NATO, perché non dimentica le bombe del 1999.
Come riportato da Renovatio 21, è riemerso di recente un video in cui il senatore Joe Biden rivendica di aver chiesto e ottenuto il bombardamento della Serbia.
Secondo fonti della NATO, gli aerei dell’Alleanza effettuarono in Serbia 10.000 bombardamenti nella sua «Operazione Forze alleate» del 1999, provocando 3.500-4.000 morti e 10.000 feriti, due terzi dei quali civili.
Secondo l’agenzia russa TASS, la NATO ha sganciato 15 tonnellate di uranio impoverito in bombe e proiettili durante quegli attacchi, dopodiché i tassi di cancro del paese sono saliti al primo posto in Europa. Sull’uranio impoverito e sul suo possibile ruolo sulla successiva forza di pace mandata in Kosovo, anche in Italia si è lungamente discusso.
Gli italiani, poi, non dovrebbero dimenticare lo scarico nelle acque nazionali delle bombe dei bombardieri NATO partiti da Aviano, con conseguente ferimento di pescatori: è il caso del motopeschereccio «Profeta», che pescava a strascico a 40 miglia dalla costa veneta. Tre cittadini chiozzotti rimasero feriti, uno reso invalido per sempre. A risarcire fu lo Stato italiano – cioè, il cittadino contribuente stesso.
Il ministro degli Esteri russo Lavorv lo scorso luglio ha denunciato la strategia occidentale degli «incidenti inscenati» visti nettamente in Kosovo nel 1999 e ora ripetuti in terra ucraina.
Alla fine del conflitto voluto da Washington venne creato lo Stato del Kosovo albanese, che divenne il Paese con la percentuale pro-capite più alta di foreign fighter andati a combattere per l’ISIS e fu retto poi da un personaggio, piazzato lì da Madeleine Albright, accusato ripetutamente, tra le altre cose, di traffico di organi.
Come riportato da Renovatio 21, il Kosovo è ora un ulteriore soglia dove è possibile possa scatenarsi la Terza Guerra Mondiale.
Immagine di Darko Dozet via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Geopolitica
Lavrov: falchi europei minano i negoziati tra Russia e Stati Uniti
L’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump sta affrontando pressioni «incredibili» da parte dei «falchi» in Europa e in Ucraina, determinati a far fallire i negoziati con la Russia, ha dichiarato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Queste affermazioni sono state rilasciate durante un’intervista al canale YouTube ungherese Ultrahang, trasmessa domenica.
La Russia non intende influenzare né «interferire» nelle «decisioni interne» della leadership statunitense, che sta subendo crescenti pressioni nel contesto degli sforzi di riavvicinamento con Mosca avviati sotto Trump, ha precisato Lavrov.
«Non vogliamo creare difficoltà agli Stati Uniti, che sono sottoposti a una pressione enorme e straordinaria da parte dei “falchi” europei», di Volodymyr Zelens’kyj dell’Ucraina e «di altri che si oppongono a qualsiasi cooperazione tra Stati Uniti e Russia su qualsiasi questione», ha detto Lavrov.
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«Ci sono molte persone poco ragionevoli che cercano di influenzare i politici di Washington, utilizzando ogni mezzo per ostacolare un processo che avrebbe potuto già raggiungere i suoi obiettivi».
Coloro che tentano di sabotare i negoziati tra Washington e Mosca stanno «cercando di distogliere il presidente Trump dalla linea che ha ripetutamente sostenuto in passato», ha aggiunto Lavrov. Il presidente degli Stati Uniti ha più volte dichiarato che il conflitto in Ucraina deve essere risolto in modo definitivo, una posizione ribadita chiaramente durante l’incontro con il suo omologo russo, Vladimir Putin, in Alaska, ha sottolineato il ministro.
«Tutti concordano che il modo migliore per porre fine alla terribile guerra tra Russia e Ucraina sia raggiungere un accordo di pace definitivo, che metta fine al conflitto, e non un semplice cessate il fuoco. Questo è essenziale», ha affermato.
I recenti cambiamenti nella retorica statunitense, «quando ora si parla di “nient’altro che un cessate il fuoco, un cessate il fuoco immediato, lasciando poi che la storia giudichi”, rappresentano un cambiamento molto radicale», ha osservato Lavrov.
«Questo indica anche che gli europei non stanno fermi, non mangiano e cercano di forzare la mano a questa amministrazione».
Mosca ha dichiarato di perseguire una soluzione duratura al conflitto ucraino, piuttosto che una pausa temporanea. Tuttavia, Kiev e i suoi alleati occidentali hanno ripetutamente richiesto un cessate il fuoco immediato, che Mosca considera un’opportunità per l’Ucraina di riorganizzare le sue forze armate e riarmarsi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior. In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW — Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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