Politica
Manifestanti Pro-Trump assediano il Campidoglio. Inizia la nuova guerra civile americana?
Bagarre a Washington. I sostenitori di Donald Trump, forti di una manifestazione massiva avvenuta oggi terminata con un comizio del presidente che ha dichiarato la sua convizione che si sia trattato di un’elezione viziata da enormi brogli, hanno ora cinto d’assedio il Campidoglio, piazzandosi sulle gradinate e sui balconi.
Alcuni pare che siano anche riusciti ad entrare.
Alla Camera stava in pratica preparando a certificare la vittoria elettorale di Biden: tenuto a decidere se contare o meno i voti degli Stati in bilico (dove le frodi sono più che apparenti) a causa del pronunciamento di più di un centinaio di deputati e di 13 senatori, la Camera aveva visto gli interventi di Mitch McConnell, capogruppo della maggioranza repubblicana 2015-2020, e di Chuck Schumer, capogruppo democratico, ambedue a favore della certificazione della vittoria Biden.
Il Congresso sarebbe stato posto in «lockdown». Motivo per cui la certificazione dei voti del collegio elettorale a Capitol Hill per l’incoronazione di Joe Biden è stata quindi interrotta
Il vicepresidente Mike Pence, esortato pubblicamente da Trump («se Mike fa la cosa giusta, vinciamo noi» aveva detto il presidente nel comizio davanti alla massa) a bloccare la certificazione, ha invece fatto un discorso in cui ha detto di non poter ribaltare il voto, di fatto tradendo le aspettative che su di lui aveva il presidente Trump e il suo popolo.
Siamo di fronte a scene che materialmente richiamano l’idea di una guerra civile in divenire. Oramai negarlo è da stolti, o da manipolatori in malafede.
Ora, scrivono i giornali di tutto il mondo, il Congresso sarebbe stato posto in «lockdown». Motivo per cui la certificazione dei voti del collegio elettorale a Capitol Hill per l’incoronazione di Joe Biden è stata quindi interrotta.
I trumpiani pensano di aver subito un golpe per tramite di un’elezione farlocca
Il presidente Trump ha invitato la massa a non creare disordini: «Restate pacifici!» ha twittato ai manifestanti che hanno preso d’assedio il palazzo simbolo del potere politico degli Stati Uniti d’America – e quindi, simbolo di quello swamp, di quella palude, che il presidente Trump prometteva di prosciugare . «Per favore, sostenete la polizia e le forze dell’ordine, sono davvero dalla parte del nostro Paese», ha aggiunto il presidente nel suo Tweet.
Tuttavia, pare che vi siano stati scontri con la polizia e che alcuni manifestanti siano riusciti a superare le barricate ed infiltrarsi nel palazzo del potere.
Siamo di fronte a scene che materialmente richiamano l’idea di una guerra civile in divenire. Oramai negarlo è da stolti, o da manipolatori in malafede.
Il collasso della superpotenza americana che è ora sotto i nostri occhi crediamo sarà violentissimo, come lo fu la guerra civile precedente
La superpotenza sovietica collassò 30 anni fa, a fine 1991, quando un gruppo di ufficiali dello swamp locale (provenienti da Armata Rossa, PCUS, KGB) pensarono che un golpe fosse l’unico sistema possibile per frenare il cambiamento.
Ora, un golpe, pensano i trumpiani, è esattamente quello che è accaduto per tramite di un’elezione farlocca che ha assegnata al candidato più mediocre e senile della storia 80 milioni di voti, un record assoluto.
I commentatori dei media in doppiopetto non lo hanno capito, e continuano con i loro strapagati sorrisetti.
La questione che pone Renovatio 21 è questa: il collasso della superpotenza sovietica fu, in fondo, piuttosto incruento: il colpo di palazzo, la reazione, le varie secessioni delle Repubbliche – si sparò pochissimo, il sangue fu versato in quantità minima.
Non lo hanno compreso nemmeno i politici, che eliminando del tutto la possibilità di una rappresentazione parlamentare della porzione immane di americani galvanizzati da Trump, pongono le basi per la violenza extraparlamentare, proprio nel Paese che ha insegnato al mondo che se non sei correttamente rappresentato non è giusto che tu sia tassato, e sarebbe in questo corretto e costituzionale, dice il 2° emendamento, usare milizie armate
Non siamo sicuri che lo stesso potrà dirsi per il collasso della superpotenza americana che è ora sotto i nostri occhi: crediamo che sarà violentissimo, come lo fu la guerra civile precedente.
I commentatori dei media in doppiopetto non lo hanno capito, e continuano con i loro strapagati sorrisetti.
Non lo hanno compreso nemmeno i politici, che eliminando del tutto la possibilità di una rappresentazione parlamentare della porzione immane di americani galvanizzati da Trump, pongono le basi per la violenza extraparlamentare, proprio nel Paese che ha insegnato al mondo che se non sei correttamente rappresentato non è giusto che tu sia tassato, e sarebbe in questo corretto e costituzionale, dice il 2° emendamento, usare milizie armate.
Immagine screenshot da Youtube
Politica
Sondaggio rivela: francesi contrari ai discorsi di Macron sulla NATO in Ucraina
La maggior parte dei francesi ritiene che la posizione sempre più aggressiva del presidente Emmanuel Macron nei confronti della Russia sia pericolosa e non farà altro che aumentare le tensioni con Mosca, secondo un nuovo sondaggio.
Macron ha «sbagliato» ad «alzare la voce contro la Russia» con le recenti osservazioni sullo schieramento di truppe in Ucraina e sugli appelli a fornire maggiore sostegno a Kiev, secondo il 57% degli intervistati in un sondaggio dell’emittente francese BFMTV.
Macron ha scatenato una dura reazione a febbraio dopo aver suggerito che il blocco militare guidato dagli Stati Uniti «non può escludere» la possibilità di inviare soldati per aiutare l’Ucraina nel suo conflitto con la Federazione Russa.
Diversi Stati membri della NATO hanno rapidamente ripudiato le osservazioni di Macron, affermando che non avrebbero messo piede sul terreno in Ucraina. Macron, tuttavia, in seguito ha ribadito la sua dichiarazione originale, sostenendo che le sue parole erano «soppesate, ponderate e misurate».
Secondo un sondaggio condotto su 1.005 residenti francesi di età pari o superiore a 18 anni tra il 12 e il 13 marzo, la maggioranza dei cittadini francesi ritiene che le osservazioni di Macron non solo aumentino la tensione tra Francia e Russia, ma isolino anche la Francia dai suoi alleati occidentali.
Dall’indagine emerge inoltre che la maggior parte dei francesi (54%) crede che Parigi debba continuare ad aiutare l’Ucraina, ma non dovrebbe essere «coinvolta troppo» nel conflitto né rischiare uno scontro diretto con la Russia, «anche se ciò significa una sconfitta per l’Ucraina».
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Circa il 21% degli intervistati ritiene che l’Ucraina dovrebbe essere lasciata a combattere le proprie battaglie da sola, senza aiuti esterni.
L’opinione pubblica francese è divisa anche sulla questione del patto di sicurezza che Macron ha firmato il mese scorso con il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, suggerisce il sondaggio. L’accordo prevede che la Francia fornisca aiuti militari a Kiev per un ammontare di 3 miliardi di euro nel 2024.
Poco più della metà degli intervistati è contraria a un pacchetto di aiuti, mentre il 49% è favorevole. L’approvazione per l’invio degli aiuti era fortemente correlata alle condizioni finanziarie degli intervistati, con il 62% di approvazione tra i più ricchi e solo il 34% tra i più poveri.
Come riportato da Renovatio 21, Macron dopo aver parlato di truppe NATO in Ucraina ha bizzarramente immaginato un cessate il fuoco per la prossima estate in occasione delle Olimpiadi di Parigi.
Il presidente francese, in difficoltà in patria anche per speciose voci sulla sua vita privata, ha anche dichiarato che «Trump difficilmente vincerà le elezioni».
Macron ha incredibilmente accelerato riguardo a temi etici con manovre anticristiane ed antiumane come il rilancio dell’eutanasia e la costituzionalizzazione dell’aborto. Il motivo di questa frenesia è ipotizzabile su di un piano metafisico, preternaturale.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr.
Politica
Il primo ministro omosessuale irlandese Leo Varadkar annuncia le dimissioni
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Politica
Valanga elettorale per Putin
Si prevede che il presidente in carica Vladimir Putin vincerà le elezioni presidenziali di quest’anno, con oltre l’87% dei voti, ha riferito la Commissione elettorale centrale russa (CEC).
Secondo la CEC, alle 3 di notte, ora di Mosca, è stato conteggiato più del 94% dei voti e Putin è in testa alla corsa con circa l’87,3%.
Al secondo posto dovrebbe arrivare il suo avversario del Partito Comunista russo, Nikolaj Kharitonov, con il 4,3%, seguito da Vladislav Davankov del partito Nuovo Popolo (3,9%) e Leonid Slutsky dei Liberal Democratici (3,2%).
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Gli exit poll precedenti avevano mostrato tendenze simili, con il capo dello Stato che avrebbe vinto le elezioni con l’87,8%. Il sondaggio di uscita è stato condotto tra 466.324 elettori nei seggi elettorali di tutto il Paese.
Secondo i dati della CEC, le elezioni di quest’anno hanno registrato un’affluenza alle urne storicamente elevata, che ha superato il 74%.
In diverse regioni russe il trattamento delle schede elettorali è già terminato. Putin ha ottenuto il 94,12% dei voti nella Repubblica popolare di Lugansk (LPR) e oltre il 95% nella Repubblica popolare di Donetsk (DPR), due delle nuove regioni della Russia dove i cittadini votano per la prima volta, riporta RT.
Anche i risultati delle Repubbliche di Tyva, Khakassia e Yakutia, delle regioni di Zaporiggia, Kherson e Khabarovsk e della Regione autonoma di Chukotka mostrano che il presidente in carica guida i quattro candidati, con circa il 90% dei voti.
Le elezioni si sono svolte nel clima di tensione della guerra in corso.
Le commissioni elettorali russe nella regione di Kherson e nella regione di Zaporiggia hanno segnalato diversi attacchi ucraini ai seggi elettorali aperti per il voto presidenziale in corso.
Sabato mattina, le forze ucraine hanno lanciato un ordigno esplosivo da un drone, prendendo di mira un seggio elettorale a Blagoveshchenka, un villaggio nella regione di Zaporiggia, ha detto all’agenzia stampa russa TASS una funzionaria elettorale locale, Natalja Rjabenkaja, la quale ha affermato che si trattava di «qualche ordigno al fosforo», citando il personale militare russo arrivato sulla scena. L’attacco non ha causato vittime né danni materiali.
Venerdì la commissione elettorale della regione di Kherson ha dichiarato che le forze ucraine hanno bombardato gli edifici nella città di Kakhovka e nel villaggio di Brilevka, dove un numero imprecisato di persone è rimasto ferito.
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Pochi minuti dopo, i funzionari hanno riferito che un ordigno esplosivo improvvisato era stato fatto esplodere in un bidone della spazzatura fuori da un seggio elettorale nella città di Skadovsk, senza che l’incidente avesse provocato vittime. Secondo le autorità locali, sabato, secondo giorno delle votazioni, l’affluenza alle urne nella regione di Kherson ha raggiunto il 77%. Oltre il 72% degli aventi diritto ha votato nella regione di Zaporozhye. Le due regioni ex ucraine si sono unite alla Russia alla fine del 2022 a seguito di referendum, insieme alle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk.
Secondo quanto riportato dai media locali che cita il Ministero della Sicurezza Territoriale della regione, un’esplosione sarebbe stata prodotta in un seggio elettorale nella città di Perm, nella Russia centrale.
L’esplosione sarebbe avvenuta nella tarda domenica di domenica, l’ultimo giorno dei tre giorni di votazioni presidenziali nazionali in Russia. A provocarlo sarebbe stato un grosso petardo fatto esplodere da una donna di 64 anni nel bagno del seggio elettorale.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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