Politica
Assange vince la causa contro l’estradizione negli Stati Uniti

Il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, non sarà estradato negli Stati Uniti dopo una sentenza shock a suo favore al tribunale di Old Bailey di Londra.
Il giudice distrettuale Vanessa Baraitser ha stabilito che l’estradizione negli Stati Uniti a questo punto per affrontare 18 accuse di spionaggio peggiorerebbe il già estremamente fragile stato mentale di Assange.
«Di fronte a condizioni di isolamento quasi totali… sono convinta che le procedure (delineate dalle autorità statunitensi) non impediranno al signor Assange di trovare un modo per suicidarsi», ha detto il giudice.
«Di fronte a condizioni di isolamento quasi totali… sono convinta che le procedure (delineate dalle autorità statunitensi) non impediranno al signor Assange di trovare un modo per suicidarsi», ha detto il giudice.
A settembre, lo psichiatra Michael Kopelman ha testimoniato che Assange aveva «iniziato a fare i preparativi per porre fine alla propria vita, compresa la confessione a un prete cattolico, la stesura di lettere di addio alla sua famiglia e la stesura di un testamento».
Dal suo drammatico arresto presso l’ambasciata ecuadoriana nell’aprile 2019, Assange languisce a Belmarsh, una prigione di massima sicurezza notoriamente orribile che ospita assassini e terroristi. Per la maggior parte del tempo Assange è stato tenuto in isolamento con pesanti farmaci.
Durante la conclusione dell’udienza odierna, il giudice ha tuttavia stabilito che i diritti alla libertà di parola non prevedono «la massima discrezionalità da parte di Assange per decidere ciò che intende pubblicare».
Il giudice ha aggiunto che le attività di Assange sono andate ben oltre «incoraggiare un giornalista» e costituiscono una «cospirazione» per hackerare i computer del governo degli Stati Uniti.
Il giudice ha aggiunto che le attività di Assange sono andate ben oltre «incoraggiare un giornalista» e costituiscono una «cospirazione» per hackerare i computer del governo degli Stati Uniti.
Il New York Times ha descritto la sentenza come «una grande vittoria contro le autorità statunitensi che lo hanno accusato di aver cospirato per hackerare i computer del governo e violare l’Espionage Act con il rilascio di comunicazioni riservate nel 2010 e nel 2011».
I sostenitori di Assange riuniti fuori dal tribunale hanno celebrato la sentenza.
Gli Stati Uniti hanno ora 15 giorni di tempo per presentare ricorso contro la sentenza
ASSANGE LATEST | Scenes outside the #OldBailey greet Judge Vanessa Baraitser’s decision not to extradite #WikiLeaks founder Julian Assange to the US to face espionage charges video via @ShadiaED. pic.twitter.com/nlSEGNhSX0
— RT UK (@RTUKnews) January 4, 2021
Nel frattempo, il presidente del Messico si è detto disponibile ad offrire asilo ad Assange
Politica
Trump dice che risolvere Gaza potrebbe non bastare per andare in paradiso

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito, con tono scherzoso, che probabilmente non finirà in paradiso, nonostante i suoi sforzi per negoziare la pace tra Israele e Hamas.
Domenica, durante un volo sull’Air Force One diretto in Israele, Peter Doocy di Fox News ha chiesto a Trump se la fine della guerra a Gaza potesse aiutarlo a «guadagnarsi il paradiso».
«Sto cercando di fare il bravo», ha risposto Trump con un sorriso. «Non credo che qualcosa mi porterà in paradiso. Non penso di essere destinato a quel posto. Forse sono già in paradiso ora, volando sull’Air Force One. Non so se ci arriverò, ma ho migliorato la vita di molte persone», ha aggiunto.
Trump ha poi elogiato le sue doti di negoziatore, sostenendo che il conflitto tra Israele e Hamas sarebbe stata «l’ottava guerra che ho risolto».
Lunedì, Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio di circa 2.000 prigionieri palestinesi. L’esercito israeliano aveva precedentemente sospeso le operazioni offensive e si era ritirato da alcune aree della Striscia di Gaza.
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Nello stesso giorno, Trump e i leader di Egitto, Qatar e Turchia hanno firmato una dichiarazione a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai, approvando il cessate il fuoco e un percorso verso «accordi di pace globali e duraturi».
Il piano di pace in 20 punti di Trump prevede che Gaza diventi una «zona libera dal terrorismo e deradicalizzata». Sebbene Hamas abbia accettato lo scambio di prigionieri previsto dal piano, ha rifiutato di disarmarsi o cedere il controllo dell’enclave palestinese. Israele, da parte sua, non si è ancora impegnato per un ritiro completo dalla Striscia.
Trump, cresciuto nella fede presbiteriana, ha goduto di un forte sostegno tra i cristiani evangelici e dei cattolicidurante la sua carriera politica.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Trump aveva affermato di voler «provare ad andare in paradiso, se possibile» mentre discuteva dei suoi sforzi per porre fine alla guerra in corso in Ucraina.
«Se riesco a salvare 7.000 persone a settimana dall’essere uccise, penso che sia questo il motivo per cui voglio provare ad andare in paradiso, se possibile», ha detto all trasmissione della TV via cavo americana Fox and Friends. «Sento dire che non sto andando bene, che sono davvero in fondo alla scala sociale. Ma se posso andare in paradiso, questo sarà uno dei motivi».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Essere euroscettici oggi. Renovatio 21 intervista l’onorevole Antonio Maria Rinaldi

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Politica
Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha revocato la cittadinanza a diverse figure pubbliche di rilievo, tra cui il sindaco di Odessa Gennady Trukhanov, il celebre ballerino Sergei Polunin e l’ex parlamentare Oleg Tsarev, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa UNIAN. Tutti loro avevano in precedenza criticato le politiche di Kiev.
Martedì, lo Zelens’kyj ha annunciato su Telegram di aver firmato un decreto che priva «alcuni individui» della cittadinanza ucraina, accusandoli di possedere passaporti russi. Secondo i media, Trukhanov, Polunin e Tsarev erano inclusi nell’elenco.
Gennady Trukhanov, sindaco di Odessa, è noto per la sua opposizione alla rimozione dei monumenti considerati legati alla Russia. Ha sempre negato di possedere la cittadinanza russa e ha dichiarato di voler ricorrere in tribunale contro le notizie che riportano la revoca della sua cittadinanza.
Sergei Polunin, nato in Ucraina, è cittadino russo e serbo e ha trascorso l’adolescenza presso l’accademia del British Royal Ballet a Londra. Si è trasferito in Russia nei primi anni 2010, interrompendo in gran parte i legami con il suo Paese d’origine. Dopo la sua esibizione in Crimea nel 2018, è stato inserito nel controverso sito web Mirotvorets, che elenca persone considerate «nemiche» dell’Ucraina.
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Oleg Tsarev, deputato della Verkhovna Rada dal 2002 al 2014, ha sostenuto le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, appoggiato dall’Occidente. Successivamente si è ritirato dalla politica e si è stabilito in Crimea. Nel 2023, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, che secondo la BBC sarebbe stato orchestrato dai Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (SBU).
Zelens’kyj ha utilizzato le accuse di possesso di cittadinanza russa per colpire i critici di Kiev. Sebbene la legge ucraina non riconosca la doppia cittadinanza, non la vieta esplicitamente. È noto il caso dell’oligarca ebreo Igor Kolomojskij – l’uomo che ha lanciato Zelens’kyj nelle sue TV favorendone l’ascesa politica – che possedeva, oltre al passaporto ucraino, anche quello cipriota ed ovviamente israeliano. L’uomo, tuttavia, ora è oggetto di raid da parte della giustizia e dei servizi del suo ex protegé.
Diversi ex funzionari ucraini e rivali politici di Zelens’kyj sono stati presi di mira con questa strategia, tra cui Viktor Medvedchuk, ex leader del principale partito di opposizione del Paese, ora in esilio in Russia dopo essere stato liberato dalle prigioni ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio, anche il metropolita Onofrio, il vescovo più anziano della Chiesa ortodossa ucraina (UOC), la confessione cristiana più diffusa nel Paese, è stato privato della cittadinanza ucraina, a seguito di accuse di possedere anche la cittadinanza russa.
La politica della revoca della cittadinanza ai sacerdoti della UOC, ritenuti non allineati dal regime di Kiev, era iniziata ancora tre anni fa.
Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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