Geopolitica
Trump riabbraccia Netanyahu e dice: la Harris porterà alla Terza Guerra Mondiale

Se Kamala Harris vincesse le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, scoppierebbero «grandi guerre» in Medio Oriente e «forse una terza guerra mondiale», ha affermato l’ex presidente e candidato repubblicano Donald Trump. Trump ha ripetutamente accusato la Harris e il presidente Joe Biden di trascinare gli Stati Uniti verso un conflitto globale.
Parlando prima di un incontro con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu venerdì, Trump ha giurato che la guerra tra Israele e Hamas «si risolverà e molto rapidamente» se dovesse tornare alla Casa Bianca.
«Se non lo facciamo, finiremo con grandi guerre in Medio Oriente», ha continuato. «E forse una terza guerra mondiale. Ora siamo più vicini a una terza guerra mondiale che in qualsiasi altro momento dalla seconda guerra mondiale. Non siamo mai stati così vicini perché abbiamo persone incompetenti a governare il Paese».
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Trump ha mosso accuse simili a Biden e Harris da quando è iniziato il conflitto in Ucraina nel 2022. L’ex presidente ha affermato che il conflitto non sarebbe mai iniziato se fosse stato al potere e ha promesso di portare Mosca e Kiev al tavolo delle trattative «in 24 ore» se eletto a novembre.
Netanyahu ha incontrato Trump nella tenuta dell’ex presidente Mar-a-Lago in Florida, un giorno dopo aver incontrato sia Biden che Harris a Washington. Parlando ai giornalisti dopo il suo faccia a faccia con il primo ministro israeliano, Harris ha detto di aver «espresso al primo ministro la mia seria preoccupazione per la portata della sofferenza umana a Gaza, inclusa la morte di troppi civili innocenti».
???????? Trump greets Netanyahu
2017 Vs 2024
What changed? ???????? pic.twitter.com/EC1QfOAW12
— Khalissee (@Kahlissee) July 26, 2024
Secondo quanto riferito, i commenti di Harris hanno fatto arrabbiare Netanyahu; un collaboratore del leader israeliano ha dichiarato ad Axios che il vicepresidente è stato molto meno critico durante l’incontro.
Trump è stato un fedele alleato di Netanyahu durante il suo mandato alla Casa Bianca: ha imposto sanzioni all’Iran su richiesta di Netanyahu, ha trasferito l’ambasciata statunitense in Israele a Gerusalemme Ovest e ha mediato gli Accordi di Abramo, che hanno visto Israele normalizzare le relazioni con il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti, il Marocco e il Sudan.
Tuttavia, questa relazione si è inasprita dopo che Netanyahu si è congratulato con Biden per la sua vittoria elettorale su Trump nel 2020. «Non ho più parlato con [Netanyahu] da allora», ha detto Trump al giornalista israeliano Barak Ravid più tardi quell’anno. «Fanculo».
Prima che Trump e Netanyahu si abbracciassero sui gradini di Mar-a-Lago venerdì, Trump ha detto a Fox News che Israele deve porre fine alla sua guerra a Gaza «in fretta», perché «stanno venendo decimati da questa pubblicità, e sapete che Israele non è molto bravo nelle pubbliche relazioni».
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All’inizio di questa settimana, l’ex presidente è andato sulla sua piattaforma Truth Social per condividere una lettera che ha ricevuto dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas, che ha augurato a Trump «forza e sicurezza» dopo l’attentato alla sua vita all’inizio di questo mese. «Grazie. Andrà tutto bene», ha risposto Trump ad Abbas.
La condivisione della lettera da parte di Trump è stata vista da alcuni esperti come una mossa per ottenere influenza su Netanyahu.
Come riportato da Renovatio 21, in passato Trump aveva attaccato Netanyahu arrivando a chiederne la sostituzione e ad ipotizzare tagli agli aiuti ad Israele.
Nel contesto di questi commenti aveva rivelato anche dettagli sull’assassinio del generale dei servizi iraniani Qassem Soleimani, suggerendo che fu indotto ad ordinarne la morte dagli israeliani, che poi però si tirarono indietro.
Gli inviti alla moderazione ad Israele e gli attacchi diretti a Netanyahu possono costare a Trump una grossa parte dell’elettorato evangelico USA, portato su posizioni sioniste negli scorsi decenni da una teologia apocalittica che intende accelerare la venuta dell’anticristo e quindi il ritorno di Gesù Cristo.
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Geopolitica
Lavrov: i leader europei trascinano il continente verso la guerra con la Russia

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Geopolitica
«È ora di andare»: Orban chiede la defenestrazione della Von der Leyen

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha chiesto le dimissioni della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, pubblicando un’immagine parodia in vista del voto di sfiducia previsto al Parlamento europeo. La mozione, prevista per giovedì, prende di mira la sua gestione degli approvvigionamenti del vaccino contro il COVID-19.
Martedì Orban ha condiviso un’immagine stilizzata come la copertina della celeberrima rivista americana TIME, raffigurante uno sfondo rosso e una von der Leyen in ritirata, con la didascalia «è ora di andare».
L’immagine era una parodia della copertina della rivista dedicata a Biden del 2024, pubblicata dopo l’annuncio dell’allora presidente degli Stati Uniti di ritirarsi dalla campagna elettorale.
L’Orban è da tempo uno dei più aspri oppositori di von der Leyen, accusandola di minare le istituzioni dell’UE e di interferire negli affari interni degli Stati membri, scontrandosi spesse volte con Bruxelles su controversie sullo stato di diritto e sulla politica sanzionatoria, e ha affermato che la leadership dell’Unione ha cercato di isolare politicamente l’Ungheria.
All’interno dell’UE, von der Leyen ha dovuto affrontare crescenti critiche, in particolare per la sua condotta durante la pandemia di COVID-19. Il suo rifiuto di pubblicare i messaggi privati scambiati con l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, durante i colloqui sull’approvvigionamento dei vaccini ha alimentato continue polemiche. Un tribunale europeo ha stabilito all’inizio di quest’anno che il suo ufficio non era riuscito a fornire una giustificazione legittima per la riservatezza dei messaggi.
Time to go. pic.twitter.com/utLYFKQz6b
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) July 9, 2025
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Varie voci, provenienti da tutto l’arco europarlamentare e dal mondo dell’euroscetticismo hanno accusato Ursula di centralizzare il potere, aggirando le tradizionali procedure della Commissione e il controllo parlamentare, nonché di ignorare la sovranità nazionale in questioni delicate.
Il voto di sfiducia di giovedì è stato avviato dall’eurodeputato rumeno Gheorghe Piperea, che ha denunciato un modello di «eccesso istituzionale» nella condotta di Von der Leyen. La mozione necessita di una maggioranza dei due terzi e del sostegno della maggioranza assoluta dei 720 membri del Parlamento europeo per essere approvata – una soglia che, secondo gli osservatori, difficilmente verrà raggiunta.
Come riportato da Renovatio 21, in risposta la Von der Leyen si è scagliata contro i suoi oppositori, etichettandoli come «complottisti» e «no-vax» sostenuti dal Putin. Intervenendo in una sessione plenaria questa settimana, ha affermato che alcuni dei suoi critici stavano agendo «per conto dei loro burattinai in Russia».
Mosca ha ripetutamente accusato von der Leyen di nutrire idee russofobe. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, all’inizio di quest’anno, l’ha definita «Führer Ursula» e l’ha accusata di promuovere la militarizzazione in tutta l’UE, distogliendo l’attenzione dalla cattiva gestione finanziaria dell’era pandemica. I funzionari del Cremlino hanno anche criticato il suo sostegno all’Ucraina e il suo ruolo nell’estensione delle sanzioni contro la Russia, definendola uno dei principali motori dello scontro tra UE e Mosca.
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Immagine da Twitter
Geopolitica
L’UE potrebbe dare altri 100 miliardi di euro all’Ucraina

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