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Politica

«Trump sarà reintegrato come presidente» dalla Corte Suprema USA

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Nel silenzio totale dei media americani e internazionali, in vari Stati americani sta andando in scena un clamoroso riconteggio dei voti delle elezioni 2020. Oramai l’election audit (revisione elettorale) è, più che un istituto giuridico, è un movimento politico – un terremoto che può rovesciare la storia in modo imprevedibile

 

In moltissimi infatti sono convinti che le elezioni 2020 siano state rubate da Biden a Trump. Un riconteggio in Arizona sembra dar loro ragione: vi sono prove di voti contati più e più volte – e sempre a favore del candidato democratico.

 

 

Nel silenzio totale dei media americani e internazionali, in vari Stati americani sta andando in scena un clamoroso riconteggio dei voti delle elezioni 2020.

Questo sforzo politico per sostenere quella che i grandi giornali dell’establishment chiamano «the big lie» («la grande menzogna»), cioè l’idea che il vero vincitore e quindi il presidente eletto dovrebbe essere Trump, è portato avanti da un popolo di supporter di The Donald, così come – ha scoperto il Washington Post, rimanendone sconvolto – da qualche miliardario. (Strano, devono aver pensato i dipendenti del quotidiano di Jeff Bezos: pensavamo che i miliardari li avessimo solo noi di sinistra).

 

Uno di questi è Mike Lindell, imprenditore nel ramo dei cuscini, di cui il WaPo ama ricordare, prima dei miliardi fatti con la sua ditta MyPillow, i suoi trascorsi da drogato di crack, senza ovviamente ricordare che ora ha una fondazione che aiuta i tossicodipendenti a curarsi. Lindell fu consigliere e fiancheggiatore del presidente Trump sin dalla prima ora –

 

Lindell – che come Trump è bannato a vita da Twitter – a inizio anno aveva realizzato un film, Absolute Proof, in cui mostrava le prove della frode elettorale. Oltre a mostrarlo in rete, Lindell ha comprato ore e ore del canale pro-Trump Newsmax per raggiungere il pubblico trumpiano (che si divide tra Newsmax e One American Network, anche se qualcuno è rimasto a Fox News).

 

Il 3 giugno, Lindell ha pubblicato un nuovo film online intitolato Absolute 9-0, in cui sostiene che le informazioni presto rivelate saranno così convincenti che la Corte Suprema sarà costretta a reintegrare all’unanimità Trump come presidente.

 

Lindell ha pubblicato un nuovo film online intitolato Absolute 9-0, in cui sostiene che le informazioni presto rivelate saranno così convincenti che la Corte Suprema sarà costretta a reintegrare all’unanimità Trump come presidente

«Spenderò ogni centesimo che ho, se devo, per far uscire la verità perché amo questo Paese», ha dichiarato al WaPo.

 

«Ora è in una sorta di circuito di parlare della “grande bugia”, che appare  a raduni e festival pubblici sponsorizzati da Frank [un social media inventato da Lindell, ndr] e altre entità simili negli Stati in bilico come Michigan e Wisconsin. Dice che terrà una grande manifestazione a luglio in Pennsylvania per spingere per una revisione lì. E, dice, sta pianificando un seminario nazionale di tre giorni per rivelare le sue scoperte entro la fine dell’estate, che spera sarà coperto dal vivo dalle principali organizzazioni di notizie» scrive il quotidiano della capitale americana.

«Questo ti lascerà a bocca aperta. Non c’è niente di soggettivo. Si basa su dati inconfutabili di alti livelli: li chiamano hacker informatici».

Lindell non è l’unico miliardario a produrre film pro-Trump che danno una visione ribaltata del risultato elettorale.

The Deep Rig, un film finanziato con 750.000 dollari dall’ex amministratore delegato di Overstock.com Patrick Byrne , è uscito a fine giugno. Byrne ha affermato di ritenere che le elezioni del 2020 siano state un «colpo di stato soft» e parte di un progetto dell’«estrema sinistra» politica per portare il fascismo in America.

«Byrne, un sedicente libertario che afferma di non aver votato per Trump, è diventato comunque un attore chiave nel mettere in discussione la legittimità delle elezioni prima che Trump lasciasse l’incarico» scrive il WaPo.

«Questo ti lascerà a bocca aperta. Non c’è niente di soggettivo. Si basa su dati inconfutabili di alti livelli: li chiamano hacker informatici»

«Insieme all’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn e all’avvocato pro-Trump Sidney Powell, ha partecipato a un incontro del 18 dicembre alla Casa Bianca, dove il gruppo ha cercato di persuadere Trump a nominare Powell come consigliere speciale per indagare sulle macchine per il voto nelle contee chiave il Paese».

L’avvocato Sidney Powell, già vittoriosa quando ha assistito il generale Flynn a processo, era scatenata prima e dopo le elezioni e lo è ancora, anche se è riportato che Trump non si consulterebbe più con lei.

Come Lindell, la Powell sta combattendo una causa per diffamazione da 1,3 miliardi di dollari intentata dal fornitore di tecnologia informatica elettorale dopo aver affermato che la società ha intenzionalmente truccato le sue macchine per influenzare l’esito delle elezioni.

La Powell a una convention dei sostenitori di QAnon a Dallas alla fine del mese scorso ha affermato senza mezzi termini che Trump dovrebbe essere reintegrato come presidente.

La Powell a una convention dei sostenitori di QAnon a Dallas alla fine del mese scorso ha affermato senza mezzi termini che Trump dovrebbe essere reintegrato come presidente.

«Il discorso dovrà essere affrontato», ha detto al pubblico presente.

Il discorso, secondo la Powell, «dovrebbe essere che possa essere semplicemente reintegrato, che sia fissata una nuova data di inaugurazione e che a Biden venga detto di lasciare la Casa Bianca».

I sostenitori di Trump  in questo momento hanno gli occhi puntati sul riconteggio in Arizona.

«Dovrebbe essere che possa essere semplicemente reintegrato, che sia fissata una nuova data di inaugurazione e che a Biden venga detto di lasciare la Casa Bianca»

Anche il generale Flynn aveva promesso prove «bomba» dall’Arizona alla fine di giugno; ora pare che gli stessi revisori chiedano più tempo ancora, e quindi hanno rinviato il verdetto.

«L’intero mondo che ama la libertà sta guardando la contea di Maricopa» in Arizona, ha dichiarato il generale Flynn ad un programma chiamato FlashPoint l’8 giugno.

I risultati lì, ha detto, «sconvolgeranno tutti».

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Il presidente romeno fischiato per il sostegno all’Ucraina

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Il presidente rumeno Nicusor Dan è stato contestato  per il suo sostegno all’Ucraina durante un evento commemorativo tenutosi venerdì.

 

Decine di manifestanti hanno espresso il loro dissenso quando Dan è giunto al Teatro Nazionale di Iasi per partecipare a una celebrazione storica, come riportato dall’emittente locale Digi24.

 

Un video mostra Dan scendere dall’auto e salutare i manifestanti, che gridavano «Vergogna!» e «Vai in Ucraina!».

 


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Secondo il quanto riportato, le proteste sono continuate anche dopo l’evento, al momento dell’uscita del presidente dal teatro.

 

Come riportato da Renovatio 21i, Dan, politico favorevole all’UE, è salito al potere quest’anno dopo una controversa ripetizione delle elezioni, in seguito all’annullamento della vittoria iniziale del candidato conservatore Calin Georgescu, critico esplicito della NATO e delle forniture di armi occidentali all’Ucraina. Georgescu è stato successivamente escluso dalla competizione elettorale e affronta accuse di aver pianificato un colpo di Stato, tanto da essere arrestato.

 

Georgescu, che ha sempre avuto il favore di migliaia e migliaia di manifestanti pronti a scendere in piazza, ha definito la UE «una dittatura». Di contro, Bruxelles ha rifiutato di commentare l’esclusione del candidato dalle elezioni rumene. A inizio anno Georgescu aveva chiesto aiuto al presidente americano Donaldo Trump.

 

Georgescu aveva definito Zelens’kyj come un «semi-dittatore», accusando quindi la NATO di voler utilizzare la Romania come «porta della guerra».

 

Il CEO di Telegram Pavel Durov aveva parlato di pressioni su di lui da parte della Francia per influenzare le elezioni presidenziali in Romania.

 

Il Dan ha ribadito il suo impegno a sostenere l’Ucraina. La Romania ha già destinato 487 milioni di euro  a Kiev, principalmente in aiuti militari, dall’intensificarsi del conflitto nel 2022, secondo i dati del Kiel Institute tedesco.

 

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I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi

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Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.   Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.   Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.   «Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».  

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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.   «L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.   Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.   L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.   A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.   Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.   Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.     Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».  

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Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro

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Sanae Takaichi è diventata la prima donna Primo Ministro del Giappone, vincendo le elezioni parlamentari di Tokyo martedì. Esponente di lungo corso del Partito Liberal Democratico (LDP), nota come la «Lady di Ferro» del Giappone per la sua ammirazione verso l’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher, Takaichi è riconosciuta per il suo conservatorismo sociale, il nazionalismo e il sostegno a un ruolo più ampio per le forze armate giapponesi.

 

A 64 anni, Takaichi ha sostenuto la revisione della clausola pacifista della costituzione postbellica del Giappone e il riconoscimento ufficiale delle Forze di autodifesa come esercito nazionale. Ha inoltre appoggiato un aumento della spesa per la difesa e una maggiore cooperazione militare con gli Stati Uniti.

 

Le sue posizioni sulla sicurezza nazionale richiamano le politiche dell’ex premier Shinzo Abe, di cui è considerata una protetta e con cui aveva stretti legami politici.

 

Frequente visitatrice del Santuario Yasukuni di Tokyo, che rende omaggio ai caduti giapponesi, inclusi criminali di guerra della Seconda Guerra Mondiale, Takaichi è stata spesso criticata dai Paesi vicini per quello che considerano revisionismo storico. Ha difeso le sue visite come atti di rispetto personale, sostenendo che i crimini di guerra dei soldati giapponesi siano stati esagerati.

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A livello interno, Takaichi si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso, sostiene la successione imperiale esclusivamente maschile e ha criticato le proposte di cognomi separati per le coppie sposate.

 

La Takaicha ha inoltre appoggiato il rafforzamento dei confini e politiche migratorie più rigide, chiedendo misure contro i visti non concessi, il turismo eccessivo e l’acquisto di terreni da parte di stranieri, soprattutto vicino a risorse strategiche.

 

In politica estera, la Takaichi ha definito la crescente potenza militare della Cina una «seria preoccupazione», proponendo misure di deterrenza, tra cui un patto di sicurezza con Taiwan.

 

Si ritiene che Takaichi non intenda perseguire un significativo riavvicinamento con la Russia, avendo ripetutamente rivendicato la sovranità sulle isole Curili meridionali, annesse dall’Unione Sovietica nel 1945 come parte degli accordi postbellici.

 

Takaichi assume la carica in un momento critico per il Giappone, che affronta un tasso di natalità ai minimi storici, un rapido invecchiamento della popolazione, un’inflazione persistente e il malcontento pubblico per gli scandali politici che hanno eroso la fiducia nel PLD, il partito al governo.

 

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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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