Gender
Prete svedese non celebrerà più matrimoni etero
Il sacerdote della Chiesa di Svezia Lars Gårdfeldt ha promesso di smettere di celebrare cerimonie matrimoniali per coppie eterosessuali .
Il Gårdfeldt, prete della luterana Svenska kyrkan, è dichiaratamente gay e ha una lunga aderenza all’attivismo LGBT.
«Don» Gårdfeldt ha annunciato che si rifiuterà di sposare coppie eterosessuali in segno di protesta contro una regola all’interno della Chiesa di Svezia che consente ai sacerdoti appena ordinati di rifiutarsi di sposare coppie dello stesso sesso.
Attenzione, rileggete: non è in gioco la legittimità svedese dell’omo-matrimonio in chiesa. Il gaio sacerdote si oppone alla possibilità di alcuni suoi colleghi di rifiutarsi.
«Allora la stessa cosa deve valere per me come omosessuale, quindi posso dire di no alle coppie eterosessuali»
«Allora la stessa cosa deve valere per me come omosessuale, quindi posso dire di no alle coppie eterosessuali», ha detto Gårdfeldt al quotidiano Göteborgs-Posten. Bisogna ammettere che non ha tutti i torti.
«Voglio mostrare l’assurdità, teologicamente ed eticamente riprovevole, di negare il matrimonio ad adulti consenzienti. Voglio ribaltare il dibattito. Non dovremmo reclutare nuovi preti anti-gay. Non dovremmo ordinare nuovi sacerdoti che trasmettano l’idea che gli omosessuali siano persone inferiori», ha aggiunto il prete LGBT scandinavo.
Come riporta Summit News, Torgny Lindén, addetto stampa della diocesi di Göteborg, non ha offerto una grande reazione contro la promessa di Gårdfeldt, semplicemente sottolineando che era suo diritto avere libera espressione, aggiungendo: «Non abbiamo opinioni su questo». Una risposta in linea con quella che potrebbe aver dato, oramai, una diocesi cattolica italiana.
La diocesi luterana svedese: «Non abbiamo opinioni su questo». Una risposta in linea con quella che potrebbe aver dato, oramai, una diocesi cattolica italiana
Il reverendo Gårdfeldt ha sposato il suo partner, ora transgender, in Canada nel 2006, prima che il matrimonio gay fosse consentito nelle chiese svedesi. Da bravo «don coraggio», ha dichiarato di aver anche celebrato matrimoni gay per anni prima che fosse permesso dalla Chiesa.
La Chiesa di Svezia, la principale confessione dello Stato, è di natura luterana – contando i suoi aderenti essa rappresenta addirittura il primo gruppo protestante al mondo. La natura dei riti della Chiesa nazionale, che era religione di Stato sino al 2000, è da soppesare: per essere battezzati basta una firma all’anagrafe.
In una lettera aperta lo scorso maggio la Chiesa di Svezia si è definita «trans». In calce vi era la firma di una moltitudine di religiosi.
«Nel 2019, le campane della chiesa hanno suonato in tutta la città di Malmo a sostegno di Greta Thunberg e del suo sciopero per il clima» ricorda Summit News. «Ciò è avvenuto dopo che la Chiesa di Svezia aveva letteralmente proclamato Greta “successore di Gesù”».
«La Chiesa di Svezia ha letteralmente proclamato Greta “successore di Gesù”»
È rammentato inoltre che nonostante sia (sulla carta) l’istituzione religiosa più radicalmente di sinistra del pianeta, la Chiesa di Svezia ha visto il suo numero di membri continuare a diminuire negli ultimi due decenni.
«Un totale di 104 chiese hanno chiuso definitivamente i battenti tra gli anni 2000 e 2019», riporta RMX News.
«Secondo i calcoli del 2018 fatti dalla diocesi, si prevede che la chiesa perderà fino a un milione di membri entro il 2028».
A breve anche sacerdoti cattolici omosessuali, che sono ora con probabilità la maggioranza, se ne verranno fuori con trovate come questa. Prima però devono trovare il coraggio di dirlo alla mamma. Che molto spesso è il motivo per cui hanno ripiegato sul mestiere di prete
Un quadretto edificante. Ma non è che i cattolici siano messi meglio. Lì c’è solo da attendere che i sacerdoti omosessuali, che sono ora con probabilità la maggioranza, se ne vengano fuori con trovate come questa.
Prima però devono trovare il coraggio di dirlo alla mamma.
Che molto spesso è il motivo per cui hanno ripiegato sul mestiere di prete.
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La donna più forte del mondo in realtà era un uomo
Jammie Booker, vincitrice del torneo «La donna più forte del mondo» 2025, è stata privata del titolo dopo che gli organizzatori hanno accertato che l’atleta di Philadelphia era nata maschio. La squalifica, l’ultima di una serie crescente di polemiche sui maschi biologici che gareggiano nelle categorie femminili, è arrivata a pochi giorni dalla competizione.
Il caso è esploso durante i Cerberus Strength Official Strongman Games in Texas lo scorso fine settimana, dove Booker ha dominato la categoria Women’s Open. Gli organizzatori hanno precisato di non essere stati informati in anticipo del background biologico dell’atleta e, a seguito di un’indagine urgente, l’hanno esclusa dalla classifica. «Abbiamo la responsabilità di garantire equità, assegnando gli atleti alle divisioni maschile o femminile in base al sesso alla nascita», si legge in un comunicato diffuso sui social da Official Strongman, che ha aggiornato i punteggi e incoronato la britannica Andrea Thompson come nuova campionessa.
La partecipazione di atlete transgender a competizioni sportive continua a generare dibattiti accesi. A luglio, il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti (USOPC) ha vietato alle donne transgender di gareggiare nelle categorie femminili alle Olimpiadi, in linea con un ordine esecutivo del presidente Donald Trump che esclude le trans dalle squadre femminili e minaccia di tagliare i fondi alle istituzioni che lo violano.
Casi emblematici come quello della nuotatrice statunitense Lia Thomas e della sollevatrice neozelandese Laurel Hubbard hanno riacceso il confronto su eventuali vantaggi fisici persistenti per le atlete transgender rispetto alle donne biologiche, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia affermato nel 2021 che non si debba presumere un «vantaggio automatico» e abbia demandato le regole di idoneità alle singole federazioni sportive.
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La questione è tornata d’attualità alle Olimpiadi di Parigi 2024, quando la pugile algerina Imane Khelif – squalificata l’anno prima ai Mondiali per presunti motivi di genere – ha conquistato l’oro, spingendo l’ex presidente del CIO Thomas Bach a negare l’esistenza di un «sistema scientificamente solido» per distinguere uomini e donne nello sport.
Ora il CIO è orientato a escludere le donne transgender dalle categorie femminili alle prossime Olimpiadi, sulla base di una nuova politica di ammissibilità prevista per il 2026, come riportato dal Times all’inizio di novembre citando fonti interne. La revisione si fonda su una valutazione scientifica che conferma come i vantaggi acquisiti durante la pubertà maschile possano perdurare anche dopo trattamenti farmacologici per ridurre i livelli di testosterone.
Come riportato da Renovatio 21, l’ex presidente del CIO Thomas Bach sosteneva all’epoca che non esisteva «un sistema scientificamente solido» per distinguere tra uomini e donne nello sport.
Come riportato da Renovatio 21, il sollevamento pesi, come ogni altra disciplina (il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket, il ju jitsu, etc.), era già stato colpito dal transessualismo sportivo. Lo è stato persino il biliardo in un’episodio noto, Alexandra Cunha, 49 anni, capitano della squadra nazionale femminile portoghese, si è ritirata dal torneo International Rules Pool Tour, incolpando i recenti cambiamenti alle regole da parte dell’autorità governativa dello sport, la World Eightball Pool Federation.
Come riportato da Renovatio 21, alle Olimpiadi di Tokyo vi fu il caso del sollevatore di pesi supermassimi transessuale Laurel Hubbard, 43 anni, che rappresentò la Nuova Zelanda a Giochi e riuscì, incredibilmente, a non vincere.
Due anni fa il pesista transessuale «Anne» Andres aveva stabilito il record nazionale durante un campionato durante il Campionato del Canada Occidentale 2023.
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La Corte UE ordina alla Polonia di riconoscere il matrimonio gay
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Studio della Sanità USA conferma i pericoli dei farmaci transgender e degli interventi chirurgici sui minori
Il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS) ha reso pubblico mercoledì un atteso rapporto sottoposto a revisione paritaria, che mette in guardia contro i rischi dell’«assistenza di affermazione di genere» per i minori, scatenando l’ira delle associazioni pro-LGBTQ+.
Lo studio, intitolato «Trattamento della disforia di genere pediatrica: revisione delle prove e delle migliori pratiche», si basa su un’analisi preliminare diffusa a maggio sui giovani con confusione di genere. Conferma che bloccanti della pubertà, ormoni di sesso opposto e interventi chirurgici provocano «danni significativi e a lungo termine, spesso trascurati o monitorati in modo inadeguato». Tra i rischi elencati: infertilità, disfunzioni sessuali, ridotta densità ossea, effetti cognitivi negativi, problemi cardiovascolari e metabolici, disturbi psichiatrici, complicanze operatorie e rimpianti post-trattamento.
Il segretario HHS Robert F. Kennedy Jr. ha appoggiato le conclusioni, accusando l’establishment medico di «negligenza». «L’American Medical Association e l’American Academy of Pediatrics hanno diffuso la menzogna che procedure chimiche e chirurgiche di rifiuto del sesso potessero giovare ai bambini», ha dichiarato in una nota. «Hanno tradito il giuramento di non nuocere, infliggendo danni fisici e psicologici duraturi a giovani vulnerabili. Questa non è medicina, è negligenza».
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Il rapporto giunge dopo l’ordine esecutivo firmato a gennaio dal presidente Donald Trump, che limita gli interventi di «cambio di sesso» per under 19, definendoli «mutilazioni chimiche e chirurgiche» mascherate da cure mediche necessarie.
Sempre più ospedali e medici stanno riducendo questi trattamenti: tra gli esempi, l’Università del Michigan, Yale Medicine, Kaiser Permanente, il Children’s Hospital di Los Angeles, UChicago Medicine e il Children’s National Hospital di Washington stanno eliminando o limitando bloccanti della pubertà e farmaci analoghi per i minori.
Negli USA circa 2,8 milioni di persone dai 13 anni in su si identificano come transgender, con la Gen Z che raggiunge il 7,6% tra chi si dichiara LGBTQ+.
Oltre al rapporto HHS, un’ampia letteratura scientifica indica che «affermare» la disforia di genere espone a pericoli gravi: oltre l’80% dei bambini la supera spontaneamente entro la tarda adolescenza, e anche una «riassegnazione» completa non riduce i tassi elevati di autolesionismo e suicidio tra chi soffre di confusione di genere.
Inchieste come quella del 2022 sulla Vanderbilt University Medical Center hanno documentato medici che promuovevano questi interventi pur consapevoli dei rischi, ammettendo in email e video che «fanno un sacco di soldi».
L’HHS ha precisato di aver invitato l’American Academy of Pediatrics e l’Endocrine Society a contribuire al rapporto, ma entrambe hanno declinato.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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