Bizzarria
I soldati russi invadono il Tinder ucraino

I soldati russi starebbero bombardando le donne ucraine con richieste sull’applicazione di incontro intimi Tinder. Lo riporta il giornale britannico Sun.
Secondo l’articolo, alcuni soldati sarebbero entrati nella lista di maschi disponibili su Tinder a Khar’kov subito dopo che i carrarmati russi si erano posizionati a poca distanza dalla città nei giorni scorsi.
Una produttrice TV ucraina, Dasha Synelnikova, ha provato settando la sua geolocalizzazione su Khar’kov.
«In realtà vivo a Kiev, ma ho cambiato le impostazioni della mia posizione in Khar’kov dopo che un’amica mi ha detto che c’erano truppe russe su Tinder», ha detto la 33enne.
«E non potevo credere ai miei occhi quando sono spuntati fuori cercando di sembrare duri e fighi … Un ragazzo muscoloso si è messo in posa cercando di sembrare sexy a letto con la sua pistola».
«Un altro era in completo equipaggiamento da combattimento russo e altri si sono semplicemente messi in mostra con giubbotti attillati a righe».
«Ho automaticamente fatto scorrere verso sinistra per rifiutarli, ma ce n’erano così tanti che mi sono incuriosita e sono entrata in uno scambio di messaggi (…) È stato divertente ma allo stesso tempo spaventoso, sapere che erano così vicini».
Andrej, uno dei ragazzi con cui l’ucraina ha chattato, ha detto che «verrei volentieri [a Kharkiv], ma i ragazzi russi non sono i benvenuti in Ucraina dal 2014», cioè in seguito alla rivolta antirussa di piazza Maidan, la crisi in Donbass e la riannessione della Crimea.
Alla domanda sul suo lavoro, Andrej ha risposto:
«Sono nato a Belgorod ed ero un ingegnere prima del 2014 e ho visitato parecchie volte Kharkiv e mi è piaciuto così tanto che ho voluto comprare un appartamento. Amo viaggiare in Asia, in particolare in Thailandia. Ma ora è un momento difficile. Volevo viaggiare in Europa, ma ottenere un visto è difficile perché a nessuno piace la Russia in questo momento».
Infine, Dasha ha chiesto ad Andrej se fosse un soldato russo. Il ragazzo ha risposto con una gif animata del volto di Jim Carrey, come a dire «Ooops».
Il soldato Andrej non è l’unico che ha tentato di corteggiare la bella Dasha.
Interessante la presenza, tra i pretendenti, di tale «Black», un combattente ceceno di 33 che si mostra a letto con la pistola e il dito molto poco professionalmente sul griletto.
L’attuale presenza dei «volontari» ceceni in Ucraina, annunciata dal presidente ceceno Ramzan Kadyrov con un’adunata oceanica a Grozny, pare sia oramai un fatto certo.
Bizzarria
Ecco la catena alberghiera dell’ultranazionalismo revisionista giapponese

Per chi è stato in viaggio in Giappone il nome APA hotels potrebbe risultare familiare. La catena di alberghi dalla caratteristica insegna arancione è onnipresente nel Paese del Sol Levante, possiede circa 900 strutture alberghiere e in alcune zone urbane la loro densità è incredibile: così a memoria direi che ce ne sono almeno 5 nella zona tra Asakusa e Asakusabashi (due fermate di metro o mezz’ora scarsa a piedi).
La catena ha anche già iniziato la sua espansione nell’America settentrionale, con 40 strutture tra Stati Uniti e Canada.
Di recente ho avuto l’occasione di provare per la prima volta un hotel APA a Kanazawa, dove la catena è nata nei primi anni ottanta. Il giudizio complessivo è positivo: pulito, molto pratico da usare, al netto di stanze piuttosto anguste (ma nella norma nipponica) non posso dire che mi sia mancata alcuna comodità.
Anzi, le stanze dispongono del «bottone buonanotte» (oyasumi botan) cioè un pulsante vicino al comodino che spegne tutte le luci in un colpo solo. Di questo sono particolarmente grato perché mi ha risparmiato la classica caccia agli interruttori che contraddistingue le serate passate negli alberghi meno recenti qui in Giappone – in alcuni ryokan ci sono persone che si rassegnano a dormire con le luci accese per la disperazione, spossati dalla caccia all’interruttore nascosto.
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Un’altra caratteristica degli hotel APA è l’onnipresenza dell’effigie della presidentessa dell’azienda, la buffa Fumiko Motoya, sempre accompagnata da uno dei suoi vistosissimi cappelli (la sua collezione ne conta circa 240).

Fumiko Motoya, di hirune5656 via Wikimedia CC BY 3.0
Insegne, pubblicità, bottiglie di acqua minerale, confezioni di curry liofilizzato: non c’è posto da cui non spunti il sorriso della nostra Fumiko, il tutto ha una lieve sfumatura di culto della personalità da regime totalitario.
Ma quello che porta ripetutamente questa azienda al centro di aspre polemiche non sono i vistosi copricapo del suo presidente, né tanto meno la folle varietà di ristoranti ospitati dagli alberghi APA (a seconda della località mi è capitato di vedere ristoranti italiani, indiani, singaporiani, coreani, caffè in stile europeo, letteralmente la qualsiasi). Si tratta, invece, della cifra politica della catena alberghiera.
Ogni stanza d’albergo ha in dotazione almeno un paio di copie degli scritti del fondatore dell’azienda, Toshio Motoya, storico e ideologo di orientamento decisamente patriottico.
Gli scritti in questione innescano periodicamente polemiche furibonde: il picco era stato raggiunto tra 2016 e 2017, quando il volume che si trovava nelle stanze degli alberghi conteneva una revisione storica del massacro di Nanchino (1937). Apriti cielo: il clima allora era meno liberticida di adesso, si era agli albori dei social media totalitari come li conosciamo oggidì, ma le polemiche in Asia e occidente furono furibonde.
Il bello è che l’autore e l’azienda hanno fatto quello che oggi nessuno fa: nessun passo indietro, nessuna scusa, soltanto ribadire le proprie ragioni in maniera più articolata. In un mondo come quello in cui viviamo, in cui la gogna internettiana ha reso tutti ominicchi, quaquaraquà e, d’altronde love is love, un po’ invertiti, un atteggiamento del genere si può forse definire eroico.
Cotale attitudine mi ha ricordato l’epoca d’oro del movimento ultrà italiano, quando ancora dalle curve, allora libere da qualsiasi controllo da parte di partiti politici, malavita e istituzioni, si alzava il coro liberatorio: «Noi facciamo il cazzo che vogliamo!».
La pagina in inglese dell’azienda usa uno stile revisionistico che in Europa sarebbe ragione sufficiente per arresto, condanna e detenzione. Ve la ricordate la libertà, voi europei? Pensate che brivido trovare in albergo letteratura che rivede il dogma riguardo agli eventi accaduti nei primi anni quaranta tra Polonia, Germania e Austria…
Di fronte alle furiose contestazioni, l’azienda continua imperterrita a fare trovare in ogni camera delle copie di Theoretical modern history (理論近現代文学), i volumi che raccolgono gli scritti del fondatore della catena Motoya. Durante il mio soggiorno a Kanazawa ho avuto modo di leggere alcuni articoli che mi hanno dato una prospettiva diversa della storia giapponese.
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L’insegnamento della storia nel Giappone post bellico ha frequentemente preso l’aspetto di una forma di autoflagellazione (sotto la guida dell’occupante statunitense). Questa colpevolizzazione del paese a scapito di tutte le altre forze coinvolte nel conflitto mondiale raggiunge picchi disturbanti nelle prefetture più sinistrorse del Paese, le così dette H2O (Hiroshima, Hokkaido, Oita).
Ci sono stati casi di genitori che hanno protestato dopo avere sentito che ai figli veniva insegnato che «le bombe atomiche ce le siamo meritate». Dopo decenni di scuse a capo chino, non c’è da stupirsi che parte del Paese inizi a manifestare insofferenza verso questo clima culturale e a volersi riconciliare con la propria storia, senza intenti necessariamente autoassolutori.
L’articolo che riporto nella foto riguardo al pilota suicida (quelli che l’occidente chiama kamikaze, ma che in Giappone sono tokkoutai, 特攻隊、le squadre speciali d’assalto), mi ha ricordato il manifesto elettorale del partito Sanseito, in cui due piloti «kamikaze» sono raffigurati abbracciati e con le lacrime agli occhi, un’immagine dei cosiddetti kamikaze diversa da quella che solitamente ci viene mostrata.
Passare una notte all’APA hotel è stata l’occasione per capire una volta di più che al popolo del Giappone, come a quelli d’Europa, è stato messo sulle spalle il giogo di un senso di colpa che impedisce loro di esistere in quanto tali, costringendoli ad abiurare sé stessi quotidianamente.
Adesso basta, noi facciamo il katsu che vogliamo.
Taro Negishi
Corrispondete di Renovatio 21 da Tokyo
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Immagine di Mr.ちゅらさん via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
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Chirurgo del servizio sanitario pubblico britannico si è fatto amputare le gambe per «gratificazione sessuale»

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Bizzarria
Ladro d’auto si ferma a far benzina mentre è inseguito dalla polizia

Eccezionale scena ripresa da varie telecamere: un uomo a bordo di un’Infiniti blu rubata ha condotto la polizia della California in un inseguimento a 160 chilometri orari nel traffico di Losa Angeles, epperò fermandosi a metà inseguimento per fare benzina.
Un video mostra il sospetto di Grand Theft Auto (GTA), cioè furto di macchina, in una stazione di servizio Shell nella zona di Wilshire, a Los Angeles, mentre faceva rifornimento nervosamente con la camicia tirata sul viso – il tutto mentre sapeva di avere la polizia alle calcagna. Il motociclista alla pompa successiva sembrava ignaro della drammatica situazione.
«Non potrebbe comportarsi in modo più sospetto, te lo assicuro», ha commentato il giornalista che stava riprendendo l’inseguimento dall’elicottero. Il cronista volante ha anche notato che non c’era polizia nelle vicinanze, dando all’uomo più di un minuto per fare rifornimento.
What if you needed to fill up with gas in GTA 6? pic.twitter.com/S9argH5k7H
— GTA Sheriff (@GTA_Sheriff) August 24, 2025
GTA suspect STOPS FOR GAS mid pursuit 🔥🏆#inmateswithtalent #prisonlife #losangeles #policechase #gas
(via @ABC7LA) pic.twitter.com/ONWkkjP4rE
— Inmates With Talent (@InmatesWTalent) August 25, 2025
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Dopo aver riavvitato con calma il tappo del serbatoio, l’uomo si è allontanato a tutta velocità, passando poi sotto un cavalcavia per evitare di essere visto dagli elicotteri. Ha quindi abbandonò l’auto (a cui aveva appena fatto il pieno), facendola per qualche ragione schiantare contro un palo della luce. Il reporter dall’elicottero la ha definita «forse la mossa più intelligente della serata».
L’uomo si è quindi dileguato. Di lui, al momento, nessuna traccia – se non il serbatoio pieno dell’auto rubata.
La polizia ritiene che un altro automobilista possa averlo aiutato a fuggire. L’inseguimento ha attirato grande attenzione sui social media, con gli spettatori che hanno seguito increduli la diretta dell’elicottero mentre il sospettato si fermava casualmente per fare benzina durante l’inseguimento.
I commentatori hanno notato l’insolita decisione degli agenti di indietreggiare ripetutamente, una tattica talvolta utilizzata per ridurre il pericolo per il pubblico durante gli inseguimenti ad alta velocità.
È interessante notare che il cavalcavia da cui il sospettato è fuggito è esattamente lo stesso cavalcavia da cui, in un altro recente inseguimento della polizia, il sospettato è sceso da un’autocisterna rubata ed è salito su un altro veicolo rubato, scrive ABC7.
GTA, o Grand Thef Auto, è una popolarissima e pluridecennale serie di videogiuochi open-world incentrato su ogni sorta di violenza stradale, incluso soprattutto il ladrocinio di automobile. Ebbene, crediamo che in nessuna versione di GTA una mossa del genere sia stata tentata.
Pensiamo sempre di averle viste tutte. E invece.
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Immagine screenshot da Twitter
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