Connettiti con Renovato 21

Geopolitica

Perché una seconda Yalta? Il nuovo ordine mondiale prende forma (I parte)

Pubblicato

il

 

 

Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21

 

 

Gli Stati Uniti non sono la superpotenza che sognavano di essere. Hanno subito una tremenda sconfitta militare in Siria, insieme a un centinaio di Stati alleati, che però si ostinano a cullarsi nelle proprie illusioni. Ma è arrivato il momento della resa dei conti. Per sopravvivere Washington ha un’unica scelta: allearsi con uno degli avversari. La Russia o la Cina? Questo è il nocciolo della questione.

 

 

 

Non possiamo vivere in una società senza regole: quando sono ingiuste ci ribelliamo e le cambiamo. È inevitabile, perché ciò che in un dato momento appare giusto non lo è necessariamente più in un altro. In ogni caso, abbiamo bisogno di un ordine, senza il quale ognuno diventa nemico di ogni altro. Quel che è valido per i singoli uomini lo è anche per i popoli.

 

Nel 1945 la Conferenza di Yalta gettò le basi della divisione del mondo in zone d’influenza dei tre grandi vincitori della seconda guerra mondiale: Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica. Per tutta la guerra fredda gli schieramenti si sono insultati pubblicamente, ma hanno stipulato accordi sottobanco. La ricerca storica ha dimostrato che, sebbene l’accordo avrebbe potuto in qualunque momento tramutarsi in scontro, le invettive erano più finalizzate a consolidare il campo d’appartenenza che a colpire l’avversario/partner.

 

Il sistema, mai messo in discussione, resistette fino alla sparizione dell’Unione Sovietica, nel 1991.

 

Da allora gli Stati Uniti hanno preteso di essere l’unica superpotenza in grado di organizzare il mondo. Non ci sono riusciti. Cina e Russia − eredi dell’URSS − hanno tentato di rimescolare le carte in molte occasioni. A loro volta non ci sono riuscite, ma hanno continuato a svilupparsi. Il Regno Unito, che durante la guerra fredda aveva aderito all’Unione Europea, ne è uscito per entrare di nuovo in competizione (Global Britain). Così le potenze che ora ambiscono spartirsi il mondo sono diventate quattro.

Alla fine del periodo di disordini 1991-2021 − dalla «Tempesta del deserto” al “rimodellamento del Medio Oriente Allargato» − le ambizioni degli Stati Uniti sono andate in frantumi in Siria. Sono occorsi diversi anni a Washington per ammettere la sconfitta. Le forze armate russe sono tecnologicamente molto più avanzate, quelle cinesi hanno personale molto più qualificat

 

Alla fine del periodo di disordini 1991-2021 − dalla «Tempesta del deserto” al “rimodellamento del Medio Oriente Allargato» − le ambizioni degli Stati Uniti sono andate in frantumi in Siria. Sono occorsi diversi anni a Washington per ammettere la sconfitta. Le forze armate russe sono tecnologicamente molto più avanzate, quelle cinesi hanno personale molto più qualificato. È urgente per gli USA prenderne atto e accettare un accordo; in caso contrario perderà tutto. Non si tratta più di valutare cosa sia meglio, ma di fare tutto il possibile per sopravvivere.

 

Gli alleati degli Stati Uniti non hanno capito la portata della catastrofe militare in Siria. Continuano a mentire a loro stessi e a considerare questo importante conflitto − che ha coinvolto più Stati di quelli della seconda guerra mondiale − una «guerra civile» in un piccolo Paese remoto. Faticheranno quindi ad accettare gli arretramenti a catena di Washington.

 

Una Yalta II è per il Regno Unito l’ultima chance. Quello che fu «l’Impero sul quale non tramonta mai il sole» non dispone più di mezzi militari all’altezza delle ambizioni. Però conserva abilità eccezionali e un cinismo ferreo (la «Perfida Albione»). Non disdegnerà alcuna opzione, purché gli assicuri una rendita. Nella scia degli Stati Uniti, il Regno Unito approfitta della cultura comune e di solide reti d’influenza. Alla Casa Bianca è di ritorno la Pilgrim’s Society (Associazione dei Padri Pellegrini), molto presente nel primo mandato di Obama.

 

La Russia non è l’URSS, con i suoi pochi dirigenti russi. Mosca non cerca di far trionfare un’ideologia; la sua politica estera non si fonda su una fumosa teoria geopolitica, ma sulla proiezione della sua forte personalità. È pronta a negligere i propri interessi pur di non rinnegare sé stessa.

La Russia non è l’URSS, con i suoi pochi dirigenti russi. Mosca non cerca di far trionfare un’ideologia; la sua politica estera non si fonda su una fumosa teoria geopolitica, ma sulla proiezione della sua forte personalità. È pronta a negligere i propri interessi pur di non rinnegare sé stessa

 

Da lungo tempo la Cina non deve riconoscenza ad alcuno, soprattutto ai Paesi che l’hanno distrutta agli inizi del XX secolo. Beijing vuole soprattutto recuperare la propria zona d’influenza nella regione e commerciare con il resto del mondo. Sa essere paziente, ma non è disponibile a fare concessioni. Oggi è alleata della Russia, di cui però non ha dimenticato il ruolo nella colonizzazione; inoltre non ha rinunciato alle pretese territoriali sulla Siberia orientale.

 

Riassumendo, nessuna delle quattro grandi potenze agisce secondo la medesima logica e persegue i medesimi obiettivi. Questo facilita il raggiungimento di un accordo, ma fa sì che sia più difficile rispettarlo.

 

Il Pentagono ha affidato a un gruppo di lavoro l’incarico di riflettere sulle possibili opzioni rispetto alla Cina (DoD China Task Force), che teme più della Russia. Infatti, quel che Beijing recupererà nella propria zona d’influenza regionale andrà a scapito delle posizioni di Washington in Asia. La Casa Bianca ha da parte sua designato un gruppo di lavoro ultrasegreto, con l’incarico di esaminare i nuovi possibili scenari mondiali. La task force del Pentagono ha già consegnato il rapporto, subito secretato. Non si sa invece se il gruppo della Casa Bianca abbia portato a termine il suo.

 

Riassumendo, nessuna delle quattro grandi potenze agisce secondo la medesima logica e persegue i medesimi obiettivi. Questo facilita il raggiungimento di un accordo, ma fa sì che sia più difficile rispettarlo

Il gruppo della Casa Bianca deve vigilare sul destino degli Stati Uniti. La sua stessa composizione è segreta, ma sicuramente i suoi membri sono più potenti di un presidente anziano. Svolge un ruolo decisionale centrale, comparabile a quello svolto, durante l’amministrazione Bush-Cheney, dal Gruppo per lo Sviluppo e la Politica Energetica nazionale (National Energy Policy Development Group – NEDP).

 

Al momento nulla permette di capire se questo gruppo rappresenti obiettivi politici e/o finanziari. È comunque ovvio che la finanza globale influenzi sia la NATO sia la Casa Bianca. Essa non ha per obiettivo modificare alleanze, ma disporre delle informazioni che le sono indispensabili per adattarsi ai mutamenti mantenendosi nell’ombra, nonché per salvaguardare la propria posizione sociale.

 

Gli spostamenti dei vari inviati speciali di Washington inducono a supporre che l’amministrazione Biden abbia già scelto: ripristinare il duopolio della guerra fredda, unico modo per Washington di evitare una guerra contro un’alleanza russo-cinese, cui probabilmente non sopravvivrebbe.

 

Dobbiamo renderci conto che il principale ostacolo, in USA, è di ordine mentale. Dal 2001 Washington è persuasa che l’instabilità giochi a suo vantaggio. Per questo motivo strumentalizza, senza troppi scrupoli, gli jihadisti ovunque nel mondo, attuando la strategia Rumsfeld/Cebrowski. Un accordo tipo Yalta sarebbe invece una scommessa sulla stabilità, che Mosca auspica da due decenni

Per Washington, questa scelta implica l’impegno a difendere contro le pretese cinesi l’integrità della Siberia russa; per Mosca, l’impegno a difendere, reciprocamente, le basi e installazioni USA che si trovano nella zona d’influenza cinese.

 

Un’opzione che presuppone il riconoscimento da parte di Washington della supremazia economica cinese nel mondo, ma che al tempo stesso gli consente di contenere politicamente l’«Impero di Mezzo» e così evitare che diventi una potenza mondiale nel pieno senso del termine.

 

Unica perdente: la Cina, che continuerebbe a essere priva della propria zona d’influenza e politicamente isolata. Potrebbe però essere per il momento tenuta a bada, consentendole di recuperare Taiwan, che da una settimana il Think Tank del Pentagono considera «non essenziale» per gli Stati Uniti.

 

Dobbiamo renderci conto che il principale ostacolo, in USA, è di ordine mentale. Dal 2001 Washington è persuasa che l’instabilità giochi a suo vantaggio. Per questo motivo strumentalizza, senza troppi scrupoli, gli jihadisti ovunque nel mondo, attuando la strategia Rumsfeld/Cebrowski. Un accordo tipo Yalta sarebbe invece una scommessa sulla stabilità, che Mosca auspica da due decenni.

 

Il presidente Biden ha messo in calendario dapprima un incontro con i partner britannici per rafforzare l’alleanza sul modello della Carta Atlantica; poi la riunione per il G7 dei principali alleati; infine il meeting con gli alleati civili e militari della NATO e dell’Unione Europea. Soltanto dopo essersi assicurato la fedeltà di tutti, il 16 giugno Biden incontrerà a Ginevra l’omologo russo.

Tutto questo è paradossale: significa far fare all’amministrazione Biden esattamente quello che è stato impedito all’amministrazione Trump di portare a termine. Si sono persi quattro anni

 

Tutto questo è paradossale: significa far fare all’amministrazione Biden esattamente quello che è stato impedito all’amministrazione Trump di portare a termine. Si sono persi quattro anni.

 

(Segue…)

 

 

Thierry Meyssan

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

Continua a leggere

Geopolitica

Ancora botte dentro e fuori il Parlamento della Georgia. Ma la legge sugli «agenti stranieri» passa

Pubblicato

il

Da

Mercoledì i deputati georgiani si sono scontrati in parlamento in vista della sessione plenaria in cui verrà deciso il destino di un controverso disegno di legge sugli «agenti stranieri» che ha scatenato violente proteste.

 

La legislazione, ufficialmente nota come disegno di legge «Sulla trasparenza dell’influenza straniera», è una nuova versione di un disegno di legge simile proposto lo scorso anno dal partito al potere K’art’uli Ots’neba, «Sogno Georgiano», che richiede alle organizzazioni e agli individui con più del 20% di finanziamenti esteri di registrarsi come «agenti stranieri» e rivelare i propri donatori.

 

Il disegno di legge è stato ripresentato in parlamento con piccole modifiche all’inizio del mese scorso, e da allora è stato approvato in due letture. L’opposizione considera la legislazione autoritaria e si oppone fermamente ad essa.

Sostieni Renovatio 21

Mercoledì un video pubblicato online dalla deputata dell’opposizione Salome Samadashvili mostrava diversi suoi colleghi che si afferravano e urlavano nella sala conferenze principale del parlamento. Non è chiaro cosa si sia detto esattamente durante l’alterco, ma si può sentire una voce che grida «istigatore!», secondo quanto riportato da RT.

 

La stessa Samadashvili non sembra aver preso parte all’alterco ma, secondo quanto riportato dai media, le è stato successivamente chiesto di lasciare la sessione plenaria.

 


Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Si tratta del secondo incidente questa settimana in cui le discussioni parlamentari sulla nuova legislazione sono diventate violente. Lunedì la deputata dell’opposizione Khatia Dekanoidze ha colpito con una bottiglia d’acqua Guram Macharashvili, un deputato del partito al governo.

 

Due settimane prima, in un’altra sessione dedicata al disegno di legge era scoppiata una rissa dopo che il deputato dell’opposizione Aleko Elisashvili aveva dato un pugno in faccia a Mamuka Mdinaradze, un forte sostenitore della legislazione.

 

La proposta di legge ha scatenato proteste di massa anche fuori dal parlamento. I filmati girati negli ultimi giorni mostrano manifestanti dell’opposizione che si scontrano con agenti di polizia, che vengono visti usare spray al peperoncino, gas lacrimogeni e idranti per disperdere la folla.

 

Gli stati occidentali, inclusi Stati Uniti e Unione Europea, hanno criticato la proposta di legge, sostenendo che complicherebbe il lavoro di molte ONG straniere nel paese. Bruxelles ha persino avvertito la Georgia, alla quale è stato recentemente concesso lo status di candidata all’UE, che l’adozione della legislazione potrebbe mettere a repentaglio la candidatura del paese all’adesione.

 

Tuttavia, la scorsa settimana il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha insistito sul fatto che il disegno di legge è una «condizione necessaria per andare avanti» nel percorso verso l’adesione all’UE perché renderebbe la Georgia più trasparente.

 

Ieri il Parlamento georgiano ha approvato la seconda lettura del disegno di legge. Il ministero della Sanità georgiano, in un bollettino citato dai media georgiani, ha detto che 11 persone, tra cui sei agenti di polizia, hanno ricevuto cure ospedaliere dopo gli scontri seguiti all’approvazione del disegno di legge.

 


Aiuta Renovatio 21

Il vice ministro dell’Interno Aleksandre Darakhvelidze, citato dai media georgiani, ha affermato che i manifestanti hanno tentato di entrare in parlamento utilizzando vari oggetti e hanno attaccato i poliziotti. Darakhvelidze ha detto che l’azione della polizia martedì ha provocato 63 arresti e il ferimento di sei agenti di polizia.

 

La Georgia ad inizio degli anni 2000 è stata teatro di una «rivoluzione colorata», la cosiddetta «rivoluzione delle rose», guidata da Mikheil Saakashvili, personaggio politico ora in carcere, dopo essere fuggito in Ucraina dove il presidente Poroshenko lo aveva fatto governatore dell‘oblast’ di Odessa.

 

Secondo quanto riportato, all’epoca l’Open Society Institute (OSI), finanziato da George Soros, sosteneva Mikheil Saakashvili e una rete di organizzazioni filo-democratiche. L’OSI ha inoltre pagato un certo numero di studenti attivisti affinché andassero in Serbia e imparassero dai serbi che avevano contribuito a rovesciare Slobodan Milosevic nel 2000.I promotori della democrazia occidentale hanno anche diffuso sondaggi di opinione pubblica e analizzato i dati elettorali in tutta la Georgia.

 

Una significativa fonte di finanziamento per la Rivoluzione delle Rose fu quindi la rete di fondazioni e ONG associate al finanziere miliardario ungherese-americano George Soros. La Fondazione per la Difesa delle Democrazie riporta il caso di un ex parlamentare georgiano che ha sostenuto che nei tre mesi precedenti la Rivoluzione delle Rose, «Soros ha speso 42 milioni di dollari per rovesciare Shevardnadze».

 

«Queste istituzioni sono state la culla della democratizzazione, in particolare la Fondazione Soros… tutte le ONG che gravitano attorno alla Fondazione Soros hanno innegabilmente portato avanti la rivoluzione. Tuttavia, non si può concludere la propria analisi solo con la rivoluzione e si vede chiaramente che, in seguito, la Fondazione Soros e le ONG sono state integrate al potere» ha dichiarato alla rivista dell’Istituto Francese per la Geopolitica Herodote l’ex ministro degli Esteri Salomé Zourabichvili, ora presidente della Georgia.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da Twitter

 

Continua a leggere

Geopolitica

I palestinesi cacciano via l’ambasciatore tedesco

Pubblicato

il

Da

L’ambasciatore tedesco presso l’Autorità Palestinese è stato braccato da una folla inferocita e costretto a fuggire durante una visita all’Università di Birzeit in Cisgiordania. Lo riporta RT.   I media riferiscono che gli studenti hanno preso di mira il diplomatico a causa del sostegno del suo paese a Israele nella guerra contro Hamas.   Un video dell’incidente pubblicato sui social media mostra l’ambasciatore Oliver Owcza che cammina velocemente verso il suo veicolo mentre i manifestanti lo seguono e lo disturbano martedì. Un’altra clip mostra una folla che circonda e prende a calci l’auto di Owcza, strappa uno specchietto laterale e lancia oggetti mentre si allontana.   Owcza faceva parte di un gruppo di inviati europei che sono stati «attaccati» mentre partecipavano a un incontro al Museo Nazionale Palestinese, situato nel campus dell’Università Birzeit a nord di Ramallah, secondo il Jerusalem Post. Diversi veicoli del corteo degli ambasciatori sono rimasti danneggiati, compreso almeno uno con il finestrino posteriore rotto.  

Sostieni Renovatio 21

Un diplomatico ha detto a Reuters che una folla è apparsa fuori dall’incontro, chiedendo che gli inviati se ne andassero, e che i tentativi di parlare con i manifestanti non hanno avuto successo e che i visitatori sono dovuti fuggire. Nessuno è rimasto ferito o minacciato gravemente, ha aggiunto.   La Germania ha storicamente sostenuto Israele politicamente e militarmente. L’esercito israeliano acquista gran parte dei suoi armamenti da Berlino, scrive RT. Tuttavia, i leader tedeschi sono stati critici nei confronti delle politiche israeliane e hanno donato oltre 1 miliardo di euro (1,07 miliardi di dollari) in aiuti all’Autorità Palestinese, sostenendo i diritti dei palestinesi e hanno spinto per un accordo di pace a due Stati.   Amr Kayed, uno studente dell’Università di Birzeit, avrebbe affermato che i diplomatici dell’UE sono stati costretti ad andarsene perché «chiunque sia complice del genocidio e dell’offensiva su Gaza» non è il benvenuto a scuola.   L’ambasciatore Owcza ha minimizzato l’incidente, affermando in un post su X (ex Twitter) che Jla protesta pacifica e il dialogo hanno sempre il loro posto» e aggiungendo che «ci rammarichiamo che l’incontro di oggi dei capi missione dell’UE presso il Museo Nazionale di Birzeit sia stato indebitamente interrotto dai manifestanti. Ciononostante, rimaniamo impegnati a lavorare in modo costruttivo con i nostri partner palestinesi».   Come riportato da Renovatio 21, ad inizio mese il Nicaragua ha portato la Germania davanti alla Corte Internazionale per complicità nel genocidio di Gaza.   La complicità europea è stata sottolineata dall’eurodeputata irlandese Clare Daly che ha apostrofato la presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von der Leyen, come «frau genocidio».   La complicità europea è stata sottolineata dall’eurodeputata irlandese Clare Daly che ha apostrofato la presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von der Leyen, come «frau genocidio».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da YouTube
Continua a leggere

Geopolitica

Dopo l’incidente d’auto, il ministro israeliano Ben Gvir si è già ripreso e minaccia di far cascare Netanyahu se non entra a Rafah

Pubblicato

il

Da

Quattro giorni fa il veicolo del ministro della sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, è stato coinvolto in un incidente stradale nella città di Ramla. Le prime immagini dell’accaduto sono circolate su Internet attraverso un video che segue. Secondo le informazioni disponibili, sembra che il leader del partito ultrasionista Otzma Yehudit sia stato trasportato in ospedale immediatamente dopo l’incidente.

 

Testimoni oculari hanno riferito che il ministro è passato con un semaforo rosso, mentre la polizia ha dichiarato che due veicoli sono coinvolti nella collisione e che tre persone, insieme a Ben Gvir, sono state portate in ospedale con ferite lievi. Le immagini dell’incidente mostrano il veicolo ufficiale del ministro ribaltato, mentre un’altra auto ha subito danni alla parte anteriore. Le autorità stanno lavorando per determinare la causa dell’incidente.

 

Il reporter del canale 12, Amit Segal, ha raccontato di un testimone che ha visto il veicolo di Ben Gvir passare con il semaforo rosso. Segal ha anche riportato che negli ultimi mesi il veicolo ufficiale del ministro ha commesso diverse violazioni del codice della strada.

 


Sostieni Renovatio 21

Come riportato da Renovatio 21, il sionismo oltranzista del Ben Gvir è di tale intensità da spingerlo addirittura ad attaccare Washington, dichiarando che Israele «non è un’altra stella sulla bandiera americana». Una frase che risulta inaudita per i rapporti tra lo Stato Ebraico e la superpotenza sua protettrice.

 

Le speculazioni su un possibile attentato si spengono presto davanti allo stuolo di precedenti che ha il caso. Lo scorso agosto, il Ben Gvir era stato coinvolto in un altro incidente dovuto alla violazione di un semaforo mentre si dirigeva verso un’intervista. I media israeliani hanno anche riferito che il ministro avrebbe dato istruzioni al suo autista per violare regolarmente le norme del traffico.

 

Secondo quanto riportato, tuttavia, la polizia israeliana non gli avrebbe fatto la multa.

 

Ad ogni modo, nonostante l’ulteriore terrificante incidente, il ministro, dopo due giorni di convalescenza all’ospedale Hadassah pare tornato in sé con grande velocità, con tweet molto eloquenti riguardo la tenuta del governo Netanyahu.

 

Per esempio, il nostro ripete, commentando con la parola «promemoria», un tweet dello scorso gennaio: «Accordo promiscuo = scioglimento del governo».

 

 

L’Itamar, dimesso, ha già chiesto ed ottenuto un incontro con il premier Netanyahu in cui ha preteso l’invasione di Rafah.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

«Ho terminato un incontro con il Primo Ministro su mia richiesta» dice il ministro Ben Gvirro nel video pubblicato su X. «Ho avvertito il Primo Ministro se Dio non voglia che Israele non entri a Rafah, se Dio non voglia che finiamo la guerra, se Dio non voglia che ci sarà un accordo promiscuo».

 

La richiesta, pura è semplice, è per la continuazione della guerra che altrove definiscono, con sempre maggiore frequenza, «genocidio».

 

«Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» dichiara il ministro sionista, che sembra alludere ancora una volta la sua capacità di far cascare l’esecutivo retto dal Bibi. «Accolgo con favore queste cose. Penso che il Primo Ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero».

 

A marzo il Ben Gvir aveva sollecitato il ministro della Difesa Yoav Gallant a dichiarare guerra al Libano. «Gallant, l’esercito è sotto la tua responsabilità, cosa stai aspettando? Più di 100 razzi sono stati lanciati contro lo Stato di Israele e tu stai seduto in silenzio?» aveva detto in un video condiviso sul suo account sui social media. Ben-Gvir esortava ad attaccare il Libano, dicendo, come riporta il canale di Stato turco TRT: «cominciamo a rispondere, ad attaccare e a combattere ora».

 

Il ministro Itamar Ben Gvir appartiene al partito sionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») è associato al movimento erede del partito Kach, poi dissolto da leggi anti-terroriste varate dal governo Rabin nel 1994, fondato dal rabbino americano Mehir Kahane.

 

Kach è nella lista ufficiale delle organizzazioni terroristiche di USA, Canada e, fino al 2010, su quella del Consiglio dell’Unione Europea. Il Kahane fu assassinato in un vicolo di Nuova York nel 1990, tuttavia le sue idee permangono nel sionismo politico, in primis l’idea di per cui tutti gli arabi devono lasciare Eretz Israel, la Terra di Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.

Aiuta Renovatio 21

Il Ben Gvir da ministro l’anno scorso ha vietato le bandiere palestinesi, mentre quest’anno un altro membro del partito ha minimizzato riguardo gli sputi degli ebrei contro i pellegrini cristiani (un’«antica tradizione ebraica»), mentre sul territorio si moltiplicano gli attacchi e le profanazioni ai danni dei cristiani e dei loro luoghi in Terra Santa.

 

Come riportato da Renovatio 21, in un altro editoriale Haaretz scriveva che «il governo di Netanyahu è tutt’altro che conservatore. È un governo rivoluzionario, di destra, radicale, messianico che ha portato avanti un colpo di Stato e sogna di annettere i territori».

 

Il Ben Gvir era tra i relatori del grande convegno sulla colonizzazione ebraica di Gaza, celebrato con balli sfrenati su musica tunza-tunza.

 


Il messianismo sionista si basa sulla teoria apocalittica del Terzo Tempio, che ha diversi sostenitori anche nel protestantesimo americano.

 

Tali idee religiose sulla fine del mondo sono riaffiorate poche settimane fa quando un gruppo sionista ha domandato di portare sulla spianata delle Moschee – cioè il Monte del Tempio degli ebrei – una giovenca rossa, che, sacrificata come prescritto nei Libro dei numeri, darebbe ceneri con cui purificare i rabbini necessari ai riti per la venuta del messia degli ebrei, che per i cristiani, secondo varie vulgate, sarebbe esattamente l’anticristo.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche la settimana scorsa alcuni giovani ebrei sono stati arrestati mentre tentavano di trafugare sul Monte del tempio alcuni capretti da offrire in sacrificio, un atto che è sia una provocazione nei confronti dei palestinesi musulmani, sia un procedimento inserito all’interno di un sistema di riti apocalittici.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da YouTube

 

Continua a leggere

Più popolari