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Spirito

«Una condanna inesorabile, già scritta» contro Satana e i suoi servi: omelia di Mons. Viganò per l’Ascensione di Nostro Signore

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Renovatio 21 pubblica questa omelia di Monsignor Carlo Maria Viganò.

 

 

 

OMELIA

nell’Ascensione di Nostro Signore

 

 

Quid admiramini aspicientes in cælum?

At 1, 11

 

Nell’Introito della Messa di oggi abbiamo cantato: Viri Galilæi, quid admiramini aspicientes in cælum? Uomini di Galilea, di cosa vi meravigliate guardando verso il cielo? Lo chiedono i due Angeli agli Apostoli, assorti nel veder ascendere il Signore. La domanda dei messaggeri celesti è retorica: il prodigio che deroga alle leggi della natura è nulla, rispetto al miracolo della Resurrezione di cui essi saranno testimoni fino al martirio.

 

Perché vi stupite di veder salire al cielo il Signore? Vi stupite di vederLo ascendere miracolosamente per scomparire tra le nuvole, o vi meravigliate del fatto che vi stia lasciando soli, proprio adesso che è risorto e può ristabilire il regno di Israele (At 1, 6)? Ma non vi ha Egli già detto: Vado a preparare il luogo per voi. E quando sarò partito, e avrò preparato il luogo per voi, verrò di nuovo, e vi prenderò meco, affinché dove son Io, siate anche voi (Gv 14, 2-3)? 

 

Perché il Signore non è rimasto con noi? Se non fosse asceso al cielo così presto, anzi: se fosse ancora qui sulla terra, avrebbe potuto viaggiare e far conoscere il Suo Vangelo con l’autorevolezza di un Dio fattoSi uomo, morto e risorto. Il Cristianesimo si sarebbe diffuso più in fretta, e con maggior successo, anche risparmiando molte vite di Martiri. Se il Signore fosse rimasto qui sulla terra, avrebbe potuto veramente restituire, nella Chiesa Cattolica, il regno di Israele, essendo Lui stesso a governare come Pontefice e come Re. Egli avrebbe attraversato i secoli senza invecchiare, e sarebbe bastato questo a convertire a Lui il mondo. Ecco perché gli Apostoli sono meravigliati: perché ancora agiscono e pensano secondo la mentalità del mondo.

 

Nostro Signore, dopo trent’anni di vita ritirata e tre di ministero, in tre giorni sconfigge con la propria Passione e Morte l’antico Serpente, riacquistando a prezzo del Suo preziosissimo Sangue ogni anima sottratta all’eterna salvezza dal peccato di Adamo. Ci ha redenti, ci ha comprati schiavi del demonio per renderci liberi di essere non più servi, ma amici (Gv 15, 15). Nei quaranta giorni successivi alla Resurrezione, Egli ha insegnato agli Apostoli le verità della Fede e a celebrare i Sacramenti, e alla fine di questo «seminario» accelerato tenuto nientemeno che dal Signore in persona, è giunto il tempo di uscire dal Cenacolo: Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutti gli uomini. Chi crederà, e sarà battezzato, sarà salvo: chi non crederà, sarà condannato (Mc 16, 15-16). È il Suo ultimo comando, la Sua eredità prima di lasciare questa terra.

 

Tra l’Ascensione del Signore e la discesa dello Spirito Santo passano solo dieci giorni: riceverete la virtù dello Spirito santo, il quale verrà sopra di voi, e sarete Miei testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea, nella Samaria e sino all’estremità della terra (At 1, 7). Le fiamme del Paraclito che si fermano sul capo degli Apostoli e della Vergine Santissima nel giorno di Pentecoste danno inizio alla Santa Chiesa, Mistico Corpo di Cristo, e da quel momento le porte del Cenacolo – sino ad allora chiuse per paura dei Giudei (Gv 20, 19) – si spalancano e ne escono persone nuove, rinate nello Spirito Santo, che non pensano più secondo lo spirito del mondo, ma secondo Dio. Lo canteremo tra pochi giorni: Emitte Spiritum tuum, et creabuntur; et renovabis faciem terræ.

 

Nel momento in cui essi si sono lasciati toccare dalla Grazia, essi hanno cambiato il loro modo di pensare. Ed è grazie a questo che comprendono la necessità dell’Ascensione. La Chiesa nasce quando gli Undici rimasti fedeli al loro Maestro comprendono che quel vuoto lasciato su questa terra dal Signore, quello spazio di tempo che va dalla Sua Ascensione al cielo al Suo ritorno nella gloria alla fine dei tempi, dev’essere usato per far fruttare i tesori infiniti dei Meriti della Passione di Cristo, con la predicazione del Vangelo a tutte le nazioni, con la testimonianza della nostra Fede, con la conversione delle anime all’unico Pastore nell’unico Ovile, nell’unico Battesimo, nell’unica professione di Fede.

 

La Santa Chiesa è la continuazione della presenza del Suo Capo divino fino alla fine del mondo. È nel suo seno purissimo – il Santo dei Santi, l’Altare di Dio – che nel Santo Sacrificio della Messa scende, sotto i veli eucaristici, il Signore con il Suo glorioso Corpo e Sangue, la Sua Anima e la Sua Divinità. E sono degli uomini a compiere questo miracolo ineffabile, grazie al cui Sacerdozio Nostro Signore Gesù Cristo rimane su questa terra, presente agli occhi della Fede, prigioniero del Tabernacolo, perché con San Tommaso possiamo riconoscerLo e adorarLo come nostro Signore e nostro Dio anche senza mettere le dita nelle Sue sante Piaghe.

 

Il Santissimo Sacramento dell’Altare, cuore palpitante Santa Chiesa, è il dono divino del Signore che sale al cielo ai Suoi fedeli che lascia in questa terra d’esilio, in questa valle di lacrime, in questo campo di battaglia che non conosce mai tregua. E mentre ricordiamo il mistero dell’Ascensione spegnendo simbolicamente il Cero pasquale al canto del Vangelo, un’altra fiamma rimane accesa: è quella nella lampada rossa che arde accanto al Tabernacolo. Essa onora la Presenza del Re dei re, che nella Sua infinita magnificenza Si umilia esponendoSi all’irriverenza, al sacrilegio, alla profanazione degli empi, pur di avere la consolazione di vederci prostrati dinanzi a Sé, a pregarLo, a ringraziarLo dei favori concessi, a implorarGli una grazia, a chiederGli perdono per le nostre mancanze, a riceverLo nella Santissima Eucaristia e fare della nostra anima il tempio della Santissima Trinità. A riporre in Lui, tutte la nostra fede, ogni nostra speranza, tutto il nostro amore: fac me tibi semper magis credere, in te spem habere, te diligere.

 

Se Nostro Signore avesse voluto il proprio trionfo secondo la mentalità del mondo, ci avrebbe creati senza libero arbitrio, programmandoci per compiere solo la Sua volontà, senza merito e senza colpa. Non avrebbe creato nemmeno gli Angeli peccabili, evitandoSi di avere contro le schiere degli spiriti ribelli. Ci avrebbe fatti tutti uguali, distribuendoci equamente sul Pianeta, dotandoci dello stretto necessario e controllando ogni nostra azione. Avrebbe insomma agito come Klaus Schwab, che vorrebbe ridurci in schiavitù e cancellare ciò che rende noi umani, e meravigliosamente divino il nostro Creatore: la nostra unicità, la nostra libertà di amarLo e di ricambiare con la nostra miseria la magnificenza delle Sue grazie.

 

Il «successo» del Signore non si compie secondo la mentalità del mondo, perché se così fosse esso non sarebbe che un’illusione, un effimero fuoco d’artificio, come tutte le cose mondane e che non vengono da Dio. Il «successo» di Cristo avviene con quella delicatezza del padre che lascia al figlio la soddisfazione di dimostrargli le proprie capacità, il frutto tratto dall’insegnamento paterno. Come l’artigiano che, dovendosi assentare, lascia la bottega al più esperto, per dargli la possibilità di confermare la fiducia ben riposta. E sa che tornando non rimarrà deluso. 

 

Nostro Signore sale al cielo perché da questo momento ognuno di noi, e in particolar modo i Successori degli Apostoli, abbiamo il mandato di annunciare la salvezza di Dio in un mondo ribelle e apostata, di portare la luce di Cristo nelle tenebre del peccato e della morte. Vi mando come pecore in mezzo ai lupi (Mt 10, 16), ci ha detto, preannunciandoci che un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone (Mt 10,25).

 

Questo è un momento di prova, che dura – con esiti alterni – da duemila anni: la Chiesa continua a rendere presente Cristo sulla terra, e ad offrirLo misticamente al Padre. Ma quanti lupi, travestiti non solo da agnelli, ma addirittura da pastori! Quanti mercenari corrotti, illusi di poter frodare il padrone prima del suo ritorno! Quanti traditori, che cercano di distruggere la Chiesa proprio per cancellare la presenza di Dio e impedire la salvezza delle anime! 

 

Nella domanda dei due Angeli ai Discepoli c’è un avvertimento: Quel Gesù, il quale tolto a voi è stato assunto al cielo, così verrà, come lo avete veduto andare al cielo (At 1, 11). Ciò rimanda alla fine dei tempi, quando Nostro Signore trionfante sulla morte e sul peccato tornerà a giudicare i vivi e i morti, per concludere con un processo universale quella vittoria sull’antico Serpente annunciata nel Protoevangelo (Gen 3, 15), inaugurata con l’Incarnazione, compiuta con la Passione e Morte sulla Croce, ma ancora incompleta perché mancante della pubblica condanna di Satana e dei suoi servi.

 

Una condanna inesorabile, già scritta, ma che ancora dev’essere pronunciata. Liber scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mundus judicetur, cantiamo nel Dies iræ. Il libro che è stato scritto, in cui è contenuto tutto, verrà letto e il mondo sarà giudicato. 

 

Ma quando verrà il Figlio dell’uomo, troverà fede sopra la terra? (Lc 18, 8). Se guardiamo attorno a noi, dovremmo dire di sì, perché le avversità che attraversiamo permettono a molte anime di convertirsi e di tornare a Dio, e questa celebrazione ne è la prova. Ma se guardiamo al mondo, c’è di che inorridire, ad iniziare dall’apostasia, dalla corruzione e dall’immoralità in cui versa la Gerarchia cattolica.

 

Molti miei Confratelli e tanti sacerdoti pensano che sia più semplice promuovere una versione soft del Cristianesimo – umanitaria, ambientalista e globalista – perché la sua «edizione integrale» è considerata improponibile alla mentalità del mondo. Con mentalità mercantile, credono di poter “svecchiare il magazzino” proponendo un «prodotto» nuovo, che incontri i gusti della clientela. Cose poco impegnative, tanto generiche quanto rassicuranti per chi non vuole cambiare nulla della propria vita: solidarismo, accoglienza, inclusione, sinodalità, resilienza, ecosostenibilità. E soprattutto: nessun richiamo al peccato, quindi nessuna colpa originale, nessuna Redenzione, ma solo un “camminare insieme”, verso il baratro. La Passione e Morte del Signore è di ingombro, è divisiva, non è inclusiva. Non crea ponti, ma erige muri. 

 

Ma è forse questa la Fede che il Signore ha insegnato agli Apostoli durante i tre anni di ministero pubblico e, dopo la Resurrezione, fino al momento dell’Ascensione? È per questo che ha istituito l’Ordine Sacro, e tutti i Sacramenti? È questo che ha ordinato di insegnare a tutte le nazioni? Per questo sono morti tra atroci tormenti i Martiri? Per sentirsi dire che la missione divina della Chiesa di convertire i popoli è una «solenne sciocchezza»?

 

Per questo hanno dedicato la propria vita alla predicazione della dottrina i Santi Padri e i Dottori della Chiesa? Per ascoltare i deliranti e sconclusionati discorsi contro chi rimane fedele alla Santa Tradizione, emarginato come indietrista o nostalgico patologico?

 

Per questo sono stati perseguitati i sacerdoti cattolici nell’Inghilterra di Enrico VIII o nella Francia del Terrore? Per veder proibita quella Messa che è in odio agli eretici di tutti i tempi?

 

I due Angeli non ammoniscono solo i Discepoli a testa in su, ma anche ognuno di noi: Quel Gesù, il quale tolto a voi è stato assunto al cielo, così verrà, come lo avete veduto andare al cielo (At 1, 11). E quando tornerà chiederà ai Suoi amministratori che cosa abbiano fatto dei talenti inestimabili che ha loro lasciato nel forziere della Santa Chiesa. Rendi conto della tua amministrazione (Lc 16, 2).

 

Tremo all’idea del Giudizio di Dio, che ha costituito in autorità il Papa e i Vescovi perché siano altri Cristi e predichino il Vangelo a tutte le genti, e oggi Si trova la Chiesa infestata da un sinedrio di ipocriti, eretici e apostati intento a spartirsi con i potenti della terra la Sua veste inconsutile. Com’è stato fatto fruttare il patrimonio di Cristo, costituito dai Sacramenti e dalla Santa Messa?

 

Copiando la «Cena» ai Protestanti e proibendo il Rito apostolico? Come sono stati fatti moltiplicare i talenti della predicazione e dell’apostolato, i tesori di dottrina dei Santi teologi?

 

Promuovendo l’ecumenismo irenista e partecipando sacrilegamente al pantheon delle “religioni abramitiche” di Abu Dhabi?

 

Facendo adorare l’idolo infernale della Pachamama in Vaticano?

 

Incoraggiando i vizi e deridendo le virtù?

 

Promuovendo Prelati indegni e perseguitando i buoni sacerdoti?

 

Questi corrotti burocrati mitrati correranno a dissotterrare il tesoro, pensando di poterlo impunemente restituire senza averlo fatto fruttare, quando esso è stato conquistato con il Sangue dell’Agnello.

 

L’Ascensione del Signore ci mostra che è Sua volontà che noi cooperiamo all’opera della salvezza, perché siamo membra vive del Suo Corpo che è la Chiesa, e come tali dobbiamo seguire docilmente il suo Capo divino. Lo chiede ai Pastori, ai quali ha ordinato di predicare il Vangelo e battezzare tutte le nazioni, senza lasciare equivoci sulla condanna che attende chi non si converte e chi non annuncia il Vangelo.

 

Perché l’autorità dei Pastori è vicaria, ossia esiste proprio perché esercitata nell’assenza fisica di Nostro Signore, unico Capo della Chiesa. Chi ascolta voi ascolta Me, e chi disprezza voi disprezza Me (Lc 10, 16): sono parole che rassicurano chi è disprezzato dal mondo perché predica Cristo, ma che devono terrorizzare chi è accolto dal mondo perché in nome di Cristo predica un altro vangelo. E guai a chi fa disprezzare Cristo perché con l’autorità di Cristo propaga l’errore, legittima il peccato e il vizio, dà scandalo con la propria condotta di vita. 

 

Il Signore se ne va senza strepito, come nel silenzio Egli è risorto. Solo, si lascia vedere dai Discepoli, perché all’evidenza della Sua Ascensione al cielo segua la Fede nella Sua presenza sacramentale nella Santissima Eucaristia custodita dalla Chiesa, la Speranza di riunirsi a Lui nella gloria celeste e la Carità ardente nell’amare Lui e il prossimo per amor Suo.

 

Questa è l’eredità che la Chiesa di Cristo trasmette intatta da duemila anni, e che nessuno può modificare o adulterare, illudendosi di farla franca: Deus non irridetur.

 

Perché quando il Signore tornerà, vorrà tornare in possesso dei beni spirituali inestimabili che ha concesso in amministrazione ai suoi Ministri, e di cui essi dovranno render conto. 

 

Facciamo dunque tesoro noi tutti – tutti: dai vertici della Chiesa al più umile fedele – del tempo che ci rimane. Di quello che ci resta in questa vita mortale, prima di trovarci dinanzi a Dio per il Giudizio particolare. Di quello che resta al mondo e alla Chiesa prima della fine dei tempi, prima del Giudizio universale.

 

Se anche solo un’anima sarà stata conquistata a Cristo dalla nostra predicazione, dal nostro esempio, da una nostra buona parola potremo mostrare serenamente al Signore di aver moltiplicato i talenti ricevuti e sentirci rispondere: Bravo, servo buono, e fedele… entra nel gaudio del tuo Signore (Mt 25, 23).

 

Possa questo auspicio valere soprattutto per quanti il Signore ha costituito in autorità nella Chiesa: sia questa l’intenzione delle preghiere che deponiamo ai piedi della Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa, Maria Santissima.

 

E così sia. 

 

 

Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

 

 

18 Maggio 2023

Feria V in Ascensione Domini

 

 

 

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Gender

Bandiera LGBT-transgender sventola fuori dall’ambasciata USA presso la Santa Sede

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L’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede ha anche quest’anno esposto in modo ben visibile la bandiera dell’«orgoglio» genderista all’esterno del grande edificio che occupa nel centro di Roma, tuttavia questa volta si è andati oltre: la bandiera non presenta solo il classico arcobaleno invertito, ma anche il triangolo nero-marrone-azzurro-rosa-bianco del vessillo dei transessuali.

 

In un messaggio pubblicato sulle sue piattaforme di social media, l’ambasciata degli Stati Uniti ha annunciato il 1 giugno che per il mese la nazione «celebra il Pride Month».

 

In una ridda di emoji con cuoricini e bandierine, l’ambasciata americana presso il Vaticano ha twittato di essere «al fianco della comunità LBGTQI+ contro la discriminazione e altre forme di persecuzione a causa di chi è e di chi ama».

 

 

Si tratterebbe, teoricamente, di una sfida aperta al catechismo della Chiesa cattolica – che informa lo Stato pontificio dove i diplomatici statunitensi dovrebbero operare – tuttavia non pare che dall’altra parte, presso i sacri palazzi, importi ancora qualcosa e del catechismo e della Chiesa cattolica. Anzi, come riportato spesso su questo sito, non sono pochi gli episodi in cui diventa chiaro come la gerarchia abbracciando le teorie gender, e magari anche qualcos’altro.

 

Ad ogni modo, non sono giunte rimostranze da parte della Segreteria di Stato del Vaticano quando l’anno scorso il drappo LGBT fu esposto fuori dall’ambasciata statunitense. Così come pare che tale bandierona polisessuale, che come vede il lettore è ben issata con un lavoro di corde dal basso e dall’alto, sia comparsa anche a Ryadh, e pure a Islamabad, Giacarta, etc.

 

Sappiamo invece che talvolta compare a Mosca, cosa che qualche anno fa scatenò l’umorismo del presidente Putin. «Lasciateli festeggiare» aveva risposto il Putin a chi glielo faceva notare. «Hanno mostrato qualcosa sulle persone che lavorano lì».

 

Come riportato da Renovatio 21, la festa del Pride Month ha origine violente: l’intero mese (si sono allargati) celebra la rivolta avvenuta la notte tra il 27 e il 28 giugno 1969 quando gli omosessuali di un locale gay – lo Stonewall Inn – reagì ad un’ispezione della Polizia scatenando una vera e propria rivolta violenta. Una squadra della Tactical Police Force della Polizia di Nuova York fu mandata a salvare gli agenti intrappolati nel locale. Una falange di agenti antisommossa brigò fino alle 4 del mattino per sedare il moto LGBT (all’epoca, ovviamente, tale acronimo non esisteva). A commemorazione della violenza omosessuale, il presidente Obama dichiarò il locale teatro delle violenze come «monumento nazionale» nel 2016.

 

Torniamo a chiederci riguardo all’opportunità di un simile gesto diplomatico in faccia alla Santa Sede – centrale mondiale della religione che vede nell’Orgoglio un peccato grave: è il peccato di Satana – bisogna abbracciare una visione realista: quanto del personale ecclesiastico in Vaticano è (sempre meno segretamente) omosessuale?

 

Colpisce, come specificato in testa all’articolo, la progressione in corso: l’inclusione dell’elemento transgender rappresenta un ulteriore prova del «pendìo scivoloso» genderista: negli anni scorsi la questione erano, genericamente, gli «omosessuali» e i loro «diritti» (matrimonio, adozioni, etc.).

 

Ora la questione si sposta verso i transessuali, che hanno tutt’altro set di questioni da sdoganare: imposizioni di pronomi e mutamenti linguistici vari (con prigione per chi non vi si sottomette), cure ormonali pagate dallo Stato, chirurgia mutilante di «cambio di sesso» (fenomeno che è, geneticamente, impossibile) accessibile anche a bambini piccoli, carceri femminili per i trans (che poi ingravidano le detenute), gare sportive dove gli uomini possono competere con le donne e stracciarle.

 

Non che la Santa Sede non abbia contribuito con qualche spintarella lungo tale pendìo scivoloso. L’anno scorsoil pontefice ha incontrato dei trans in pellegrinaggio (!?!) in Vaticano. «Gli ho baciato la mano, lui ha baciato la mia» avrebbe detto il trans paraguagio Laura. Nel 2020 invece aveva devoluto un obolo una tantum a dei trans sudamericani del litorale romano che a causa del lockdown si erano dovuto rivolgere in parrocchia. Arrivò l’elemosiniere, il polacco cardinale Krajewski, già noto per aver ridato la corrente ad un centro sociale, per saldare bollette e affitti e procurare generi di prima necessità. Nel 2015 papa Francesco aveva invece ricevuto in Vaticano un transessuale spagnuolo.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’ambasciata USA presso la Santa Sede sei mesi fa ha celebrato il «Transgender Day of Remembrance», il «giorno del ricordo transgender che offre un omaggio «a quelli della comunità transgender che sono stati assassinati a causa dell’odio».

 

Come noto, i transessuali americani, oramai organizzati in gruppi isterici e pure armati, avevano indetto per lo scorso 1° aprile un «giorno della vendetta transgender». Secondo molti, tra aggressioni, roghi di libri e insurrezioni per chiedere la chirurgia trans sui più piccoli, siamo davanti ad un fenomeno di radicalizzazione consistente.

 

La preoccupante manifestazione del «giorno della vendetta trans», poi in qualche modo annullata, arrivava sull’onda della strage di Nashville, dove una transessuale aveva trucidato a colpi di fucile d’assalto tre bambini di nove anni e tre adulti sopra i sessanta dentro ad una scuola presbiteriana .

 

Un particolare della cronaca dell’attacco alla scuola cristiana assai importante era stato omesso fino a pochi giorni fa.

 

Secondo il giornalista Graham Hillard, la cui moglie è una sopravvissuta di Nashville, la transessuale stragista avrebbe sparato anche contro la cattedrale annessa alla scuola. In particolare, avrebbe tirato una raffica contro una vetrata che raffigurava Adamo, il primo uomo creato da Dio.

 

«Nella figura di Adamo, deve aver visto non solo una mascolinità che non avrebbe mai potuto veramente raggiungere, ma un edificio vasto e incrollabile, terribile nel suo potere. Se fosse vissuta, avrebbe potuto conoscerne la grazia» scrive Hillard. «Invece, ha scelto la ribellione, l’invidia, l’ira. Aggrappandosi a un dio, ne disprezzava esplicitamente un altro».

 

È troppo, oggi, chiedere a cardinali e vescovi e monsignori che vivono in Vaticano e fuori di comprendere queste parole: il transessualismo come forma di rivolta a Dio, come espressione di quell’orgoglio – «pride», in inglese – che fu il peccato di cui, all’alba dei tempi, si macchiarono gli angeli ribelli.

 

Il primo «Pride», teologicamente parlando, lo fece Lucifero, potrebbero pensare i vecchi cattolici – non serviam, dice il ribelle, che rifiuta Dio e la sua legge, cioè la natura. Ma non bisogna preoccuparsi: di cattolici con simili idee, in Vaticano, non ne è rimasto nemmeno uno.

 

 

 

 

Immagine screenshot da Twitter

 

 

 

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Spirito

Mons. Williamson va a Canossa. Ma solo letteralmente

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Monsignor Williamson è finalmente andato a Canossa. Renovatio 21 ne ha prova fotografica.

 

Per chi non conoscesse l’espressione, «andare a Canossa» significa, in breve, ritrattare, umiliarsi, piegarsi di fronte ad una forza contro cui si è combattuto.

 

Alla base c’è un fatto storico di quasi un millennio fa: l’imperatore Enrico IV di Franconia (1050-1106), nel freddissimo inverno del 1077, vuole essere ricevuto da papa Gregorio VII (1015-1085) ed averne il perdono. Il pontefice, tuttavia, lo fa aspettare fuori al gelo, senza scarpe e coperto da un semplice saio. L’incontro si avrà grazie all’intercessione della grancontessa Mathilde di Tosca, meglio nota come Matilde di Canossa (1046-1115).

 

L’espressione, apprendiamo, esiste anche in tedesco (nach Canossa gehen – espressione usata dallo stesso Ottone von Bismarck contro la Chiesa cattolica), in lingua anglica (go to Canossa), in francese (aller à Canossa) e perfino in ebraico, perché dell’evento si impressionarono probabilmente anche nella comunità giudea.

 

Quindi, considerando la sua vita e le sua opere, il fatto che finalmente, dopo decenni di lotta contro la Roma occupata dai modernisti e non solo contro quella, monsignor Williamson vada a Canossa è un evento teoricamente eccezionale.

 

Il lettore a questo punto può pensare che il vescovo inglese, dominus dell’Unione Sacerdotale Marcel Lefebvre – la cosiddetta «Resistenza» – abbia ceduto come Enrico di Franconia.

 

Tuttavia non è così: anzi.

 

Monsignor Williamson è andato a Canossa letteralmente, stricto sensu – e giammai metaforicamente.

 

Di fatto, chi conosce monsignor Williamson sa che a Canossa ci può andare solo così, fisicamente – e proprio per questo, con probabilità, è uno dei prelati più controversi del XX e del XXI secolo.

 

Nella foto vedete il successore degli Apostoli ergersi su ciò che rimane della chiesa dei dodici monaci che abitavano dentro a Canossa con la nobildonna Matilde.

 

Monsignore, nella foto mandataci da un collaboratore di Renovatio 21, sta sopra il triangolo che segna il luogo esatto in cui l’imperatore chiese scusa.

 

Mons. Williamson ha spiegato la sua visita a Renovatio 21 con queste parole:

 

«Sono andato a Canossa per onorare una grande vittoria della Chiesa per merito di un grande Pontefice, Gregorio VII, e di una grande donna cattolica, Matilde di Canossa, che ha saputo combattere contro le forze dell’Anticristo. Oggi non vediamo più queste vittorie perché la chiesa moderna lavora per il Principe di questo mondo».

 

«Quando Roma tornerà alla Fede, non ci sarà bisogno di andare a Canossa, e noi torneremo tutti a Roma: alla Roma Eterna, alla Roma Cattolica».

 

Ora, Sua Eccellenza Reverendissima non passa solo per Canossa, ma anche per Reggio Emilia.

 

Domani, sabato 3 giugno, presso l’Agriturismo «Il Bove» (Via Salimbene da Parma 115), alle ore 11:15 monsignor Williamson terrà una conferenza dal titolo «Mondialismo, Nuovo Ordine Mondiale, Apostasia, come salvarci?»

 

Prima della conferenza, alle 10:30, vi sarà una Santa Messa in rito tridentino celebrata da Sua Eccellenza. Alle 10:00 è prevista la recita del Santo Rosario.

 

A seguire, monsignore sarà a pranzo con i fedeli. Per chi fosse interessato, diamo un numero di telefono: 3934825963.

 

Tanti lettori, scommettiamo, vogliono sentirsi in quella categoria, il gruppo di quelli che a Canossa ci possono andare solo per fare un giro, perché, nella realtà degli eventi e dello Spirito, mai si piegheranno.

 

Tutti a Canossa, quindi, ma in senso stretto. Anzi tutti a Reggio Emilia.

 

 

 

 

 

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Bioetica

Vaticano: duello a distanza sulla morale sessuale

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di FSSPX.Attualità. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Non sono proprio le melodie armoniose della marcia pontificia di Charles Gounod a risuonare attualmente nei palazzi apostolici. Il 19 maggio 2023, mentre la Bretagna celebra Sant’Ivo – l’avvocato delle cause difficili – è un’altra causa, quella della morale cristiana, che è appena stata teatro di un confronto a distanza tra due «pezzi grossi» della Curia romana.

 

In occasione del convegno organizzato dalla Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune – al quale partecipano per due giorni ricercatori di alcune importanti università cattoliche – il Cardinale Luis Ladaria Ferrer, Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha ricordato ai suoi ascoltatori la necessità che tutti i fedeli difendano l’insegnamento contenuto nell’enciclica Humanae Vitae, nella quale Papa Paolo VI ricorda diverse verità riguardanti la morale sessuale.

 

«Questa enciclica resta valida perché è la giusta risposta del Magistero alle antropologie dualistiche che vogliono strumentalizzare il corpo e che non sono nuovi umanesimi, postmoderni e laici, ma veri e propri antiumanesimi», ha insistito il capo dell’ex Sant’Uffizio.

 

Nel discorso, ha colto l’occasione per criticare il «relativismo morale» e l’«antropologia contraccettiva», che portano entrambi, secondo lui, a ridurre il corpo a «un semplice oggetto manipolabile», in linea con quanto promuove il «transumanesimo» e l’«ideologia gender». Un discorso piuttosto fermo e chiaro a cui non ha fatto molto eco l’intervento di mons. Vincenzo Paglia, poche ore dopo.

Più specializzato nelle sfumature di grigio che nella chiarezza del dogma, il sulfureo presidente dell’Accademia per la Vita, sostiene che «l’eterna questione del rapporto tra i fini del matrimonio – la generazione dei figli e la loro educazione o fine primario, e il reciproco sostegno con il rimedio della concupiscenza o fine secondario – deve essere superata». In altre parole, relativizzata e persino abbandonata.

 

Perché, per il presule progressista, in materia di contraccezione pare non esistere una verità già pronta, come non esita ad affermare, rifugiandosi facilmente dietro l’autorità dell’attuale pontefice romano: «ritengo molto importante che continuiamo riflettere e discutere sul tema, come ha ribadito Papa Francesco proprio in tema di contraccettivi, affermando “che compito dei teologi è la ricerca, la riflessione teologica”».

 

Una dissonanza che compare anche in pieno giorno sul portale ufficiale di informazione vaticana, e che mostra, se necessario ancora una volta, la confusione dottrinale che regna all’interno della Pontificia Accademia per la Vita.

 

E più in generale all’interno dei confini delle mura leonine, le cui porte non resistono più alle dottrine eterodosse più delle auto guidate da malati di mente…

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

 

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

Immagine di 7777777kz via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)

 

 

 

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