Politica
Trump parla apertamente di frode elettorale in Arizona

L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato venerdì che il candidato repubblicano Blake Masters ha perso la sua candidatura al Senato a causa di «frodi elettorali» in Arizona.
Masters è stato dichiarato perdente contro il democratico Mark Kelly ieri, dopo un’elezione segnata da macchine malfunzionanti e un lento conteggio dei voti.
«Ci risiamo», aveva scritto Trump sulla sua piattaforma Truth Social. «Le macchine per il voto in gran numero non funzionavano, ma solo nei distretti repubblicani. Le persone sono state costrette ad aspettare in fila per ore, poi si sono esaurite… e hanno lasciato le file migliaia».
«Questa è una truffa e una frode elettorale, non diversa dal riempire le urne», ha continuato, riferendosi alle sue stesse accuse secondo cui gli operatori elettorali filo-democratici si sono impegnati nella raccolta delle schede elettorali per consegnare l’Arizona al presidente Joe Biden nel 2020.
«Hanno rubato l’elettrone [sic] a Blake Masters», ha concluso il Trump, chiedendo ai funzionari dello Stato «di ripetere le elezioni!»
Il democratico Kelly è stato dichiarato vincitore da diversi media statunitensi già venerdì sera. Il Masters tuttavia non ha ancora concesso, e resta da contare il 13% dei voti.
Se Kelly dovesse prevalere o Masters accettasse la sconfitta, il controllo del Senato degli Stati Uniti dipenderà dal Nevada, dove il repubblicano Adam Laxalt è in testa di meno di un punto percentuale; e la Georgia, dove il ballottaggio è previsto per il mese prossimo. I repubblicani hanno bisogno di entrambi i seggi per ottenere la maggioranza nella camera alta.
La contea di Maricopa è la contea più grande e popolosa dell’Arizona e comprende le città di Phoenix, Scottsdale e Tempe. I repubblicani hanno iniziato a lanciare l’allarme quando martedì una macchina per il voto su cinque in più di 200 seggi elettorali in tutta la contea non funzionava a dovere. Dopo la formazione di lunghe code, Masters e un certo numero di altri candidati repubblicani hanno intentato una causa di emergenza per estendere l’orario di voto, che è stata però respinta.
I sospetti repubblicani di frode sono aumentati quando il conteggio delle schede è sensibilmente rallentato appena dopo il giorno delle elezioni, come prova il ritardo abissale nella conta dei voti per l’elezione del governatore, dove potrebbe spuntarla la trumpiana Kari Lake, che intende rivedere anche le irregolarità delle elezioni 2020.
Sebbene i funzionari della contea di Maricopa affermino che la tabulazione di queste schede può richiedere una settimana o più, lo stato della Florida riesce a contare quasi tutte le sue schede in una sola notte, nonostante abbia quattro volte la popolazione della contea di Maricopa.
Parlando con Tucker Carlson di Fox News venerdì, Masters ha accusato delle sue difficoltà in Arizona i voti mal conteggiati e il leader repubblicano Mitch McConnell che si è rifiutato di finanziare adeguatamente la sua campagna.
Masters è considerato uno dei due candidati supportati dal Venture Capitalist Peter Thiel, figura assai particolare e a tratti assai geniale che ha lanciato (con Elon Musk) PayPal per poi divenire, tra i tantissimi altri investimenti di enorme successo, il primo investitore di Facebook.
L’altro candidato sponsorizzato apertamente dal miliardario Thiel, che come Masters aveva lavorato con lui nei suoi fondi di investimento, è J.D. Vance, noto alle masse per aver scritto un romanzo biografico straziante – The Hillbilly Elegy, tradotto in italiano come Elegia americana – sulla sua giovinezza nell’America povera e profonda, poi divenuto film Netflix con grandi nomi tra regia e interpreti.
A differenza di Masters, il Vance è stato già dichiarato vincitore della sua corsa elettorale in Ohio, dove era andato a sostenerlo lo stesso Donald Trump.
Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
Politica
Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.
Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».
«L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».
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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.
«Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.
Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.
Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.
Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Politica
Il governo francese collassa

Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.
Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.
Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.
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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.
Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.
La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.
Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.
Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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