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Trump promette di punire le nazioni che impongono tasse digitali
Lunedì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di imporre nuove tariffe e restrizioni «sostanziali» sulle esportazioni di semiconduttori nei confronti dei paesi che mantengono tasse e normative digitali che, a suo dire, «discriminano» le aziende tecnologiche americane.
Le tasse sui servizi digitali (DST), ora in vigore in decine di paesi, sono progettate per catturare le entrate delle più grandi aziende tecnologiche globali. Trump sostiene da tempo che le imposte colpiscano ingiustamente le aziende americane – in particolare Meta (cioè Facebook), Alphabet (cioè Google) e Amazon – e ha fatto pressioni sui partner commerciali statunitensi affinché le abbandonino.
In un post pubblicato lunedì sulla sua piattaforma Truth Social, Trump ha criticato duramente «le tasse, legislazioni, regole o regolamenti digitali», avvertendo che potrebbe imporre ulteriori dazi e inasprire i controlli sulle esportazioni di tecnologie statunitensi, sottolineando che l’America e le sue aziende non fungeranno più da «salvadanaio» o «zerbino» del mondo.
«Come Presidente degli Stati Uniti, mi opporrò ai Paesi che attaccano le nostre incredibili aziende tecnologiche americane. Le tasse digitali, la legislazione sui servizi digitali e le normative sui mercati digitali sono tutte progettate per danneggiare o discriminare la tecnologia americana», ha scritto Trump.
Si è lamentato del fatto che tali misure «danno il via libera alle più grandi aziende tecnologiche cinesi» e ha dichiarato che «tutto questo deve finire, e finire subito».
La manovra della Casa Bianca rischia di riaccendere le tensioni commerciali con la Gran Bretagna e l’UE, nonostante entrambi abbiano recentemente raggiunto accordi con Washington. I funzionari statunitensi hanno ripetutamente criticato la tassa britannica sui servizi digitali, rimasta in vigore dopo l’accordo con l’amministrazione Trump, e hanno anche preso di mira lo storico Digital Services Act dell’UE, che impone alle aziende tecnologiche di controllare più aggressivamente le proprie piattaforme. Diversi stati dell’UE, tra cui Francia, Spagna e Italia mantengono le proprie tasse sui servizi digitali.
Le tasse sui servizi digitali sono già emerse come un punto critico nell’agenda commerciale di Trump. A giugno, ha minacciato di interrompere tutti i colloqui con il Canada. Ottawa ha fatto marcia indietro poco prima che la misura entrasse in vigore, spingendo la Casa Bianca a vantarsi che il Canada avesse «ceduto» alle pressioni degli Stati Uniti.
I Paesi che impongono tasse sui servizi digitali sostengono che tali tariffe sono giustificate perché i giganti della tecnologia come Amazon ricavano enormi profitti dai loro cittadini, pagando poche o nessuna imposta ai bilanci locali.
Le grandi aziende tecnologiche come Meta, Amazon e Google affrontano in Italia accuse di evasione fiscale, sfruttando sedi in paesi a bassa tassazione come l’Irlanda. Secondo il Fisco, Google avrebbe evaso circa 1 miliardo di euro, Meta 887,6 milioni di IVA tra 2015-2021, e Amazon 1,2 miliardi di euro nel 2019-2021.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Meta avrebbe chiuso un occhio sul traffico sessuale: ulteriori documenti del tribunale
Ulteriori documenti giudiziari appena desecretati rivelano che Meta, la casa madre di Facebook, avrebbe tollerato per anni la presenza di account coinvolti nel traffico sessuale di minori, applicando una politica incredibilmente permissiva che permetteva fino a 17 violazioni prima di sospendere un profilo.
L’accusa emerge da una maxi-causa intentata in California da oltre 1.800 querelanti – tra cui distretti scolastici, minori, genitori e procuratori generali di vari Stati – che imputano ai colossi dei social (Meta, YouTube, TikTok e Snapchat) di aver perseguito «una crescita a ogni costo», ignorando deliberatamente i danni fisici e psicologici inflitti ai bambini dalle loro piattaforme.
L’ex responsabile della sicurezza di Instagram, Vaishnavi Jayakumar, ha testimoniato sotto giuramento di essere rimasta sconcertata nello scoprire la regola interna dei «17 avvertimenti»: un account poteva violare fino a 16 volte le norme su prostituzione e adescamento sessuale prima di essere sospeso alla diciassettesima infrazione. «È una soglia altissima, fuori da ogni standard di settore», ha dichiarato.
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I documenti dimostrano che Meta era pienamente consapevole di milioni di contatti tra adulti sconosciuti e minori, dell’aggravamento dei problemi mentali negli adolescenti e della presenza diffusa (ma raramente rimossa) di contenuti su suicidio, disturbi alimentari e abusi sessuali su minori.
Solo dopo le denunce Meta ha annunciato a USA Today di aver abbandonato la politica dei 17 avvertimenti, passando a una regola di «una sola segnalazione» con rimozione immediata degli account coinvolti nello sfruttamento umano.
L’azienda è sotto pressione crescente negli Stati Uniti: all’inizio dell’anno, dopo le rivelazioni sui chatbot AI di Meta che intrattenevano conversazioni sessuali con minori, sono state introdotte nuove restrizioni per gli account adolescenti, consentendo ai genitori di bloccare le interazioni con i bot.
A livello globale la situazione è altrettanto critica: la Russia ha bollato Meta come «organizzazione estremista» nel 2022; nell’UE l’azienda affronta una raffica di procedimenti, tra cui una multa antitrust da 797 milioni di euro per Facebook Marketplace e numerose cause per violazione di copyright, protezione dati e pubblicità mirata in Spagna, Francia, Germania e Norvegia.
Come riportato da Renovatio 21, negli anni si sono accumulate varie accuse e rivelazioni su Facebook, tra cui accuse di uso della piattaforma da parte del traffico sessuale, fatte sui giornali ma anche nelle audizioni della Camera USA.
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Due anni fa durante un’audizione al Senato americano era stato denunciato da senatori e testimoni come i social media ignorano le reti pedofile che operano sulle loro piattaforme.
Secondo il Wall Street Journal, che già in passato aveva trattato l’argomento, Meta avrebbe un problema con i suoi algoritmi che consentono ai molestatori di bambini sulle sue piattaforme. La cosa stupefacente è il fatto che ai pedofili potrebbe essere stato concesso di connettersi sui social, mentre agli utenti conservatori no,
Le accuse sono finite in una storia udienza a Washington di Mark Zuckerberg, che è stato indotto dal senatore USA Josh Holloway a chiedere scusa di persona alle famiglie di bambini danneggiati dal social. Lo Stato del Nuovo Messico ha fatto causa a Meta allo Zuckerberg per aver facilitato il traffico sessuale minorile.
L’ultima tornata di documenti del tribunale aveva mostrato anche che Meta avrebbe insabbiato le ricerche sulla salute mentale degli utenti Facebook.
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Immagine di Minette Lontsie via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Meta ha insabbiato la ricerca sulla salute mentale di Facebook: documenti in tribunale
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