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Traffico di organi

Ucraina, traffico di organi presi dai prigionieri russi: inchiesta russa

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La Federazione Russa sta indagando su un video in cui una persona che afferma di essere un chirurgo militare ucraino implica di essere stato coinvolto nell’estrazione di organi da prigionieri di guerra russi. Lo riporta la testata russa RT.

 

Il presunto chirurgo ha anche affermato di aver partecipato alla vendita di tali organi sul mercato nero.

 

Il capo del comitato investigativo russo, Aleksandr Bastrykin, ha ordinato un’indagine sul filmato che è diventato virale sui social media russi questa settimana, ha dichiarato l’agenzia in una nota giovedì.

 

La clip di circa un minuto sembra mostrare un acceso scambio di TeleLink tra tale «Vladimir Vasilievich», un uomo che afferma di essere un medico sul campo ucraino, e qualcuno che bollava come «blogger Rashist», usando una parola peggiorativa per «russo».

 

 

La registrazione era parzialmente censurata ma «l’interlocutore di Vladimir sembra schernirlo prima che il sedicente chirurgo da campo faccia le sue affermazioni, presumibilmente chiedendo al suo soggetto se avesse amputato le gambe dei soldati ucraini».

 

«Per lo più ho tagliato le gambe dei tuoi maiali, anche le braccia e gli occhi. Sai quanto pagano le nonne in Germania per gli occhi?» avrebbe risposto.

 

«Ho tagliato gli occhi, i reni e il fegato a te 27enne…», si sente l’uomo inveire con tono beffardo.

 

Il «Vladimir» afferma inoltre di aver negato l’anestesia ai russi feriti affidati alle sue cure, ignorando le istruzioni dei suoi superiori. «Ho tagliato i loro occhi … e mi diverto», ha dichiarato.

 

La sua identità rimane incerta. Alcune fonti affermano che sia un cittadino ucraino della regione di Ivano-Frankivsk, elencato come aver prestato servizio nella Guardia nazionale tra il 2014 e il 2015. Se abbia commesso i crimini di cui rivendica il merito è una questione aperta.

 

Nel marzo 2022, si è verificato un incidente simile che ha coinvolto Gennady Druzenko, un avvocato costituzionale diventato medico volontario in prima linea in Ucraina. Durante un’intervista alla televisione nazionale, il Druzenko aveva affermato di aver ordinato la castrazione di tutti i prigionieri di guerra russi che la sua unità medica cura «perché sono scarafaggi e non persone».

 

Druzenko in seguito ha rinnegato la sua dichiarazione, assicurando che non era vero e che stava recitando a causa del suo stato emotivo.

 

Kiev si è impegnata a rispettare i suoi obblighi internazionali di rispettare le regole di guerra. Il ministero della Difesa russo ha affermato che i maltrattamenti e persino le esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra sarebbero una pratica diffusa tra le forze ucraine.

 

Come riportato da Renovatio 21, su alcuni episodi investigano le autorità internazionali: è il caso del video che mostra prigionieri di guerra russi a cui viene sparato belluinamente alle gambe mentre sono stesi al suolo inerti dopo essere stati catturati.

 

Nell’apice di crudeltà contro i russi da parte degli ucraini non è mancato un supposto atto di cannibalismo contro un soldato russo, la cui carne, recuperata da un cadavere in un tank, è finita in un barbecue filmato da un ucraino che si vantava la bontà di questa idea. Anche quel video era finito in rete.

 

Altri filmati di cattiveria inarrivabile sono stati quelli delle telefonate sghignazzanti alle madri russe che hanno persi i figli.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, il traffico di organi espiantati dai prigionieri serbi fu una delle specialità delle milizie albanesi (sostenute da NATO e USA) durante il conflitto del Kosovo del 1999, una realtà tentata di nascondere in tutti i modi dall’Occidente, ma che ciclicamente è riapparsa negli anni successivi, quando i capi delle milizie accusate di traffico sono diventati vertici massimi del Kosovo indipendente.

 

La crudeltà assassina nei confronti dei russi era stata rivendicata pure in un allucinante video di stampo «artistico» che di fatto, oltre a chiedere l’eliminazione fisica dei nemici e a rappresentarla in uno sgozzamento, lasciava presagire un inquietante scenario di ritorno al paganesimo dei sacrifici umani.

 

 

 

 

 

 

Immagine d’archivio

 

 

 

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Cina

Le nuove leggi non fermano il traffico illegale di organi in Cina

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

La Cina ha aggiornato le norme contro il commercio illegale di organi. Tuttavia, i membri dell’élite politica e finanziaria riescono comunque ad aggirarle tramite gli ospedali militari che oggi effettuano la metà dei trapianti del Paese.

 

Le nuove leggi sui trapianti di organi pubblicate il 14 dicembre e firmate dal premier cinese Li Qiang hanno lo scopo di inasprire le sanzioni per «negligenza» e chiedono maggiori requisiti per le istituzioni mediche che eseguono trapianti.

 

Le norme, entrate in vigore il primo gennaio 2024, sono le ultime di una serie di misure adottate con l’obiettivo di reprimere il traffico illegale di organi: come il sistema annunciato nel 2014 che avrebbe dovuto impedire l’assegnazione «privata» o il ricorso agli organi dei detenuti giustiziati con pena capitale, senza il loro consenso. Dal primo gennaio 2015, inoltre, solo le donazioni pubbliche volontarie o gli organi provenienti da parenti in vita sono legalmente consentiti per i trapianti, ma la domanda di organi in Cina continua a essere altissima.

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Un medico cinese che attualmente esercita in Nord America e che, per paura di ritorsioni, ha utilizzato lo pseudonimo di Yang in un’intervista a Radio free Asia (Rfa) ha affermato che «a differenza della maggior parte dei Paesi, la metà dei trapianti di organi ad oggi in Cina vengono eseguiti negli ospedali militari. Sappiamo – ha detto – che chiunque supervisioni queste operazioni a livello provinciale o municipale, si farà da parte una volta che i militari intervengono».

 

«Loro da dove prendono gli organi? Quanto può essere trasparente tutto ciò, visto che i trapianti – ha proseguito – sono di fatto un servizio fornito appositamente all’élite del partito?». Il medico esule ha riferito anche di aver assistito al processo attraverso il quale le persone di più alto rango in Cina e i clienti paganti provenienti dall’estero si procurano gli organi per il trapianto: «Un alto funzionario del Kazakistan voleva un trapianto di rene presso l’Ospedale generale dell’Esercito popolare di liberazione. Nel giro di un mese, l’intervento – ha concluso la fonte – è stato eseguito con successo, poi è tornato in Kazakistan».

 

L’ex capo cinese dei trapianti di organi per il ministero della Sanità, Huang Jiefu, ha scritto sulla rivista medica britannica The Lancet nel 2011 che circa il 65% dei trapianti in Cina attinge agli organi di donatori deceduti, ma che oltre il 90% di questi erano prigionieri giustiziati. E uno studio del 2022 pubblicato sull’American Journal of Transplantation ha trovato prove di 71 casi di «esecuzioni capitali mediante rimozione di organi» da detenuti, concludendo che «la rimozione del cuore durante il prelievo deve essere stata la causa della morte del detenuto-donatore».

 

La Cina è uno dei principali Paesi al mondo per condanne a morte comminate, ma il numero esatto delle esecuzioni è un segreto di stato per il Partito comunista cinese. Jiefu ha ammesso pubblicamente che gli organi trapiantati in Cina provengono ancora per lo più da prigionieri nel braccio della morte, sebbene questa pratica sia stata vietata in seguito alla creazione del Centro di gestione delle donazioni di organi umani nel 2012.

 

Torsten Trey, fondatore e direttore esecutivo dell’organizzazione internazionale Doctors Against Forced Organ Harvesting, ha affermato che «le ultime norme difficilmente riusciranno a scalfire un sistema di traffico illegale di organi che garantisce tanti trapianti con tempi di attesa brevi. La semplice adozione di nuove norme è inutile senza un sistema di verifica basato sulle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che insista sulla tracciabilità dei singoli organi attraverso una donazione trasparente. Un processo aperto al controllo, compreso l’accesso immediato da parte delle squadre di ispezione per effettuare controlli a campione».

 

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Traffico di organi

Traffico di organi: un’inchiesta accusa un ospedale indiano

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Questa settimana il Telegraph ha scritto di aver scoperto un racket di compravendita di reni che coinvolge cittadini del Myanmar come donatori e una struttura sanitaria privata di Delhi, in cui sarebbero avvenuti i trapianti. Il fenomeno in realtà non è nuovo: nonostante decenni di sensibilizzazione (partita dal Tamil Nadu) in India continua a esserci una carenza di donatori e un numero troppo alto di persone che avrebbero bisogno di almeno un rene. Sono soprattutto i poveri che hanno bisogno di saldare i debiti a finire vittima dei traffici illeciti, ma negli ultimi anni sono aumentate anche le truffe online.   Una delle più grandi compagnie di ospedali privati dell’India sarebbe coinvolta in un’operazione di traffico di organi, ha affermato un’inchiesta pubblicata questa settimana dalla testata inglese The Telegraph.   Secondo l’indagine, diversi cittadini poveri provenienti dal Myanmar sono stati trasferiti all’ospedale Apollo di Delhi (uno di due ospedali della capitale gestiti dalla compagnia Indraprastha Medical, anche nota come IMCL) e pagati per farsi esportare i reni, che poi vengono donati ad altri pazienti, spesso anche stranieri.   «Le accuse mosse dai recenti media internazionali contro l’IMCL sono assolutamente false, male informate e fuorvianti», ha dichiarato la società privata in una nota. L’Apollo Hospitals Group ha affermato di essere d’accordo con la dichiarazione dell’IMCL. «Come parte della politica di governance aziendale, l’IMCL ha avviato un’indagine sulla questione per approfondire tutti gli aspetti del processo di trapianto», ha spiegato ancora la compagnia.   La vendita di organi è considerata in India (e in Myanmar), ma non sarebbe la prima volta che emergono notizie riguardo il traffico di reni in India, dove si registra una scarsità di donatori. A quasi un milione di indiani ogni anno viene diagnosticata una malattia renale cronica e circa 200mila persone soffrono di insufficienza renale allo stadio terminale.   Secondo alcune stime solo il 10% degli indiani che sviluppano una malattia renale si rivolgono a un nefrologo e almeno 20 indiani muoiono ogni giorno in attesa di una donazione di organi. Nel 2022, si sono verificati solo 7.500 trapianti in tutto il Paese.   Studi e indagini indicano che la maggior parte delle persone che cedono i propri organi in cambio di denaro sono abitanti delle baraccopoli indiane e dei distretti agricoli che soffrono a causa della crescente siccità. In altre parole: la popolazione più povera del Paese, che si trova costretta a vendere un rene (sono soprattutto le donne con un’età media di 35 anni a farlo) soprattutto per saldare debiti con usurai locali. L’importo ricevuto di solito si aggira intorno a una media di 1.000 dollari, che spesso non basta alle famiglie a coprire i debiti contratti e le spese.   Negli anni della pandemia, inoltre, diversi indiani hanno raccontato di essere stati contattati su Facebook per vendere un rene al prezzo di 10 milioni di rupie (122mila dollari) e di essere stati informati di dover pagare diverse migliaia di rupie in anticipo per ottenere la tessera di registrazione di donatore, un documento che le autorità governative concedono in realtà in maniera gratuita.   Una donna di nome Surya stava per essere vittima di una truffa di questo tipo quando ha trovato il numero della Mohan Foundation, una ONG che promuove la donazione di organi legale, una questione su cui pochi indiani sono informati. Fondata nel 1997 dal dottor Sunil Shroff, chirurgo specializzatosi in trapianti nel Regno Unito, nel tempo ha cominciato a raccogliere le segnalazioni di persone a cui sui social veniva chiesto di donare gli organi in cambio di denaro. Interpellato da AsiaNews, ha spiegato che non esistono dati riguardo il traffico di organi, essendo un’attività illegale, mentre nel caso dell’ospedale Apollo «tutti gli accordi sono avvenuti in Myanmar e, in questa situazione, le autorità birmane dovrebbero prendere provvedimenti».   La donazione di organi da parte di persone decedute non è comune in India, per cui la maggior parte dei trapianti avviene da parte di donatori viventi che sono parenti o amici del paziente. Le norme per governare i trapianti di organi sono entrate in vigore dopo che nel 2004 uno tsunami ha devastato diverse aree del Paese, in particolare lo Stato meridionale del Tamil Nadu.   Molti dei sopravvissuti alla tragedia che si trovavano in condizione di indigenza dopo aver perso il lavoro o la casa si sono rivolti alla vendita di organi per sopravvivere. Il fenomeno era diventato così popolare che il distretto di Villivakkam fu soprannominato «Kidneyvakkam».   (…)   … Anche se ci fosse una maggiore offerta di donatori, sono solo 250 gli ospedali registrati presso l’Organizzazione nazionale indiana per i trapianti di organi e tessuti (NOTTO), pari a una struttura attrezzata ogni 4,3 milioni di cittadini. Nell’India rurale gli ospedali di questo tipo sono ancora più rari. In mancanza di investimenti nel settore sanitario a livello pubblico sono soprattutto le aziende private a trarre profitti.     Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di Francisco Anzola via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Traffico di organi

Gaza, cominciate le storie sul traffico di organi

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21. Sulla questione del traffico d’organi in Ucraina come nel Kosovo albanese Renovatio 21 ha pubblicato diversi articoli. Lasciamo al lettore il compito di capire cosa possa essere definito disinformazione e cosa non lo sia.

 

Proprio come previsto, quattro settimane dopo lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, arrivano le accuse secondo cui una parte sta prelevando organi da prigionieri dell’altra parte. «Israele preleva organi e pelli palestinesi senza consenso» è il titolo di Türkiye, una newsletter in lingua inglese pubblicata in Turchia.

 

«La pratica israeliana di prelevare organi e pelle da palestinesi morti e altri senza il consenso delle loro famiglie è stata nuovamente messa sotto esame dopo che un rapporto del 2009 era stato nuovamente messo sotto i riflettori».

 

«Israele, che vanta la più grande banca di pelle al mondo per il trattamento di ustioni e varie condizioni mediche, si è trovata ad affrontare un controllo accurato su presunte pratiche di prelievo di organi che coinvolgevano palestinesi deceduti».

 

Questa propaganda ostile si basa su spaventose rivelazioni del 2009 secondo cui medici israeliani avevano prelevato organi da prigionieri palestinesi negli anni ’80 e ’90. Ciò è stato furiosamente negato dal governo israeliano.

 

Voci di espianti di organi emergono subito dopo grandi conflitti. Sfortunatamente, alcune storie sono destinate a essere vere quando la vita umana costa poco, la politica è ferocemente antagonista e sono disponibili medici qualificati

 

In una recente conferenza in Libia, uno dei relatori ha confermato che le bande locali consegnano i migranti illegali provenienti dall’Africa a bande internazionali che vendono i loro organi.

 

Ma spesso anche accuse orribili fanno parte di campagne di disinformazione. Secondo il Kyiv Post, in ottobre Anna Kuznetsova, vicepresidente della Duma di Stato russa, aveva affermato che gli ucraini vendevano organi di bambini alla società americana Coca-Cola. «Durante la liberazione di Svetogorsk, i nostri combattenti hanno trovato documenti sulla vendita di bambini nell’orfanotrofio. Ci sono riferimenti a compagnie militari private britanniche e uno dei clienti era la società Coca-Cola». Ha continuato dicendo che circa 850 bambini sono stati venduti sul dark web. Non ha fornito prove.

 

Ad agosto, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha pubblicato un articolo dal titolo «Il leader mondiale dei trapianti neri: in Ucraina, gli organi vengono scambiati online e offline», sul quotidiano governativo russo Rossiskaya Gazeta.

 

Durante la guerra del Kosovo, alla fine degli anni ’90, le bande albanesi furono accusate di vendere organi di prigionieri serbi. Il presidente del Kosovo, Hashim Thaçi, si è dimesso nel 2020 per far fronte alle accuse mosse da un tribunale per crimini di guerra dell’Aia, che includevano accuse di traffico di organi.

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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