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Geopolitica

Vietnam, Intensi scontri sugli altipiani centrali, i Montagnard negano coinvolgimento

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Secondo alcune fonti sono stati schierati dall’esercito vietnamita elicotteri e carri armati dopo che quattro giorni fa sono iniziate le tensioni con i gruppi etnici della regione. L’11 giugno decine di persone hanno attacco due stazioni di polizia uccidendo 9 persone. Nel frattempo il premier cambogiano Hun Sen ha inviato agenti al confine per evitare ulteriori disordini.

 

Si stanno intensificando i combattimenti nella regione degli altipiani centrali del Vietnam dopo che quattro giorni fa sono scoppiati disordini nella provincia di Dak Lak dove vive la minoranza etnica dei Degar o Montagnard, composta perlopiù da cristiani.

 

Secondo fonti ufficiali sentite da Ucanews pare siano stati dispiegati carri armati ed elicotteri per reprimere con la forza l’insurrezione. «Sono state segnalate sparatorie e ulteriori imboscate alle stazioni di polizia e contro militari vietnamiti, mentre l’intero altopiano centrale è bloccato», ha affermato la fonte.

 

Le tensioni sono iniziate l’11 giugno, quando decine di persone non identificate con indosso giubbotti mimetici hanno attaccato due stazioni di polizia nei comuni di Ea Tieu e Ea Ktur, uccidendo quattro agenti, due funzionari comunali e tre civili. Il ministero della Pubblica sicurezza vietnamita ha fatto riferimento a un «gruppo che causa insicurezza e disordini» e ha annunciato l’arresto di almeno 45 persone finora.

 

La regione degli altipiani centrali è abitata in maggioranza dai Degar, una popolazione composta da decine di gruppi aborigeni, in maggior parte cattolici, che durante la guerra del Vietnam hanno combattuto a fianco delle forze statunitensi. Negli anni hanno denunciato le politiche repressive portate avanti dal Partito comunista del Vietnam che ha ridotto la libertà religiosa e favorito l’espropriazione delle loro terre. Le forze di sicurezza «ci hanno arrestato, picchiato, torturato. Hanno distrutto le nostre case. Hanno distrutto le nostre chiese», mentre i terreni agricoli sono stati confiscati e i raccolti distrutti, ha riferito la popolazione locale in una dichiarazione l’11 giugno.

 

«Gli sforzi deliberati del Vietnam per isolare e separare queste aree montuose e le persone che vi abitano da ogni contatto con la comunità internazionale sono tra le cause di incidenti come questi», aveva commentato il 12 giugno Phil Robertson, vice direttore di Human Rights Watch Asia. «Dietro il velo di segretezza con cui il Vietnam avvolge gli altopiani, il governo viola gravemente i diritti, nega la libertà di religione, si appropria della terra delle popolazioni indigene e ne forza l’assimilazione. Sebbene Human Rights Watch non approvi mai la violenza, è facile capire perché la gente del posto sia arrabbiata con il governo vietnamita e le politiche repressive che applica», ha continuato Robertson.

 

Le organizzazioni religiose e civili che rappresentano le minoranze etniche hanno, peraltro, fin da subito dichiarato di non essere coinvolte negli attacchi armati. Il gruppo Montagnards Stand for Justice, i cui fondatori sono rifugiati politici in Thailandia e negli Stati Uniti, ha sottolineato di non avere alcun legame con le violenze e ha espresso preoccupazione per la rivolta armata, che rischia di vanificare gli sforzi compiuti finora a favore della libertà religiosa in Vietnam.

 

Secondo alcune affermazioni pare che gli assalitori appartengano a gruppi mercenari. Il pastore Nguyen Cong Chinh, cofondatore della Chiesa evangelica di Cristo del Vietnam e ora residente negli Stati Uniti, in contatto con la popolazione locale, ha raccontato a Radio Free Asia che molti Degar sono confusi riguardo ai recenti eventi e dubita che possano da soli formare milizie organizzate in truppe di combattimento da 30-40 persone.

 

La TV di Stato vietnamita ha inoltre trasmesso nei giorni scorsi un’intervista di uno dei presunti combattenti, secondo cui gli era stato ordinato di «sparare a tutti quelli che vedeva» dopo che gli era stato promesso che «sarebbe diventato ricco». Allo stesso tempo le agenzie governative hanno invitato la popolazione a «non pubblicare o condividere informazioni correlate che non siano state verificate» e cinque persone sono state finora multate dalle autorità locali per aver diffuso «informazioni false» sui social media.

 

Nel frattempo il primo ministro cambogiano Hun Sen ha inviato le forze di polizia al confine: «si sta generando il caos in Vietnam, ma dobbiamo stare attenti alle persone che entrano nel nostro Paese», ha affermato ai media statali il premier-dittatore, al potere da quasi 40 anni.  «Dobbiamo rimanere in contatto con la parte vietnamita per la protezione della sicurezza e dobbiamo fare qualsiasi cosa per non provocare un conflitto con il Vietnam».

 

Più volte i Montagnard hanno cercato rifugio in Cambogia nei momenti di maggiore difficoltà.

 

 

 

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

 

Immagine di Icemanwcs via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

 

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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