Geopolitica
Guerra ucraina, situazione al quinto giorno

È davvero difficile cercare di capire cosa stia accadendo sul campo in Ucraina.
Come abbiamo scritto, sia i media mainstream che i social (oramai, dai tempi del COVID, perfettamente allineati) non sono fonti di informazione attendibili – tanto più che fake news clamorose si rimpallano da feed Twitter a TG nazionali e viceversa.
Ci affidiamo quindi al parare di analisti esperti.
Rivista Italiana di Difesa scrive che, nonostante l’apparente tenuta da parte degli ucraini, «il fronte sud appare quello che sta mostrando più criticità. La mancata conquista di Kherson, difatti, non ha impedito puntate in profondità sia ad ovest che ad est della Crimea (sulla cui direzione ci si era già mossi passando per il nodo di Henishek)».
Mikolayvka si sarebbe autoisolata, e per questo non sarebbe ancora finita in mano russa. La città non ha più collegamenti né con Kiev né con Odessa, e quindi fa parte di un fronte unico con Kherson, pure isolata, ma con la quale ha mantenuto collegamenti «al fine di costituire un’unica linea difensiva di reciproco supporto, potenzialmente foriera di una controffensiva che potrebbe imbottigliare truppe che volessero impegnarsi troppo su Mykoayvka».
Immagini raccolte in rete mostrerebbero la presenza di soldati russi nella città di Kherson.
La città di Berdyansk sarebbe invece già controllata dai russi.
Mariupol è di fatto circondata: «nelle ultime 24 ore Mariupol ha continuato ad essere risparmiata da combattimenti e finanche bombardamenti nel proprio centro, sebbene i quartieri collocati alla destra del fiume Kalmius, confinanti con i paesotti di Sartana e Talakivka, conquistati in ore recenti dai separatisti, continuino a risultare sotto una pressione sempre più crescente».
Quindi, «essendo circondata, probabilmente Mariupol è la città a maggior rischio di catastrofe umanitaria
Sarebbe inoltre in atto una «guerra psicologica» basata sul traffico».
«Oramai giornaliere notizie di sbarchi su (o accanto a) Mariupol od Odessa non appaiono confermati, ed è possibile che media occidentali ripetano post russi su qualche social finalizzati a far scappare la popolazione al fine di intasare le vie di comunicazione interne. Difatti, queste risultano già congestionate di veicoli di ogni tipo che tentano di dirigersi verso frontiere polacche, ungheresi e moldave».
Ciò comporta conseguenze non indifferenti per gli spostamenti delle truppe.
«Le pochissime arterie stradali dell’heartland ucraino, dunque, si prestano davvero poco a spostamenti di truppe ucraine da un fronte all’altro. È anche per questo che le unità dell’Esercito di ogni fronte ingaggiato si affidano a rinforzi ad hoc creati sul posto tramite l’afflusso volontario di civili più o meno militarizzati».
L’analisi di RID scrive di non sapere se questa strategia difensiva sia concepita sin dall’inizio o si sia creata stradafacendo. Si tratterebbe di una nuova versione della «difesa totale» messa in atto dalla Yugoslavia di Tito.
Secondo l’autorevole rivista di Difesa, le battaglia al momento si stanno svolgendo nelle periferie delle città e non nei centri urbani, dove opererebbero le famose milizie volontarie civili ucraine di cui tanto si parla sui giornali occidentali, dove la distribuzione di kalashnikov alla popolazione è stata ampiamente pubblicizzata. «Tuttavia – sottolinea RID – il grosso dei combattimenti, finora vittoriosi, è stato senz’altro svolto da formazioni regolari dell’Esercito e della Guardia Nazionale (che da anni ha riunito i menzionati Battaglioni/Reggimenti Territoriali del 2014)».
«Le crescenti unità di volontari civili stanno però rinforzando i centri delle città minando ponti, viadotti e canalini (probabilmente degli IED stanno venendo predisposti); mettendo in opera nidi di mitragliatrici e postazioni per cecchinaggio, armi portatili anticarro e MANPADS; confondendo la segnaletica stradale; fabbricando e distribuendo bombe molotov (stabilimenti di prodotti alcolici si sono convertite allo scopo, come nella Finlandia della Guerra d’Inverno)».
L’analisi si conclude citando la possibile paura russa di trovarsi di fronte ad una resistenza civile che si configuri come «una, dieci, cento Grozny».
Il punto di svolta, quindi, sarebbe costituito da Kharkov, dove il tentantivo di entrata in città con forze leggere da parte dei russi sarebbe fallito, dice la rivista, per cui staremmo assistendo ad un cambio di strategia.
«Il terribile bombardamento indiscriminato del centro città con MRLS, difatti, segna un distacco da quello che, forse, aveva finora rappresentato parte del concetto operativo dei russi: puntare con forza sulle città etnicamente e/o linguisticamente ucraine, e aggredire con minore violenza (soprattutto artiglieresca) i centri russofoni dell’est (che in qualche caso erano anche caduti parzialmente e/o brevemente sotto controllo separatista nel 2014)».
Immagini circolanti in rete mostrano alcuni palazzi in fiamme, altri ridotti in macerie.
Gravemente colpiti sono anche il palazzo dell’amministrazione statale di Kharkov e la zona circostante
La colonna di mezzi russi in entrata nella città è semplicemente impressionante: «Bes kontza», senza fine, dice l’autrice del video.
Un video non verificato mostra anche un’enorme esplosione a Mariupol.
Nel frattempo sarebbe stata colpita e fatta crollare la torre TV di Kiev.
Geopolitica
Maduro ha offerto ampie concessioni economiche agli Stati Uniti

Il Venezuela ha proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Lo riporta il New York Times, citando fonti anonime.
Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno condotto attacchi al largo delle coste venezuelane contro quelle che hanno definito «imbarcazioni della droga», causando oltre venti morti e rafforzando la propria presenza militare nella regione. Funzionari americani hanno accusato Maduro di legami con reti di narcotraffico, accusa che il presidente venezuelano ha respinto.
Caracas ha accusato Washington di perseguire un cambio di regime, un’intenzione smentita dai funzionari statunitensi.
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Secondo fonti anonime di funzionari americani e venezuelani riportate dal NYT, dietro le tensioni pubbliche, Caracas avrebbe presentato un’ampia proposta diplomatica. Questa includeva l’apertura di tutti i progetti petroliferi e auriferi, attuali e futuri, alle aziende americane, l’offerta di contratti preferenziali per le imprese statunitensi, il reindirizzamento delle esportazioni di petrolio dalla Cina agli Stati Uniti e la riduzione degli accordi energetici e minerari con aziende cinesi, iraniane e russe.
I colloqui, condotti per mesi tra i principali collaboratori di Maduro e l’inviato statunitense Richard Grenell, miravano a ridurre le tensioni, secondo l’articolo. Sebbene siano stati fatti progressi in ambito economico, le due parti non sono riuscite a trovare un accordo sul futuro politico di Maduro, si legge nel rapporto.
Secondo il NYT, il Segretario di Stato americano Marco Rubio sarebbe stato il principale sostenitore della linea dura dell’amministrazione Trump per rimuovere Maduro. Si dice che Rubio sia scettico sull’approccio diplomatico di Grenell e abbia spinto per una posizione più rigida contro Caracas.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Immagine di Confidencial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
Geopolitica
Haaretz: Israele sarà indifendibile se violeremo questo piano di pace

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Geopolitica
Il Cremlino dice di essere pronto per un accordo sull’Ucraina

Mosca rimane aperta a una risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina, ma le ostilità proseguiranno finché Kiev continuerà a ostacolare i negoziati, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.
Rispondendo al presidente francese Emmanuel Macron, che di recente ha scritto in un post su X che la Russia «dovrà pagare il prezzo» se si rifiutasse di dimostrare disponibilità a negoziare, Peskov, parlando ai giornalisti lunedì, ha sottolineato che Mosca ha sempre favorito una soluzione diplomatica alla crisi. Tuttavia, ha notato che Kiev, sostenuta dai suoi alleati occidentali, continua a respingere tutte le proposte russe.
«La Russia è pronta per una soluzione pacifica», ha affermato Peskov, evidenziando che la campagna militare di Mosca continua «a causa della mancanza di alternative». Ha aggiunto che la Russia raggiungerà infine i suoi obiettivi dichiarati, salvaguardando i propri interessi di sicurezza nazionale.
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Le sue dichiarazioni arrivano in vista dell’incontro previsto per venerdì a Washington tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.
Peskov ha espresso apprezzamento per gli sforzi diplomatici di Trump volti a risolvere pacificamente il conflitto, auspicando che «l’influenza degli Stati Uniti e le capacità diplomatiche degli inviati del presidente Trump contribuiscano a incoraggiare la parte ucraina a essere più proattiva e preparata al processo di pace».
La Russia ha ripetutamente ribadito la propria disponibilità a colloqui di pace con l’Ucraina. Le due parti erano vicine a un accordo a Istanbul all’inizio del 2022, ma, secondo Mosca, Kiev si è ritirata dopo che i suoi sostenitori occidentali l’hanno spinta a continuare il conflitto.
Da allora, i funzionari russi hanno sostenuto che né Kiev né i suoi alleati europei sono genuinamente interessati a porre fine alle ostilità, accusandoli di ostacolare i negoziati con condizioni mutevoli e ignorando le proposte russe.
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Immagine di A.Savin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported, 2.5 Generic, 2.0 Generic e 1.0 Generic
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