Terrorismo
Kirghizistan, riemerge il rischio di un califfato in Asia centrale
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Varie organizzazioni islamiste stanno rafforzando le proprie posizioni nel sud dell’Afghanistan. Talebani e Stato Islamico Khorasan si contendono il rilancio del califfato islamico. Il pericolo riguarderebbe anche Uzbekistan e Tagikistan.
Il ministero degli Interni del Kirghizistan ha ammonito sul rischio di una rinascita della minaccia estremista e terrorista in Asia centrale, che si starebbe riorganizzando per lanciare nuovi attacchi in diversi Paesi della regione. Secondo i dati in possesso di Biškek, varie organizzazioni armate e illegali stanno rafforzando le proprie posizioni nel sud dell’Afghanistan, e intendono conquistare nuovi avamposti della propria espansione.
Secondo un dirigente del servizio kirghiso per la lotta all’estremismo e all’immigrazione illegale, Manas Amanbaev, i talebani e lo Stato Islamico (ex ISIS) «Khorasan» sarebbero in fase di grande attivismo nel rilanciare l’idea di un califfato islamico: “«n Kirghizistan esistono ben 20 gruppi internazionali illegali, e una setta radicale islamica, molto sostenuti dai talebani e contesi dai loro avversari del Khorasan, e le loro attività possono comportare gravi pericoli per il nostro Stato».
Amanbaev indica come indicativi gli avvenimenti recenti in Uzbekistan e in Tagikistan, con sommosse indipendentiste che si possono interpretare anche come rigurgiti di radicalismo islamico, che «agiscono contro i principi laici degli Stati centrasiatici, e i loro valori costituzionali».
Non vengono fornite cifre e informazioni precise sui membri di tali organizzazioni terroristiche, ma si afferma che stiano aumentando il numero dei loro seguaci.
Anche l’Uzbekistan aveva fatto notare i recenti attentati nella città di Termez, con cariche esplosive verosimilmente sparate dall’Afghanistan, che anche se non sono esplose al contatto col terreno, hanno comunque messo sull’allarme i servizi di sicurezza nazionali. I rappresentanti del governo di Kabul hanno cercato di fornire rassicurazioni poco credibili sull’arresto dei colpevoli di tali tentativi di aggressione.
Già in aprile erano stati segnalati attacchi armati nella regione di Surkhardarinsk in Uzbekistan, con 10 razzi inviati dalla parte afghana, ma Taškent non ha mai confermato tali informazioni diffuse sulle reti social.
Anche la radio Golos Ameriki aveva parlato di 10 razzi esplosi da una base afghana dell’ISIS Khorasan verso la città di Termez, e la setta ha di fatto intensificato le proprie attività dopo il ritorno dei talebani a Kabul, anche per marcare la propria autonomia nella regione.
L’ex vice presidente del Servizio di sicurezza kirghiso, Artur Medetbekov, ha commentato sottolineando come di fatto i talebani stiano sempre più esportando l’estremismo e il terrorismo nella regione:
«Oggi ci sono più possibilità di comunicazione, grazie alle nuove tecnologie, che possono agire in modo anonimo a favore dei piani di restaurazione di uno Stato islamico in Asia centrale, a somiglianza dell’Afghanistan. Se non mi sbaglio, stiamo correndo un grosso rischio, e sarà indispensabile coordinarsi tra tutti gli Stati della regione per combattere questa insidia».
Il ministero degli Interni kirghiso sta decidendo misure forti di contrasto all’estremismo terrorista, e sono stati arrestati diversi membri delle organizzazioni sospettate di aver organizzato vari attentati negli ultimi tempi.
Due persone di nazionalità straniera sono state arrestate mentre si preparavano ad agire durante le celebrazioni musulmane di questi giorni, ed è stato comunicato che si trattava di terroristi provenienti dalla Siria, in possesso di passaporti falsi.
Anche diversi cittadini kirghisi sono stati arrestati per i rapporti con gli stranieri sospettati di terrorismo, ma non sono stati forniti dati precisi al riguardo.
In Kirghizistan non c’è una tradizione storica di estremismo islamico, ma la situazione appare comunque piuttosto instabile, e il Žogorku Keneš, il Parlamento di Biškek, ha intenzione di approvare nuove norme «contro le attività e le ideologie estremistiche, le organizzazioni terroristiche internazionali, la custodia dei diritti delle persone, della libertà e dei principi costituzionali».
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Immagine di Kasugaoq via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Terrorismo
La polizia australiana uccide un altro adolescente accoltellatore islamico «radicalizzato»
La polizia dell’Australia occidentale afferma di aver ucciso a colpi di arma da fuoco un sedicenne che avrebbe accoltellato una persona sabato in un parcheggio.
L’incidente è avvenuto intorno alle 10 a Willetton, un sobborgo meridionale di Perth. Quando la polizia è arrivata sul posto, secondo quanto riferito, l’adolescente si è rifiutato di posare il coltello e ha accusato gli agenti.
«Ci sono indicazioni che si sia radicalizzato online», ha detto domenica il premier dell’Australia occidentale Roger Cook in una conferenza stampa. Ha aggiunto che «sembra che abbia agito esclusivamente e da solo».
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Il commissario di polizia dell’Australia occidentale, Col Blanch, ha detto ai giornalisti che il sospettato era «un maschio caucasico», che si era convertito all’Islam. Secondo quanto riferito, è stato lui stesso a chiamare la polizia, avvertendo che stava per commettere un non meglio specificato “atto di violenza”.
Poco dopo, la polizia ha ricevuto un’altra chiamata, dicendo che «un uomo con un coltello stava correndo nel parcheggio».
L’aggressore ha pugnalato alla schiena un uomo sulla trentina prima dell’arrivo degli agenti. La vittima è stata ricoverata in ospedale e le sue condizioni sono stabili.
Secondo Blanch, l’aggressore aveva problemi di salute mentale e stava seguendo un corso di deradicalizzazione da parte della polizia. Il capo della polizia ha aggiunto che le autorità erano state allertate dalla comunità musulmana locale poco prima dell’incidente.
L’aggressore «ha pubblicato qualcosa online per preoccuparli, ma crediamo che abbia inviato messaggi rilevanti ad alcuni di quei membri che hanno immediatamente risposto chiamando la polizia», ha detto il Blanch.
«I miei pensieri vanno a coloro che sono stati colpiti dall’incidente avvenuto questa notte nel sobborgo di Willetton a Perth», ha scritto su X il primo ministro australiano Anthony Albanese. Ha ringraziato la polizia «per aver agito rapidamente per contenere l’incidente». «Siamo una nazione amante della pace e non c’è posto per l’estremismo violento in Australia», ha scritto l’Albanese, il quale è ora in aperto conflitto con il patron di X Elon Musk per l’ingiunzione di rimuovere il video dell’attacco in chiesa al vescovo assiro Mar Mari Emmanuel avvenuto pochi giorni fa a Wakeley, un sobborgo di Sydney.
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Come riportato da Renovatio 21, dopo l’accoltellamento del vescovo una folla inferocita di fedeli attaccò le forze dell’ordine australiane chiedendo che le fosse dato l’attentatore, un adolescente musulmano che aveva subito dichiarato di averlo fatto per le cose di cui parla Mar Mari Emmanuel nei suoi sermoni, che sono molto popolari anche su YouTube.
Questi due incidenti con accoltellamenti avvengono meno di un mese dopo che un uomo affetto da problemi di salute mentale si era scatenato in un centro commerciale a Sydney, uccidendo sei persone e ferendone 12.
In quest’ultimo caso, come nel più recente, si parla di persone con problemi mentali: Renovatio 21 si domanda, come sempre, quali farmaci psichiatrici stessero assumendo. Riteniamo che non si tratti di un particolare di poco conto.
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Terrorismo
Gli islamisti manifestano per il «califfato» tedesco ad Amburgo
BREAKING:
Hundreds of Islamists are demonstrating in Hamburg, Germany. They are demanding that a caliphate is established in the country. The organization behind the protest is called Muslim Interaktiv, and is monitored by the authorities but not banned pic.twitter.com/RISFYJEKAY — Visegrád 24 (@visegrad24) April 27, 2024
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Islamisten-Demo mitten in Hamburg. „Muslim Interaktiv“, vom Verfassungsschutz beobachtet, hat zur Demo aufgerufen – auf der offen ein Kalifat gefordert wird. Solche Fanatiker haben in Deutschland nichts verloren! #Islamismus pic.twitter.com/R9jdqIPl4u
— Paul Bressel (@bressel_paul) April 27, 2024
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Terrorismo
La rete dell’ISIS-K dietro all’attentato alla chiesa di Santa Maria a Istanbul
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Sotto indagine almeno 12 persone, sei delle quali si trovano al momento in carcere. Al centro dell’indagine una cellula con base a Başakşehir e responsabile dell’attacco alla parrocchia francescana di fine gennaio. Allo studio altre operazioni con obiettivo il Parlamento, caserme militari e stazioni di polizia.
Giro di vite delle autorità turche contro gruppi legati allo Stato islamico in Turchia, sospettati fra gli altri di legami con l’attacco ad una chiesa cattolica di Istanbul a fine gennaio scorso. È di queste ore la notizia dell’incriminazione di almeno 12 persone presumibilmente legate alla Islamic State Khorasan Province, meglio nota come ISIS-K, parte di una rete più vasta e responsabile di attività terroristiche sul territorio.
Gli indagati sarebbero responsabili della gestione di una cellula locale con base a Başakşehir, distretto nella parte europea della metropoli, e stavano organizzando una serie di attentati: nel mirino il Parlamento turco, alcune caserme militari e stazioni di polizia.
L’incriminazione dei sospettati è il risultato di una lunga indagine in atto da tempo sulle attività di ISIS-K in Turchia, che hanno riguardato anche l’assalto alla parrocchia francescana di Santa Maria a Istanbul, nella quale è morta una persona.
Un bilancio contenuto solo dal fatto che le armi usate dagli assalitori si sono inceppate al momento di aprire il fuoco, scongiurando quella che poteva trasformarsi in una strage per un attentato dalla chiara matrice confessionale come denunciato ad AsiaNews da personalità cattoliche.
L’ufficio del Procuratore capo di Istanbul ha avviato le indagini sulla base delle informazioni raccolte dalla polizia. I sospetti, sei dei quali si trovano attualmente in custodia cautelare in carcere, sono accusati di aver ricevuto istruzioni dai leader di ISIS-K per compiere attacchi a sedi istituzionali, fra le quali il Parlamento, e a sedi di forze dell’ordine ed esercito
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Il centro oggetto di indagine, denominato «Darul Vefa İlim ve Amel Merkezi», sarebbe stato un punto di smistamento per i membri uzbeki, kirghisi e caucasici di ISIS-K. Questi elementi mantenevano stretti legami con rappresentanti dello Stato islamico in Siria e Afghanistan e progettavano di inviare reclute dalla Turchia per unirsi ai ranghi dei miliziani attivi nella provincia del Khorasan.
Il centro, che era sorvegliato dalle unità di sicurezza, avrebbe adoperato per infiltrare propri elementi o associati in diverse moschee, per poi riunirsi nel centro per occasioni speciali o incontri di pianificazione. All’interno della struttura vi erano anche dormitori che hanno ospitato elementi provenienti da Uzbekistan, Tagikistan, Caucaso, Iraq ed Egitto e che, in precedenza, avevano operato per conto dello Stato islamico in Siria. Inoltre, il centro forniva istruzione a circa 70 ragazzi fra i 16 e i 17 anni, i cui genitori erano stati uccisi in Siria.
Dall’inchiesta sarebbe inoltre emerso che, nel giugno dello scorso anno, almeno nove membri di una cellula locale si sono incontrati a Istanbul per pianificare attacchi al Parlamento e altre sedi istituzionali strategiche, seguendo le direttive impartite dai capi ISIS in Siria.
Inoltre il sospetto Fuad Rasulov, identificato col nome di battaglia di «Fuad Azeri», avrebbe fornito munizioni e componenti esplosivi per gli attacchi, mentre altri erano incaricati di raccogliere fondi per sostenere la lotta. Egli è stato arrestato durante una operazione dei reparti della sicurezza il 20 giugno 2022, poi rilasciato in libertà vigilata, ed è accusato di aver fatto propaganda per l’ISIS, aver reclutato membri dal Tagikistan e di aver partecipato a zone di conflitto in Siria del movimento jihadista.
Il centro a Istanbul, perquisito il 14 luglio dello scorso anno, comprendeva aule, dormitori e una moschea. Gli account dei social media a esso associati, che pubblicavano in russo, annunciavano nuove iscrizioni alle classi, eventi iftar e richieste di aiuto finanziario per le festività.
Questo atto d’accusa fornisce uno spaccato dettagliato sulla vasta rete e sulle attività di ISIS-K in Turchia, evidenziando la continua minaccia rappresentata dal gruppo terroristico e gli sforzi delle autorità turche per contrastarne le operazioni.
Del resto proprio il recente attacco alla chiesa cattolica sottolinea le capacità del gruppo di compiere atti violenti sul territorio.
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