Economia
Un default russo potrebbe essere una bomba del debito per il sistema finanziario occidentale
Un default del debito sovrano russo, ora dato con una probabilità dell’80% da Fitch (basato su credit default swap, o CDS), può innescare un tracollo del sistema finanziario occidentale.
Se messa all’angolo, la Russia potrebbe usarlo come detonatore di bombe di debito su scala internazionale.
EIR fa l’esempio di PIMCO, uno dei maggiori gestori di investimenti al mondo. PIMCO gestisce attivamente più di 2,21 trilioni di dollari di asset per banche centrali, fondi sovrani, fondi pensione, società, fondazioni e dotazioni e investitori individuali in tutto il mondo
PIMCO è esposto sia come proprietario di obbligazioni russe che come controparte in contratti di credit default swap.
Precisamente, possiede più di 1,5 miliardi di dollari in obbligazioni della Federazione Russa e almeno 1 miliardo di dollari in scommesse su derivati che il paese non sarebbe inadempiente.
Se la Russia va in default, PIMCO perderà direttamente almeno 2,5 miliardi di dollari, ma potrebbe subire un’ondata di richieste di margine e fuga degli investitori.
Dopo che Putin ha firmato il disegno di legge sul pagamento delle obbligazioni in rubli, i prezzi dei CDS per il debito russo sono saliti alle stelle.
Per assicurare 10 milioni di dollari di debito russo a 5 anni ora è necessario un acconto di 5,8 milioni più 100.000 dollari all’anno, secondo il servizio dati ICE citato da Bloomberg.
Quante istituzioni finanziarie stanno già perdendo quel debito come controparti in CDS?
I media elencano Société Genérale, Credit Suisse (CS), Unicredit, Raiffeisen Bank e Deutsche Bank come le banche con la maggiore esposizione creditizia verso la Russia.
Le azioni di Deutsche Bank sono crollate di oltre un terzo nelle ultime quattro settimane. Il calo del valore delle azioni di Deutsche Bank è un «grande problema, perché Deutsche Bank è fortemente interconnessa alle banche di Wall Street tramite derivati. Secondo l’ultimo rapporto annuale di Deutsche Bank, al 31 dicembre 2020 deteneva 35,4 trilioni di dollari in derivati nozionali», ha scritto Wall Street On Parade.
Nel caso di Credit Suisse, il sito di notizie finanziarie con sede a Zurigo In$ide Paradeplatz riporta che la diffusione dei CDS sul debito del Credit Suisse è balzata da 55 a 114 dallo scoppio della guerra in Ucraina.
I termini di pagamento si stanno avvicinando rapidamente: il 16 marzo è la scadenza per i rendimenti di 117 milioni di dollari, il 21 marzo per 66 milioni e il 28 marzo per 102 milioni da pagare su varie obbligazioni russe.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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