Nucleare
Tony Blair vuole la guerra alla Russia. Anche la guerra nucleare, se «necessario»

L’ex primo ministro britannico Tony Blair ha dichiarato la necessità da parte dell’Occidente di minacciare un confronto diretto NATO-Russia e un possibile uso di armi nucleari, al fine di sconfiggere «coloro che si oppongono al nostro stile di vita, basato sulla democrazia liberale».
Blair riferisce di essere un’esperto di Ucraina, avendola visitata almeno una volta all’anno dal 2007, con il Tony Blair Institute for Global Change che ha un «progetto di lunga data» a Kiev.
Blair ha quindi sostenuto la minaccia di una guerra nucleare nel suo documento di sintesi, «The Immediate Challenge in Ukraine: Maximum Pressure Combined with Structured Negotiation» («La sfida immediata in Ucraina: la massima pressione combinata con la negoziazione strutturata»), pubblicato sul sito web del suo istituto il 15 marzo
«Capisco e accetto che non c’è supporto politico per alcun impegno militare diretto da parte della NATO della Russia. Ma dovremmo avere gli occhi lucidi su quello che sta facendo Putin. Sta usando il nostro corretto desiderio di non provocare un’escalation insieme alla sua volontà di intensificare come merce di scambio contro di noi …. ecco qualcosa di incongruo nella nostra ripetuta rassicurazione nei suoi confronti che non reagiremo con la forza».
«Ma supponiamo che usi armi chimiche o un’arma nucleare tattica, o cerchi di distruggere Kiev come ha fatto ad Aleppo [sic] in Siria, senza alcun riguardo per la perdita di vite civili, è sensato dirgli in anticipo che qualunque cosa faccia militarmente, escluderemo qualsiasi forma di risposta militare? Forse questa è la nostra posizione e forse quella è la posizione giusta, ma segnalarlo continuamente e rimuovere i dubbi nella sua mente è una strana tattica», scrive Blair.
Per il ghignante britannico, dunque, sarebbe sbagliato togliere dal tavolo l’opzione di attacco nucleare. Tanto così, per sciogliere la tensione.
L’Occidente non è riuscito a portare avanti le guerre precedenti e ha perso opportunità per altri, si lamenta il Blair, citando i casi della Georgia, Siria, Crimea, Afghanistan «e in una certa misura» l’Iraq, il Sahel, una dimostrazione di “decadenza” da parte dell’Occidente che non deve essere ripetuta ora.
Insomma, minaccia atomica per non fare brutta figura. Non un grinza, bravo Tony.
Blair accoglie con favore il conflitto ucraino come un’opportunità per ristabilire l’Occidente nella sua forza geopolitica mondiale. L’alleanza transatlantica è ripartita; la NATO ha un nuovo scopo nella vita; la Germania (udite udite) si sta riarmando.
Ora sono necessari ulteriori aumenti della spesa per la difesa.
«Questa alleanza dovrebbe abbracciare altre nazioni democratiche; l’India, in una certa misura nonostante e in una certa misura a causa dei suoi stretti legami con la Russia, richiederà un’attenzione particolare».
«Il soft power dovrebbe essere usato con il massimo effetto e la minima burocrazia senza vergogna per sostenere gli interessi occidentali e contrastare l’influenza di paesi a noi ostili. Il settore privato dovrebbe svolgere un ruolo importante».
In pratica, Blair si candida ad essere la voce del revanscismo occidentalista, una sorta di cavaliere dell’Ovest – anche se sappiamo che la sua nomina a cavaliere ha avuto di recente qualche problemuccio, perché buona parte dell’opinione pubblica del suo Paese lo ritiene un criminale di guerra.
È bellissimo vedere il cavaliere Blair, quello del massacro iracheno programmato anni prima, difesa delle «democrazie liberali» che per due anni hanno calpestato interamente le loro costituzioni e i pure (fiscamente!) i propri cittadini.
Ricordiamoci chi è Tony Blair. Come riportato da Renovatio 21, Blair ha iniziato due anni fa a parlare di microchip per identificare i cittadini e tracciare il loro «stato di malattia»; poi ha continuato anche di recente, dichiarando che i passaporti vaccinali sono «inevitabili».
Blair è segnalato già negli anni Novanta come vicino al World Economic Forum di Klaus Schwab, dove avrebbe frequentato il programma Global Leaders for Tomorrow nel 1992 assieme a Angela Merkel e al Bill Gates.
Ora, strana la vita, parla in continuazione di digitalizzazione ubiqua e minaccia con bombe atomiche l’unico Paese che ancora non è assorbito del tutto dai piani dei padroni del mondo, la Russia.
Bello. Per quanta sinistra italiana è e rimane ancora un modello?
Nucleare
Parlamentare tedesco democristiano gay chiede l’accesso alle armi nucleari di Francia e Gran Bretagna

La Germania dovrebbe avere accesso alle armi nucleari francesi e britanniche, ha affermato il parlamentare democristiano Jens Spahn. In cambio, Berlino potrebbe collaborare con Parigi e Londra per modernizzare i propri arsenali, ha dichiarato al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung.
Lo Spahn, un gay dichiarato, che guida il gruppo parlamentare congiunto CDU/CSU e si ricorda per il pugno di ferro contro i non vaccinati durante la pandemia, si è distinto come un convinto sostenitore di un sistema di armi nucleari a livello UE.
«Noi… abbiamo bisogno di una capacità di deterrenza a livello europeo… insieme a francesi e britannici», ha affermato in un’intervista pubblicata sabato, sostenendo che le armi nucleari statunitensi in Europa non sono più sufficienti.
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Il parlamentare, ex ministro federale della Salute, ha affermato che il dibattito sulla questione «avrà luogo solo se la Germania lo porterà avanti». Ha suggerito che Londra e Parigi potrebbero mantenere il controllo maggiore sui loro arsenali nucleari, mentre Berlino potrebbe partecipare a un programma di modernizzazione.
A luglio, lo Spahn aveva parlato della necessità di «discutere dell’accesso tedesco o europeo agli arsenali nucleari di Francia e Gran Bretagna» alla luce di quella che ha definito la «minaccia» proveniente dalla Russia. Le nazioni prive di deterrenza nucleare «diventeranno pedine nella politica globale», ha sostenuto.
Il capo del blocco democristiano CDU/CSU al Bundestag, aveva inoltre sostenuto che le armi nucleari statunitensi basate in Germania non sono più sufficienti a scoraggiare la presunta minaccia russa.
Il direttore generale dell’AIEA, Rafael Grossi, ha avvertito che Berlino potrebbe sviluppare la propria bomba nucleare nel giro di pochi mesi, se lo desiderasse.
Le dichiarazioni di Spahn giungono in un momento in cui Berlino ha assunto una posizione più dura nei confronti della Russia sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz, che ha promesso ulteriori 5 miliardi di euro in aiuti militari all’Ucraina dopo il suo insediamento a maggio.
Il mese scorso ha affermato il cancelliere democristiano che la Germania era «già in conflitto» con la Russia e ha accusato il presidente Vladimir Putin di «destabilizzare gran parte del nostro Paese».
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Come riportato da Renovatio 21, il Merz ha promesso, appena eletto, di escludere le armi atomiche, ma non è facile credergli. Credere ad un cancelliere tedesco, in una Germania che ripudia le centrali atomiche ma invoca le bombe atomiche, potrebbe essere difficilissimo.
A luglio il direttore generale dell’ente atomico ONU AIEA, Rafael Grossi, in un’intervista al quotidiano polacco Reczpospolita aveva dichiarato che la Germania potrebbe sviluppare le proprie armi nucleari entro pochi mesi.
Come riportato da Renovatio 21, l’eurodeputata SPD Katarina Barley aveva ipotizzato mesi fa il riarmo atomico dell’Europa – e quindi per una Germania rimilitarizzata, un concetto che si dice fosse uno dei motivi della creazione della NATO («Tenere l’Europa dentro, i russi fuori, i tedeschi sotto») e un vero incubo per lo statista italiano Giulio Andreotti («la Germania mi piace così tanto che ne voglio due»).
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Immagine di Olaf Kosinsky via Wikimedia pubblicata su licenza CC BY-SA 3.0-de
Cina
«Inarrestabile»: Xi svela la triade nucleare in una parata militare che sfida l’Occidente. A suo fianco Putin e Kim

I must say, the Chinese parade really lacks diversity! pic.twitter.com/lO47to5i7L
— The_Real_Fly (@The_Real_Fly) September 3, 2025
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⚡️BREAKING
China unveils its full Nuclear Capability for the first time Some missiles have a range of 15000 km pic.twitter.com/izKfMTuOdP — Iran Observer (@IranObserver0) September 3, 2025
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Quite a hot mic moment on CCTV in Beijing today as Putin and Xi, both 72 years old, are caught casually talking about living to 150 and maybe forever thanks to organ transplants. (As picked up by Bloomberg.) pic.twitter.com/kC4VTRaobq
— Yaroslav Trofimov (@yarotrof) September 3, 2025
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China’s hypersonic anti-ship missiles, including YingJi-19, YingJi-17 and YingJi-20, passed through Tian’anmen Square in Wednesday’s V-Day parade. The formation also included YingJi-15 missile. pic.twitter.com/oyZKJQD47t
— China Xinhua News (@XHNews) September 3, 2025
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Trump ha anche sottolineato la sconfitta americana del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, che alla fine ha garantito una pace duratura alla Cina. No, Xi non ha elogiato gli Stati Uniti per questo, ma si è schierato orgogliosamente al fianco dei suoi alleati sanzionati dagli Stati Uniti…What a line up! Xi has made a come back that no one could have predicted 5 years ago.
pic.twitter.com/yJynTn5yYb — Smita Prakash (@smitaprakash) September 3, 2025
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Nucleare
Taiwan alle urne sul nucleare (e la sua sicurezza energetica)

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nel referendum del 23 agosto voluto dall’opposizione si chiede la riattivazione del reattore di Maanshan, l’ultimo del Paese spento a maggio dopo 40 anni di attività. Dopo Fukushima il fronte ambientalista ha ottenuto il progressivo azzeramento. Ma i timori di un blocco di Pechino all’approvvigionamento di gas naturale oggi stanno riaprendo la questione. Mentre la Cina ha ben 33 impianti in costruzione.
I cittadini di Taiwan si apprestano ad essere chiamati alle urne sabato 23 agosto per un referendum sul tema molto caldo dell’energia nucleare. Dal maggio scorso – allo scadere dei quarant’anni di attività – sull’isola è stato fermato anche l’ultimo reattore nucleare attivo, quello della centrale di Maanshan, realizzando così quella che da anni è stata una promessa del Democratic Progressive Party (DPP), il partito del presidente Lai Ching-te.
Proprio ad annullare questa scelta – prolungando di altri 20 anni la vita della centrale di Maanshan – mira la consultazione, che è stata promossa dal Taiwan People’s Party con il sostegno del Kuomintang, la principale forza di opposizione che oggi è anche quella politicamente più vicina a Pechino.
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Secondo la legge di Taiwan ogni proposta referendaria è da ritenere approvata solo se i «sì» vinceranno sui «no» raccogliendo almeno un quarto dei consensi degli avanti diritto al voto. In pratica occorrono almeno 5 milioni di voti favorevoli, un traguardo non impossibile considerando i voti raccolti dal Kuomintang e dal Taiwan People’s Party nelle elezioni del gennaio 2024.
Da quando imboccò la strada del nucleare negli anni Settanta, sono stati complessivamente tre le centrali operative a Taiwan: quella di Chinshan, situata nel distretto di Shimen a New Taipei, quella di Kuosheng, situata nel distretto di Wanli a New Taipei e – appunto – quella di Maanshan che si trova a Hengchun, nella contea di Pingtung. Nel 1985, quando tutti e tre gli impianti erano in funzione a pieno regime, l’energia nucleare rappresentava addirittura il 52,4% della produzione di elettricità dell’isola.
Col tempo – però – questa quota è diminuita, a causa della crescente opposizione al nucleare e di un cambio nella politica energetica a favore delle importazioni di gas naturale, oggi la maggiore fonte dell’isola. Già nel 2002, durante l’amministrazione del presidente Chen Shui-bian del DPP, era stato fissato l’obiettivo di creare una «patria senza nucleare». La spinta era poi ulteriormente cresciuta dopo il disastro del 2011 nella centrale giapponese di Fukushima: per questo nel 2014 – dopo massicce proteste da parte degli ambientalisti – fu abbandonato il progetto della costruzione di una quarta centrale, che sarebbe dovuta sorgere nel distretto di Gongliao.
Negli ultimi anni, poi, allo scadere dei quarant’anni dal loro avvio, tutte e tre le centrali di Taiwan hanno cessato l’attività: quella di Chinshan nel 2019, quella di Kuosheng nel 2022 e quella di Maanshan nel maggio scorso. Attualmente, dunque, nessuna quota di energia viene più prodotta sull’isola attraverso il nucleare.
Al di là del profilo ambientale – che vede ovunque nel mondo fronteggiarsi oggi quanti sottolineano i pericoli delle centrali con quanti ritengono sia la forma più «pulita» ed efficiente di produzione dell’energia – a Taiwan la questione nucleare ha anche una dimensione geopolitica. Anche nel fronte più ostile a Pechino sono in molti, infatti, a sottolineare che l’aumento della dipendenza dal gas naturale è un elemento di debolezza di Taipei, perché espone la sicurezza energetica dell’isola a gravi rischi nel caso di un blocco navale da parte delle forze armate cinesi.
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Per questo motivo lo stesso presidente Lai Ching-te – pur invitando a votare «no» al referendum sulla centrale di Maanshan – non esclude più a priori il ricorso all’energia atomica per uso civile, aprendo alla possibilità di costruire nuovi impianti più piccoli di nuova generazione. Eventualità questa fortemente contestata – invece – dal fronte ambientalista, tradizionalmente molto forte sull’isola e che invita a puntare maggiormente sulle energie rinnovabili, che attualmente generano solo l’11,6% dell’energia.
Va aggiunto anche che un reiterato «no» di Taiwan al nucleare rappresenterebbe un’ulteriore divaricazione rispetto alle scelte di Pechino: la Repubblica Popolare Cinese ha attualmente 58 reattori in attività che producono circa il 5% del suo fabbisogno energetico. Ma è il Paese che nel mondo sta costruendo il maggior numero di nuove centrali nucleari: sono ben 33 gli impianti in costruzione per un potenziale complessivo di ulteriori 35.355 Megawatt elettrici di capacità produttiva, che la porterebbero a un livello molto vicino a quello degli Stati Uniti.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di Sgroey via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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