Economia
George Soros dona 500 milioni di dollari a un piccolo college americano
Il filantropo miliardario di sinistra, George Soros, ha donato 500 milioni di dollari al Bard College, un piccolo college di arti liberali a New York.
Secondo un comunicato stampa dello stesso istituto, la sovvenzione – «che è tra le più grandi mai elargite all’istruzione superiore negli Stati Uniti» – faciliterà «le iniziative educative e sociali, sarà la donazione più danarosa mai fatto a questa scuola e getterà le basi per una raccolta di fondi da 1 miliardo di dollari». Il college ha annunciato di aver raccolto altri 250 milioni di dollari e sta cercando di raccoglierne altri 250 nel prossimo futuro.
Il finanziamento fa parte dell’Open Society University Network di Soros, un gruppo che fa donazioni alle università di tutto il mondo. Soros ha donato una parte considerevole della sua ricchezza a politici democratici e per promuovere cause di sinistra
Il presidente del Bard College, Leon Botstein, ha dichiarato che la donazione segna il «momento storicamente più importante dalla fondazione del college nel 1860». Sulla base del numero pubblicato dall’istituto, ci sono 1900 studenti universitari, e la donazione di Soros ammonta a 263.157 dollari a studente.
«Il Bard college ha svolto un ruolo innovativo e progressista nell’istruzione americana – ha dichiarato Botstein – e continuerà a farlo con questa nuova donazione altamente competitiva, per garantire equità negli aiuti finanziari, riformare il rapporto tra istruzione superiore e istruzione secondaria, promuovere l’istruzione internazionale e difendere le arti, le scienze umane e le scienze di base come l’essenza delle arti liberali».
Il finanziamento fa parte dell’Open Society University Network di Soros, un gruppo che fa donazioni alle università di tutto il mondo. Soros ha donato una parte considerevole della sua ricchezza a politici democratici e per promuovere cause di sinistra.
Gli affiliati della scuola – come il docente di storia Gennady Shkliarevsky – hanno criticato apertamente la leadership della scuola per i suoi rapporti finanziari con Soros, considerati decisamente troppo stretti.
«Se la Open Society University Network riesce a utilizzare il Bard college come veicolo per raggiungere la visione di Soros, la missione principale della scuola potrebbe diventare politica piuttosto che educativa»
Shkliarevsky, uno storico. ha sostenuto che Botstein ha guidato la scuola nella costruzione di nuovi servizi e nell’espansione dei programmi in tutto il mondo: sforzi insostenibili con il finanziamento di 300 milioni di dollari da parte della scuola.
«Se la Open Society University Network riesce a utilizzare il Bard college come veicolo per raggiungere la visione di Soros, la missione principale della scuola potrebbe diventare politica piuttosto che educativa».
Del resto, ricordiamo come il megafinanziere anglo-americano di origine ebreo-ungherese Schwartz György detto George Soros venne definito dal direttore del Carnegie Endowment for International Peace, Morton Abramowitz: Soros è «l’unico cittadino al mondo dotato di una sua politica estera».
Immagine di Heinrich-Böll-Stiftung via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
Economia
Trump grazia l’ex CEO del gigante delle cripto Binance
Il presidente statunitense Donald Trump ha concesso la grazia presidenziale a Changpeng Zhao, noto come «CZ», fondatore ed ex amministratore delegato di Binance, la principale piattaforma di scambio di criptovalute a livello globale. Lo riporta il Wall Street Journal.
L’annuncio, proveniente dalla Casa Bianca, giunge dopo mesi di vigorose attività di lobbying e rappresenta un cambiamento significativo nella politica americana verso il settore delle criptovalute, con chiare ripercussioni sugli interessi familiari di Trump.
La grazia corona una serie di iniziative prolungate da parte di Zhao e della sua azienda per ottenere indulgenza, tra cui il sostegno attivo a World Liberty Financial, la piattaforma crypto associata alla famiglia Trump. Questa iniziativa, promossa dai figli del presidente Eric e Donald Jr., ha registrato un’impennata di valore – valutata in oltre 5 miliardi di dollari di ricchezza teorica – grazie a collaborazioni con entità legate a Binance, come un’intesa da 2 miliardi di dollari con un fondo degli Emirati Arabi Uniti che ha impiegato lo stablecoin USD1 di World Liberty per investimenti azionari.
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Zhao, un tempo tra i leader più influenti nel panorama degli asset digitali, era stato condannato nell’aprile 2024 a quattro mesi di detenzione dopo un accordo con il Dipartimento di Giustizia statunitense nel 2023. L’intesa prevedeva un’ammissione di responsabilità per violazioni antiriciclaggio, una sanzione record di 4,3 miliardi di dollari per Binance e una multa personale di 50 milioni per CZ, che aveva lasciato la carica di CEO.
Gli inquirenti federali avevano imputato alla piattaforma di aver favorito operazioni illecite con soggetti sanzionati, inclusi gruppi terroristici, e di non aver adottato misure sufficienti contro il riciclaggio di denaro. Il procedimento contro Zhao è stato uno dei casi più rappresentativi della campagna dell’amministrazione Biden contro le grandi exchange crypto, vista da molti come un’eccessiva stretta repressiva.
Completata la pena in una prigione federale a bassa sicurezza in California e poi in un centro di reinserimento, Zhao era stato liberato nel settembre 2024. Ci sono voluti quasi dodici mesi di sforzi per ottenere la grazia: all’inizio del 2025, l’azienda ha assunto il lobbista Ches McDowell, legato a Donald Trump Jr., per influenzare i decisori a Washington.
Fonti informate indicano che il team di Trump ha colto nel caso di Zhao l’occasione per avviare una «nuova era» nelle normative sulle criptovalute, favorendo l’innovazione anziché la repressione. Numerosi collaboratori del presidente considerano le imputazioni come motivazioni politiche, tipiche della più ampia «guerra alle crypto» promossa da Biden.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha giustificato la scelta con toni decisi: «il presidente Trump ha esercitato il suo potere costituzionale concedendo la grazia al signor Zhao, perseguitato dall’amministrazione Biden nella sua guerra alle criptovalute». E ha proseguito: «la guerra dell’amministrazione Biden contro le criptovalute è terminata». Interrogato dalla stampa, Trump ha sminuito l’importanza: «Molte persone sostengono che non avesse commesso alcun illecito. L’ho graziato su indicazione di persone affidabili, pur non conoscendolo di persona».
La decisione non manca di polemiche. Critici come la senatrice democratica Elizabeth Warren l’hanno bollata come un «evidente conflitto di interessi»: «Prima CZ si dichiara colpevole di riciclaggio, poi sostiene un’impresa crypto di Trump e fa lobbying per la grazia. Oggi Trump ricambia il favore».
Binance, che aveva visto prelievi per un miliardo dopo che CZ si era dichiarato colpevole, ha accolto la notizia come «incredibile» e ha espresso gratitudine a Trump per il suo impegno a trasformare gli Stati Uniti nella «capitale mondiale delle crypto».
Zhao, azionista di maggioranza di Binance fondata nel 2017, ha scritto sui social: «Profondamente grato per la grazia di oggi e al presidente Trump per aver difeso equità, innovazione e giustizia. Ci impegneremo al massimo per fare dell’America la capitale delle crypto».
Questa grazia non è solo una rivalsa personale per CZ, che ora potrebbe riprendere il controllo attivo di Binance, ma un segnale politico netto: l’amministrazione Trump mira a favorire il settore del Bitcoin e delle criptovalute, dissipando le ombre del passato.
In un contesto in cui Trump ha già graziato figure come Ross Ulbricht (come aveva promesso in campagna elettorale), ideatore della piattaforma di scambio del dark web Silk Road, il messaggio è inequivocabile: Washington è disposta a puntare sulle criptovalutea anche a costo di controversie.
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Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa la società Trump Media aveva investito 2 miliardi in bitcoini. Il bitcoin in quelle settimane toccava il record di 120.000 dollari.
In primavera i figli di Trump con il vicepresidente USA JD Vance avevano presenziato alla conferenza Bitcoin di Las Vegas esaltano le criptovalute. Eric Trump, figlio di Donald, ha avuto a dichiarare che con cripto e blockchain in dieci anni potremmo assistere all’estinzione degli istituti bancari.
Trump – che ha nominato le criptovalute come riserva strategica nazionale – aveva ospitato, sotto gli auspici del suo zar per l’AI e le crypto Davis Sacks, un grande evento per le monete elettroniche alla Casa Bianca praticamente appena insediatosi. Tra i primi decreti esecutivi firmati da Trump vi è quello che vieta le CBDC, cioè le valute digitali delle Banche centrali.
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Immagine di Web Summit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Economia
Picco del prezzo del petrolio dopo le sanzioni statunitensi alla Russia
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Economia
La Volkswagen affronta la crisi dei chip dopo chel’Olanda ha sequestrato la fabbrica cinese
La principale casa automobilistica tedesca, Volkswagen, rischia di sospendere la produzione in un importante stabilimento a causa della carenza di semiconduttori, provocata dal sequestro di un produttore di chip di proprietà cinese da parte dei Paesi Bassi. Lo riporta il tabloide tedesco Bild, citando fonti anonime.
A fine settembre, il governo olandese ha preso il controllo dello stabilimento Nexperia di Nimega, adducendo problemi legati alla proprietà intellettuale e alla sicurezza. La settimana scorsa, il New York Times, dopo aver esaminato documenti di un tribunale di Amsterdam, ha rivelato che la decisione è stata influenzata dalle pressioni di funzionari statunitensi.
Wingtech, la società madre di Nexperia, è stata inserita nella lista nera di Washington nel 2024, nell’ambito della guerra commerciale con la Cina.
All’inizio di ottobre, Pechino ha reagito vietando a Nexperia l’esportazione di chip finiti dalla Cina, componenti essenziali per le centraline elettroniche dei veicoli Volkswagen.
Mercoledì la Bild ha riferito che Volkswagen, proprietaria anche di Skoda, Seat, Audi, Porsche, Lamborghini e Bentley, non sembra avere attualmente alternative ai chip di Nexperia. Fonti interne hanno indicato che, a causa della carenza di semiconduttori, la produzione nello stabilimento di Volsburgo potrebbe essere interrotta a partire da mercoledì prossimo, iniziando con la Volkswagen Golf e poi estendendosi ad altri modelli.
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Se la situazione non dovesse migliorare, la sospensione della produzione potrebbe riguardare anche gli stabilimenti di Emden, Hannover, Zwickau e altri, secondo una fonte informata.
Secondo il rapporto, Volkswagen ha avviato negoziati con le autorità tedesche per un programma di riduzione dell’orario di lavoro, sostenuto dallo Stato, per decine di migliaia di dipendenti.
Bild ha avvertito che la crisi dei chip potrebbe colpire anche altre case automobilistiche tedesche. Rappresentanti di BMW e Mercedes hanno dichiarato al giornale di stare monitorando la situazione. L’industria automobilistica tedesca è già in difficoltà a causa degli elevati costi energetici, legati alle sanzioni dell’UE contro la Russia per il conflitto in Ucraina, e all’aumento dei dazi americani.
Un portavoce dello stabilimento Volkswagen di Zwickau ha definito «errato» il rapporto di Bild, secondo quanto riferito all’agenzia AFP. Tuttavia, una lettera interna visionata dalla stampa ha ammesso che «non si possono escludere ripercussioni sulla produzione a breve termine» a causa della carenza di semiconduttori.
La tensione nelle relazioni Washington-Pechino, in ispecie con riguardo i microchip – che costituiscono, almeno per il momento, lo «scudo» contro l’invasione di Taiwan da parte dell’Esercito di Liberazione del Popolo della Repubblica Popolare Cinese – tocca sempre più apertamente non solo Cina e USA, ma l’intera economia mondiale, con effetti devastanti sull’Europa, che non è riuscita, nonostante i tentativi, di crearsi una sua autonomia sovrana sulla produzione di questo componente essenziale.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso era emerso che le fabbriche di semiconduttori con tecnologia avanzata olandese presenti a Taiwan potrebbero essere spente da remoto nel caso di invasione dell’isola da parte di Pechino. In particolare si tratterebbe delle fabbriche del colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che impiega tecnologie ultraviolette di estrema precisione (chiamate in gergo EUV) fornite da un’azienda olandese, la ASML. Tali macchine, grandi come un autobus e dal costo di circa 217 milioni di dollari cadauna, utilizzano onde luminose ad alta frequenza per stampare i chip più avanzati al mondo.
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Immagine di Michael Barera via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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